Premi stagionali NBA: i voti della redazione

Premi Stagionali NBA
Copertina di Marco D'Amato

Rookie Of The Year: vince LaMelo Ball

A.S.: In questo caso, si tratta quasi di un plebiscito. LaMelo Ball ha vinto il premio di Rookie Of The Year i primi tre mesi ed il suo ritorno dall’infortunio ha fermato le velleità di Anthony Edwards che stava recuperando terreno dopo un finale di stagione monstre.

Ma, alla fine, l’importanza relativa per la propria squadra mi fa propendere per LaMelo. Ball è un creatore offensivo dalle doti fisiche e dal talento fuori norma, che può creare per sé ma, soprattutto, per gli altri.

Edwards è una macchina atletica, ha mostrato sprazzi di enorme talento alternati a momenti di spaesamento – il che è assolutamente normale per un rookie. Quello che non è normale è che LaMelo abbia cancellato tutti i dubbi di inizio stagione (carattere, efficacia da dall’arco, capacità di gestire la pressione della NBA, …) e si sia dimostrato un professionista molto più pronto di quanto ci si aspettasse.

Menzioni d’onore per Haliburton, il cui impatto sul campo è stato un toccasana per i Kings e che sembra avere una promettente carriera davanti, e per Pat Williams, che rischiamo di trovare come nome in lizza per altri premi tra qualche anno.

D.T.: Ecco, io mi aspettavo tanto da Wiseman, devo dire la verità e la dico per mettere le mani avanti. Un po’ per l’infortunio e (soprattutto) per un alto tasso di immaturità cestistica, è stata la mia piccola delusione di questa classe di matricole.

LaMelo, rispetto al ROY, ha dimostrato quasi subito di correre solo, in effetti. E lo dico per quella sicurezza nei propri mezzi e quella gestione matura di un talento innato, che mi ha lasciato impressionato fin dalla sua prima partita di preseason. Che ho seguito appositamente – con occhio critico – e dove ha collezionato diverse palle perse e tanti errori al tiro; e dove, quindi, non ha canonicamente brillato. Tuttavia, il modo in cui facilmente si ponesse a confronto da subito con “colleghi” più esperti e navigati, mi ha fatto subito capire che poteva essere la sua stagione. Poi, i suoi miglioramenti progressivi al tiro ed i buoni risultati di Charlotte hanno fatto il resto.

Edwards è emerso sulla lunga distanza e, per quanto discontinuo, a guardar la stagione nella sua totalità, quello visto negli ultimi mesi mi è piaciuto molto. Stesso discorso per Haliburton, seppur al contrario. O meglio, diciamo che con l’andare avanti della stagione ho iniziato a percepirlo più scontato di quanto non fosse apparso sorprendente all’inizio.

D.Q.: Chi mi conosce lo sa, qui per me esiste un solo giocatore: datemi LaMelo e mettete gli altri nell’ordine che preferite, non mi interessa. L’unico motivo per il quale Ball ha rischiato di non vincere il Rookie Of The Year è stato l’infortunio nel finale di regular season. Edwards ha messo numeri importanti ma non è stato costante durante la stagione, Haliburton ha fatto vedere cose bellissime fino all’infortunio al ginocchio.

Diciamo che Ball ha fatto uno sport e tutti gli altri qualcosa di simile…

Vorrei, però, fare due menzioni speciali: Quickley e Tate. Il primo ha aiutato Randle e Thibodeau a riportare i Knicks ai playoff, il secondo è stata una gran “pesca” di Houston.

D.P.: Come avete detto, se non fosse stato per l’infortunio al polso, LaMelo Ball avrebbe vinto piuttosto agilmente il premio di matricola dell’anno. Il più piccolo dei fratelli Ball, infatti, è stato in grado fin da subito di contribuire positivamente al successo della propria squadra, facendo ricredere i propri detrattori sotto diversi punti di vista e rendendo Charlotte una seria pretendente a un posto nei playoffs, con l’aiuto di Hayward e Rozier.

Anthony Edwards, invece, finisce secondo proprio perché non ha saputo replicare quanto messo in mostra da Ball: ha incontrato parecchie difficoltà nelle prime settimane della stagione, litigando con il proprio tiro e faticando a trovare ritmo. Tuttavia, Edwards ha messo in mostra notevoli miglioramenti negli ultimi mesi, tanto da mettere a serio rischio la vittoria del ROY da parte di LaMelo.

