Draft Class 2020, un anno dopo

Draft NBA 2020
Copertina di Nicolò Bedaglia

Quando parliamo di Draft NBA, l’errore che tutti noi commettiamo è quello di rivalutare la draft class dopo solo una stagione.

Razionalmente, ogni valutazione sulla first pick, sulla lottery, sulle possibili steal e sui giocatori che vengono “bollati” come bust andrebbe fatta in prospettiva, ragionando su più anni. Bisognerebbe considerare diversi fattori: l’età del giocatore, il contesto in cui si inserisce, il percorso formativo, il carico mediatico che si porta sulle spalle.

Insomma, le variabili sono parecchie. Però tutti – nessuno escluso – ci facciamo prendere dalla frenesia e giudichiamo la draft class sulla base di quanto abbiamo visto nella loro prima stagione.

Come scritto poche righe sopra, ragionando razionalmente dovremmo aspettare degli anni prima di fare un re-draft.

La tentazione, tuttavia, è stata troppo grande.

Il 18 novembre, ieri, è passato esattamente un anno dalla notte del draft. Dalla prima alla quattordicesima, le lottery pick della scorsa stagione sono state: Anthony Edwards, James Wiseman, LaMelo Ball, Patrick Williams, Isaac Okoro, Onyeka Okongwu, Killian Hayes, Obi Toppin, Deni Avdija, Jalen Smith, Devin Vassell, Tyrese Haliburton, Kira Lewis ed Aaron Nesmith.

Così, con i consigli dei miei colleghi Paolo Di Francesco e Leonardo Spera, ho ricostruito la lottery del Draft 2020 – una delle draft class più profonde degli ultimi anni – basandomi principalmente sul potenziale puro espresso dai giocatori nel corso di questa stagione ma prendendo come riferimento le necessità della scorsa stagione delle franchigie.

1 – Minnesota Timberwolves, LaMelo Ball

Fossimo nel mondo dei social network, avrei solamente una parola da spendere: “Stonks“.

Nel corso della passata stagione, LaMelo Ball ha dimostrato a tutti noi cos’è capace di fare. Un mix mortifero di stazza – altezza superiore alla media nel ruolo di point guard -, visione di gioco, comprensione del gioco, tecnica di passaggio, genialità, istinti difensivi, range di tiro – ma pecca ancora nelle scelte – e velocità in transizione.

A posteriori, con il titolo di Rookie Of the Year in tasca, il più piccolo dei Ball è la first pick designata. Però, seguendo la sua carriera pre-NBA, avremmo dovuto capire – ed abbiamo capito, fortunatamente – che l’hype che girava intorno al nome di Melo fosse giustificato.

In Australia, agli Illawarra Hawks, nonostante le statistiche al tiro facessero pensare ad altro – 38% dal campo, 25% dall’arco -, si è dimostrato fin da subito uno dei giocatori più impattanti della NBL.

La scorsa stagione, terza scelta assoluta degli Charlotte Hornets di Michael Jordan, ha viaggiato con “numeri” interessanti – 43.6% dal campo, 35.2% dall’arco e quasi il 40% in catch and shoot da oltre i sette metri – che gli hanno permesso, insieme alle qualità atletiche e di passaggio, di vincere il titolo di ROY.

Inoltre, nonostante un serio infortunio al polso rimediato contro i Los Angeles Clippers, ha mostrato una crescita continua, sia di consapevolezza sia atleticamente parlando, delle proprie capacità fisiche. Attaccare il ferro, assorbire i contatti, rimediare tiri liberi, buttarsi nella lotta a rimbalzo, rubare palloni, col passare del tempo ha preso coscienza delle proprie capacità e le ha usate a suo favore (ed a quello dei suoi compagni).

Per questo, fossimo stati nel front-office dei Minnesota Timberwolves, non avremmo avuto il minimo dubbio a scegliere LaMelo Ball. Con un lungo come Towns avrebbero dato spettacolo.

2 – Golden State Warriors, Anthony Edwards

Lo scorso anno, dopo che i Timberwolves avevano scelto Edwards con la loro prima scelta assoluta, eravamo (quasi) tutti convinti che si sarebbe giocato, testa a testa con James Wiseman e davanti a LaMelo Ball, il titolo di rookie dell’anno.

