La cavalcata playoff degli Atlanta Hawks

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Copertina di Francesco Villa

Gara 6 delle Eastern Conference Finals è stata la porta in cima alle scale, dipinta nel cielo del set cinematografico che ha fatto scoprire a Truman il fatto che la sua vita fosse una messinscena. Esattamente come Truman gli Atlanta Hawks si sentono il mondo crollare addosso, dopo aver creduto di poter approdare alle Finals, ma con la consapevolezza di poter rispondere “good afternoon, good evening and goodnight” a tutti i loro detrattori, con il sorriso e l’arroganza di chi sa di non essere finito lì per caso.

Da una squadra così profonda e ricca di ottimi giocatori offensivi ci si poteva aspettare un’ottima regular season, ma un cammino playoff di questo livello è andato oltre le aspettative di chiunque. Si pensava che McMillan, che ha sostituito Lloyd Pierce in corsa, fosse un ottimo allenatore da regular season, per poi faticare ai playoff perché restio a fare grandi aggiustamenti in corsa. Si pensava che Trae Young faticasse a rendere al meglio per via della sua ridotta fisicità, si pensava che la difesa fosse troppo fragile, ma gli Hawks ci hanno tenuto a fare il meglio per provare a smentire tutti.

Questa run playoff, oltre a regalare emozioni, ha regalato anche parecchi spunti interessanti di cui adesso andremo a discutere.

Trae Young e il peso del mondo sulle spalle

Non credo che si possa parlare della run playoff degli Hawks senza partire da Trae Young, probabilmente il giocatore ha regalato più momenti memorabili in questa post-season.

Il prototipo dell’antieroe in stile spaghetti western, che si presenta a cavallo di un asino, ma zittisce il Madison Square Garden alla sua prima partita playoff, segnando un buzzer beater e chiedendo il silenzio dei tifosi che lo hanno accolto al suono di “fuck Trae Young”.

Volenti o nolenti, è impossibile scindere la narrativa e la mentalità del villain dell’Eastern Conference che Trae è riuscito a costruirsi dalle prestazioni in campo. La sua postseason è stata d’élite sia dal punto di vista del gioco, sia dal punto di vista mentale e di gestione della pressione.

Entrando nel vivo del discorso tattico è importante fare una premessa. In un articolo di qualche settimana fa, scritto durante la serie contro i 76ers, ho cercato di sviscerare in maniera più approfondita il gioco di Trae Young, quindi qui si riprenderanno alcuni argomenti precedentemente affrontati in questo articolo.

La prima cosa che è salta all’occhio guardando qualche partita di Atlanta in questi playoff è la capacità di adattarsi agli svariati tipi di difesa che le squadre avversarie hanno provato a giocare. Grazie ai continui blocchi portati da tutti i compagni gli Hawks sono stati in grado, con un’ottima maturità, di cercare sempre l’anello debole della difesa per attaccarlo.

Dall’attaccare dopo un double drag la drop troppo profonda della difesa dei Knicks, all’attaccare Tobias Harris in uno contro uno fino al punire il raddoppio con un passaggio perfetto dietro la schiena. Lo skill set di Trae Young è ampissimo e McMillan lo ha messo in condizione di poterlo sfruttare nel miglior modo possibile.

La gara in tutto ciò che di bello è stato fatto vedere da Trae nelle prime gare di playoff è stato messo insieme è Gara 1 contro i Bucks. 48 punti, 11 assist con il 50% dal campo e una serie di giocate spettacolari che hanno permesso alla squadra di prendere ritmo e fiducia e vincere la partita.

Una difesa sorprendente

Bisogna premettere che gli Hawks si sono presentati ai playoff senza poter avere il contributo, se non per qualche partita, di Reddish e Hunter, ovvero i due migliori difensori perimetrali della squadra. La fortuna di Atlanta è stata trovarsi a dover competere contro squadre che avevano in dei lunghi (Randle, Embiid, Giannis) i loro principali iniziatori del gioco. Questo ha permesso di soffrire di meno la mancanza delle due ali menzionate in precedenza, utilizzando ottimamente Capela, Collins, Okongwu e Gallinari sulle stelle avversarie.

