Ragione e Sentimento: il fit dei migliori giocatori di questo draft

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Copertina di Sebastiano Barban

Quando in un Draft ci si trova a dover scegliere tra i migliori prospetti della classe si sente la pressione di dover fare a tutti i costi la scelta giusta e, di conseguenza, ogni squadra cerca il talento vincente basandosi sui propri criteri di scelta. Insomma, bisogna amalgamare sense and sensibility, ragione e sentimento, volendo parafrasare Jane Austen

Il draft di quest’anno vedeva una prima scelta chiamata da mesi in Cade Cunningham e, subito sotto di lui, una serie di ottimi prospetti il cui ordine era incerto fino alla chiamata di Adam Silver.

Partiremo dividendo le scelte dalla #2 alla #5 in due gruppi (Green-Mobley e Barnes-Suggs) per cercare di analizzare il mix di talento e fit che ha portato le varie franchigie a fare la loro scelta al draft. Quale prospetto si inserirà meglio nel contesto in cui è capitato?

Houston Rockets: Jalen Green

Il talento di Jalen Green non è sicuramente qualcosa che è passato inosservato negli scorsi anni, anzi, probabilmente è il giocatore mediaticamente più impattante di questo draft. I video dei suoi mixtape dell’high school hanno macinato milioni di visualizzazioni e la sua origine filippino-americana riesce a renderlo uno dei giocatori preferiti nel panorama asiatico.

Gli Houston Rockets si sono trovati davanti alla scelta probabilmente più difficile del draft avendo a disposizione sia il talento realizzativo cristallino di Green, che la versatilità e la capacità difensiva di Mobley. Come tutti sappiamo hanno optato per la guardia proveniente dal team G League Ignite, che ha debuttato questa stagione tra i professionisti.

Le ragioni che hanno portato i Rockets a scegliere Green non sono totalmente chiare, ma possiamo suppore che, a parità di talento, la franchigia cercasse una guardia da affiancare a Kevin Porter Jr e John Wall per dialogare con Wood e far ripartire definitivamente la propria ricostruzione.

Sono interessanti, tra l’altro, le scelte successive dei Rockets. Avendo optato per scegliere Green, su cui probabilmente hanno anche visto un potenziale più alto rispetto a quello di Mobley, hanno scelto due dei lunghi più quotati del draft: Alperen Şengün, giovanissimo centro turco che potrebbe giocare in coppia con Christian Wood in un quintetto che punterebbe tutto sulla metà campo offensiva, e Usman Garuba, talento spagnolo in forza al Real Madrid nella scorsa stagione, ala grande atletica e con un potenziale difensivo molto elevato.

Ritornando a Green, attualmente le sue letture come passatore non sembrano le migliori, ma nei prossimi anni di transizione potremmo vedere una divisione equa dei possessi tra lui e KPJ per cercare di sviluppare entrambi come creatori.

La pressione che Green può esercitare nei pressi del ferro con lunghi come Wood e Şengün, capaci di allargare il campo, sarà sicuramente molto alta. Se Green dovesse migliorare le letture più semplici, senza necessariamente avere la visione naturale dei grandi passatori, grazie alle sue penetrazioni potrebbe trovare spesso i compagni lasciati liberi dagli aiuti portati sulle sue incursioni.

Un altro aspetto molto interessante del gioco di Green potrebbe essere il suo potenziale lontano dalla palla. Sotto questo aspetto i Rockets potrebbero farlo migliorare parecchio grazie alla presenza di John Wall in squadra. Con l’ex-Wizards ad iniziare l’azione, Green potrebbe -grazie al suo atletismo fenomenale- tagliare e andare a concludere nei pressi del ferro senza bisogno di sprecare energie battendo l’uomo dal palleggio.

Un ultimo aspetto da tenere in considerazione esclusivamente come curiosità è il tiro più iconico di Green, il suo step back, movimento con cui riesce a creare tantissima separazione, esattamente come un’altra grande guardia passata recentemente dalle parti di Houston.

Cleveland Cavaliers: Evan Mobley

Evan Mobley e i Cleveland Cavaliers sembravano essere un matrimonio perfetto dall’esatto momento in cui il sorteggio della lottery ha sorriso alla franchigia dell’Ohio regalando loro la terza scelta al draft. Molto probabilmente, a scelte invertite con i Rockets, la destinazione dei due giocatori sarebbe stata la stessa, proprio perché i Cavaliers non potevano farsi sfuggire la possibilità di affiancare a Garland e Okoro un lungo atletico, versatile e difensivamente forte come Evan Mobley.

Visti i rumors che vedono Sexton con un futuro lontano dalla squadra è importante trovare immediatamente un giocatore capace di portare un ottimo contributo alla causa. Green avrebbe potuto ricoprire il ruolo da scorer che Sexton, in caso di partenza, lascerebbe vuoto, ma Cleveland sta puntando forte sullo sviluppo di Darius Garland e per riuscire a rendere sostenibile un giocatore così piccolo fisicamente c’è bisogno di un lungo che, difensivamente parlando, possa avere ambizioni da Defensive Player of the Year.