Ecco, se la stagione fosse iniziata dopo l’All Star Game Weekend, avremmo avuto (quasi) tutti ragione. Infatti, Edwards al Target Center di Minneapolis per i primi mesi ha fatto abbastanza fatica: 14.9 punti di media in trenta minuti d’impiego a partita, 30.2% dall’arco e 46.6% di True Shooting %.

Parliamoci chiaro, abbiamo visto sicuramente giocatori con “cifre” meno interessanti, però da una first pick ci aspettavamo di più. Anche a livello fisico, atletico, quello che sembrava uno dei più pronti al salto in NBA ha sofferto.

Poi, magicamente, dopo l’All Star Game, Anthony Edwards torna a fare – anche meglio – quello che abbiamo visto con la maglia dei Bulldogs. Migliora ogni voce statistica e, di conseguenza, aumenta anche il suo minutaggio: 23.8 punti di media in trentacinque minuti, 35% dall’arco e quasi il 57% di True Shooting %.

Con il migliorare delle “voci” offensive, migliorano anche le statistiche difensive e, soprattutto, progredisce sotto l’aspetto atletico.

Proprio per via delle sue qualità tecniche ed atletiche, nonostante non sia l’archetipo del giocatore “da Golden State”, l’avremmo visto molto bene sotto la guida tecnica di coach Kerr.

Inoltre, viste le defezioni degli Warriors dello scorso anno, avrebbe beneficiato di tanti minuti e tanti possessi.

3 – Charlotte Hornets, Patrick Williams

Qui avremmo parlato di “Sogno americano” o qualcosa del genere: Patrick Williams, nato a Charlotte il 26 agosto 2001, draftato dagli Hornets.

Quando parliamo di Williams dobbiamo tenere bene a mente la data di nascita. Dopo esser stato draftato dai Chicago Bulls con la quarta scelta assoluta, non ha vissuto – statisticamente parlando – una stagione incredibile: poco più di 9 punti di media in ventisette minuti di utilizzo, il 48.3% dal campo ed il 39.1% dall’arco.

Ecco, l’età di Williams – vent’anni compiuti da poco – e la percentuale dai tre punti fanno pensare (spoiler: giustamente) che dietro questo giocatore ci sia un mondo inesplorato. Tutto questo in aggiunta alla sua capacità difensiva, alle sue doti atletiche e fisiche e al tocco pregevole che lo rende pericolo dal mid-range.

Fossimo stati nella sala dei bottoni di Charlotte, saremmo andati dritti su Pat. Vero che hanno a roster Miles Bridges che sta facendo benissimo, però per arrivare al livello di quest’anno ci ha messo tre stagioni e, coincidenza, Williams è tre anni più giovane dell’attuale PF degli Hornets.

E, per noi, anche un potenziale più alto.

4 – Chicago Bulls, Tyrese Haliburton

Siamo all’interno della lottery, quindi parlare di steal in senso puro non avrebbe molto senso. Ecco, diciamo che Haliburton che scende fino alla dodicesima scelta assoluta è il fatto migliore accaduto a Sacramento da molto tempo a questa parte.

Citando un articolo di Andy Bailey di Bleacher Report, “Tyrese Haliburton è stato una delle guardie NBA più stabili della stagione passata”. Solido in attacco, solido in difesa, maturo, capace di fare sempre scelte intelligenti, a tratti ha dimostrato di avere più dei suoi effettivi vent’anni.

Ha iniziato, mantenuto e finito la stagione con statistiche di tutto rispetto: 13 punti di media in trenta minuti di utilizzo, 47.2% dal campo ed un impressionante 40.9% dall’arco, abbinati poi al tredicesimo miglior record di assist-to-turnover ratio tra i giocatori con più di dieci minuti di utilizzo ed almeno cinquanta partite giocate.

Visto cosa ha portato – sotto l’aspetto del tiro da lontano, della difesa e della gestione dei possessi – Lonzo Ball a questi Bulls, viene da pensare che un Haliburton avrebbe fatto molto comodo a Zach LaVine la scorsa stagione.