Voglio partire parlando del rookie Onyeka Okongwu. Draftato con la scelta numero 6 dello scorso draft, era considerato il miglior lungo difensore della sua classe e dopo un inizio difficoltoso dovuto a un infortunio che lo ha tenuto fuori condizione a lungo ai playoff ha mostrato tutto il suo potenziale difensivo.

Essere un rookie e trovarsi a difendere in serie due giocatori di questo livello è complicato, ma lui ha dimostrato di essere sia intelligente sia molto mobile, riuscendo a non soffrirli particolarmente, anzi, facendo meglio di Capela che in alcune partite sembrava essere privo di energie.

Ha anche iniziato a far vedere dell’ottimo potenziale come difensore del ferro, regalando alcune stoppate spettacolari.

L’altra grande sorpresa per quanto riguarda la difesa è sicuramente Kevin Huerter. Con l’assenza di Reddish e Hunter, Atlanta si ritrovava con Bogdanović e Huerter a doversi accoppiare con gli esterni migliori delle squadre avversarie. Il 22enne prodotto di Maryland ha mostrato grandi miglioramenti e il fatto di non aver dovuto marcare grandi stelle offensive lo ha sicuramente aiutato, ma sfruttando la sua altezza ha fatto registrare quasi una stoppata a partita.

Un altro grande merito difensivo è sicuramente da dare al coaching staff. Sapere di avere un giocatore estremamente attaccabile come Trae Young e riuscire a sfruttare le debolezze offensive delle squadre avversarie per riuscire a nasconderlo è un qualcosa di intuitivo, ma di non banale da mettere in pratica con costanza.

Contro i New York Knicks l’attacco newyorkese è riuscito raramente a tirare in mezzo Trae, nascosto su Bullock. Bullock, non essendo un buon attaccante palla in mano, non lo ha mai attaccato con efficienza e in questo modo il fisico di Trae non è stato pagato troppo nella metà campo difensiva. Contro i 76ers la stessa cosa è successa nascondendo Trae su giocatori come Green o Thybulle, lasciando il compito di marcare Seth Curry a Bogdanović.

L’ultimo giocatore considerato un minus difensivo, ma che utilizzato in questo contesto ha avuto un impatto positivo, è stato sicuramente John Collins.

Nel ruolo di stoppatore in aiuto, come possiamo vedere dalle clip precedenti, ha fatto un grande lavoro in tutte le serie. Ha lavorato bene anche nella serie contro New York, portando Randle verso la linea di fondo dove avrebbe trovato l’aiuto di Capela. Contro Embiid e Giannis ha faticato di più, ma si è trovato su di loro solo in situazioni sporadiche sui cambi.

Saper mettere palla a terra

Da questa squadra abbiamo imparato l’importanza di avere tanti esterni capaci di mettere la palla a terra. Precedentemente abbiamo parlato del fatto che Trae abbia potuto nascondersi su Bullock, Thybulle, Green e P.J. Tucker perché questi non riuscivano a sfruttare l’evidente mismatch fisico, ma effettuare questo tipo di strategia difensiva contro gli Atlanta Hawks è impossibile.

Young, Huerter, Bogdanović, Gallinari, Williams, Hunter e Reddish sono tutti giocatori capaci di sfruttare e battere dal palleggio un eventuale mismatch, e l’attacco di Atlanta è costruito anche per sfruttare queste situazioni.

Inoltre, avere giocatori con queste caratteristiche consente di alleggerire la pressione dell’attacco da Trae Young, che può rifiatare arrivando a fine partita più riposato e lucido. Trae, infatti, in questi playoff ha dimostrato di non calare di rendimento con il prosieguo della partita e con la stanchezza accumulata, facendo registrare una media di 8 punti a partita nel quarto quarto delle varie gare.

