Tyler Herro è più di un sesto uomo

Tyler Herro true shooting
Copertina di Marco D'Amato

Inutile girarci attorno, Tyler Herro sta giocando il miglior basket della sua ancor breve carriera. Dopo due stagioni parecchio altalenanti in quanto a rendimento e ruolo in squadra, in questo primo decimo di stagione il prodotto di Kentucky University si sta trovando a proprio agio nel ruolo che il coaching staff ha cucito su misura per lui, ovvero quello di realizzatore (e talvolta creatore) dalla panca in grado anche di chiudere le partite.

Sesto uomo solo sulla carta

In questo articolo uscito esattamente una settimana fa, vi avevo parlato dell’attacco in transizione degli Heat, arma che sta consentendo alla squadra di Coach Spoelstra di mantenere un’elevata efficienza offensiva. Per quanto Miami abbia dimostrato di essere una squadra efficiente muovendo molto il pallone e coinvolgendo tutti i giocatori in campo, è innegabile che il rendimento dei singoli stia giocando un ruolo altrettanto determinante.

Se da una parte sul contributo di Lowry, Butler e Adebayo non si avevano particolari dubbi, su quello di Tyler Herro aleggiava più incertezza. In queste prime 9 partite, però, il nativo di Milwaukee ha spazzato via ogni perplessità, guadagnandosi, a suon di 20elli, un ruolo chiave all’interno delle gerarchie della squadra e superando un ancora impreciso Duncan Robinson (33% da 3 in stagione su 8.6 tentativi) in quanto a importanza sul parquet, soprattutto nei momenti che contano.

Herro sta viaggiando a 21.3 punti (tirando con il 47% dal campo, il 43% da 3 su 6.8 tentativi e l’82% ai liberi), 5.7 rimbalzi, 3.9 assist in 31.6 minuti di utilizzo (quarto dato più alto della squadra) e, nonostante parta dalla panchina, è al secondo posto in squadra per USG% con un 27.4%. Per questo motivo il ruolo di sesto uomo è solamente una formalità: Herro è a tutti gli effetti uno dei giocatori più importanti della squadra, e il suo utilizzo nei quarti periodi lo dimostra. “Boy Wonder” è secondo per minuti medi giocati nell’ultimo periodo di partita (9.5 a sera contro i 9.6 di Lowry) e primo per punti segnati con 6.1 (tirando con il 51% dal campo e il 56% da 3).

Lo sanno bene gli Utah Jazz, che il 6 novembre hanno visto Herro segnare 14 dei suoi 29 punti totali nell’ultimo quarto contribuendo a scavare il solco decisivo per la vittoria degli Heat.

Dato che comunque si sta parlando di un giocatore non titolare, per completezza è utile fare un recap veloce della gara per il 6MOY; ecco le posizioni che Herro occupa in diverse voci statistiche se paragonato a tutti gli altri giocatori che entrano dalla panca: primo per minuti (31.6), primo per punti segnati (21.3), primo per tiri segnati (e tentati, 8.2/17.3), quarto per triple realizzate (2.9/6.8), settimo per rimbalzi (5.7), sesto per assist (3.9) e secondo per USG% (27.4%).

In che modo sta dominando?

Andiamo a vedere nello specifico in quali aspetti del gioco Tyler Herro sta risultando particolarmente efficace, a cominciare da quella che ormai è diventata la sua arma più affidabile, ovvero il tiro dalla media. Circa il 22% dei suoi punti arrivano da questa zona del campo, di cui oltre il 95% non sono assistiti. Attualmente sta convertendo i tiri dal midrange con un irreale 53% e si sta dimostrando particolarmente abile a gestire i pick and roll, in cui punisce gli avversari riuscendo a sfruttare efficacemente gli spazi creati dal bloccante.

Inoltre, Herro è in grado di crearsi un tiro dal palleggio anche a giochi rotti grazie a un ball handling migliorato e a un rilascio molto rapido. Anche quando scende in campo con i titolari, è spesso lui a togliere le castagne dal fuoco in situazioni complicate, e i suoi canestri estemporanei sono essenziali per Miami.

Herro è sembrato più a suo agio anche nell’attaccare il ferro senza aver paura del contatto. L’ex-Kentucky è sempre stato in grado di finire nel cuore dell’area contorcendosi in aria in modo da evitare il contatto, ma, allo stesso tempo, è confortante vedere che adesso stia cominciando a cercare maggiormente il contatto e concludere nonostante esso, per quanto queste occasioni rimangano perlopiù sporadiche.

