Qualche spunto di riflessione sull’inizio della Summer League

summer league-holmgren-murray-jovic
Copertina di Sebastiano Barban

Luglio nell’anatomia di una stagione della NBA significa sostanzialmente una cosa sola: free agency. Tuttavia, non c’è solo questo a caratterizzare l’inizio dell’estate e i fan della lega possono godersi i primi sprazzi di pallacanestro dei nuovi prospetti appena entrati dal draft. Certo, è doveroso fare un paio di premesse: la Summer League di luglio è poco competitiva, in un contesto in cui le difese sono totalmente disorganizzate e in cui sostanzialmente 12 giocatori che si conoscono da 4 giorni devono mettere insieme un’idea di gioco. Capirete che è comprensibile che le valutazioni che ne conseguono siano ovviamente poco attendibili. Insieme ad Alexandros abbiamo comunque deciso di parlare dei prospetti all’opera, ma senza guardare troppo alle cifre, quanto a spunti interessanti e aspetti del gioco che possono essere valutati indipendentemente dal contesto.

Le nostre analisi si focalizzano soprattutto sul feel for the game dei giocatori e su alcune caratteristiche tecniche che balzano agli occhi durante una colazione appena svegli.

La vera e propria Summer League, con tutte e 30 le franchigie impiegate, di solito si tiene a Las Vegas, ed è così anche quest’anno. Come ogni anno però ci sono un paio di Summer League minori, con un numero ristretto di squadre, utili principalmente per esplorare maggiormente il roster e dare più tempo ai ragazzi di trovare la chimica durante le situazioni di gara

La Summer League di Utah

La Summer League di Utah aveva come protagonista principale Chet Holmgren, ma non mancavano prospetti intriganti. Oklahoma, Philadelphia e Memphis hanno schierato dei roster pieni di giocatori reduci da delle buone esperienze nella passata stagione, e soprattutto gli scontri di Phila con le due sopracitate sono stati particolarmente intensi, dato lo scenario.

Philadelphia 76ers

I 76ers si aspettavano di certo dalle risposte da Springer, Joe e Reed e tutti e tre hanno confermato un graduale miglioramento. Reed pare destinato ad essere il centro di riserva per la stagione regolare e probabilmente è il più pronto dei tre.

Usato spesso come point-center per creare attacco tramite hand off, Reed ha dominato contro Memphis grazie al suo inestinguibile motore, stancando il povero Tillman. Oltre i 15 rimbalzi ha dimostrato, per quanto la sua tecnica sia quantomeno originale pare assai efficace, di poter segnare conclusioni dalla distanza ma anche canestri in fade-away. La nota veramente positiva è la comprensione del gioco, particolare che sta migliorando in maniera lenta ma costante. Per coprire i 15 minuti di riposo di Embiid pare ottimo, mentre c’è qualche dubbio per le partite in cui il camerunese rimarrà in borghese.

Joe è stato altalenante al tiro, pecca che ne ha caratterizzato anche la passata stagione in G League, ma in difesa ha saputo farsi valere. Contro Memphis ha avuto qualche difficoltà contro le lunghe leve di Ziaire Williams, ma in altri match-up è stato spesso in grado di limitare l’attaccante avversario. Per essere un 3&D deve ancora migliorare la costanza al tiro, ma non ci sarebbe da stupirsi se riuscisse a spodestare Korkmaz nelle rotazioni di Rivers data la maggior propensione difensiva.

Springer pare invece quello che più difficilmente avrà minuti a Philadelphia. Il tiro non c’è ancora, e per quanto sia un atleta esplosivo con una buona capacità di tagliare lontano dalla palla, sembrerebbe complicato vederlo giocare in un roster in cui vi sono già molti giocatori che pretendono il pallone in mano. Springer non è pericoloso sugli scarichi, e dall’altro lato del campo gioca un po’ troppo per la rubata. Rimane un prospetto intrigante, ma probabilmente sarebbe meglio se cambiasse casacca.

