LaMarcus Aldridge, il Comeback Player Of The Year

LaMarcus Aldridge Nets
Copertina di Edoardo Celli

Se l’NBA assegnasse ancora il premio di “Comeback Player of the Year”, come accade per esempio in NFL, LaMarcus Aldridge ad oggi sarebbe senz’altro il favorito per la vittoria finale.

I Nets, nonostante tutti problemi interni ed una partenza a rilento, hanno un record di 14-5 e sono la prima squadra ad Est. Una parte del loro successo è senz’altro merito di LaMarcus Aldridge. Il lungo texano sta viaggiando a 13.6 punti, 5.9 rimbalzi, 0.9 assist e 1.2 stoppate con il 62.2% di True Shooting in uscita dalla panca, dando un apporto sostanziale alla squadra allenata da Steve Nash, e sembra aver trovato quasi una seconda giovinezza.

Per capire l’importanza della sua stagione però non bastano le sole cifra, ma è bene innanzitutto ripercorre la storia recente della sua carriera.

A marzo 2020, dopo quasi 6 stagioni fatte di alti e bassi in maglia nero-argento ed una storia evidentemente giunta al termine, LaMarcus Aldridge concorda un buyout con i San Antonio Spurs, rinunciando a quasi 6 milioni di dollari. Pochi giorni dopo, con la chiara intenzione di vincere finalmente un anello, firma con i Brooklyn Nets, allora favoritissimi per il titolo.

La sua prima esperienza con i Nets dura però solo 5 gare. Durante la gara del 10 aprile 2021 contro i Lakers, Aldridge accusa problemi di battito cardiaco accelerato e più tardi il problema peggiora, rendendo quella sera uno dei momenti più spaventosi della sua vita. Il mattino seguente Aldridge rende noto alla squadra il suo malessere e si reca in ospedale per un controllo. Pochi giorni dopo, annuncia il ritiro, dichiarando di pensare alla sua salute e alla famiglia.

Poi, durante l’estate, riferisce di aver giocato per tutta la carriera con un disturbo cardiaco, la sindrome di Wolff-Parkinson-White. Sindrome che ha richiesto controlli più attenti, periodici e che gli ha fatto saltare partite in vari periodi della sua lunga carriera, ma che non pregiudicava completamente l’attività sportiva. Però quella sera di aprile lo ha spaventato a tal punto da fargli optare per il ritiro in via precauzionale.

Poi, a inizio settembre, dopo 5 mesi e svariati pareri positivi ricevuti sia dallo staff medico dei Nets che da medici esterni, Aldridge viene autorizzato a ricominciare a giocare e firma nuovamente un annuale al minimo salariale con i Brooklyn Nets.

E qui comincia la bella storia del suo “comeback”.

Minutaggio ridotto

Il primo ingrediente fondamentale nel successo avuto finora dal lungo dei Nets è sicuramente il minutaggio.

Aldridge sta giocando 21.8 minuti di media, il dato più basso in carriera, paragonabile solo ai 22.1 minuti registrati ormai 15 anni fa nella sua stagione da rookie. Ad oltre 36 anni, con oltre 1100 partite nelle gambe e dopo una stagione complicata a livello fisico, una gestione oculata delle energie è fondamentale per renderlo un fattore significativo nella stagione dei Nets.

Le gare con il maggior minutaggio sono arrivate negli ultimi giorni, con Blake Griffin apparentemente scavalcato nelle gerarchie e panchinato nelle ultime due gare. Aldridge nelle ultime 4 gare ha giocato rispettivamente 30, 23, 34, 28 minuti ma è difficile immaginare un minutaggio simile per il resto della stagione. Lo stesso Blake Griffin non è un ragazzino e non appariva particolarmente brillante nell’ultimo periodo. È quindi probabile che durante la stagione assisteremo ad una sorta di turnover tra i due, per conservarli in vista dei playoff.

La metà campo difensiva

Ad un minutaggio ridotto ovviamente corrisponde una maggior brillantezza fisica, brillantezza che è palese guardando Aldridge giocare. Il lungo texano non appariva così fisico, mobile, attivo da anni, soprattutto nella metà campo difensiva.

Infatti, oltre alla straordinaria efficienza nella metà campo offensiva di cui parleremo successivamente, Aldridge impressiona anche nella propria metà campo.

