Raptors, tra vecchie glorie e giovani

Gary Trent
Copertina di Sebastiano Barban

La free agency che sta volgendo al termine ha un sapore agrodolce per Toronto. Non si è risposto alle tante domande che circondano il roster, ma si è deciso di mettere i giovani in primo piano. In molti avranno modo di mettersi in mostra, e solo nel caso nessuno riuscisse a diventare uno scorer accettabile questo compito ricadrebbe su Siakam, come successo nel 2020/21.

La scorsa annata per i Raptors è stato un disastro. I motivi sono molteplici, ma il risultato è stato inequivocabile e sotto gli occhi di tutti. Dopo anni passati stabilmente ai playoff, i canadesi sono rimasti fuori dalla postseason, ritrovandosi invece estremamente interessati alle palline per l’assegnazione della scelta al draft. Toronto nel frangente è risultata piuttosto fortunata, trovando così un senso ad una delle annate più travagliate della franchigia. Per questo la linfa vitale portata dai giovani appena arrivati potrebbe ridare quello slancio che lo scorso anno è mancato.

Per capire cosa aspettarsi dal futuro, bisogna fare un passo indietro a capire cosa sia successo prima dell’arrivo di Scottie Barnes al draft e della sign&trade che ha messo la parola fine alla storia d’amore tra i canadesi e Kyle Lowry.

La travagliata annata di Tampa

La prima difficoltà oggettiva che la squadra ha dovuto affrontare è stato il trasloco a Tampa. Costretti a giocare “sempre fuori casa”, i Raptors sono partiti con il freno a mano tirato. Fin dal primo momento, si è potuto notare come l’ambiente risultasse particolarmente stressato e fragile. Poco prima dell’All-Star Game è poi scoppiato un focolaio di Covid mettendo fuori causa la maggior parte dei giocatori e quasi tutti i titolari. Neanche a farlo apposta, qualche settimana prima l’NBA aveva deciso di cambiare le regole del protocollo: risultato, i Raptors sono obbligati a giocare con la rosa dimezzata. Esasperati i difetti del roster, il crollo delle prestazioni nel mese successivo è stato verticale

Il numero delle discussioni interne è aumentato a dismisura, mettendo in luce il malessere di Siakam nel ruolo di principale creatore offensivo finendo per venirne schiacciato. Perché se la sfortuna ha avuto un ruolo importante, i buchi in rosa erano già arcinoti. In tutto questo c’è stato il “caso” Lowry, con il tira e molla in prossimità della deadline per gli scambi, con Kyle che un giorno saluta tutti a mezzo stampa e il seguente che si ritrova ancora a Tampa per poi chiudere ingloriosamente la stagione senza neanche giocare le ultime partite. Normale quindi porsi qualche questione sulla bontà della rosa e su come sia stata costruita.

Una domanda senza risposta: chi crea gioco?

La lacuna di un creatore dal palleggio che possa essere la prima opzione offensiva non è stata colmata. Dragic porterà di sicuro la sua abilità di entrare in penetrazione, dando ai Raptors quella capacità di accelerare in direzione nord-sud che tanto mancava. Meno sicura è la sua permanenza dopo l’intervista rilasciata ad un quotidiano sloveno.

Non può però essere la principale fonte di gioco durante la stagione regolare. A questo si aggiunge la scelta di Barnes, non proprio un prospetto pronto offensivamente dal primo giorno. I miglioramenti di Flynn porteranno un’iniezione di punti dalla panchina, ma il quintetto con cui i Raptors chiuderanno le partite continuerà ad avere parecchi problemi a segnare, soprattutto a difesa schierata, tanto che è probabile che Siakam venga costretto a prendersi ancora i tiri della vittoria. Una situazione del genere rende evidente come questa squadra difficilmente potrà ambire anche solo a passare il primo turno turno ai playoff.

Ad accompagnare VanVleet in quintetto è stato confermato Gary Trent Jr. L’x Blazer è stato rifirmato ad una cifra che pare rispecchi il suo valore attuale, anche se in Canada sperano in una sua ulteriore evoluzione. Dopo avergli dato carta bianca una volta arrivato dallo scambio per Powell, Trent giocherà in un contesto in cui il volume di gioco che gli si chiederà sarà di sicuro inferiore, ma godrà ancora di tanta libertà. Difensivamente si inserisce alla perfezione nel contesto di Toronto, e confermandolo al giusto prezzo Ujiri si è garantito un altro giovane con qualche margine di miglioramento. Sarà interessante vedere se il celebre shooting coach dei Raptors aiuterà anche Trent a migliorare le sue percentuali dal palleggio.