Ultima nota sui vari Brown jr, Bassey, Foster e Queen. Quest’ultimo, reduce da un signor campionato in G League ha giocato poco e non è stato preciso al tiro, ma è in grado di fare un po’ tutto in maniera dignitosa. Se riuscisse a tenere botta a livello fisico potrebbe diventare un giocatore interessante, anche se non so quanto possa essere pronto per la prossima stagione. Brown ha mostrato la differenza d’età rispetto agli avversari sfruttandola soprattutto in difesa, ma in attacco è ancora all’abc e difficilmente farà parte del roster. Bassey potrebbe invece rimanere come terzo centro, anche se è ancora bello grezzo. Nota a parte per Foster che ha mostrato dei lampi di protezione del ferro dal lato debole alquanto intriganti, ma non pare avere una grande comprensione del gioco, nonostante fosse un recruiter 5 stelle in uscita dall’High School prima di entrare nel team Ignite.

Memphis Grizzlies

I Grizzlies hanno deciso deliberatamente di saltare la partita di Summer League contro OKC lasciando a riposo i nomi più interessanti, ma nelle altre due hanno spiccato Ziaire, LaRavia, Roddy e Chandler. Il primo è forse fra le note dolenti di questa compagine. Non perché abbia giocato male, anzi, ma perché le sue limitazioni nella creazione dal palleggio sono parse alquanto evidenti in un contesto in cui gli veniva chiesto di creare per sé e per gli altri. Non sarà la prima opzione durante la prossima annata, ma urge migliorare drasticamente il palleggio per poter avere dei compiti di self-creation nelle partite che contano.

LaRavia è parso forse il più pronto a contribuire. Difficile capire come possa rendere al piano di sopra; in un contesto come la Summer League non è mai stato attaccato seriamente se non in maniera anarchica dagli avversari, ma spesso è stato in grado di tenere almeno un palleggio contro le guardie avversarie e lottare fisicamente contro i lunghi. In attacco aveva dei compiti semplici, ma non li ha mai sbagliati. Presente sugli scarichi e sempre attivo nel farsi trovare dai compagni, tecnica di tiro istantanea che ne velocizza il rilascio, e fisico che pare essere pronto per le battaglie contro i pariruolo NBA. Come ala sembra un collante perfetto e capace di tenere il campo, anche se riuscire a capire quanto possa soffrire ai Playoff (che è il vero banco di prova per I Grizzlies) è pressoché impossibile dato il contesto.

Roddy è stato parecchio disordinato, perdendo spesso palla e sbagliando conclusioni semplici, ma fisicamente è a dir poco impattante. Non salterà molto, ma data la larghezza e il baricentro basso è molto difficile da spostare e, per quanto paia improbabile che possa essere utile già da oggi, è un prospetto in grado di fare un po’ tutto e che se sviluppato bene potrebbe diventare un mismatch per molti avversari. Aldama ha vestito i panni del comprimario di lusso in alcuni frangenti, grazie a un bagaglio tecnico completo e variegato. Capace di tirare da fuori, dal palleggio, in floater, gli manca la fisicità del succitato Roddy, ma potrebbe dare anche lui il suo apporto durante la prossima stagione partendo dalla panchina e coprendo in parte i minuti vacanti derivanti dalla partenza di Kyle Anderson, di cui pare l’erede naturale per movenze e stile di gioco.