Vista la rifirma, a cifre parecchio elevate, che i Cavs hanno deciso di concordare con Jarret Allen è naturale chiedersi se i due potranno giocare insieme e come potranno farlo.

Allen è un ottimo stoppatore e un ottimo rollante, con una dimensione, sia offensiva che difensiva, limitata ai pressi del ferro. Se Cleveland ha deciso di puntare su queste twin towers vuol dire che, probabilmente, ha fiducia della dimensione perimetrale di Mobley ed effettivamente ci ha mostrato di poterla avere.

Una delle caratteristiche che più salta all’occhio guardando il gioco offensivo di Mobley è la sua capacità di palleggio, malgrado la sua grande stazza. Questa sua capacità di partire dal perimetro per andare a concludere al ferro è rara in un lungo e ricorda un po’ ciò che Anthony Davis ci ha spesso fatto vedere ai tempi dei Pelicans; almeno da questo punto di vista, sarà interessante vederlo partire da 4.

L’altro aspetto necessario per giocare con il doppio lungo è che uno dei due sappia allargare il campo con il proprio tiro. Mobley, sotto questo punto di vista, è ancora un’incognita. C’è fiducia sul fatto che possa sviluppare un tiro solido, magari giocando pick&pop proprio con Garland o in una situazione tattica come un double drag, in cui lui potrebbe allargarsi sul perimetro e Allen rollare forte, proprio come fanno gli Hawks con Capela e Collins.

La sua percentuale ai liberi, solo 70% in stagione al college, e lo scarso volume di triple prese, solo 40, rendono il suo tiro un’incognita, ma ci ha mostrato più volte di non aver timore di tirare dai 5-6 metri e quindi questo aumenta la fiducia sul fatto che con il tempo possa allargare il suo range di tiro.

Difensivamente parlando la convivenza con Allen sembra interessante, ma ancora più problematica. Nella difesa di un pick&roll, Mobley offre una vasta scelta di coperture, dalla drop coverage, allo switch, allo show&recover ed è in grado di eseguirle tutte in modo efficace. Se sarà in campo con Allen, però, è molto probabile che gli avversari cercheranno di coinvolgere quest’ultimo nelle loro manovre offensive, quindi l’impatto di Mobley potrebbe essere agevolmente arginato.

Allen e Mobley, inoltre, sono molto alti, ma altrettanto leggeri fisicamente parlando. Contro centri come Embiid i Cavaliers non hanno, in questo momento, un corpo da spendere per provare ad arginarlo e questo potrebbe essere un altro limite.

Cleveland esce da questo draft con il mix di talento e fit perfetto per provare a valorizzare Garland, e solo il campo ci mostrerà se la loro scelta è stata giusta.

Toronto Raptors: Scottie Barnes

Con Scottie Barnes passiamo ai giocatori che, nel consensus generale, erano considerati di un gradino leggermente inferiore a quello dei primi due menzionati e, questa volta, la scelta è toccata ai Raptors.

I Toronto Raptors hanno optato per un profilo con uno skillset molto interessante, ma che presenta alcune lacune, come il tiro, che sono fiduciosi di poter colmare visto il lavoro fatto negli anni passati con Siakam e Anunoby.

Anche se Suggs sarebbe stato un profilo ottimo al fianco di VanVleet, hanno deciso di prendere un giocatore che, se migliora negli aspetti più grezzi, potrebbe rivelarsi di un talento superiore a quello della guardia proveniente da Gonzaga.

Il profilo di Barnes è molto interessante perché è un’ala fisica (206cm x 102kg), con delle braccia da airone e che al college ha spesso giocato da point guard dividendo i minuti con Raiquan Gray (altra ala di 203cm x 117kg che si sta giocando le sue carte durante la Summer League con i Nets) vista la mancanza di creatori primari nel roster di Florida State.

L’anno al college, dunque, gli ha fatto maturare una serie di letture non banali, che unite al suo fisico e alla sua grandissima abilità difensiva lo rendono, attualmente, il giocatore che più potrebbe assomigliare a Draymond Green.

Il fit per Toronto, però, potrebbe essere problematico. Il suo ruolo è molto affollato e lo è da giocatori con un certo status e con un certo tipo di talento, come i precedentemente citati Siakam e Anunoby. Sarà importante per la franchigia cercare di capire che cosa puntano a diventare valutando bene un’eventuale convivenza tra i tre. In un possibile quintetto piccolo sarebbe interessante vedere OG, Scottie e Siakam utilizzati contemporaneamente, ma nessuno dei tre, attualmente, ha la fisicità per marcare efficacemente i centri avversari.

C’è da dire, però, che riuscirebbero ad essere molto versatili su ogni ruolo, correndo molto e marcando stretto gli esterni avversari. Se la squadra avversaria dovesse decidere di provare a scardinare questa difesa con un centro, Toronto potrebbe pensare di replicare la small ball fatta vedere dai Clippers ai playoff, fatta di tanti aiuti sui giocatori alti e di uomini pronti a tagliare fuori il centro avversario.

