Idiocracy, il tifoso dopo la pandemia

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Copertina di Edoardo Celli

Idiocracy è una commedia del 2006, diretta da Mike Judge e con Luke Wilson – fratello del ben più noto Owen – come protagonista. Vi starete (giustamente) chiedendo “Cosa c’entra un banale film con la NBA?”. Ebbene, la commedia racconta le vicende di una società, che vive in un distopico scenario futuro, dove la proliferazione di persone dal basso quoziente intellettivo ha abbassato in maniera considerevole il livello dell’intelligenza media della popolazione.

Ecco, quello che stiamo vedendo nei palazzetti NBA da qualche settimana a questa parte si avvicina tanto, troppo, al distopico scenario raccontato nel film. Negli ultimi giorni stiamo assistendo a episodi controversi, con i giocatori da una parte, i tifosi dall’altra e, in mezzo, una totale mancanza di rispetto (sia per l’atleta sia, soprattutto, per l’uomo) dei secondi nei confronti dei primi.

Russell Westbrook a Philadelphia, Trae Young a New York, i genitori di Ja Morant a Salt Lake City, Kyrie Irving a Boston e, infine, l’invasione di campo del tifoso dei Wizards a Washington D.C. Appare evidente che, in questi playoff, la NBA abbia un problema da risolvere: i tifosi.

Tuttavia, non commettiamo l’errore di considerare questo un problema d’oltreoceano. In questo momento in Italia si stanno disputando i playoff di Serie A2. Settimana scorsa, con i palazzetti chiusi, con solamente (e teoricamente) i dirigenti e gli sponsor sugli spalti, la Givova Scafati Basket è andata a Chieti a giocare Gara 3 contro la Lux Chieti.

Fino al fischio finale nulla da segnalare, ma il problema è sorto quando i giocatori di Scafati sono rientrati negli spogliatoi. Frank Gaines e Charles Thomas hanno prima ricevuto insulti razziali e poi ricevuto sputi. Sputi in epoca Covid-19. Non da tifosi, da dirigenti e rappresentati degli sponsor.

Certo, è innegabile che quindici mesi di pandemia, di lockdown e parziali riaperture, di perdita di lavoro e di perdite economiche abbiano influito sulla psiche delle persone, facendo emergere quel lato “aggressivo” che, combinato con l’adrenalina di un evento sportivo, può diventare pericoloso.

Il problema è, dunque, globale.

Westbrook, Wells Fargo Center

Il primo episodio controverso di questi playoff riguarda Russell Westbrook.

È quantomeno curioso il fatto che a “iniziare” questa serie di eventi sia proprio Russ. Infatti, in passato, Westbrook aveva avuto problemi con i tifosi sia a Philadelphia sia a Salt Lake City.

Facciamo un piccolo riassunto: The Brodie si fa male alla caviglia, chiede il cambio e si avvia, sostenuto dallo staff medico dei Wizards, verso gli spogliatoi. Mentre passa sotto la balconata che porta nel corridoio, un tifoso Sixers gli rovescia in testa un sacchetto di popcorn. Come potete vedere nel video, la reazione di Westbrook è (comprensibilmente) rabbiosa, quasi a dimenticarsi del dolore che ha alla caviglia. Solo l’intervento della security e dello staff medico impedisce il contatto tra i due.

Finito il match, Westbrook si lascia andare ad un duro sfogo con i giornalisti: «Sono onesto, ci sta sfuggendo il controllo su questa situazione. È fuori controllo. I tifosi possono fare il c**** che vogliono e manca il rispetto. Abbiamo passato la linea, se uno mi incontrasse in strada e mi lanciasse i popcorn in testa… sapete come andrebbe a finire. Nelle arene bisogna cominciare a proteggere noi giocatori, vedremo che provvedimenti prenderà la NBA.

Loro [i tifosi] si sentono intoccabili, anche in passato con me. Tirarmi addosso del cibo è una s********. Ho imparato a guardare da un’altra parte, non si può fare per sempre. Voglio dei provvedimenti, i tifosi non possono venire e dire e fare quello che vogliono. È un fatto che prendo sul personale, sono stanco. La situazione non migliora, peggiora».

A sostenere Westbrook sono “scesi in campo” il suo compagno Bradley Beal, il suo allenatore Scott Brooks e, soprattutto, il volto di questa lega: LeBron James. Tramite un tweet, LeBron ha prima affermato che l’arena è piena di telecamere per individuare il colpevole, e poi invocato protezione verso i giocatori.

Tramite un comunicato ufficiale, riportato da Shams Charania su Twitter, i Sixers hanno innanzitutto chiesto scusa a Russell Westbrook e ai Washington Wizards, e inoltre hanno affermato che il tifoso è stato individuato, il suo abbonamento annuale è stato annullato ed è stato bannato a tempo indeterminato dal Wells Fargo Center per qualsiasi tipo di evento. In aggiunta al comunicato, c’è stata una comunicazione ufficiale anche del President of Business Operations dell’arena, Valerie J. Camillo, con la quale vengono rinnovate le scuse ed affermato che questo comportamento non sarà mai accettato al Wells Fargo.

