Preview Pacers 21/22: alla rincorsa della competitività

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Copertina di Nicolò Bedaglia

Arrivi: Torrey Craig, Chris Duarte, Isaiah Jackson, Brad Wanamaker

Partenze: Doug McDermott, Aaron Holiday, Jakarr Sampson, Edmond Sumner

Depth Chart

PG: Malcolm Brogdon, T.J. McConnell

SG: Caris LeVert, Jeremy Lamb, Chris Duarte

SF: T.J. Warren, Torrey Craig, Justin Holiday

PF: Domantas Sabonis, Oshae Brissett

C: Myles Turner, Goga Bitadze, Isiah Jackson

La passata stagione dei Pacers, partita con tante promesse e belle speranze, si è trasformata velocemente in un incubo. Dopo la partenza a razzo delle prime settimane, con Sabonis e Brogdon sugli scudi, la squadra ha iniziato a disunirsi, perdendo partite su partite e scivolando nel gruppone delle squadre ai margini del play-in.

Ancora più degli schemi incoerenti adottati, il fallimento più grande di Bjorkgren è l’aver perso la fiducia dello spogliatoio, con il conseguente clima tossico che si è venuto a creare in cui anche i giocatori più marginali e assistenti allenatori sono arrivati a perdere la pazienza. Tra un infortunio e l’altro, la squadra si è trascinata fino ai play-in, venendo eliminata dai non proprio irresistibili Washington Wizards di Beal e Westbrook.

Riuscirà Carlisle a risollevare la difesa?

Proprio la metà campo difensiva è quella chiamata ai cambiamenti più significativi se i Pacers intendono tornare ad alzare la voce ai playoff.

Il defensive rating di Indiana della passata stagione non rende giustizia alle oscenità messe in atto dalla troupe di Bjorkgren, anche se guardando con attenzione il cambio di ritmo della seconda metà di stagione è evidente: 14° durante l’intera stagione, ma 21° nelle ultime 40 partite, il tutto nonostante la stagione da candidato DPOY di Myles Turner.

A far pagare eccessivamente i Pacers nella propria metà campo sono stati due fattori: schemi iper aggressivi che costringevano i giocatori a pressare a centrocampo pure Ben Simmons e Andre Drummond (fidatevi, è successo veramente), e un personale totalmente inadatto alla marcatura delle ali avversarie. Con Warren fuori dai giochi per problemi fisici, le responsabilità della difesa del reparto ali sono state ripartite tra Justin Holiday, McDermott, Sumner e, a volte, Sabonis.

Il risultato, come prevedibile, è stato pietoso.

Avere problemi nel contenere le ali è un conto, ma a tutto c’è un limite: subire 30 punti da OG Anunoby è abbondantemente oltre il limite della decenza.

Se è vero che ci vorrà veramente poco per migliorare in questo lato del campo, è vero anche che il management dei Pacers non ha aiutato molto Carlisle nel suo lavoro: il roster è sostanzialmente lo stesso dell’anno scorso, e nella rotazione principale manca ancora quel giocatore in grado di marcare i 3 e i 4 avversari in modo dinamico. Torrey Craig darà sicuramente il suo contributo, e nell’attesa del ritorno di Warren potrebbe addirittura partire in quintetto; avere fin dall’inizio Oshae Brissett e il rookie Duarte sarà altrettanto positivo, ma è chiaro che servirà un impegno di squadra diffuso.

Infermeria sempre piena

Cambiano gli allenatori, ma il problema che da anni diventa il tema principale di ogni stagione di questo gruppo è sempre lo stesso: gli infortuni.

Nella stagione scorsa il trend non è cambiato: sono state 250, in totale, le partite perse per infortunio da giocatori di Indiana; 144 solo tra i titolari.

L’inizio della stagione 2021/22 sembra ripetere la stessa trama: la frattura da stress al piede di Warren non sta guarendo al ritmo previsto dai dottori della squadra, e il suo rientro in campo è stato ulteriormente posticipato a data da destinarsi; LeVert, su cui i Pacers pensavano di poter fare pieno affidamento all’inizio del training camp dopo i tanti problemi della scorsa stagione, non ha potuto prender parte alle attività di squadra per un infortunio alla schiena che probabilmente lo terrà fuori dai giochi durante la prima settimana di stagione regolare.