A proposito di questo tema è interessante il paragone con i Mavericks di Dončić. Essendo che nei Mavs nessuno, se non Brunson e Luka stesso, sono stati in grado di battere l’uomo dal palleggio, contro i Clippers Dončić è sempre partito fortissimo (12 punti di media con il 54% dal campo nei primi quarti), per poi calare e chiudere la partita con 5.7 punti di media e il 34% dal campo nei quarti quarti.

Il giocatore offensivamente più sorprendente è stato, probabilmente, Kevin Huerter. La prima cosa da sottolineare è la sua maturità in campo. Durante ogni partita, nei momenti cruciali, ha fatto giocate importanti che hanno permesso agli Hawks di uscire dai momenti di difficoltà, come in Gara 1 contro i 76ers.

Inoltre il suo talento è esploso in Gara 6, quando ha chiuso con 27 punti e 10/18 dal campo.

Di fianco a Kevin Huerter, viste le assenza di Hunter e Reddish, è partito in quintetto Bogdan Bogdanović. Malgrado il problema al ginocchio che ha condizionato parecchio le sue percentuali dalla prima gara contro i 76ers in poi la sua presenza in campo risultava essere fondamentale per la circolazione di palla e per la creazione di tiri buoni.

L’ultimo giocatore, che purtroppo abbiamo potuto vedere solo per quattro partite contro i Bucks è stato Cam Reddish. Dopo aver saltato quattro mesi per infortunio è tornato fisicamente migliorato e con delle ottime prestazioni offensive.

Se dovesse confermare il suo potenziale, o parte di esso, Atlanta potrebbe presentarsi nei prossimi anni con una delle coppie di ali più complete e funzionali della lega accanto a un giocatore come Trae.

Mentalità

L’ultima cosa che voglio sottolineare di questi playoff è la mentalità della squadra. Tutti i giocatori, quando sono stati chiamati in causa, hanno risposto presente mostrando sempre qualcosa in più, sia in attacco che in difesa.

La squadra, durante tutta la stagione, ha dovuto affrontare diversi infortuni ed è stata brava ad adattarsi, ma un adattamento del genere ai playoff, con assenze pesanti come quelle di Hunter e Reddish, era impronosticabile.

Trae Young è il volto e il simbolo di questa franchigia, sia perché ne è il miglior giocatore sia perché ha portato una mentalità resiliente e arrogante ai propri compagni, permettendo loro di caricarsi dagli insulti ricevuti e di rendere al meglio nei momenti di difficoltà.

Credo che gli Hawks abbiano regalato a questi playoff alcuni dei momenti più iconici in assoluto, dall’inchino al Madison Square Garden fatto da Trae al poster di Collins su Embiid, all’esultanza di Capela in seguito ad una stoppata su Randle.

Il cambio di mentalità che ha portato McMillan si è visto anche nelle rimonte effettuate durante i playoff. La rimonta di Gara 5 contro i 76ers è storica, ma anche il non arrendersi in seguito all’infortunio rimediato da Trae Young in Gara 3 contro i Bucks, strappando Gara 4 senza il proprio miglior giocatore è stato eccezionale.

Gli Hawks hanno un futuro che gli sorride, Schlenk è riuscito a costruire una squadra perfettamente calzante alle caratteristiche di Young e la linea che sta seguendo lo ha portato, con grande anticipo rispetto alle aspettative, a delle finali di conference sudate e meritate.

Per la prossima stagione si presenteranno, sulla carta, come una delle migliori cinque squadre a est e bisognerà continuare e diventare una presenza stabile ai piani alti dei playoff, aspettando anche la fine di quello che, se sani, potrebbe essere un dominio Nets sulla Eastern Conference. Continuando a crescere e continuando a portare i profili giusti a roster credo che gli Hawks possano avere un grande futuro davanti, arrivando anche a giocarsi delle finali nei prossimi quattro o cinque anni.

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Matteo Berta
Matteo, studente di ingegneria informatica a Torino. Si è innamorato dei Clippers nello stesso modo di tanti altri, vedere Chris Paul che alza il pallone a Blake Griffin a 12 anni era uno spettacolo. Crescendo si è innamorato di Trae Young e delle prospettive di questi Atlanta Hawks.