Il Power Ranking dei Playoff NBA 2023

Power ranking playoff NBA
Copertina di Sebastiano Barban

Non so se avete il film “Ricomincio da capo“. Il protagonista, Bill Murray, è un giornalista che per uno strano scherzo del destino rivive la stessa giornata (il 2 febbraio, data in cui in Nordamerica si celebra il Giorno della Marmotta, da cui il nome del film in lingua originale) per quello che sembra un tempo interminabile: si alza, va in un piccolo villaggio della Pennsylvania dove deve appunto raccontare dei tradizionali festeggiamenti per la Giornata della Marmotta, gli stessi avvenimenti gli scorrono davanti agli occhi ogni giorno (quello che cambia sono i suoi atteggiamenti in risposta a tali eventi, ma suppongo non siate qui per leggere di un film con Bill Murray), va a dormire e si riparte da capo il giorno dopo. Ecco, a me pare di star vivendo un’esperienza molto simile con la Regular Season NBA: è ormai il terzo anno di fila che mi trovo a scrivere qualcosa del tipo “questa è stata tra le Regular Season più strane di sempre, se non la più strana di sempre“.

Se è vero che tre indizi fanno una prova, è possibile che questa sia la nuova normalità nella lega: avere a che fare con una Regular Season che raramente ci dà indicazioni veritiere, o che perlomeno le nasconde molto bene in una marea di false tracce.

In tutta onestà, non ricordo di aver mai pensato alla fine della stagione regolare che le prime tre della classe in una conference potessero non essere nemmeno tra le prime tre favorite per arrivare alle Finals, eppure eccoci qui. Bando alle ciance, proviamo a leggere la palla di cristallo anche quest’anno.

1) Milwaukee Bucks

Record: 58-24

Probabilità di raggiungere le Finals: 45%

Probabilità di vincere le Finals: 30%

Con buona probabilità, senza l’infortunio a Khris Middleton l’anno scorso avremmo commentato un back-to-back per la franchigia del Wisconsin; anche quest’anno i Bucks sembrano i primi della classe, unica squadra in grado di infilare un filotto di vittorie consistente (16, e tralasciando le 12 di fila di una Brooklyn oggi molto diversa da allora, i secondi sono i Grizzlies con 11) e forse anche unica tra le contender a dare l’impressione di sapere esattamente quale sia la propria identità.

C’è poco di nuovo da dire sui punti di forza dei Bucks: hanno il migliore giocatore del pianeta a roster, e probabilmente la miglior difesa della lega; hanno vinto, hanno la sicurezza di chi ha già visto tutto, sono la squadra più fisica della lega. Il dubbio è lo stesso della scorsa stagione: lo stato di salute di Khris Middleton, che probabilmente salterà l’inizio dei playoff per un problema al ginocchio.

Se l’identità difensiva di Milwaukee è quasi del tutto indipendente dall’ex scelta al secondo turno dei Detroit Pistons (anzi, probabilmente la difesa dei Bucks è al suo meglio senza Middleton in campo), la prima parte di stagione ci ha raccontato che il carico offensivo che si riversa sulle spalle di Giannis e Holiday a causa della sua assenza è probabilmente troppo anche per i due pilastri del gioco di Coach Bud. Qualora Middleton non fosse al meglio (o addirittura non potesse proprio scendere in campo), aspettiamoci un ruolo maggiore per Ingles, ormai vero settimo uomo della rotazione anche grazie all’utilizzo fortemente diminuito di Pat Connaughton, che con buone probabilità si giocherà l’ultimo posto tra i più chiamati dalla panca con Jae Crowder (che nonostante le ottime percentuali al tiro pare ancora non aver assimilato del tutto i dettami difensivi di Budenholzer).

2) Boston Celtics

Record: 57-25

Probabilità di raggiungere le Finals: 40%

Probabilità di vincere le Finals: 25%

Per buona parte della stagione ho avuto i Boston Celtics come prima forza dell’intera lega, anche perché l’assenza di Middleton aveva avuto effetti devastanti sull’attacco a metà campo dei Bucks: qualora il terzo alfiere di Milwaukee dovesse essere a mezzo servizio, sarei pronto ad invertire le posizioni in classifica delle due franchigie.

