James Harden è arrivato ad Hollywood

HARDEN è arrivato a Hollywood
Copertina di Sebastiano Barban

Nella notte americana del 30 ottobre la squadra losangelina ha finalmente raggiunto l’accordo con i Philadelphia 76ers per la trade di James Harden. Secondo quanto riportato da Shams Charania, i proprietari delle due squadre sarebbero intervenuti nelle trattative tra i due GM per concludere l’affare, stanchi- come tutti noi- di una soap opera che andava avanti da giugno.

Ora che finalmente abbiamo i dettagli dello scambio, iniziamo a discutere concretamente dei risvolti per le due squadre coinvolte.

Lo scambio

LA ClippersPhiladelphia 76ersOklahoma City Thunder
James HardenRobert Covington2027 first-round pick swap (LA Clippers)
PJ TuckerNicolas Batum
Marcus Morris
Kenyon Martin Jr.
prima scelta 2026 da OKC (la peggiore tra OKC, LA Clippers e Houston (protetta top5))
prima scelta 2028 non protetta (LA Clippers)
seconda scelta 2024 (Indiana, Toronto, Cleveland o Utah)
seconda scelta 2029 (LA Clippers)
2029 first-round pick swap (LA Clippers)

A conti fatti, il costo che i Clippers hanno dovuto pagare per portarsi a casa la tanto agognata terza stella è stato quello di una prima, due swap (i Sixers potranno scegliere se tenersi la propria scelta o scambiarla con i Clippers), due seconde e tutti i “4” presenti a roster, filler perfetti per le esigenze di Daryl Morey grazie ai loro contratti in scadenza.

Insieme al Barba sbarca a LA il suo alfiere PJ Tucker, di cui pregi e difetti parleremo tra poco. L’inclusione di Tucker nello scambio è sicuramente una mini-vittoria per Morey, dato che la player option da 11 milioni di dollari inclusa nel suo contratto avrebbero rovinato i piani del mercato estivo del GM dei Sixers.

Con questo scambio Philadelphia va in pari con gli asset spesi per acquistare Harden e si prepara a un nuovo assalto a un esterno da affiancare al duo Maxey-Embiid, in questa stagione o in estate, quando avranno dai 50 ai 65 milioni di dollari da spendere per tornare tra le contender.

Infine, merita un plauso Sam Presti che, ancora una volta, “fa il Presti” infilandosi nella trade con oscure macchinazioni per ottenere un guadagno marginale su un asset distante 3-4 anni da oggi. La prima scelta mandata a Philadelphia, così protetta, sarà presumibilmente una delle ultime scelte al primo giro, mentre lo swap nel 2027 con i Clippers rischia di essere un ticket per la lottery niente male.

Finalmente arriva la terza stella a LA

James Harden è la risposta dei Clippers a diverse domande ed esigenze che negli ultimi anni si erano fatte sempre più insistenti.

Innanzitutto, il Barba è un chiaro terzo violino degno di una contender. Nelle ultime stagioni il divario con le altre contender negli spot dal terzo al quinto della rotazione si era allargato considerevolmente, e trovare un terzo violino che (sulla carta) fosse al pari dei vari Holiday, Beal, Gordon, Middleton, Wiggins, ecc. risultava sempre più difficile.

I tanti role player dei Clippers davano sì grande profondità al roster, ma sono giocatori che preferiresti avere dal quinto spot della rotazione in giù. Nic Batum, non l’eroe che i Clips meritavano ma quello di cui avevano bisogno, stava seguendo la parabola di Andre Iguodala nella seconda metà di carriera Warriors, trasformandosi lentamente da titolare di alto livello a prezioso giocatore dalla panchina e con minutaggio limitato; Terance Mann e Ivica Zubac sono mestieranti fondamentali per una squadra di alto livello ma poveri di talento; Powell è un sesto uomo fatto e finito con notevoli lacune difensive e parecchio altalenante, e via dicendo.

Per quanto in declino, James Harden l’anno scorso è stato un All-Star e leader per assist a partita, con medie stagionali da 21-11-6. L’ex MVP è reduce da brutte rotture con le squadre precedenti e altrettante uscite ai Playoff rocambolesche, ma rimane un giocatore in grado di alzare tantissimo il livello della squadra e garantire un apporto costante durante la stagione regolare, fondamentale per una squadra che negli ultimi due anni è arrivata a giocare solamente 5 partite playoff.

Il playmaker che mette tutti d’accordo

Affiancare un playmaker “tradizionale” alle due stelle losangeline: una delle battaglie interne passate più sottotraccia in NBA negli ultimi anni, guidata da Ty Lue e le due stelle Clippers nei confronti del Front Office. La ricerca della point guard capace di mettere in ritmo i compagni è presto diventata un’ossessione per i Clippers: i vari Rondo, Bledsoe, Wall, ecc. hanno iniziato a susseguirsi come i sequel di Paranormal Activity, mentre le ali vedevano il proprio ruolo limitato (Mann) o relegato a quello di simpatica mascotte (Covington).

