Il Power Ranking dei Playoff NBA 2023

Power ranking playoff NBA
Copertina di Sebastiano Barban

11) New York Knicks

Record: 47-35

Probabilità di raggiungere le Finals: 1%

Probabilità di vincere le Finals: <1%

Complicato chiudere gli occhi ed immaginarsi una squadra più di Thibodeau dei New York Knicks di questa stagione: nessun giocatore lontanamente tra i primi 15 della lega (che non vuol dire che Randle o persino Brunson non possano entrare in un team All-NBA), ma squadra estremamente fisica (sebbene la difesa non sia il loro punto di forza), forte a rimbalzo, che esegue attacchi per 48 minuti a notte.

Thibs ha trovato in Brunson la sua estensione ideale in campo, ed è inciampato quasi per caso in un Quickley che si sta dimostrando il generale perfetto per la second unit. La squadra si è adattata al ritmo compassato di Randle (e anche di Brunson stesso), e questo potrebbe risultare essere uno dei punti di forza in vista di quello che succederà nelle prossime settimane.

In particolare, come detto nella sezione dedicata ai Cavs, l’accoppiamento con Cleveland pare essere uno dei più favorevoli per i Knicks che, sebbene non partano di certo favoriti in una serie contro Mitchell&co, possono perlomeno tentare di chiudere l’evidente gap di talento. Altro marchio di fabbrica Thibodeau: gli otto della rotazione playoff sembrano scolpiti nella pietra (Randle-Brunson-Barrett-Hart-Grimes-Quickley-Robinson-Hartenstein), con Toppin unico nome che sembra possa tentare di scalare le gerarchie nelle settimane a venire.

Una squadra conscia della propria identità offensiva, forte a rimbalzo offensivo (porta spesso due uomini a rimbalzo sfruttando la presenza quasi costante di uno tra Robinson e Hartenstein, concedendo qualcosa nella difesa in transizione), che attacca il ferro quando il tiro da fuori non entra: i Knicks non sono certamente una contender, ma occhio a bollarli come una squadra che uscirà al primo turno facendo faticare poco i propri avversari.

12) Sacramento Kings

Record: 48-34

Probabilità di raggiungere le Finals: 1%

Probabilità di vincere le Finals: <1%

In un anno in cui tutti hanno avuto infortuni, in cui tutti hanno stravolto il proprio roster o a inizio anno o addirittura in corsa, in cui non c’è stata mezza gerarchia ad Ovest, i Kings hanno avuto (ed hanno tuttora) continuità e salute dalla loro, e non dovremmo sottovalutare nessuno dei due fattori.

L’attacco pensato da Mike Brown e guidato da Domantas Sabonis è un’arancia meccanica, oliato fin nei minimi dettagli, condotto a ritmi forsennati (e i diretti interessati hanno promesso che il pace aumenterà ai playoff): ho pochi dubbi che reggerà anche ai playoff anche perché, sebbene il profilo dei tiri creati sia molto moderno, i Kings sanno altresì prendere quello che la difesa avversaria concede loro e allo stesso tempo non accontentarsi di jumper, ma cercano con costanza il ferro.

Quel che lascia un po’ a desiderare, ed onestamente fa tremare i polsi pensando all’accoppiamento coi Warriors al primo turno, è il lato difensivo: Brown&co hanno sperimentato Sabonis al livello al bloccante per buona parte della stagione, con risultati alternati. In primis, uno schema del genere leva molte energie al lituano, che deve già investirne per tirare la carretta dall’altro lato del campo; per finire, attacchi ben rodati e che costruiscono i propri tiri lontano dalla palla, proprio come quello Warriors, riescono a mettere in difficoltà una batteria di difensori perimetrali non proprio a prova di cannone, e dunque esporre ancor di più Sabonis stesso.

Insomma, l’avete capito: non ho grande fiducia nelle loro possibilità contro Golden State al primo turno. Ma tant’è, questi Kings sembrano ben consci dei loro punti di forza e della loro identità, e sebbene siano la feel good story dell’anno, non sembrano voler fermarsi proprio ora.

13) Miami Heat

Record: 44-38

Probabilità di raggiungere le Finals: 1%

Probabilità di vincere le Finals: <1%

Morte, tasse ed io che non riesco a levare gli Heat dal tier delle contender. La fiducia sconfinata che da qualche anno ho in Jimmy Butler e che ho sempre avuto in Coach Spoelstra mi ha reso un profeta del “non vorrei mai incontrare gli Heat ai playoff“, ma quest’anno credo che sia diverso. Sebbene abbia goduto di salute relativamente buona, Miami non è mai stata in grado di conciliare le loro necessità di personale per avere un attacco a metà campo perlomeno accettabile con quelle difensive. I problemi di spacing hanno spinto Spoelstra a far giocare talora addirittura Strus e Robinson insieme, tanta è l’attenzione che le difese dedicano ad uno dei due quando non divide il campo con l’altro (e non a caso le percentuali da fuori di entrambi ne hanno risentito), ma ovviamente le lineup con entrambi presenti hanno avuto difficoltà a trovare un equilibrio difensivo.