Le ragioni per cui non avrei Boston come netta favorita ad Est sono sotto gli occhi di tutti: le sorti del loro attacco a difesa schierata dipendono troppo dalle percentuali al tiro da fuori (Boston è pressoché imbattibile se tira col 40% o più da fuori, ed è quasi condannata quando tira sotto il 32-33%), alcuni giocatori chiave della playoff run dell’anno scorso sembrano non al top della forma fisica (Williams e Smart paiono lontani parenti dei giocatori apprezzati lo scorso anno), in uno scontro diretto Giannis-Tatum sono abbastanza certo che il primo reclamerebbe il titolo di miglior giocatore della serie.

Altro aspetto non di poco conto: Mazzulla ha finora dimostrato di essere un ottimo allenatore, ma anche uno che non adatta subito la closing lineup in base ai periodi di forma dei giocatori o alla prestazione sulla singola gara (per capirci, il Derrick White visto quest’anno dovrebbe chiudere la maggior parte delle gare per i Celtics, eppure spesso tocca ad uno tra Smart e Brogdon, o ad entrambi). Come per i Bucks, anche per Boston i punti di forza sono ben noti: difesa molto fisica e particolarmente adatta al gioco nella postseason (una delle poche a poter cambiare pressoché su ogni gioco), una pletora di portatori di palla in grado di attaccare il ferro costantemente e far collassare la difesa per creare un tiro aperto sul perimetro, ottimo attacco in transizione, taglia in tutti i ruoli.

3) Golden State Warriors

Record: 44-38

Probabilità di raggiungere le Finals: 30%

Probabilità di vincere le Finals: 13%

Non ritengo Golden State il roster più forte dell’Ovest: probabilmente con un po’ di gare giocate assieme sotto la cintura preferirei a loro sia Suns che Lakers. Credo però che nessuno si avvicini alla loro comprensione di come manipolare una gara con piccole accortezze, alla loro esperienza in ottica playoff, alla consapevolezza nei propri mezzi: quando Klay parla di quanto creda nelle possibilità di un repeat Warriors è solo in minima parte spocchia, molto invece è sapere di avere un’altra marcia da scalare quando serve. Aggiungete a questo un pizzico di fortuna, che anche quest’anno pare (sulla carta, poi si vedrà) aver deciso di dare in sorte a Golden State la parte più abbordabile del tabellone, o quantomeno un primo turno con un avversario decisamente inesperto e le cui debolezze mal si accoppiano con i punti di forza Warriors.

L’unico avversario che potrebbe rappresentare un ostacolo più o meno credibile verso le Conference Finals sono dei Lakers che, oltre all’ovvia necessità di dover ancora sviluppare meccanismi dati dall’abitudine, prima di sfidare Golden State al secondo turno devono vincere in casa contro Minnesota (tutto fuorché scontato) e cacciare una squadra in Memphis che, pure con mille limitazioni in ottica playoff, rimane un avversario certamente ostico al primo turno e ancora più impegnativo dal punto di vista fisico.

Insomma, è tutt’altro che improbabile che Golden State trovi il primo avversario degno di tale nome alle Conference Finals, nome che uscirà da una parte di tabellone che promette di essere molto più probante (di nuovo, almeno sulla carta). Unite il tutto a quanto detto in apertura di paragrafo, al fatto che il roster sia molto simile a quello che ha alzato il trofeo un anno fa e capite che difficilmente si può considerare qualcun altro il favorito d’obbligo ad Ovest. I potenziali problemi sono sempre quelli: intensità difensiva che va e viene, esecuzione offensiva a volte farfallina. Oltre a ciò, poco da obiettare e molto da imparare.

4) Phoenix Suns

Record: 45-37

Probabilità di raggiungere le Finals: 25%

Probabilità di vincere le Finals: 12%

Se nelle ultime settimane c’è stato un fuggi fuggi generale dal quinto posto ad Ovest, una ragione c’è e quella ragione si chiama Kevin Durant.