Paul George sull’acquisizione di Westbrook: “We both loved it. We traded our 2 point guards (John and Reggie) so we were like we really needed a point. I thought I could do it but it’s a lot especially if you got Jrue Holiday picking you up and you gotta create.”

La versione che è arrivata ai Clippers di Westbrook è buona: estremamente concentrato, più disposto a sacrificarsi rispetto all’esperienza gialloviola (sorpresa: trattarlo come un essere umano sembra aver aiutato il processo) e in grado di aiutare in alcuni dipartimenti in cui la squadra era carente. Westbrook alza il ritmo di gioco, ha iniziato a portare blocchi sulla palla, è una furia a rimbalzo e un leader emotivo che a questa squadra mancava da quando Beverley se n’è andato.

Westbrook è anche tutto ciò che il Front Office non ha mai voluto: una point guard efficace (quasi) soltanto con la palla tra le mani, con estreme limitazioni nell’attacco a metà campo.

L’identikit della point guard ideale per accontentare Lawrence Frank, il coach e i giocatori è esattamente quello di James Harden: giocatore in grado di mettere in ritmo i compagni (Embiid deve metà MVP ai bounce passes di Harden) e al contempo di creare il tiro per sé stesso; pericoloso sia in isolamento che nel pick and roll che sugli scarichi (quando ha voglia di tirare in catch&shoot). I dubbi su come i Clippers ridistribuiranno i possessi tra quattro giocatori così abituati ad avere un ruolo centrale sono legittimi, ma l’iniezione di talento vale a pieno il tentativo.

I Clippers dovranno essere molto attenti a non diventare la squadra di Westbrook e Harden, ma Kawhi e George- solito inizio spettacolare per lui, 29-5-4 con 2.4 rubate a partita- sono due tra le stelle più in grado di giocare off ball della lega (sarà curioso osservare quanto l’avere o meno la palla fra le mani contribuirà al ritmo di gara di questi giocatori: specialmente Paul George rischia di scomparire dalla partita e diventare un role player ultralusso).

L’evoluzione al tiro dalla lunga distanza di Kawhi, anche in uscita dai blocchi, è abbastanza sottovalutata (47% su 7 triple a partita in questo inizio di stagione, #lol). Penso lo vedremo perfettamente a suo agio in queste situazioni con Harden a iniziare l’azione, ed è sicuramente un’ottima alternativa agli 1vs1 fisicamente soverchianti a cui siamo abituati col 2 volte Finals MVP.

L’aspetto tattico che più affascina di questa trade è la capacità che i Clippers avranno di andare a stanare gli anelli deboli delle difese avversarie: la combinazione di Harden, George e Leonard è troppo esperta e abile per non riuscire a isolare il difensore desiderato, e la filosofia offensiva dei Clippers di Ty Lue è da sempre quella di cercare il mismatch ideale sul perimetro e attaccarlo con PG e Kawhi. Utilizzando le parole di Ty Lue, molti giocatori Clippers “can eat but can’t cook“: trovare il mismatch adatto per uno di questi tre giocatori dovrebbe garantire il vantaggio iniziale di cui i role player Clippers hanno bisogno per attaccare con successo.

A supporto dei tre esterni All Star ci sono giocatori ideali per questa filosofia: tra loro e Mann- uno dei migliori esterni a portare il blocco nel pick and roll tra guardie-, Russ, Bones, Powell le combinazioni di giochi a due non convenzionali sono virtualmente illimitate.

Il risvolto cestistico più preoccupante della trade è l’aver accentuato il difetto principale di questo gruppo: se prima si sentiva la mancanza di un 4 atletico e con rim protection, ora i Clippers si ritrovano senza più giocatori in quel ruolo. Durante la regular season potranno cavarsela adeguando Leonard e George a turno in ala grande, e il neo-arrivato Tucker riuscirà a fornire una quindicina di minuti a gara insieme al rookie Kobe Brown. Sia Westbrook che Harden sono tra le migliori guardie per marcare le ali avversarie in post basso, e cambiare su tutti i blocchi 1-4 garantisce un paracadute notevole per la stagione regolare. Ma se l’intenzione è quella di battere i Nuggets di Gordon-MPJ e gli enormi Celtics e Bucks, allora i Clippers dovranno convertire qualche esterno in un 4 titolare capace di fare a sportellate con questi freak atletici (ancora di più se Lue tornerà a voler esplorare la small ball: quanta fiducia hanno nel 38-enne PJ Tucker?). I Clippers hanno conservato qualche asset dalla trade, come la prima scelta del 2030 (!), Terance Mann e Norman Powell: i target più chiacchierati sono i soliti sospetti (Grant, Washington, Collins) ma da qui alla deadline potrebbe cambiare qualcosa.

Di certo i Clippers, con sette esterni nella top8 della rotazione non sembrano ancora un prodotto finito.

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Lorenzo Pasquali
Ha deciso di esplorare nuove vette del masochismo iniziando a tifare Clippers e Fortitudo. Le notti sogna un universo parallelo in cui CP3 e Griffin vincono il primo Larry OB della franchigia.