Young, Madison Square Garden

Nella stessa sera, a 160 km di distanza, al Madison Square Garden Trae Young diventa il bersaglio preferito dei tifosi dei New York Knicks, tornati ai playoff per la prima volta dal 2013 pochi giorni prima.

Il culmine di questa “caccia all’uomo” è arrivato quando un tifoso Knicks, ignorando i fatti occorsi al mondo negli ultimi quindici mesi, ha sputato addosso a Young; parliamo di culmine perché di episodi controversi e discutibili ne sono successi parecchi. Il tifoso che si è permesso di sputare addosso a Young è stato espulso dal Garden ed è stato bandito a vita da qualsiasi evento.

Young è diventato il villain, ciò che per New York è stato Jordan prima e Miller poi. Un personaggio da battere con tutti i mezzi possibili. E quando dico tutti… dico tutti. L’escalation parte dal coro insistente “F*** you” dal warm-up di Gara 1 e finisce con lo sputo del tifoso di New York durante Gara 2. In mezzo, trovano spazio due episodi particolari, uno divertente e uno particolarmente ridicolo.

Partiamo dall’episodio ridicolo. Dopo aver fatto il suo esordio ai playoff con una statline ammirevole – 32 punti, 10 assist, 7 rimbalzi, 9/9 ai liberi e il floater della vittoria a pochi decimi di secondo dalla fine della partita -, a prendersi la briga di polemizzare con Young è… il sindaco di New York, Bill de Blasio.

Pubblicando un video sul suo account Twitter, de Blasio ha inveito contro Ice Trae, prendendosela con la sua tendenza a cercare il fallo (con riferimento al 9/9 ai liberi) e accusandolo di aver “sconsacrato” il Garden non giocando a pallacanestro – citando, tra l’altro, Steve Nash, head coach dell’altra franchigia di New York e non certo il volto più amato dai fan dei Knickerbockers.

Una scena che, vista con un occhio non attento, avrebbe indotto chiunque a pensare di essere finiti sul profilo Twitter del Saturday Night Live e di guardare Alec Baldwin.

Passando, poi, all’episodio divertente, qui non si può che applaudire la genialità dei tifosi. Nel 2017, l’ex Sooners aveva dichiarato a CBS Sports di avere una paura incontrollata e incontrollabile verso gli uccelli. Detto, fatto.

Famiglia Morant, Vivint Arena

Russell Westbrook e Trae Young qualche giorno prima, il terzo episodio riguarda indirettamente Ja Morant. Indirettamente, perché a essere insultati – sia a livello razziale sia a livello sessuale – sono stati i suoi genitori, Tee e Jamie Morant.

Durante la partita, il padre di Morant aveva discusso con altri tifosi, però la discussione era confinata nei limiti dello sportivo ed è finita con una birra bevuta insieme. Ben diverso l’esito di quanto avvenuto poco dopo: tre tifosi Jazz insultano i genitori di Morant, “colpevole” di giocare a basket in maniera sublime. I tre, esattamente come a New York e Philadelphia, vengono espulsi dall’arena e banditi a vita.

Anche in questo caso, gli Utah Jazz e il board della Vivint Arena rilasciano un comunicato congiunto dove si scusano con i genitori di Morant, con il giocatore stesso e affermano che non sono e non saranno mai tollerati questi comportamenti.

Tuttavia, Morant, dopo aver ricevuto il sostegno della lega e di Donovan Mitchell, precisa tramite Twitter un punto. Nel comunicato ufficiale si parla di “verbal altercation” mentre, secondo lui, quelle ricevute dai genitori sono vere e proprie molestie.

Irving, TD Garden

Da un Garden all’altro. Kyrie Irving è il protagonista del penultimo episodio incriminato. Certo, Uncle Drew non è visto benissimo dalle parti di Boston e, dal lato sportivo, il malcontento può essere anche condivisibile. Ciò che non può e non deve essere condivisibile è quando il malcontento si trasforma in qualcos’altro.

Al termine di Gara 4 tra Brooklyn Nets e Boston Celtics, un tifoso – un complimento chiamarlo così – ha lanciato una bottiglia d’acqua verso Irving, reo di aver segnato 39 punti o di aver tradito Boston o di aver calpestato il logo dei Celtics o qualunque cosa passasse per la testa del ragazzo. Lanciare una bottiglia d’acqua – piena o vuota che sia – verso un giocatore rientra nell’ambito degli atteggiamenti criminali.

A differenza di quanto successo a Philadelphia, a New York ed a Salt Lake City, a Boston il tifoso che ha lanciato la bottiglia ad Irving è stato anche arrestato, come riporta Shams Charania su Twitter.