A mio modo di vedere, c’è poco da leggere nel record di 8-0 che i Suns hanno nelle partite con KD in campo, se non il numero di gare stesse in cui il quintetto titolare ha potuto imparare a conoscersi: i meccanismi offensivi hanno assolutamente bisogno di essere oliati, per quanto lascino già intravedere spazi di onnipotenza, mentre quelli difensivi paiono già a regime ma mostrano alcune limitazioni del roster (soprattutto in termini di difesa perimetrale, a cui i Suns stanno cercando di rimediare consentendo ad uno tra Ayton e Durant di agire lontano dal pitturato, forti della presenza dell’altro); oltre a questo, il record avrebbe potuto essere 7-1 o 6-2 e poco sarebbe cambiato.

Certo però i primi quattro del roster Suns se la giocano coi primi quattro di qualsiasi altro roster nella lega, e in termini di potenziale offensivo sono con buona probabilità i migliori in assoluto e quindi, qualora sia successo, è stato del tutto legittimo tentare di evitarli al primo turno. Oltre ai fantastici quattro e ad Okogie, certo del posto da titolare, non ci sono molte certezze per Monty Williams, che ha preferito usare l’ultima ventina di gare per sperimentare diverse combinazioni di giocatori: l’impressione è che l’unico certo del posto nella rotazione playoff sia Torrey Craig, con Payne, Lee, Shamet, Ross, Wainright, TJ Warren, Landale e Biyombo in ordine sparso a contendersi gli ultimi due/tre posti, i cui occupanti verosimilmente varieranno in base all’avversario di turno.

Tutte queste incertezze andranno dipanate in fretta, dato che l’avversario al primo turno non è dei più facili da incontrare e risponde al nome di Kawhi Leonard, a capo di una squadra certamente confusa ma non per questo meno pericolosa. Come spesso è accaduto per le squadre di Paul e Durant in passato, le sorti di questa squadra passeranno dalla salute fisica dei loro protagonisti: se questa postseason sarà per qualche ragione priva di infortuni, verosimilmente i Suns non avranno il lusso di guardarsi indietro un giorno ed usare la mancanza di chimica come scusante.

5) Denver Nuggets

Record: 53-29

Probabilità di raggiungere le Finals: 20%

Probabilità di vincere le Finals: 7%

Denver ha praticamente smesso da giocare da un mese abbondante, tanto è stata dominante la sua prima parte di stagione: come detto spesso, novembre e dicembre sono i messi con maggiore correlazione con la postseason, e di certo in quel periodo i Nuggets erano la prima forza ad Ovest. Jokić&co hanno dimostrato nelle passate stagioni di avere uno dei giochi offensivi che meglio si traduce ai playoff, stagione cestistica che però anno dopo anno mette in evidenza i limiti difensivi del totem serbo attorno al quale la franchigia ruota.

Quest’anno il cast di comprimari attorno a lui sembra di una qualità pressoché cristallina: scorer d’alto profilo (Porter e Murray), playmaking secondario, difesa perimetrale ed interiore (Bruce Brown, Aaron Gordon, KCP). Il problema potreste intuirlo da voi leggendo l’elenco: la rotazione Denver potrebbe essere davvero corta, tenendo conto che ad oggi il settimo ed ottavo della rotazione sono Reggie Jackson, decisamente non nella sua annata migliore, e Jeff Green, che era un buon quinto/sesto della rotazione (con delle limitazioni, ma buono) un paio di anni fa.

Certo, forse per la prima volta nella sua carriera, bolla a parte, Jokić arriva ai playoff sufficientemente riposato, e sappiamo bene che razza di prestazioni abbia sfoderato l’unica volta che non è arrivato sovraccarico di gare ai playoff. Molto della facilità del cammino per la franchigia del Colorado dipenderà dalle gare del play-in ad Ovest: qualora i Lakers dovessero finire nell’altra parte del tabellone (o proprio fuori dai playoff del tutto, anche se non molto probabile), i Nuggets affronterebbero un avversario decisamente alla loro portata al primo turno, mentre in caso contrario penso non sarebbero in pochi quelli che guarderebbero a loro come sfavoriti sin dal primo turno. La musica difficilmente cambierebbe nel secondo, dove si troverebbero ad affrontare la vincente tra Suns e Clippers, potenzialmente freschi di ritorno di Paul George per allora. Morale della favola: molto di come il front office penserà al proprio core dipenderà dai prossimi due mesi di gare, ma a mio modo di vedere Denver non avrà vita facile.