L’altro problema di convivenza tra i tre è sicuramente la scarsa affidabilità al tiro di Siakam e Scottie Barnes, con la conseguente chiusura del campo che potrebbe rendere più difficoltose le penetrazioni del giocatore camerunense, rendendolo meno pericoloso per la difesa avversaria.

Il prototipo di giocatore, come abbiamo detto, è quello di cui la franchigia è innamorata. In passato hanno risolto più volte le lacune tecniche di giocatori che entravano in NBA esclusivamente come grandi difensori. Il futuro di Scottie è nelle mani del development staff più adatto per lui e il matrimonio tra franchigia e giocatore sembra perfetto.

Orlando Magic: Jalen Suggs

Fino a qualche mese fa la stella di Gonzaga, imbattuta fino alla finale NCAA contro Baylor, sembrava il favorito ad essere la terza scelta assoluta, davanti a Jalen Green che era quotato più in basso. Come sappiamo il draft è andato in un altro modo e a ringraziare sono gli Orlando Magic, in piena ricostruzione dopo aver scambiato Vučević durante la scorsa stagione, che riescono a concludere al meglio una notte che potrebbe rivelarsi fondamentale per il loro futuro.

Suggs, come giocatore, è riassumibile con due termini: solidità e talento.

Il primo aspetto da considerare è quello fisico. L’ex-Gonzaga è un playmaker di 193cm con un frame fisico che gli consentirà di aumentare la sua massa muscolare, un ottimo atletismo e una consapevolezza dei propri mezzi sorprendente per un ragazzo di 20 anni.

Va ad inserirsi all’interno di un reparto guardie affollato da giovani talenti come Fultz, RJ Hampton e Cole Anthony, oltre a Gary Harris e Terrence Ross, ma parte con i favori del pronostico anche solo per l’investimento fatto dai Magic in sede di draft.

Il fatto di arrivare da un sistema come quello di Gonzaga, incentrato sulla forza della squadra più che su quella del singolo, lo aiuterà sicuramente ad amalgamarsi con i compagni, consapevole di doversi sacrificare, a volte, per lasciare palla ad altri giovani. Inoltre, ha una grande maturità e intelligenza cestistica da cui i compagni non potranno altro che beneficiare.

Offensivamente è un ottimo giocatore di pick&roll dove si presenta come passatore non spettacolare, ma solido e come penetratore capace di trovare gli spazi giusti per il canestro. Sarà sicuramente interessante vederlo giocare questo tipo di situazione offensiva insieme a Wendell Carter Jr.

L’aspetto su cui ci sono più dubbi in attacco riguarda il tiro. La meccanica è imperfetta, manca qualcosa per sistemarla, e questo, in una squadra che scarseggia di tiratori, potrebbe essere un problema a livello di gioco per la squadra.

Orlando avrà anche l’occasione di alzare parecchio il ritmo del loro attacco. Suggs e Fultz sono ottimi giocatori quando spingono in transizione e, visti i problemi generali al tiro di cui abbiamo appena parlato, sarà necessario mettere a referto tanti punti in contropiede, per evitare un gioco a metà campo che potrebbe risultare molto legnoso.

Il fit che reputo più interessante all’interno della squadra è quello con Cole Anthony. Due giocatori oltre l’1.90m capaci di segnare palla in mano, di creare per i compagni e di mostrare qualcosa lontano da essa potrebbero duettare in maniera sia divertente che efficace e rilanciare la franchigia della Florida. Sia Anthony che Suggs potrebbero mostrare grandi miglioramenti al tiro se innescati efficacemente dal rispettivo compagno e ciò consentirebbe loro di mettere preoccupazione alla difesa allargando il campo.

Difensivamente parlando Orlando aggiunge un altro grande tassello. Suggs è un difensore fisico, solido ed intelligente che si aggiunge a Franz Wagner, scelto con la #8, a Jonathan Isaac (da valutare in seguito ai ripetuti infortuni), Gary Harris e, in misura minore, a Wendell Carter Jr formando una difesa solida e versatile capace di marcare al meglio ogni ruolo.

In conclusione, le prime cinque squadre a scegliere in questo draft sono riuscite, in un modo o nell’altro, ad aggiungere esattamente il giocatore che avrebbero voluto aggiungere al loro roster. Le scelte sono tutte molto interessanti e avranno l’occasione di farci divertire durante la prossima stagione NBA.

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Matteo Berta
Matteo, studente di ingegneria informatica a Torino. Si è innamorato dei Clippers nello stesso modo di tanti altri, vedere Chris Paul che alza il pallone a Blake Griffin a 12 anni era uno spettacolo. Crescendo si è innamorato di Trae Young e delle prospettive di questi Atlanta Hawks.
Leonardo Spera
Tifoso Spurs e Fortitudo, vive consumato dal dilemma sul se considerare Manu Ginobili il più grande giocatore di pallacanestro mai esistito. Appassionato di college e draft, gli bastano una wingspan sopra i 2.10 e una buona difesa per innamorarsi di qualunque prospetto.