Lo stesso Irving, restio alle interviste nell’ultimo periodo, ci ha tenuto a dire la sua ai giornalisti: «Questa è l’ennesima dimostrazione che i tifosi, le persone in generale, si sentono autorizzati a fare ciò che vogliono. Hanno pagato il biglietto? Sono qui a godersi lo spettacolo? Benissimo! Non siamo a teatro, non possono lanciare pomodori o altre cose a noi che stiamo facendo una performance per loro. Sono tornate delle pessime abitudini, è troppo».

Kyrie, prima dell’inizio di Gara 3 a Boston, aveva affermato di aspettarsi un clima caldo sugli spalti ed aveva “chiesto” di tenere il malcontento nel campo sportivo, cercando di evitare di cadere nel razzismo come già era successo in passato a Boston. Questa esternazione ha provocato tre reazioni: quella di Danny Ainge, quella di Marcus Smart e quella di Jaylen Brown.

Ainge, dall’alto della sua esperienza, ha fatto una dichiarazione discutibile: «Queste cose vanno prese sul serio una volta per tutte. Però, in 26 anni che sono qui, non ho mai sentito insulti razzisti».

Smart e Brown, invece, nonostante siano il nuovo volto del Celtic Pride, non si sono tirati indietro ed hanno confermato la pessima abitudine del tifo bostoniano di cadere spesso nel campo del razzismo. Tuttavia, Brown ha voluto aggiungere una postilla, indirizzata proprio a Irving e al tempismo della sua dichiarazione.

Ad alimentare la polemica, stupidamente, ci ha pensato poi Kevin Garnett. A mente fredda, l’ex #5 dei Celtics – ironia della sorte, il ragazzo che ha lanciato la bottiglietta aveva la sua canotta – ha scritto su Instagram: «Nessuno dice qualcosa sul fatto che [Irving] abbia calpestato Lucky. Non si può fare una cosa del genere, non è cool».

Washington Wizards – Philadelphia 76ers, Capital One Arena

Il protagonista dell’ultimo episodio in ordine cronologico non è un giocatore e non è un suo parente. Durante il terzo quarto di Gara 4 tra Wizards e Sixers, alla Capital One Arena è andata in scena la più classica delle invasioni di campo. Il ragazzo è entrato indisturbato in campo, ha interrotto l’azione offensiva di Westbrook e compagni, ha cercato di toccare il tabellone ed è stato placcato dalla security.

Così come a Boston, tramite un comunicato della Monumental Sports & Entertainment, l’invasore è stato bandito a tempo indeterminato dall’arena ed è stato arrestato. Questo episodio, diverso dagli altri presi in considerazione, ha fatto sorgere una domanda spontanea: in un periodo complicato come quello che stiamo vivendo, dov’è la sicurezza?

Anche in questo caso, hanno preso la parola Scott Brooks, Russell Westbrook e Bradley Beal. L’head coach dei Wizards si è limitato a constatare che ormai i tifosi non hanno più paura di niente e che è un peccato che una sola persona rovini la reputazione di migliaia di tifosi. Westbrook ha affermato (nuovamente) che questo non è un gioco, che loro lavorano e lo fanno seriamente. Beal ha usato poche, semplici e dirette parole: «These hands work».

Considerazioni finali

Per tutta la durata dell’articolo ho volutamente nascosto il trait d’union di tutti questi episodi: dai popcorn di Philadelphia allo sputo di New York, dagli insulti di Salt Lake City alla bottiglia di Boston, il tratto comune di tutti questi episodi è che i tifosi sono bianchi e l’accanimento è verso giocatori (o parenti) afroamericani.

La NBA, che sostiene gran parte del movimento cestistico americano con gli introiti dei tifosi che vanno nei palazzetti, dovrebbe rivedere e inasprire le pene, lavorando di concerto con le franchigie, con i gestori delle arene e con le forze dell’ordine locali.

La NBA dovrebbe ascoltare quello che dicono LeBron James, Draymond Green, Russell Westbrook, Kevin Durant o ex giocatori come Matt Barnes. Adam Silver non può limitarsi al rilascio di un comunicato dove viene detto che «È cruciale che tutti mostrino rispetto per i giocatori, arbitri e gli altri tifosi».

Il periodo che abbiamo vissuto – e che stiamo ancora vivendo – è stato duro e ha messo a dura prova la tenuta mentale delle persone. Tuttavia, andare a vedere una partita di basket non significa andare al Colosseo a vedere i gladiatori o andare allo zoo a vedere gli animali.

Perché questo non è Idiocracy, questo non è un film e i giocatori non sono animali da circo.

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Davide Quadrelli
Tifo Lakers e Cantù, tifo Valentino Rossi e Kimi Raikkonen, tifo Juventus e Patriots. Pare che io scriva per True Shooting.