6) Philadelphia 76ers

Record: 54-28

Probabilità di raggiungere le Finals: 7%

Probabilità di vincere le Finals: 3%

So che le percentuali che attribuisco ai 76ers possono essere ritenute basse dai più, ma scusate, io davvero non riesco a fidarmi di James Harden in ottica playoff. Se a questo aggiungete anche che temo che il gioco di Joel Embiid possa rivelarsi non del tutto adatto al mese di maggio, capite il perché di quei numeri. In particolar modo ritengo che l’accoppiamento coi Celtics possa essere molto complicato per Philadelphia soprattutto dal lato difensivo, dove un centro non proprio adatto a difendere sul perimetro come Embiid (da anni ormai il camerunense gioca solo in drop) ha dimostrato di soffrire l’atletismo e l’aggressività dei portatori di palla verdi.

Per una volta però ci sono anche diversi aspetti positivi che accompagnano l’inizio del cammino playoff di Doc Rivers&co: il livello dei giocatori che completano il quintetto oltre alle due stelle pare essere tra i migliori della lega; lo stato di salute dei principali attori pare essere buono; il matchup al primo turno contro i Nets è quanto di meglio una contender possa desiderare. Detto questo, non sono convinto che né l’attacco (quinto della lega in regular season) né la difesa (nona) dei 76ers siano adatti al contesto postseason, non credo che la rotazione dopo i primi sei sia all’altezza di un contesto playoff (McDaniels si è rivelato una buona presa, ma probabilmente è ancora troppo inesperto per essere uno da 20-22′ a notte a maggio) e sì, alla fine in panchina siede ancora l’allenatore di cui forse mi fido meno in postseason tra tutti quelli rimanenti.

Se a questo aggiungete che Philadelphia dovrà verosimilmente vincere due serie senza fattore campo contro, nell’ordine, Celtics e Bucks anche solo per arrivare alle Finals, probabilmente anche voi giungerete alla conclusione che le speranze di vedere una parata a Philadelphia a giugno non siano troppe, nonostante questo sarà probabilmente l’anno in cui Embiid alzerà il trofeo di MVP. Probabilmente una run for the ages del giocatore franchigia di Morey è l’unica possibilità affinché ciò accada.

7) Los Angeles Lakers

Record: 43-39

Probabilità di raggiungere le Finals: 10%

Probabilità di vincere le Finals: 3%

Dopo la trade deadline i Los Angeles Lakers hanno suonato tutt’altra musica rispetto alla stagione invernale, nonostante i tanti infortuni che hanno minato il percorso anche negli ultimi mesi. Le gerarchie paiono chiare: LBJ, AD, Reaves, Russell, Schroeder, Beasley e Vanderbilt sembrano quelli sicuri del proprio posto in rotazione playoff a prescindere dall’avversario; a ruota seguono, nell’ordine, Hachimura, Troy Brown Jr e Lonnie Walker.

La difesa perimetrale lascia ancora un po’ a desiderare (per tutta la crescita esponenziale che ha avuto dal lato offensivo, Reaves non è Caruso dall’altro lato) e a volte lo spacing può risultare non ottimale quando Vanderbilt e Davis dividono il campo, ma poche squadre nella lega possono vantare la fisicità e la presenza a rimbalzo dei Lakers. In aggiunta a questo, il mix di capacità individuali a roster e di precetti che Coach Ham ha portato con sé (in primis limitare il numero di falli concessi) ha fatto sì che dopo la trade deadline i Lakers abbiano avuto per larghi tratti la migliore difesa della lega.

