Le possibili sorprese del Draft, parte 2

NBA DRAFT SORPRESE
Copertina di Francesco Ricciardi

Nel secondo episodio di questa particolare rubrica proveremo ad addentrarci nei meandri del secondo giro del prossimo Draft NBA dove potrebbero avvenire delle chiamate molto redditizie nel medio-lungo periodo. Con la ricchezza di questa classe di giocatori è quasi fisiologico che alcuni buonissimi prospetti scendano fino alla fase finale del Draft.

Con il passare degli anni le franchigie stanno aumentando sempre di più l’attenzione in relazione alle chiamate più tardive; molti giocatori che stanno impattando positivamente in questi Playoff provengono proprio da questo tipo di mosse oculate. Scegliere bene e per tutto il corso dell’evento è un fattore determinante che distingue le grandi squadre dal resto delle pretendenti. Cerchiamo ora di capire quali nomi potrebbero – più di altri – lasciare a bocca aperta gli osservatori negli anni a venire.

Josh Christopher

In questo caso parliamo di un giocatore che veniva considerato tra i migliori della classe in entrata – 11esimo giocatore della top100 di ESPN – e che ha visto le sue quotazioni scendere vertiginosamente durante la stagione. Josh Christopher è una guardia freshman del ’01, alta 195 cm per quasi 100 kg. La sua carriera ad Arizona State è stata breve ed apparentemente poco entusiasmante: solo 15 gare ed un’alternanza di alti e bassi che sembra non aver impressionato gli scout NBA.

L’efficienza non straordinaria (52.9% di True Shooting in stagione), una concentrazione non all’altezza e il rendimento altalenante sembrano aver sollevato molti dubbi sul suo profilo. Infatti, secondo le board più accreditate, sembra essere ormai scivolato al secondo giro. Josh Christopher, detto Jaygup, ha però molti tratti sottovalutati e che potrebbero renderlo un giocatore di successo.

Innanzitutto, Christopher ha senz’altro un profilo fisico da NBA. Con i suoi 191 cm senza scarpe, non è particolarmente alto ma pesa 97 kg a fronte di un indice di massa grassa del 5.80% (Come Nah’Shon “Bones” Hyland). È quindi molto forte fisicamente e a questa forza fisica va ad aggiungersi una wingspan di oltre 206 cm. Cristopher è inoltre un buon atleta a tutto tondo, con una spiccata verticalità.

A questa dimensione fisica e atletica, Jaygup abbina delle capacità offensive certamente da sgrezzare, ma che non andrebbero sottovalutate. Per prima cosa, Christopher è un finisher di alto livello: il 72.7% al ferro è un dato notevole, grazie anche alle 10 schiacciate. Oltre al finishing, Christopher ha potenziale da scorer on e off the ball. Con la palla in mano dovrà certamente migliorare la shot selection, ma ha dimostrato lampi notevoli. Il tiro è ancora un punto di domanda, vista la pessima percentuale da 3 del 30.5%, ma ci sono varie ragioni per essere ottimisti al riguardo: ha tentato quasi 4 triple a gara, con un three point rate del 33.5% (un terzo dei tiri erano da 3) e ha tirato i liberi con l’80%.

Un discorso simile vale anche per la metà campo difensiva: grezzo ma con potenziale. Christopher ha spesso peccato a livello di costanza e attenzione, ma ha anche mostrato di poter essere un difensore sulla palla di livello su almeno 3 ruoli, grazie al suo mix di atletismo e mezzi fisici. A livello di difesa di squadra è risultato spesso pigro o disattento, ma ha mostrato flash importanti a livello di rubate sulle linee di passaggio e addirittura nelle rotazioni a protezione del ferro. Ha registrato una STL% di 2.9 e ben 8 stoppate in 15 gare.

In sostanza, Christopher ha alcune red flag, ma ha il potenziale per essere una guardia capace di segnare in tanti modi e di essere un buon difensore sulla palla. Lungi da me assicurarvi che avrà una carriera simile, ma per certi versi ricorda Donovan Mitchell.

Christopher sembra aver rialzato leggermente le sue quotazioni nei pro day e nei workout personali, ma i difetti rimangono. La scarsa efficienza, il decision making non ideale e la poca attenzione sono aspetti che vanno considerati, ma un prospetto relativamente giovane, atletico, produttivo, con flash importanti su entrambi lati del campo probabilmente meriterebbe più considerazione. Se nella notte del Draft dovesse effettivamente scendere al secondo giro, potrebbe diventare una steal importante.

Brandon Boston Jr

Spesso negli scorsi anni abbiamo trovato giocatori molto giovani che tendono a scivolare verso le ultime chiamate del Draft per via di una pessima stagione collegiale nonostante le alte aspettative. Brandon Boston Junior rientra in questa categoria dopo l’annata molto complessa a Kentucky sotto la gestione di coach John Calipari. Le attese sul suo conto erano molto alte tanto da essere considerato il recruit numero #5 dopo il suo ultimo anno a livello liceale.