5 – Cleveland Cavaliers, Tyrese Maxey

Con un backcourt formato da Darius Garland e Collin Sexton – la famosa SexLand di Cleveland – e vista la giovane età di entrambi, perché Koby Altman avrebbe dovuto scegliere Maxey al posto di Okoro?

Non c’è una risposta giusta od una sbagliata, a fronte di statistiche simili, Maxey è stata la steal of the draft di Philadelphia. Sceso fino alla scelta ventuno, Elton Brand si è messo in casa un playmaker esplosivo, capace di produrre punti dalla panchina con un minutaggio limitato e che, nel corso della stagione, ha migliorato ogni voce statistica, chiudendola (ultime quindici partite) con 11.3 punti di media in diciannove minuti ed il 35.3% dall’arco.

L’espressione della crescita costante di Maxey l’abbiamo vista nel match contro i Denver Nuggets, dove è stato capace di segnare 39 punti totalmente inaspettati. Da quel momento, le sue prestazioni si sono stabilizzate ed il suo minutaggio è aumentato, entrando sempre più nelle rotazioni di Doc Rivers.

Quindi, Altman ed i Cavs non hanno sbagliato a draftare Okoro, però non sarebbe stato sbagliato draftare Maxey. E, dopo Haliburton ai Bulls, avremmo avuto un “Back 2 Back Tyrese”.

6 – Atlanta Hawks, Devin Vassell

Dietro Devin Vassell c’è un mondo da scoprire e, probabilmente, San Antonio ha fatto una scelta lungimirante scegliendolo con l’undicesima scelta assoluta.

Numeri alla mano, la prima stagione in NBA di Vassell potrebbe sembrare nulla di eccezionale. Ha chiuso la stagione con quasi 6 punti di media in diciassette minuti, perché prenderlo così in alto? Il perché è presto detto: l’ex Florida State aveva davanti due giocatori importanti come DeMar DeRozan e Rudy Gay e, nonostante questo, è riuscito a ritagliarsi uno spazio sempre più significativo.

Nella stagione scorsa ha tirato con il 40.8 % dall’arco, è stato capace di guadagnarsi i tiri liberi e di trasformarli con l’84.3% e, grazie alle sue capacità atletiche, all’intelligenza ed alla versatilità, Popovich ha potuto utilizzarlo come difensore su guardie, ali piccole e, talvolta, ali grandi.

Questi aspetti ci danno l’idea di un giocatore che, nel prossimo futuro, potrà diventare un ottimo 3&D e, soprattutto, un giocatore che avrebbe potuto fare molto bene al fianco di Trae Young e Kevin Huerter.

7 – Detroit Pistons, Cole Anthony

Con Cole Anthony è successo un fatto particolare: sia io, sia Paolo, sia Leonardo l’abbiamo messo in casa dei Pistons.

Nella realtà, il prodotto di UNC è stato scelto con la quindicesima scelta assoluta dagli Orlando Magic e, statistiche alla mano, la sua stagione non giustificherebbe la nostra decisione univoca di metterlo alla Seventh Pick. Quindi, perché?

Perché, nonostante i 13 punti di media, peraltro prodotti con quasi 12 tiri dal campo in ventisette minuti di utilizzo, ha dimostrato di avere il physique du rôle, la leadership, il carisma che a Killian Hayes – la vera scelta di Detroit – è mancato per tutta la stagione. In Michigan avrebbe avuto, innanzitutto, la titolarità. Poi la possibilità di imparare sbagliando e, esattamente come ha fatto nella seconda metà di stagione ad Orlando, di migliorare le proprie statistiche.

Abbiamo come la sensazione di non aver visto ancora il vero potenziale di Anthony, ai Pistons avrebbe fatto comodo e, magari, a lui avrebbero fatto comodo i Pistons.

8 – New York Knicks, Onyeka Okongwu

Partiamo da un presupposto: Okongwu sta benissimo lì dove si trova, è perfetto per gli Hawks e per il sistema di gioco Trae-centrico.

Però, nel nostro re-draft, Atlanta ha già scelto Vassell, quindi il suo strepitoso potenziale difensivo finisce tra le mani di uno dei coach che ha fatto della difesa il suo mantra, Tom Thibodeau.