In attacco, l’aggressività nell’andare al ferro pare essere punto d’enfasi (come correttamente dovrebbe essere viste le caratteristiche del roster) e si traduce nel miglior differenziale della lega per liberi, e la squadra pare essere assolutamente a proprio agio nello spingere il ritmo soprattutto in transizione.

Sarà una cosa trita e ritrita, ma siamo sempre lì: se Davis e LeBron sono sani, questa squadra se la gioca con chiunque: non vorrei davvero trovarmi di fronte questa squadra al completo ora che pare unita e coesa come non era dai tempi della bolla. Riusciranno i due a sostenere il ritmo playoff per otto settimane? La risposta a questa domanda e gli accoppiamenti nel tabellone determineranno le fortune lacustri in postseason.

8) Los Angeles Clippers

Record: 44-28

Probabilità di raggiungere le Finals: 8%

Probabilità di vincere le Finals: 3%

La stagione Clippers è stata un susseguirsi di alti e bassi: pronti via, i Clippers erano in cima ai power ranking di molti addetti ai lavori e lo stato di forma del duo George-Zubac faceva ben sperare in attesa del ritorno di Leonard, che però ha cominciato ad allontanarsi sempre più. Al rientro, Kawhi è sembrato lontano dalla versione che conoscevamo (e ci mancherebbe altro, al ritorno dopo quasi due anni di assenza), ma a gennaio i Clippers parevano essere indiscutibilmente la prima forza ad Ovest: attacco ancora macchinoso ma comunque discretamente efficace, Leonard che si riavvicina ai suoi livelli e rotazione più o meno definita (Marcus Morris a parte, la cui gestione da parte di Lue meriterebbe un articolo dedicato); poi (e non sono sicuro che West e Lawrence lo rifarebbero tornando indietro) il roster è stato pressoché stravolto alla trade deadline, e introdurre Hyland, Plumlee e soprattutto Russ in degli equilibri ormai consolidati si è dimostrato più complicato del previsto.

Proprio quando tutto sembrava nuovamente andare per il verso giusto e stavo scrivendo a matita di nuovo il nome “Clippers” in cima all’elenco delle favorite ad Ovest, l’infortunio di Paul George si è presentato a scombussolare i piani della franchigia losangelina, tanto che ora non è nemmeno ben chiaro quale sia la rotazione playoff (Kawhi, Russ, Zubac, Powell, Batum e Gordon paiono gli unici davvero sicuri del posto, con molti altri il cui ruolo è ancora in evoluzione, in primis quel Covington che solo ora viene finalmente provato non da 5 ma vicino ad un 5 tradizionale).

Come se non bastasse, al primo turno incroceranno i Phoenix Suns, tutt’altro che schiacciasassi ma altresì non il più morbido degli avversari al primo turno. La sensazione dall’esterno è che ci siano diverse spaccature all’interno della franchigia, sia tra front office ed allenatore che all’interno dello spogliatoio stesso (certo che per riuscire a far arrabbiare Plumlee ce ne vuole eh Bones), e che questa possa essere una postseason “make or break” per diverse parti della squadra, Lue in primis: sebbene costellate da infortuni, questa è la quarta postseason targata Kawhi-PG, terza sotto le redini di Lue. Il tempo è nemico dei Clippers, ed un pronto ritorno di George potrebbe rappresentare l’ultima ancora di salvezza.

9) Cleveland Cavaliers

Record: 51-31

Probabilità di raggiungere le Finals: 5%

Probabilità di vincere le Finals: 2%

Chi scrive è stato per tutta la stagione convintamente tra le fila di coloro che credono che i Cavs siano una contender, seppure borderline, eppure le percentuali che gli attribuisco non sembrano riflettere quest’opinione.

Le ragioni per le quali non credo i Cavs possano rappresentare un’alternativa credibile ad Est, in realtà, risiedono principalmente negli accoppiamenti che la sorte ha riservato loro. New York ha dimostrato di possedere un mix di fisicità, difesa perimetrale e presenza a rimbalzo che, unito ad un profilo offensivo molto moderno, sa dare fastidio ai Cavaliers (3-1 per i Knicks la serie stagionale) e, qualora i Cavs dovessero uscire indenni dal primo turno, Milwaukee è quella che tra le prime della classe con la quale i Cavs sembrano accoppiarsi peggio (sebbene siano una delle squadre meglio attrezzate per difendere Giannis).