Nelle passate stagioni, Aldridge era costantemente un bersaglio per gli attacchi avversari. La scarsa mobilità, unita a delle responsabilità offensive non indifferenti, lo rendevano un difensore ben sotto la media. In questa stagione però, Aldridge sta difendendo meglio ed è su un livello simile a quello di svariate stagioni fa. La buona condizione fisica, le braccia lunghe, la possibilità di spendersi maggiormente nella metà campo difensiva stanno facendo di Aldridge un difensore accettabile.

In questo video, ad esempio, Aldridge contiene efficacemente la penetrazione di Franz Wagner

Inoltre, se con Griffin i Nets sono costretti soprattutto a cambiare, un tipo di coverage difensiva particolarmente impegnativa a livello di energie, con Aldridge possono giocare drop, una difesa conservativa, certamente meno impegnativa fisicamente e più adatta alla regular season.

Un’altra piccola nota sulla difesa è che Aldridge gioca la maggior parte dei suoi minuti accoppiato con Durant. Aldridge, nonostante il buon rendimento, non è infallibile nella metà campo difensiva ma molte delle sue lacune vengono coperte da Durant stesso che giocando da “battitore libero” con ampia libertà di aiutare, grazie alla sua lunghezza, risulta un fattore non indifferente.

La metà campo offensiva

LaMarcus Aldridge è sempre stato principalmente uno scorer, un giocatore che si è creato una carriera attorno alla capacità di prendersi tanti tiri, spesso anche molto difficili, e segnarli con una discreta efficienza. Il suo ottimo inizio di stagione e la sua importanza per i Nets sta soprattutto qui: nel prendersi i tiri che vanno presi e nel segnarli con ottime percentuali.

“He is knocking down his shot, putting the pressure on his defense with his rolls, his post-ups. Obviously great for us. You got to give him credit for staying ready and knocking down shots.”

Kevin Durant

Aldridge quindi non sta brillando perché è molto bravo nel fare tante cose e nel contribuire in tanti modi, in fin dei conti è sempre stato un giocatore abbastanza monodimensionale. Però è molto bravo quando tira e mette la palla nel canestro e, citando un altro degli autori di True Shooting (nonché uno degli omonimi ed omologhi), “shooting covers a multitude of sins“. E in questo inizio stagione, i punti di Aldridge e le sue percentuali spesso hanno rimediato ai tanti altri “peccati”, o per meglio dire lacune, dei Nets.

Passando ad un’analisi più statistica, LaMarcus Aldridge sta segnando 13.6 punti a gara con il 60.1% da 2 e il 39.1% da 3, entrambi massimi in carriera e ogni volta che tira l’impressione è che debba ancora sbagliare un tiro da inizio stagione.

Aldridge si prende 10.1 tiri a partita di cui ben 4.4 vengono dal midrange, zona di campo in cui sta tirando con il 59.5%. Questi sono dei numeri senza senso e all’apparenza insostenibili ma, analizzando le statistiche e guardando attentamente le gare, potrebbero essere meno insostenibili di quanto si pensi.

Innanzitutto, Aldridge è sempre stato un ottimo scorer dalla media ed ha costruito una carriera in quella zona di campo. Nella scorsa stagione, il lungo dei Nets ha tirato col 51.2% dal midrange su 5.0 tentativi a gara. Inoltre, in questa stagione sta prendendo molto spesso tiri aperti (il 63% dei suoi tiri sono considerati “open” o “wide open”). Quindi, considerando i precedenti e la qualità dei tiri presi, è lecito aspettarsi un calo nelle percentuali ma non poi così drastico.

Oltre un terzo (34%) dei suoi possessi arrivano in situazioni di pick&roll. Data la scarsa verticalità e la limitata mobilità, solo nel 38% dei casi Aldridge rolla a canestro dopo aver portato il blocco e in queste situazioni non brilla, classificandosi nel 53esimo percentile. Però complessivamente Aldridge risulta un buon giocatore in queste situazioni e questo e grazie alla sua grande abilità il pick&pop.

Nelle ultime stagioni, il nativo di Dallas si è sviluppato sempre maggiormente come tiratore e, che sia da dietro l’arco o che sia un long two, i pick&pop sono il miglior modo per sfruttarlo e mettere pressione sulle difese avversarie. Ad oggi è nell’80esimo percentile come giocatore di pick&pop, a riprova di quanto detto in precedenza.