Benché sia la sua vena realizzativa a catturare le attenzioni delle difese avversarie e di noi tifosi, Herro sta dimostrando di saper trovare il compagno di squadra libero, specialmente in situazioni di pick and roll. I 3.9 assist a partita, per quanto siano il suo career-high, possono dire poco (anche alla luce delle 2.3 palle perse a partita, per una non entusiasmante AST/TO di 1.7), ma sono comunque indice del fatto che l’ex-Wildcat stia riuscendo a servire i propri compagni dopo aver attirato su di sé le attenzioni degli avversari.

Il roster attuale degli Heat, con Lowry e Butler come principali ball handler, inoltre, è ideale per limitare la vena creativa di Herro così da non comprometterne l’efficacia, anche perché Tyler sta confermando i progressi in situazioni lontano dalla palla intravisti nella parte finale della scorsa stagione, in cui aveva già dato segnali confortanti. La sua abilità nel farsi trovare al posto giusto per gli scarichi dei vari Lowry, Butler e Adebayo sta facendo pesare molto meno il pessimo momento di Robinson da dietro l’arco.

Nonostante le occasioni siano molto poche a causa del suo elevato carico offensivo palla in mano, talvolta Herro ha saputo tagliare con i tempi giusti sfruttando la disattenzione del proprio difensore. Questa non sia una soluzione particolarmente utilizzata da Herro, ma in un attacco corale come quello di Miami è sempre utile avere giocatori attivi off the ball.

Sviscerata la parte offensiva del gioco di Herro, è doveroso analizzare brevemente anche la sua fase difensiva. Herro è stato, è e probabilmente sarà sempre un difensore sotto la media nella NBA e difficilmente riuscirà a essere neutrale nella propria metà campo, a causa di una stazza tutt’altro che imponente, una wingspan ridotta e una rapidità di piedi che gli rende complicato marcare i pari ruolo più rapidi.

Per il momento, quello che il coaching staff può esigere da Herro è un alto livello di concentrazione e intensità anche nella propria metà campo, e quanto visto in queste prime partite è stato incoraggiante. Sia chiaro, il mio non è un tentativo di farvi pensare che Tyler Herro sia un giovane Paul George, quanto piuttosto quello di sottolineare la totale dedizione del nativo di Milwaukee a un sistema difensivo basato su rotazioni precise e puntuali, ma che ha come giocatori chiave altri componenti del quintetto, riservando a Herro un ruolo tanto limitato quanto comunque fondamentale.

Cosa aspettarsi da adesso?

In queste prime nove partite i Miami Heat sembrano aver già trovato un equilibrio piuttosto solido, nonostante i diversi nuovi arrivi della scorsa offseason. Vero, Duncan Robinson sta faticando enormemente al tiro mentre Herro è in rampa di lancio, ma quasi sicuramente (a meno di infortuni o improvvisi cambi di rotta nei risultati) il primo rimarrà titolare e il secondo sesto uomo. Il cecchino che veste la canotta numero 55 è essenziale per aprire il campo con la sua gravity (che talvolta è superiore a quella della palla) per lasciare libero il pitturato alle incursioni del duo Jim & Bam; dall’altra parte, il fatto che Herro riesca a prendere ritmo appena mette piede in campo è anche perché per una buona parte dei suoi primi minuti gioca contro la panchina avversaria, il che gli consente di entrare in partita più facilmente e velocemente.

Per il futuro meno prossimo, invece, è ancora troppo presto per fare previsioni; tuttavia, se Herro dovesse confermarsi a questi livelli o se riuscisse anche a migliorarsi ulteriormente, il prossimo anno sarebbe molto difficile convincerlo a partire ancora dalla panchina. A quel punto Robinson potrebbe perdere il suo posto tra i titolari o potrebbe addirittura essere sacrificabile (visto anche il contratto matchabile con quelli di alcune stelle di altre squadre). Ribadisco, è ancora prestissimo per fare questi ragionamenti, ma la storia recente ci ha insegnato che Riley e soci sono disposti a tutto pur rendere la squadra più competitiva.

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Davide Possagno
Sono un Heat-Lifer ormai da oltre 10 anni, da quando comprai il dvd su Dwyane Wade in edicola: fu amore a prima vista. Ancora maledico Pat Riley per aver maxato Whiteside, privandoci così del nostro Flash per un interminabile anno e mezzo.