Le incredibili stagioni di Butler e Adebayo hanno solo parzialmente messo sotto il tappeto la polvere della povertà del roster attorno a loro costruito, in primis dello stato di forma ormai al limite dell’impresentabile di Kyle Lowry (che è diventato ufficialmente un giocatore da MLE, o forse addirittura da TPMLE).

Qualora gli Heat dovessero battere gli Hawks al play-in, cosa tutt’altro che scontata, troverebbero Boston al primo turno, squadra dall’incredibile talento ma che l’anno scorso hanno portato a gara-7: erano altri Heat (e forse erano anche dei Celtics meno convinti della propria forza), ma Miami avrebbe perlomeno un vantaggio psicologico non da poco, entrando nella serie convinti di essere la squadra più fisica tra le due e quella più “carogna”.

Qualora invece gli Heat avessero bisogno di una seconda gara per arrivare ai playoff, scordatevi i sogni di gloria: i Bucks sono diventati negli anni la squadra perfetta per affrontare Miami, forse proprio forgiati dalle numerose delusioni che Butler&co hanno regalato loro. C’è aria di retooling nell’estate della Florida, ma non scommetterei mai troppo convintamente contro Spo e Butler.

14) Brooklyn Nets

Record: 45-37

Probabilità di raggiungere le Finals: <1%

Probabilità di vincere le Finals: <1%

Non avrei scommesso una lira sul fatto che i Nets riuscissero a resistere in sesta posizione, ed invece eccoci qua. Certo, il matchup contro Philadlephia vorrà verosimilmente dire che Embiid ne segnerà 35 a notte con 20 tiri, vista la leggerezza del reparto lunghi di Brooklyn, e Philly è forse la squadra contro la quale la forza difensiva di Brooklyn, il battaglione di ali, risulta meno utile.

Certo, l’assenza di un vero playmaker di ruolo e di un attacco strutturato possono farsi sentire di più ai playoff. Ma pensate davvero che tutto questo importi qualcosa ad una franchigia che sembra essere rinata a livello di morale dopo essersi liberata del peso del duo Irving-Durant? I Nets non chiedono nulla al primo turno dei playoff, se non di valutare quale possa essere l’impatto offensivo di Bridges come prima opzione (per quanto la difesa perimetrale dei 76ers non costituisca un banco di prova così solido) e quali siano le manchevolezze principali di un roster che, per cronologia degli eventi, non può che essere stato costruito quasi per caso.

Cosa curiosa: nonostante quanto appena detto, i primi otto della rotazione Nets sembrano siano i più stabili nell’intera conference o quasi (Dinwiddie-Bridges-O’Neale-Johnson-Claxton-Finney Smith-Harris-Curry, con Watanabe e Mills unici che possano pensare di impensierire i primi otto). Oltre a Bridges, i fari saranno puntati anche su Vaughn, al suo esordio in una serie playoff: riuscirà a mettere in difficoltà un allenatore notoriamente poco adatto alla postseason come Doc Rivers oppure il divario di talento tra le due squadre è davvero incolmabile?

15) Minnesota Timberwolves

Record: 42-40

Probabilità di raggiungere le Finals: <1%

Probabilità di vincere le Finals: <1%

Ricapitoliamo: i Timberwolves hanno perso il loro miglior panchinaro in Naz Reid qualche giorno fa (fuori per tutta la run playoff), sospeso il giocatore per cui hanno compromesso il futuro della franchigia dopo che questi ha tirato un pugno ad un compagno di squadra durante un timeout, e perso il loro miglior difensore perimetrale che, preso dalla rabbia, ha tirato un pugno ad un muro di cemento che si era argutamente camuffato con un tendaggio.

Di certo nessuno dei tre sarà disponibile per la gara contro i Lakers, e se dovessi scommettere qualcosa direi nemmeno contro un’eventuale seconda gara del play-in. A questo punto la domanda sorge spontanea: chi scenderà in campo per Minnesota al play-in? Edwards, KAT, Conley, Slowmo, Prince. Poi? Probabilmente la rotazione verrà completata da Nowell, McLaughlin e da un redivivo Alexander-Walker. Insomma, non propriamente il migliore dei vestiti che Finch potesse far indossare alla propria squadra nelle due gare più importanti dell’anno, anche perché l’assenza di McDaniels priva Minnesota di aggressività sulle linee di passaggio, parte integrante della loro identità, e quella di Reid fa sorgere dubbi di natura offensiva sulla second unit.