Tutto questo prima di raggiungere delle eventuali Conference Finals, verosimilmente contro una Boston che hanno dimostrato di poter battere in Regular Season, ma certamente non rappresenta una passeggiata. Insomma, credo che i playoff che stanno per iniziare saranno estremamente utili per capire a che punto del cammino siano i Cavs, che cosa manchi loro per entrare nel novero delle primissime della classe (spoiler: spaziature, e quindi Mobley che mette su un tiro da 3 se i Cavs intendono procedere con Allen da 5, e un’ala piccola che offra con consistenza prestazioni come quelle che Okoro ha mostrato di avere nell’arco negli ultimi mesi) e quindi che cosa debbano fare con lo spazio salariale che Caris LeVert lascerà libero, ricordando comunque che LeVert stesso è stato parte, se non fondante, quanto meno integrale della loro identità stagionale.

Sarà altresì interessante capire di chi possa Bickerstaff fidarsi ai playoff in ottica futura: oltre ai quattro pilastri e LeVert, avrei scommesso due lire su Dean Wade, che però non è ancora tornato ai livelli pre-infortunio; fari puntati su Okoro, Osman e Stevens.

10) Memphis Grizzlies

Record: 51-31

Probabilità di raggiungere le Finals: 5%

Probabilità di vincere le Finals: 1%

Siete tutti a conoscenza della storia Morant, quindi non ve la racconterò per l’ennesima volta. Quello su cui voglio concentrare la vostra attenzione è invece la sfortunata serie di eventi che han decimato il reparto lunghi dei Grizzlies, che dovranno affrontare la postseason senza Clarke e Adams: se il neozelandese ha dimostrato (per quanto fondamentale per definire l’identità di Memphis in Regular Season) di non essere imprescindibile in ottica playoff, soprattutto in un eventuale matchup contro i campioni in carica, Clarke costituisce l’alternativa naturale proprio per tutti quegli accoppiamenti che risultano spinosi per Adams.

Perdere in blocco entrambi lascia di fatto a Coach Jenkins il solo Jaren Jackson Jr come lungo con esperienza in postseason, lungo le cui difficoltà a rimanere lontano da problemi di falli sono ben documentate (sì, anche in un’annata dove è stato dominante dal lato difensivo e dovrebbe vincere il Defensive Player of the Year); Santi Aldama sarà il primo cambio di JJJ stesso, con Tillman e Kenny Lofton Jr, fresco di rookie of the year della G-League, a completare il reparto lunghi. Questo potrebbe risultare essere un problema soprattutto in un eventuale scontro coi Lakers al primo turno, squadra che attacca il ferro senza sosta se ce n’è una nella lega, e quindi squadra che tende a creare dal nulla problemi di falli per i propri avversari.

Per il resto, saranno i soliti Grizzlies: squadra molto fisica, che non abbassa l’intensità del proprio gioco nemmeno sul -20, qualche difficoltà a creare ad attacco schierato (quanto si sente la mancanza di Slowmo!), a volte un po’ troppo dipendenti dalle creazioni di Ja e dal motore instancabile di Bane. L’arrivo di Kennard è stato una ventata d’aria fresca per Jenkins&co, ma probabilmente non basterà a sopperire alle assenze sopracitate. Qualora i Lakers dovessero vincere lo scontro contro Minnesota, Memphis potrebbe trovarsi in vacanza prima del previsto.

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Andrea Bandiziol
Andrea, 31 anni di Udine, è uno di quelli a cui potete scrivere se gli articoli di True Shooting vi piacciono particolarmente. Se invece non vi piacciono, potete contattare gli altri caporedattori. Ha avuto la disgrazia di innamorarsi dei Suns di Nash e di tifare Phoenix da allora.