Anche Edmond Sumner, prima di venire scambiato – di fatto, scaricato – ai Brooklyn Nets ha fatto in tempo a venire colpito dalla maledizione di Indiana: rottura del tendine di Achille, ci si vede l’anno prossimo.

Anche in questa stagione, il roster di Indiana è discretamente profondo e costituisce un vantaggio competitivo nei confronti di molte squadre della conference, come Chicago e Boston. Ma per fare finalmente una stagione all’altezza delle aspettative, è necessario sfuggire – per quanto possibile – alla maledizione che da anni affligge questo roster.

Come se non bastasse, proprio nelle ultime ore è uscita la notizia dell’ennesimo – fortunatamente piccolo – infortunio patito da Brogdon, che lo terrà fermo per il resto della preseason: in casa Pacers continua a piovere sul bagnato.

Nuova linfa

Uno dei pochi lati positivi di una stagione perdente, forse l’unico a dire il vero, per una franchigia NBA è quello di avere a disposizione scelte al draft con le quali aggiungere forze fresche al proprio roster.

A conferma della direzione dichiarata dalla dirigenza, ovvero quella di voler rimanere competitivi nonostante le difficoltà, la prima scelta dei Pacers al draft 2021 è stato il giocatore forse più pronto e sicuro di tutta la classe: Christopher Theoret Duarte.

Originario della Repubblica Dominicana, Duarte è – con i suoi ventiquattro anni suonati – il giocatore più “vecchio” della classe.

Chris è reduce da una stagione spettacolare alla guida degli Oregon Ducks, durante la quale ha viaggiato a diciassette punti di media con il 42% da tre punti su più di cinque tentativi a gara.

Vedendolo giocare è facile capire il tipo di appeal che esercita su una franchigia NBA: combo-wing di quasi due metri in grado di tirare dal palleggio o uscendo da un blocco, capace di mettere palla a terra con efficacia, dotata di buonissime letture difensive (quasi due rubate a gara) e di un atletismo non straripante ma certamente da non sottovalutare.

Certo, un rookie di ventiquattro anni potrà non avere enormi margini di crescita, ma allo stesso tempo è molto difficile immaginare un universo in cui Duarte non diventi un solidissimo uomo di rotazione in NBA. Indiana era alla ricerca di un giocatore versatile, rognoso in difesa e che non necessitasse di avere tanto la palla in mano per incidere nella metà campo offensiva, e il nativo di Puerto Plata corrisponde perfettamente a questo profilo.

Le sue caratteristiche, unite alla situazione infortuni dei Pacers, potrebbero addirittura garantirgli minuti importanti già dalle prime fasi della stagione; un giocatore così duttile si sposa infatti perfettamente con le star della squadra, e in particolare Sabonis potrebbe trarre grandi benefici dall’avere accanto un tagliante e tiratore del calibro di Duarte. Per quanto non sia stata di certo la scelta più glamour della Draft Lottery, Chris Duarte ha tutte le carte in regola per diventare in breve tempo una delle pedine più importanti per la buona riuscita della stagione di Indiana.

Dopo aver parlato di una scelta sicura, matura e pronta a contribuire fin da subito, è il momento ora di ribaltare tutto e di analizzare un giocatore grezzo, ma dal potenziale stellare: Isaiah Jackson.

Inizialmente scelto alla 22 dai Lakers, è poi arrivato a Indianapolis all’interno dell’intricatissima trade a più squadre che ha portato, tra i tanti, Russell Westbrook a Los Angeles e Dinwiddie a Washington.

Isaiah Jackson, detto IJax, era considerato un prospetto a cinque stelle e pertanto, come molti suoi “pari grado”, ha giocato la sua prima e unica stagione collegiale allenato da coach Calipari tra le fila dei Kentucky Wildcats.

Dal punto di vista tecnico, Jackson è piuttosto grezzo (anche se non disastroso, come vedremo in seguito) ma il suo profilo fisico lo rende già ad oggi un atleta pauroso anche per gli standard della lega più atletica del globo; IJax è uno di quei giocatori che sembra dover saltare fuori dalla palestra durante ogni riscaldamento, facendo dell’esplosività il suo marchio di fabbrica.