Le pressioni che questi ragazzi affrontano durante percorsi di questo tipo sono spesso sottovalutate. Adattarsi alla perfezione a uno stile di vita totalmente diverso è complesso e può essere un fattore determinante sul rendimento del prospetto durante la stagione, specialmente nell’anno da freshman. Un esempio di questo tipo può arrivare direttamente dallo scorso Draft, con Jaden McDaniels che ha dovuto aspettare molte chiamate prima di sentire il suo nome a causa di una difficilissimo periodo a Washington University.

La principale motivazione che hanno portato gli osservatori a posizionarlo nella seconda parte del prossimo Draft è la brutta annata in termini di percentuali al tiro. BJ ha faticato molto a trovare il canestro con continuità già dalle prime partite e si è trascinato questo peso per tutto il corso dell’anno. Capita spesso di vedere buoni prospetti avere brutte stagioni in questo aspetto e sicuramente vi è una componente psicologica che aiuta a spiegare questo fenomeno: dopo diversi anni al liceo e alla prima vera avventura sotto i riflettori collegiali è normale che un giocatore fatichi in termini di consistenza al tiro.

Il compito arduo nella sua valutazione riguarda quindi l’eventualità che questi problemi siano solo passeggeri e non siano una costante nel prossimo futuro. Fortunatamente ci sono degli elementi che ci fanno ben sperare in questi termini. In primo luogo è riuscito a convertire i liberi con il 78% – una buona percentuale che necessita di un tocco sopra la media – e inoltre la sua meccanica di tiro sembra essere molto pulita e con un punto di rilascio difficilmente marcabile. Un ultimo punto a suo favore riguarda il fatto che si trovava spesso in situazioni non ottimali per concludere in modo pulito. Sono ormai anni che il sistema messo in piedi da Calipari si rivela inadatto alle caratteristiche dei propri giocatori e un cambiamento di scenario così drastico potrebbe aiutarlo molto.

Siamo convinti che le sue statistiche si potranno raddrizzare nel corso del tempo in NBA, tuttavia l’aspetto mentale che abbiamo precedentemente citato è un possibile campanello d’allarme che potrebbe ritornare e che non va quindi sottovalutato.

Nonostante questi dubbi riteniamo che il suo potenziale possa esplodere con decisione se immesso nel contesto adatto per il suo sviluppo. Il mix di atletismo e lunghe leve (6’7” x 6’11”) lo rende un difensore intrigante e possibilmente capace di marcare differenti posizioni in campo. Spesso, nel corso della stagione si è visto come raccogliesse energie nervose difendendo aggressivamente per riprendersi dai molti tiri sbagliati nella metà campo offensiva.

I dubbi sono tanti quanto le note positive, toccherà ai dirigenti avere il giusto coraggio di selezionarlo con una chiamata consona a quello che è il suo possibile potenziale.

Isaiah Todd

Se nel caso di Jalen Green e Jonathan Kuminga il team Ignite e il percorso di sviluppo offerto dalla G League ha aiutato le loro quotazioni, non si può dire lo stesso per Isaiah Todd (e anche Daishen Nix). Con Todd il caso è simile a quello di Josh Christopher, un prospetto di alto livello (Todd era il 15esimo giocatore della ESPN Top100) che ha visto le proprie quotazioni calare durante la stagione.

Todd però unisce due caratteristiche che lo rendono un prospetto molto interessante: l’altezza (parliamo di 208 cm) e il tiro da tre punti. A queste due caratteristiche, va ad aggiungersi una buona mobilità e fluidità dei movimenti. Un mix certamente raro e ricercato nell’NBA moderna.

Isaiah Todd ha tirato con il 36.2% da 3 su 3.1 triple a gara in G League. Dei numeri buoni ma non straordinari, che non sembrano indicare un giocatore il cui punto di forza è il tiro. Bisogna però prendere i numeri e contestualizzarli, valutandoli alla luce di altri fattori. Isaiah Todd è un giocatore con una taglia da lungo, che tira con grande volume (sostanzialmente un terzo dei suoi tiri arriva da dietro l’arco), tira bene, in modo fluido e non si limita ai semplici tiri sugli scarichi ma è a suo agio tirando anche in situazioni dinamiche che vanno dai pick & pop al tiro in uscita dai blocchi. I numeri, la sua fluidità e la sua versatilità al tiro lo rendono potenzialmente un tiratore di altissimo livello.

Oltre al tiro e alla stazza, l’altro pregio di Todd è la sua difesa sugli esterni. Todd ha un fisico longilineo, abbastanza muscoloso e non appesantito, si muove in modo fluido e rapido per la sua stazza. È dotato di una buona velocità laterale che, unita ad una tecnica discreta, probabilmente gli permetterà di poter difendere adeguatamente sul perimetro anche al livello NBA. Non sarà mai un difensore straordinario a causa della scarsa fisicità, ma potrà essere quantomeno un difensore neutro.