Toccherà ancora una volta ad Anthony Edwards caricarsi sulle spalle il roster: il terzo anno da Georgia sembra avere un feeling particolare con le partite ad alta posta in palio, e non dovreste rimanere sorpresi qualora riuscisse a trascinare la propria squadra ad un primo turno sulla carta difficile, ma non impossibile.

16) Toronto Raptors

Record: 41-41

Probabilità di raggiungere le Finals: <1%

Probabilità di vincere le Finals: <1%

Mettiamola così: non vorrei mai incontrare i Raptors al primo turno, sono una squadra fisica, rognosa, che sembra aver trovato una chiara identità sia offensiva che difensiva con Poeltl in campo (lo starting five Raptors ha un Net Rating di +8.6 in quasi 300 minuti insieme, questo nonostante la totale assenza di shooting luck), ben allenata da Nurse (sebbene questi non sia la beatiful mind cestistica che molti, incluso il sottoscritto, credevano fosse).

Allo stesso tempo però cominciano ad essere tante le molliche di pane lasciate per strada sia da Coach Nurse stesso che dal front office riguardo la possibilità che questa sia l’ultima corsa per questo gruppo, e non è ancora ben chiaro se si riferiscano al roster, al coaching staff o ad entrambi.

In campo paiono esserci delle incompatibilità tra giocatori tali da rendere il tutto inferiore alla somma delle singole parti, e l’ormai cronica esasperazione dei primi sei della rotazione in termini di minutaggio pare essere quasi un grido d’aiuto da parte di Nurse. Lo stesso arrivo di Poeltl ha evidenziato una serie di contraddizioni nel roster pre-trade, in primis nelle aspettative su Scottie Barnes, partito per essere l’iniziatore principale della squadra, per poi diventare di fatto il centro titolare con tutto quello che ne consegue su ambo i lati del campo, e per tornare infine ad un ruolo ibrido più simile a quello della scorsa stagione (e probabilmente ad oggi a lui più congeniale) con l’arrivo dell’austriaco.

Alla franchigia canadese serviranno due vittorie (a mio modo di vedere in due gare in cui partiranno sfavoriti) per regalarsi un primo turno contro i favoriti d’obbligo della lega: possiamo anticipare i saluti e invitare caldamente ad una riflessione estiva.

17) Chicago Bulls

Record: 40-42

Probabilità di raggiungere le Finals: <1%

Probabilità di vincere le Finals: <1%

Se ho invitato i Raptors ad una riflessione estiva, non posso fare diversamente con i Chicago Bulls. Parte di questa situazione non dipende direttamente dalle scelte del front office (il caso Lonzo su tutte), ma parte invece è stata fabbricata con sapiente accuratezza da Karnišovas, discepolo del culto “arriviamo a 47/48 vittorie e poi vediamo“, dottrina da cui io non mi discosto molto, ma sul cui altare di certo non avrei sacrificato tutti gli asset che la franchigia di Reinsdorf ha usato per arrivare sin qui.

La stagione sotto le aspettative di Vučević ne ha probabilmente fatto crollare il valore proprio nell’estate precedente alla sua free agency, e la sua presenza a roster sembra porre dei limiti significativi a quello che questa squadra possa fare in ottica playoff. Ma attenzione, per una qualche strana ragione, i Bulls sono la quinta difesa della lega in stagione (probabilmente grazie ad un sapiente mix di pochi falli concessi, prendersi cura dei rimbalzi difensivi e rinunciare quasi totalmente ad andare a rimbalzo offensivo per prioritizzare la difesa in transizione), e penso che se mi avessero detto questa cosa ad ottobre avrei scommesso dei buoni soldi su un piazzamento tra le prime cinque della squadra di Billy Donovan.

Ma l’attacco, che sembra preso direttamente dalla stagione 2002-03, ha incredibilmente rallentato la corsa di una squadra che può disporre di due stelle fortemente improntate allo scoring come DeMar DeRozan e Zach LaVine. Rimane però il fatto che la squadra sembra aver trovato qualcosa nell’acquisizione di Pat Beverley, ed è probabilmente la più in forma tra le quattro che si contendono gli ultimi due posti ad Est: non stupitevi se i Bulls dovessero farcela (e non fossero un avversario del tutto morbido al primo turno).