In questi video, salta all’occhio anche un’altra cosa ed è giusto aprire una piccola parentesi. Una cosa che può sembrare scontata ma che non è poi così marginale è la sua importanza nei gameplan avversari. Praticamente durante tutta la sua carriera NBA, LaMarcus Aldridge è stato la prima o al massimo seconda maggior preoccupazione delle difese avversarie con le ovvie conseguenze. Tutto ciò non accade e non accadrà mai in una squadra capitanata da Kevin Durant, James Harden e con due tiratori con la gravity di Joe Harris e Patty Mills.

I tiri nei pressi del ferro sono pochi e di ottima qualità. Se da un lato, i pochi tentativi al ferro rendono più dipendente dal tiro le sue prestazioni, dall’altro il limitarsi ai tiri aperti ed evitare le proverbiali “sportellate” sotto canestro rendono meno probabili eventuali infortuni di natura traumatica o quei problemi fisici di minor entità che alla lunga possono rendere difficile la stagione di un quasi 37enne.

In sostanza, dati alla mano, i Brooklyn Nets sono molto migliori offensivamente quando LaMarcus Aldridge è in campo, segnando ben 7.3 punti per 100 possessi in più.

La meccanica di tiro

Un’altra ragione del successo avuto finora da Aldridge è senz’altro la sua meccanica di tiro. Aldridge ha sempre avuto una meccanica particolare, con un rilascio molto alto, con gran parte della forza trasmessa solo dalle braccia e dal polso e con un “colpo di reni” molto peculiare.

Una meccanica strana, non particolarmente bella o armoniosa ma difficilmente contestabile per l’altezza del rilascio e quindi tremendamente efficace. Questa meccanica inoltre è molto poco dispendiosa a livello fisico, proprio perché vengono impiegati soprattutto i muscoli della parte alta del corpo, e ben si adatta alle necessità di un giocatore della sua età.

Per esempio, basti pensare che molti giocatori anche di una certa caratura, come Kobe o lo stesso LeBron, hanno modificato le loro meccaniche rendendole molto più dipendenti dalla forza delle braccia nella parte finale della loro carriera, per distribuire meglio lo sforzo e il consumo di energie.

Aldridge e Mills

Infine, anche il rapporto con Patty Mills merita una piccola menzione.

Il lettore meno esperto potrebbe pensare che Aldridge e Mills si conoscano dai tempi di San Antonio ma il loro rapporto risale addirittura alla stagione 2009/2010, prima stagione dell’australiano nella lega, giocata con i Portland Trail Blazers.

I due quindi si conoscono da anni, hanno giocato assieme per tante stagioni ed arrivavano a questa stagione con una chimica già ben consolidata. Avere a disposizione una second unit capitanata da due giocatori che si conoscono così bene fin dal primo giorno ha un’importanza non indifferente.

Infatti, durante le prime partite, a causa delle difficoltà iniziali incontrate da James Harden, il duo formato da Mills e Aldridge ha spesso tenuto a galla i Nets a suon di punti in uscita dalla panchina.

Tutto è bene quel che finisce bene

LaMarcus Aldridge è certamente un pezzo molto importante nell’economia dei Brooklyn Nets. Probabilmente le sue percentuali regrediranno leggermente durante la stagione, ma come detto in precedenza il texano ha tutte le carte in regola per continuare a giocare su livelli simili, continuando ad essere quel rincalzo di lusso che può svoltarti la gara con i suoi punti “facili”.

Purtroppo non ci sarà un premio di “Comeback Player of the year” per LaMarcus Aldridge, forse nemmeno un anello (che, da tifoso suo e degli Spurs, mi piacerebbe vedergli vincere). Ma vederlo giocare così, dopo i problemi avuti nella scorsa stagione, è già di per sé una grande vittoria ed è sicuramente una delle storie più belle di questo inizio di stagione.

Ti è piaciuto l'articolo?
Dacci un feedback:

Loading spinner
Emiliano Naiaretti
Spurs, GLeague and draft @TheShotIT | Draft inebriated but lazy writer | Natural & environmental sciences (ANGRY) student