Menzione d’onore per Kenneth Lofton Jr. Per quanto sia stato la “Twitter sensation” dopo il suo scontro con Chet Holmgren, bisogna ritornare coi piedi per terra e analizzare il suo apporto oltre ai canestri segnati contro l’ex Gonzaga. Lofton ha delle mani educatissime, non solo al tiro ma anche nei passaggi e ha pescato puntualmente i taglianti. Le mani sono dolci, ma il ragazzo è un po’ innamorato del suo tiro e ne abusa un poco. Il suo corpo, che è risultato un’arma contro Holmgren in attacco, è un problema ingestibile in difesa. Sempre contro Chet, Lofton ha preso 4 falli in pochi minuti, cosa che in NBA non può permettersi. Contro Phila è stato sovrastato dall’atletismo di Bassey e Foster, mostrando tutti I suoi limiti. La speranza è che possa migliorare la condizione fisica, ma non so quante squadre NBA vogliano investire su un prospetto del genere se non al limite con un two-way.

Una piccola menzione per i pochi prospetti Jazz. L’allenatore Hardy ha dato l’impressione di voler catechizzare a dovere i nuovi arrivati prima di lanciarli in campo, e anche Butler ha detto di essere rimasto impressionato dall’intensità con cui lavora il nuovo head coach. L’ex Baylor ha faticato molto all’inizio, è migliorato con le partite ma rimane sottodimensionato e poco pericoloso al ferro. Per questo motivo spesso gli avversari potevano permettersi il lusso di rimanere aggressivi contro di lui senza concedergli facilmente il tiro da 3 e limitandone così le capacità di separazione dal palleggio. I Jazz cercheranno altre risposte nella Summer League di Las Vegas, magari proprio con Walker Kessler, appena arrivato dalla trade che ha coinvolto Gobert.

Oklahoma City Thunder

Quanto alla squadra assemblata di Sam Presti, non mancavano di certo i grandi nomi per questa Summer League. Il GM dei Thunder ha messo insieme un roster che comprendeva tra gli altri 4 nuovi rookie, i 4 rookie dello scorso anno, Vit Krejčí e Pokuševski, scelti al Draft 2020, Lindy Waters III e Eugene Omoruyi, contratti two-way della squadra. Ovviamente non mancano altri nomi di giocatori collegiali finiti undrafted e che sono valutati principalmente per la G League.

La prima considerazione da fare è che è già difficile dare ora a tutti un minutaggio significativo, e questo sarà un problema da affrontare al training camp. Se ai 10 giocatori si aggiungono Dort e Shai, senza dimenticare i vari Bazley, Muscala, Kenrich Williams e Ty Jerome, è chiaro che non ci sono abbastanza spot per fare giocare tutti.

Ma oltre a questo, due cose mi sono parse fin da subito evidenti.

La prima è che Josh Giddey ha messo su massa in modo deciso, e si è visto in una maggiore aggressività al ferro. Questa era una delle cose principali che mancavano al talento australiano, che ha nel tiro la sua più grande lacuna. Mi spiace dirvi che quanto alla dimensione da tiratore c’è ancora moltissimo lavoro da fare, ma per il resto Giddey ha fatto vedere ottimi spunti nell’attaccare il ferro, la solita visione di gioco eccezionale, e un istinto da tagliante che tornerà utilissimo in futuro.

L’altra grande notizia per OKC è che Jalen Williams è esattamente il giocatore che mancava a questa squadra. Non vi nascondo che JW era uno dei miei prospetti preferiti del draft: quella visione di gioco, quel feel for the game, uniti a una stazza importante e a una mano educata dall’arco avevano suscitato la mia curiosità. Ora oltre alla mia curiosità Jalen ha anche la mia attenzione più totale: è un atleta sottovalutato che ha fatto subito capire di poter mettere la testa sopra al ferro, è un difensore POA migliore del previsto e legge i tempi dell’aiuto. La cosa fondamentale è che però è sveglissimo off ball sui tagli e per farsi trovare pronto sugli scarichi.

L’impressione è che il lavoro di Shai Gilgeous-Alexander sarà molto più facile con le spaziature garantite da Jalen e Chet Holmgren.