Un anno fa, New York con l’ottava scelta assoluta aveva “pescato” Obi Toppin. Potenzialmente, la scelta giusta. Tuttavia, un difensore con le capacità atletiche di Okongwu, abbinate ai suoi istinti difensivi, alla sua verticalità ed alla capacità di sopportare la pressione dimostrata alle Eastern Conference Finals, lo avrebbero reso un giocatore decisamente interessante nelle mani di Thibs, soprattutto in quella stagione “magica” dove la Gritty NY è riuscita a tornare ai playoff.

Toppin non è stata la scelta sbagliata, Okongwu sarebbe stata una scelta ugualmente giusta.

9 – Washington Wizards, Desmond Bane

Quando parliamo di Desmond Bane non dovremmo parlare della sua età. Memphis si è trovata tra le mani una “perla”, perfetta per il sistema di gioco costruito attorno a Ja Morant, scesa alla scelta numero trenta del primo giro proprio per l’età di Bane.

L’ex studente di Texas Christian University fa parte di quel gruppo di giocatori che si sono dichiarati al draft dopo aver completato i quattro anni di studi al college. Generalmente, questi giocatori hanno avuto modo di affinare le proprie qualità nel corso degli anni, finendo per “bullizzare” freshmen e sophomores. L’altro lato della medaglia, però, è che giocatori come Bane (o, per fare un altro esempio, come Josh Hart) vengono scelti molto in basso al draft, o addirittura non scelti.

Memphis ha trovato alla tredicesima scelta un giocatore perfetto per il suo gioco, capace di tirare dall’arco con il 43.2% e con un fisico da bulldozer che lo rende in grado di difendere tanto sulle SG quanto sulle SF e sulle PF.

Un giocatore del genere, capace di tirare con quelle percentuali dall’arco e con questa capacità difensiva, avrebbe fatto molto comodo ai Washington Wizards di Russell Westbrook e Bradley Beal, i quali avrebbero avuto un’altra fuoco per poter competere ai playoff.

10 – Phoenix Suns, Immanuel Quickley

Se pensiamo alla stagione che hanno portato a termine i New York Knicks, oltre a Julius Randle ed alla rinascita di Thibodeau, non possiamo non pensare ad Immanuel Quickley.

Siamo (abbastanza) sicuri che, dovesse rimanere questo tipo di giocatore, sarà un pluri-candidato al premio di Sixth Man Of The Year nel prossimo futuro.

La scorsa stagione, uscendo dalla panchina, Quickley ha si è dimostrato una macchina da punti, tanto che con lui in campo i Knicks hanno prodotto un +7.6 points per 100 possessions con lui in campo e -0.6 con lui in panchina. Un dato che la dice lunga sull’apporto che Quick ha portato all’attacco di New York.

Proprio per questa sua capacità di portare punti facili dalla panchina lo abbiamo messo nel nostro re-draft alla scelta numero dieci, un backcourt con Chris Paul e Devin Booker come titolari e Immanuel Quickley ed il Cameron Payne che abbiamo visto la scorsa stagione dalla panca sarebbe stato mortifero.

11 – San Antonio Spurs, Deni Avdija

Ad inizio articolo abbiamo scritto che San Antonio ha scelto un bel giocatore andando a prendere Devin Vassell. Scelta giusta, però fosse stato ancora disponibile Avdija avremmo scommesso che Popovich non si sarebbe fatto pregare due volte.

L’ex giocatore del Maccabi Tel Aviv ha faticato la scorsa stagione a Washington, sicuramente l’impatto con la NBA è stato più duro che per altri giocatori. Ha concluso la sua rookie season con il 31.5% dall’arco, con il 64.4% ai liberi e con appena 1.2 assist di media. Non sono statistiche prese a caso, Avdija è entrato nel draft con il tiro da tre ed una capacità di passaggio superiori alla media nel ruolo come punti a favore e, paradossalmente, è riuscito a sembrare un difensore migliore di quanto avevamo visto in Europa, il suo punto debole.