Una domanda, tante risposte: chi giocherà centro?

La rotazione dei centri è rimasta la stessa dell’ultimo mese di regular season, con la conferma di Birch e Gillepsie assieme a Boucher. Il primo dei 3 ha intascato un contratto in linea con il precedente, e dovrebbe partire come titolare. Non certo però che sia lui il designato a finire le partite. Vedere i Raptors chiudere con uno fra Achiuwa e Barnes assieme alla coppia Siakam-OG sarebbe tutt’altro che sorprendente. Questo assetto è probabile venga centellinato, ma per quanto fatto vedere da Nurse negli anni potrebbe rappresentare il suo sogno bagnato. Sarà molto interessante vedere l’evoluzione dei due giovani.

D’altro canto lo scorso è un buon esempio di come avere una rotazione di centri solida sia importante in regular season: non averne una è un rischio calcolato che Ujiri ha deciso di correre per il secondo anno di fila. La presenza dei già citati Barnes e Achiuwa offre più frecce a disposizione di Nurse ed è un ottimo esempio di come la rotazione dei Raptors sia molto più lunga di quella della precedente annata. Chi lo scorso anno ha giocato stabilmente minuti in rotazione, quest’anno vedrà diminuire il proprio minutaggio dalla crescita/arrivo dei giovani.

L’importanza di una panchina profonda e giovane

Watanabe e Gillepsie torneranno a fondo panchina e i vari VanVleet, Siakam e OG dovrebbero poter giocare qualche minuto in meno. Se non si è trovata la punta offensiva che servirebbe, il peso complessivo della squadra è ripartito molto meglio. La rosa più ampia metterà molti giocatori in una condizione migliore di rendere dello scorso anno. E se si unisce questo al miglioramento interno dei giovani, i Raptors si preannunciano rognosi e ostici da affrontare in qualunque contesto.

La partenza di Lowry è una ferita aperta per la comunità canadese, ma al tempo stesso è innegabile che fosse arrivato il momento di separarsi. La sua impronta da giocatore generoso e competitivo è ancora ben evidente e questo è solo l’ultimo dei lasciti dell’era Lowry. VanVleet si è già dimostrato perfetto per raccogliere il testimone, e dato il lungo travaglio della scorsa stagione la situazione interna potrebbe essere anche migliore di quella dello scorso anno.

La Summer League e i suoi giovani

Nell’evento estivo di Las Vegas, i Raptors hanno inviato tutti i propri giovani per metterli alla prova con i pari età delle altre squadre. Malachi Flynn non ha tardato a mettersi in mostra mostrando un molta più convinzione sia nell’andare a cercare l’area in palleggio sia nel tiro da 3. Ben più interessante sarà monitare lo sviluppo tra le varie partite dei rookies presenti in squadra. David Johnson, Dalano Banton e Justin Champagnie sono sembrati tutti molto interessanti, ma pur sempre materiale da G-League per il prossimo anno. Banton, il primo canadese draftato della storia dei Raptors, è partito benissimo nell’incontro con i Knicks, dimostrando di sapere assorbire i contatti e di poter usare le proprie leve in difesa.

Tutti e tre saranno però interessanti in ottica NBA a partire dal 2022/23 nel migliore dei casi, molto difficilmente prima. Chi invece può veramente essere utile da subito è la quarta scelta assoluta al draft, Scottie Barnes. Barnes ha confermato quanto sia unico fisicamente anche per un contesto più provante del college, sebbene come detto prima sia incredibilmente grezzo in fase offesiva ed in primis debba migliorare il suo tiro da 3. Nella prima gara della Summer League conro i Knicks, nessuno ha nemmeno provato a puntarlo quando si è ritrovato a cambiare sui blocchi, e anche uno come Quickley ha rinunciato all’uno contro uno di fronte ad un fisico così grande e mobile al tempo stesso. Sarà curioso vedere se Nurse gli concederà dei minuti da point forward anche in NBA, o se si troverà più spesso ad aspettare gli scarichi dei compagni. Siamo quasi all’ABC in attacco, ma di fronte a tanto talento è scontato scommetterci sopra.

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Alexandros Moussas
Alla tenera età di 9 anni, mio zio mi fece scoprire il basket NBA, facendomi guardare con lui le finali del 98. Con Tavcar nelle orecchie e Micheal Jordan ad alzare il trofeo, mi innamorai dei perdenti, gli Utah Jazz. Da quel momento, nulla è cambiato. Io continuo a tifarli, e loro continuano a non vincere.