Questa sua caratteristica lo rende uno stoppatore nato, in grado di respingere praticamente ogni pallone che venga lanciato verso il suo canestro. A dirla tutta, il prodotto di coach Calipari è un’arma difensiva a tutto tondo: la sua agilità, infatti, lo rende in grado di cambiare anche sui giocatori perimetrali con facilità, sfruttando i suoi piedi veloci e la fluidità delle anche per contenere le penetrazioni avversarie oppure contestando praticamente qualsiasi tiro grazie ad una capacità di “coprire terreno” decisamente fuori dal comune.

Se la fase difensiva è il fiore all’occhiello del nativo del Michigan, certo non si può dire lo stesso di quella offensiva. Al college, Jackson ha segnato poco più di otto punti di media, perlopiù frutto di schiacciate su rimbalzi offensivi o da lob dei compagni. Il suo ruolo era quello del play-finisher, limitandosi a conquistare qualche canestro grazie a tanta energia e al suo già menzionato atletismo straripante.

Non è un segreto però che i freshmen di Kentucky raramente mettano in mostra tutte le loro capacità, a causa soprattutto del “sistema” Calipari che tende a non lasciare carta bianca ai prospetti e a nascondere molte loro qualità (citofonare a Devin Booker, Bam Adebayo o al più recente Immanuel Quickley se volete conferma).

Per questo motivo Jackson ha lasciato a bocca aperta molti osservatori quando, nella Summer League o in preseason, si è messo a segnare jumper dal palleggio o a servire i compagni con passaggi veloci e precisi al millimetro. Sia chiaro che stiamo parlando di quelli che, per il momento, sono solo lampi di un talento tutto da scoprire, ma risulta difficile non avvertire un fremito di eccitazione quando un centro così esplosivo fa cose di questo genere:

Jackson, insomma, è una scommessa estremamente intrigante per Indiana e – se sviluppato correttamente – potrebbe diventare un centro moderno, difensivamente elettrizzante ed incredibilmente divertente da guardare.

Troppi centri

Come ogni anno quando si parla degli Indiana Pacers non si può non toccare l’argomento centri.

Turner o Sabonis? Possono coesistere? Chi tenere e chi, invece, scambiare?

La questione è ormai trita e ritrita, non offre troppi spunti di riflessione e soprattutto non è particolarmente stimolante da analizzare.

Domantas Sabonis è ormai la star indiscussa della squadra e, piaccia o meno, è lui il fulcro del progetto in casa Pacers. Domas è un giocatore talentuoso e produttivo e, seppur porti addosso l’etichetta di “ceiling capper” come pochi altri nella lega, è abbastanza impensabile che la dirigenza rinunci alle sue prestazioni in un momento in cui vuole tentare l’ennesimo approdo ai playoff.

D’altro canto, Myles Turner viene da una stagione da candidato DPOY durante la quale ha mostrato grossi miglioramenti anche in fase offensiva, soprattutto a livello di comprensione del gioco ed efficienza. I problemi fisici hanno gettato un’ombra su una stagione altrimenti più che positiva, ombra comunque non abbastanza ingombrante da convincere il front office a lasciar partire il prodotto di Texas University in una qualche trade.

Per aggiungere ulteriore carne al fuoco bisogna menzionare Goga Bitadze, centro georgiano dall’indubbio potenziale che però fatica a trovare minuti importanti, e il rookie Jackson che rischia di non vedere il campo nonostante le caratteristiche elencate poco fa.

Insomma, le scelte dei Pacers sull’affollato reparto lunghi a loro disposizione sono tutt’altro che chiare, non ci resta che aspettare qualche mese di stagione regolare per vedere se la dirigenza deciderà finalmente di prendere decisioni che ormai rimanda da un paio d’anni.

Il pronostico

I Pacers affronteranno l’imminente stagione con un chiaro obiettivo: i playoff. La squadra è profonda e rodata e senza gli infortuni di cui abbiamo parlato meriterebbe di stare nel gruppo delle prime cinque o sei squadre della Eastern Conference.

Al momento però è difficile pronosticare un piazzamento, quel che è sicuro è che la squadra del Basketball State continuerà sulla strada della concretezza con un gruppo affiatato, al quale si sono aggiunti alcuni nuovi volti che potrebbero essere l’ago della bilancia per le sorti della stagione 2021-2022.

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