La sua meccanica di tiro è molto bella da vedere, con le giuste ripetizioni in offseason diventerà sicuramente efficace. Il suo playmaking non è qualcosa che puoi insegnare. La difesa mostrata in NBA è superiore a quanto abbiamo visto in Israele ed in Eurolega. Tutto questo l’avrebbe reso un giocatore perfetto per Pop ed i suoi Spurs.

12 – Sacramento Kings, Precious Achiuwa

I Kings, scegliendo Haliburton nella realtà, hanno fatto una delle mosse più intelligenti degli ultimi anni. Nel nostro re-draft, Tyrese è “andato via” con la quarta scelta assoluta, destinazione Illinois. E, sempre nel nostro re-draft, a Sacramento è arrivato l’uomo con il nome più bello del Draft: Precious Achiuwa.

Parlare dell’apporto offensivo di Achiuwa ai Miami Heat, che l’hanno scelto con la twentieth pick, sarebbe un fumoso esercizio di stile: efficienza nel pitturato assolutamente nella media (54.4% dal campo, appena 3.7 tiri tentati a partita) e totale assenza di tiro perimetrale. Però, difensivamente, Achiuwa ha messo in mostra capacità degne di nota e, con il suo fisico e le sue doti atletiche, è stato capace di marcare le PF ed i C avversari nei suoi dodici minuti di utilizzo.

A Sacramento, a portare i blocchi per aprire la strada del pitturato a Fox o per agevolarne l’uscita a Hield, avrebbe fatto comodo.

13 – New Orleans Pelicans, James Wiseman

Se per LaMelo Ball abbiamo usato il termine “Stonks“, per James Wiseman dobbiamo usare il contrario: “Not Stonks“.

Per larghi tratti, la stagione d’esordio è stata disastrosa. In una annata senza pretese per Golden State, Wiseman non è riuscito ad integrarsi nel sistema di gioco di Steve Kerr, sia per gli infortuni sia per una incapacità ad assimilare gli schemi offensivi basati sulla gravity di Steph Curry e sul read-and-react attack.

Nonostante tutto ciò, Wiseman è riuscito ha mettere in mostra un atletismo notevole ed una mobilità fuori dalla norma per un centro. Inoltre, ha mostrato una buona capacità di correre il campo, di concludere al ferro e, con un lavoro mirato in offseason, un buon jumper che gli ha permesso di (tentare) di aprire il campo tirando con 31.6% dall’arco.

Queste buone qualità non vanno a cancellare la stagione sottotono giocata, però ci ha portato a pensare che in una squadra allenata da Stan Van Gundy, come i Pelicans dello scorso anno, che privilegia un attacco con le Twin Towers – lui e Zion Williamson – e parecchi pick and roll, avrebbe potuto fare decisamente meglio.

14 – Boston Celtics, Isaiah Stewart

Siamo arrivati alla fine della lottery. Lo scorso 18 novembre 2020, Danny Ainge aveva deciso di implementare la pericolosità da lontano scegliendo un tiratore come Aaron Nesmith. Tuttavia, le lacune dei Celtics dello scorso anno, guidati dalla vena realizzativa di Tatum – Brown – Walker, erano nel pitturato e sotto il tabellone.

Contestualmente, in Michigan, una delle poche note positive della stagione dei Pistons è stato Isaiah Stewart, scelto con la sedicesima scelta assoluta dello scorso draft. Durante l’anno, complice anche la partenza di Blake Griffin verso i Nets di Kevin Durant, Stewart è riuscito a mettersi in mostra, mettendo in piedi statistiche non indifferenti per un rookie e mostrando capacità difensive ed hustle plays da highlights. Parliamo di un giocatore che, in ventuno minuti di utilizzo medio, ha tirato con il 55.3% e, soprattutto, con il 33.3% dall’arco.

La fisicità di Stewart, la capacità di prendere rimbalzi e di bloccare e con la possibilità di aprire il campo con una percentuale degna di nota, lo avrebbe reso un giocatore appetibile per i Celtics, da far giocare insieme od in alternativa a Theis.

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Davide Quadrelli
Tifo Lakers e Cantù, tifo Valentino Rossi e Kimi Raikkonen, tifo Juventus e Patriots. Pare che io scriva per True Shooting.