Coach Of The Year: vince Monty Williams

A.S.: Le malelingue potrebbero dire che è facile allenare una squadra quando hai un coach in campo come Chris Paul. Ma le malelingue temo non abbiano seguito il percorso degli ultimi due anni dei Phoenix Suns.

Il miglioramento di Utah non è stato così eclatante, Snyder ha guidato la squadra con il miglior record di vittorie della lega che, tuttavia, ripartiva dopo una stagione fatta di luci ed ombre: il rapporto tra Gobert e Mitchell, il “Microfono Gate” del francese, l’uscita al primo turno nei bubble playoffs. Tutti brutti ricordi spazzati via da una stagione da primi della classe.

Thibodeau è la tipica Cinderella Story. Se il premio fosse per narrativa, sarebbe suo di diritto.

Se il DPOY è un premio filosofico, il COTY è un premio “politico”: credo che Gobert vincerà già il DPOY e Randle il MIP, e l’unico riconoscimento per la stagione dei Suns può essere il COTY. Williams per me.

D.T.: Quest’anno si è presentata una bella sfida per il coach dell’anno, considerando che le peculiarità della stagione hanno favorito assolute sorprese ai vertici delle Conference. Realisticamente, la vera corsa è tra Snyder e Williams, che si son battagliati un primo posto ad Ovest laddove quasi tutti davano per scontato trovar Lakers e Clippers, almeno in avvio di campionato.

Io, però, avrei votato Tom Thibodeau, perché non riesco a togliermi dalla testa quanto sorprendenti siano stati i Knicks. E quanto sia stato decisivo nell’aggiunta di Rose a stagione in corso, che in un certo senso ha cambiato ancor più il passo di una squadra alla quale è riuscito – incredibilmente secondo me – a dare un’identità definita anche e soprattutto in difesa.

Tuttavia, ad essere oggettivi, concordo con il premio a Williams, per una serie di ragioni, in primis il modo in cui ha saputo gestire l’aggiunta di Paul e Crowder in un gruppo che aveva già dimostrato di saper far funzionare nella bolla di Orlando. Pensavo che ripartire da lì – e dall’identità data ai Suns di Booker dalla mano del coach – sarebbe stato l’obiettivo, ma difficilmente avrei previsto una squadra capace di giocar così bene e di vincere tanto.

Menzione speciale per Doc Rivers, perché non era scontato far ben funzionare il roster dei Sixers, più profondo e meglio strutturato per togliere imbarazzo ad un Simmons troppo battezzabile in attacco, che ha saputo gestire al meglio nonostante infortuni ed assenze per protocollo COVID.

D.Q.: Il premio di Coach Of The Year è forse quello che più mi ha messo in croce. Alla fine, i tre nomi che “giravano” erano quelli di Williams, di Snyder e di Thibodeau.

Dovevi scegliere se premiare l’artefice della crescita esponenziale di una franchigia che, con l’aggiunta di Chris Paul a Booker e compagnia, ha cambiato letteralmente volto, premiare un allenatore che ha creato negli anni un sistema efficace, efficiente e, soprattutto bello da vedere, che ha portato Utah ad essere prima ad Ovest oppure premiare “la favola americana”, un allenatore dato per finito, alla guida di una franchigia considerata una barzelletta e che partiva con l’obiettivo delle 15W.

Per quanto a me piacciano queste storie, sono rimasto nel campo dell’oggettivo: il mio voto è andato a Monty Williams, perché a Phoenix, in due anni, non ha solo creato un sistema che funziona ma ha anche creato legami con dirigenza e tifosi che difficilmente erano pronosticabili.

Nulla toglie però che Snyder ha messo in piedi un sistema fantastico e che Thibodeau è riuscito in qualcosa ai limiti dell’impossibile.

Sixth Man Of The Year: vince Jordan Clarkson

A.S.: Parliamo, infine, del premio più noioso e grezzo per me, troppo legato alla matematica semplice che a un ragionamento profondo: il 6MOTY.

Jordan Clarkson l’ha vinto nei primi tre mesi di stagione e, anche se Ingles è più efficace, Rose più ammirevole, ecc ecc…, Clarkson è la “versione 2021” di quei Sesti Uomini come Jamal Crawford e Lou Williams. Entro dalla panchina, sparo tutto ciò che mi arriva nelle mani, metto un ventello (di dubbia efficienza) e mi siedo.