La seconda scelta assoluta è il deterrente al ferro che mancava a questa squadra, e ha stabilito il record di stoppate in Summer League con 6. Offensivamente ha mostrato la mano educata da tre, la capacità di segnare al ferro, ma anche discrete azioni palla in mano e una buona visione di gioco. Nel complesso Holmgren è pronto per questo livello di gioco, ma ha bisogno di tempo e minuti per salire di livello e limare i suoi limiti, primo tra tutti la tenuta fisica per un buon numero di minuti. Poi è vero che fisicamente faticherà contro i centri più grossi, e ce lo ha dimostrato contro Kenny Lofton Jr., ma i centri migliori della lega non vengono difesi in 1 contro 1. Inoltre, nella prima partita contro Utah, Kofi Cockburn, che pesa 45 chili più di Chet, non è riuscito a fare nulla in attacco. Chet ha anche dimostrato una discreta intesa con Josh Giddey, motivo principale per cui OKC ha scelto di giocare due Summer League.

Non sono abbastanza i minuti che abbiamo visto giocare agli altri membri del roster, ma ho visto buoni spunti difensivi in uno contro uno da Vit Krejčí, e anche un paio di giocate interessanti di Pokuševski da 5. Poca roba, ma servirà Las Vegas per capire qualcosa in più.

California Summer League

La Summer League californiana, tenutasi al Chase Center, aveva come protagoniste i padroni di casa di Golden State, Sacramento, Miami e i Lakers.

Non sono moltissimi gli spunti che abbiamo potuto raccogliere, ma è emerso con prepotenza tutto il talento difensivo e offensivo di Keegan Murray. La scelta dei Kings va però criticata per come è stato gestito un asset come la numero 4, non per chi è stato scelto. Keegan è un signor giocatore, capace di giocare con e senza palla, di difendere su quattro ruoli e di segnare con continuità al ferro e dall’arco. Sa crearsi il proprio tiro ed è molto intelligente, tutte caratteristiche che sono emerse nel contesto di una Summer League dove è parso di un’altra categoria.

Decisamente più altalenante Nikola Jović, rookie serbo di Miami, che accanto a un’ottima fluidità di un tiro che è molto difficile da stoppare, ha mostrato molta discontinuità. Jović è un ball handler ottimo per la stazza e ha una discreta visione di gioco, ma ha un baricentro molto alto e un condizionamento fisico rivedibile. Non dovrebbe stupirvi come sia completamente incapace di difendere, e questo è emerso nelle tre gare in California. I flash sono molto interessanti, ma Jović riuscirà a stare in campo difensivamente?

Per quanto concerne la Summer League dei Lakers, i figli d’arte O’Neal e Pippen Jr. erano le attrazioni più note ai tifosi. Mi spiace deludervi, ma il figlio di Shaq è lì solamente per il nome. Pippen Jr. invece è stato un discreto giocatore al college, con una buona propensione a prendersi tiri liberi e una visione di gioco non malvagia. L’impressione però è che al momento sia un elemento da G League, vedremo se riuscirà a trovare minutaggio in regular season.

Diverso è il discorso per Max Christie, progetto di 3&D molto preparato in difesa, ma non ancora abbastanza pronto al tiro e in generale in attacco, dove spesso è avulso dall’azione. LA dovrà avere pazienza, ma il ragazzo in uscita da Michighan State ha potenziale

Ti è piaciuto l'articolo?
Dacci un feedback:

Loading spinner
Francesco Contran
Praticante e grande appassionato di atletica, si è avvicinato al basket per caso, stregato da Kevin Durant e dai Thunder. Non avendo mai giocato è la dimostrazione vivente che per far finta di capire qualcosa non serve aver praticato questo sport.
Alexandros Moussas
Alla tenera età di 9 anni, mio zio mi fece scoprire il basket NBA, facendomi guardare con lui le finali del 98. Con Tavcar nelle orecchie e Micheal Jordan ad alzare il trofeo, mi innamorai dei perdenti, gli Utah Jazz. Da quel momento, nulla è cambiato. Io continuo a tifarli, e loro continuano a non vincere.