18) Atlanta Hawks

Record: 41-41

Probabilità di raggiungere le Finals: <1%

Probabilità di vincere le Finals: <1%

Gli Atlanta Hawks 2022/23 sono ciò che vi comparirà davanti agli occhi se cercate la voce “mediocrità” sulla Treccani. Incredibile quanto ogni vibrazione emanata da questa squadra mi trasmetta incertezza, una sensazione di situazione transitoria ed in attesa di detonare da un momento all’altro, al termine di una stagione in cui, a differenza delle passate, manca persino l’alibi infortuni.

L’arrivo di Quin Snyder ha portato una ventata di aria fresca soprattutto in fase offensiva (si vedono già le prime somiglianze in attacco tra gli Utah Jazz di Snyder e questi Hawks), ma l’incompatibilità tra Young e Murray sembra aver già raggiunto una soglia critica, e non necessariamente per colpa del giocatore ex-Spurs, che peraltro sta per entrare nel suo ultimo anno di contratto.

Una delle note più liete della stagione il livello delle prestazioni di Onyeka Okongwu, panchinaro ormai davvero eccessivamente qualificato e che se fossi un votante per i premi stagionali considererei fortemente per un quintetto All-Defense. Un’eventuale qualificazione ai playoff potrebbe soltanto mitigare la cocente delusione della stagione in corso e dare maggiori spunti per l’analisi estiva che Fields e Snyder dovranno necessariamente fare, ma poco più.

19) New Orleans Pelicans

Record: 42-40

Probabilità di raggiungere le Finals: <1%

Probabilità di vincere le Finals: <1%

Che strana stagione quella dei New Orleans Pelicans. Per un paio di mesi si è parlato di loro come contender credibile, volontariamente ignorando una serie di problemi che il roster di Green non riusciva a nascondere nemmeno nei suoi periodi migliori (difesa sul pick&roll fra tutti). Poi le assenze prolungate di Zion e Ingram hanno messo in luce i limiti dei comprimari, in primis quelli di creazione, e caricato troppo le spalle di un McCollum che non era stato brillante nemmeno nei periodi migliori della squadra: lunga serie di sconfitte, crollo in classifica fino agli ultimi posti di una Conference competitiva per tredici quindicesimi.

Poi, con un colpo di reni, il ritorno (e che ritorno!) di Brandon Ingram ha risollevato le sorti della squadra e messo in luce l’aspetto più discusso del gioco di Ingram stesso, la creazione per i compagni di squadra: sono più di 6 gli assist a notte nei mesi di marzo e aprile, e non è un caso che questi abbiano coinciso con una rinascita dei Pelicans, che hanno cullato il sogno di una qualificazione diretta ai playoff fino all’ultima gara, salvo poi ritrovarsi ora a dover vincere due gare solo per avvallarsi il diritto di affrontare i Nuggets.

Il tutto, ovviamente, senza Godot Williamson. Morale della favola: come cantavano gli Stereophonics, “maybe tomorrow”, ma è un gran peccato. Franchigia a cui auguro salute e fortuna se ce n’è una, perché quando sono al completo sono davvero divertenti da guardare.

20) Oklahoma City Thunder

Record: 40-42

Probabilità di raggiungere le Finals: <1%

Probabilità di vincere le Finals: <1%

Qualcuno ha detto tanking? Coach Daigneault è stato in grado di creare un’identità difensiva dal nulla, nonostante l’assenza totale di un rim protector: una selva di mani e braccia che oscurano le linee di passaggio avversarie e che danno il là ad un attacco in transizione che mitiga i problemi derivanti da spaziature offensive non sempre perfette.

Quando si ha una stella fatta e finita a guidare l’attacco, tanto basta per essere una squadra da quaranta vittorie: la definitiva consacrazione di Shai, destinato ad un All-NBA team (e non al terzo), ha probabilmente accelerato la ricostruzione dei Thunder, aiutata anche dalla crescita esponenziale di Jalen Williams, che arriverà secondo nel Rookie of the Year e probabilmente finirebbe sul podio di un redraft che si svolgesse oggi. Il tutto in una stagione in cui il principale oggetto d’attenzione non è nemmeno sceso in campo.

Di ragioni per sorridere ad Oklahoma City ce ne sono e ce ne sono tante, e con buone probabilità la prossima stagione sarà ancora più carica di soddisfazioni, ma probabilmente per quest’anno la corsa dei Thunder finisce qui.

Ti è piaciuto l'articolo?
Dacci un feedback:

Loading spinner
Andrea Bandiziol
Andrea, 31 anni di Udine, è uno di quelli a cui potete scrivere se gli articoli di True Shooting vi piacciono particolarmente. Se invece non vi piacciono, potete contattare gli altri caporedattori. Ha avuto la disgrazia di innamorarsi dei Suns di Nash e di tifare Phoenix da allora.