Se Todd fosse solo questo probabilmente staremmo parlando di un giocatore dato molto più in alto al Draft. Ma ovviamente Todd ha anche dei lati negativi da considerare. Il primo e più importante è il suo approccio: non sempre appare attento e in attacco spesso finisce con il tirare qualsiasi cosa gli passi per le mani invece che passare la palla cercando di costruire qualcosa di ragionato. L’altra grossa nota dolente è la fisicità: Todd utilizza poco il fisico ed evita spesso i contatti. Ciò lo rende poco avvezzo ai compiti da vero lungo, come il catturare rimbalzi o difendere internamente.

Per molto tempo Todd è stato dato tra primo e secondo giro ma, negli ultimi giorni, avrebbe cancellato tutti i workout con i team in quel range, mantenendo solo quelli con team in lottery. Ha già ricevuto una promessa e cerca di alzare ancora il tiro? Una strana pretattica? Difficile dirlo ma, se in sede di Draft dovesse scendere fino al secondo giro, le sue qualità potrebbero fare molto comodo in NBA e renderlo una discreta steal.

Aaron Henry

Al termine della sua annata da sophomore nella stagione NCAA 19-20, Aaron Henry si era trovato a dover scegliere se tentare la sorte dichiarandosi al Draft o ritornare al college per un altro anno e mettersi ulteriormente in mostra. Alla fine, il nativo di Louisville scelse di rimanere alla corte di coach Izzo, diventando a tutti gli effetti la stella dei Michigan State Spartans e aumentando considerevolmente le sue quotazioni in ottica NBA.

Henry è un’ala di 198 centimetri per 95 chili e con un’apertura alare di 2.10 m, misure che fanno di lui un giocatore estremamente pronto per la fisicità NBA e che gli permetteranno di dare fastidio alla maggior parte degli esterni ai quali verrà accoppiato difensivamente.

La principale qualità che lo rende un prospetto con diritto di cittadinanza nella Lega è, appunto, la sua difesa. Henry è un difensore incredibilmente energico, atletico ed esperto, molto abile nel rimanere accoppiato al suo uomo e che raramente si fa battere dal palleggio. È stato uno dei migliori difensori POA del college basketball, mostrando una grande capacità di inseguire gli avversari dietro ai blocchi e di recuperare terreno le poche volte in cui il portatore di palla riusciva a scrollarselo di dosso per una frazione di secondo.

Le 2.6 stocks a partita (numero che indica la somma di stoppate e rubate) testimoniano un grande fiuto per la palla; Henry è infatti molto attivo sulle linee di passaggio e nel disturbare i palleggiatori avversari, che spesso dopo un passaggio impreciso o troppo scontato non potevano fare altro che osservare il numero 0 correre in contropiede indisturbato dopo la rubata.

Lontano dalla palla è spesso molto attivo, sempre pronto ad aiutare sulle penetrazioni o a ruotare sull’uomo giusto. La sua esplosività gli dà modo di proteggere il canestro in modo non comune per uno della sua taglia, saltando in un batter d’occhio e con i tempi giusti per disturbare i tentativi al ferro degli avversari.

Se la difesa è senza dubbio la punta di diamante del gioco di Aaron Henry, è nella metà campo offensiva che sorgono alcuni dubbi sul contributo che può dare ad una squadra NBA.

Durante l’ultima stagione a Michigan State, Henry è stato di fatto il go-to-guy degli Spartans e si è trovato a ricoprire un ruolo a lui non congeniale. Non essendo particolarmente dotato offensivamente, infatti, non stupiscono i numeri al tiro non esaltanti e la bassa efficienza che ha caratterizzato gran parte delle prestazioni balistiche dell’ex Spartan.

Nonostante ciò, Henry ha comunque fatto molti miglioramenti rispetto ai suoi primi due anni al college, aggiungendo varie frecce al suo arco: è diventato un buon tiratore dal midrange e l’atletismo e l’esplosività di cui è dotato lo rendono un tagliante pericoloso e da non sottovalutare. Il tiro da fuori per ora non è affidabile, ma non sembra un problema irreparabile se affidato ad un buon shooting coach.

Ciò che è certo è che ad Henry non verrà chiesto di sobbarcarsi il carico offensivo che ha dovuto sostenere al college, al contrario dovrà limitarsi a fare quelle poche cose in attacco in cui è a suo agio e lavorare per diventare un tiratore rispettabile, mentre sul suo lato del campo potrà essere sguinzagliato contro i migliori esterni delle squadre avversarie.

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Filippo Barresi
Calciofilo prestato alla NBA, tifoso degli Charlotte Hornets e della Sampdoria. Studente di Marketing all'Università di Torino, classe 1998. Molto probabilmente non vedrà un successo sportivo nell'arco della sua vita.
Emiliano Naiaretti
Spurs, GLeague and draft @TheShotIT | Draft inebriated but lazy writer | Natural & environmental sciences (ANGRY) student
Leonardo Spera
Tifoso Spurs e Fortitudo, vive consumato dal dilemma sul se considerare Manu Ginobili il più grande giocatore di pallacanestro mai esistito. Appassionato di college e draft, gli bastano una wingspan sopra i 2.10 e una buona difesa per innamorarsi di qualunque prospetto.