D.T.: I risultati delle votazioni narrano di un mezzo plebiscito ma io non riesco a veder bene Clarkson – neanche quando porta numeri pari al Lou Williams che fu nelle passate stagioni – e, pur riconoscendogli il riconoscibile, non mi trovo d’accordo.

Per me il 6MOTY non deve soltanto portare tanti punti in cascina, deve anche offrire spesso e volentieri quel cambio di ritmo che serve a vincere le partite. Non che Clarkson non l’abbia fatto, reggendo spesso e volentieri la second unit e permettendo ai Jazz di non flettere con i titolari a riposo con il suo esser accentratore, ma, se restiamo a Salt Lake City, avrei dato più volentieri il premio a Ingles.

Poi, personalmente, il “problema” è un altro: sono completamente stato rapito dalla clamorosa stagione dei Knicks – che aspettavo in vano da anni – ed io il premio lo darei a Derrick Rose. Non fosse altro per come, approdando nella Grande Mela e partendo dalla panchina, ha deciso un discreto numero di partite con il suo impatto e la sua esperienza. Volendo fare il romanticone, sarebbe un premio alla sua carriera e, secondo me, lo meriterebbe ampiamente.

D.Q.: Per me il premio se lo giocano a Salt Lake City, perché l’alternativa a Clarkson è Joe Ingles. La scelta di non votarlo è dovuta solamente al fatto che, tra scelte di Snyder e infortuni vari, Ingles ha giocato una parte di stagione da titolare. Ad ogni modo, non sarebbe stato uno scandalo una vittoria dell’australiano, a maggior ragione in virtù di quella TS% irreale.

Poi, sotto di loro, in ordine sparso si possono trovare Rose, Brunson, Portis, Harrell e Milton ma non tanto da poter esser presi seriamente in considerazione. Anche se Rose, con la storia di New York…ok, la smetto.

D.P.: Non sono in totale disaccordo con la vittoria di Clarkson, però il mio voto l’ho dato a Ingles che, oltre a essere un giocatore infinitamente più efficiente dell’ex-Cavs, è anche molto più versatile. Insomma, un giocatore che vuoi in campo anche nei momenti decisivi. Si può dire la stessa cosa per il buon Jordan?

Conclusioni

Dopo tanto parlare, resta veramente poco da sviscerare rispetto ai risultati dei premi stagionali secondo la redazione di True Shooting.

Probabilmente, gran parte delle sentenze – eccetto il ROY ed DPOY – erano piuttosto imprevedibili in avvio di ostilità. Questo fatto è da imputarsi alla stagione atipica che abbiamo vissuto, funestata dai protocolli COVID e, soprattutto, da una pausa veramente troppo breve tra la fine della bolla di Orlando e l’inizio del training camp.

Se aggiungiamo a tutto ciò i ritmi serrati per portare a compimento le settantadue gare in programma, era immaginabile che certe variabili impazzite avrebbero determinato sorprese ma non a questo livello.
Con le assenze prolungate dei vari LeBron James, Kevin Durant e Anthony Davis (tanto per citarne alcuni), l’occasione per mettersi ulteriormente in corsa per riconoscimenti prestigiosi è stata ben afferrata da gran parte dei giocatori discussi precedentemente.

Allo stesso modo, i sorprendenti rendimenti dei Jazz, dei Suns e dei Knicks hanno conseguentemente portato alla ribalta i principali protagonisti delle rispettive imprese. Un fatto che – ribadiamo – non potevamo immaginare a poche ore dalla Opening Night, quando discutevamo chi potesse mai battere i Lakers e se i Bucks avrebbe potuto sopraffare Miami ad Est.

Insomma, ben venga anche questa imprevedibilità per una regular season che ci auguriamo restar unica, sia per dinamiche che per potenziale scollegamento con i destini-playoff delle squadre qualificate (play-in permettendo).

Calcolando risparmi energetici programmati, rientri dagli infortuni affrettati ed anche stagioni purtroppo terminate anzitempo, gli equilibri rischiano di esser completamente capovolti con l’avvio della postseason.

Per colpa del contesto inedito in cui la stagione 2020/21 si è svolta, augurandoci in tutti i sensi di poter ritornar presto alla normalità.

La Redazione
La redazione è un mostro a più teste e con un numero ancora maggiore di mani. E come nel significato più letterale, del latino monstrum, è una "cosa straordinaria".