5(+1) scarti di Eurolega finiti in NBA

Eurolega NBA
Copertina di Matia Di Vito

La situazione contagi in NBA è diventata ormai il tema principale delle discussioni che riguardano la lega, dal momento che l’importanza dei match che vanno in scena ogni notte è fortemente minata dagli injury report. Nella lista di “infortunati” appaiono, in quasi tutte le gare, nomi che sommati talvolta potrebbero costituire una rotazione migliore di quella schierata sul campo dalle squadre. 

Le partite sono spesso da considerarsi anche poco indicative riguardo trend tattici e di sviluppo dell’identità di certe franchigie, dal momento che le porte girevoli dei contratti firmati appositamente per riempire le rotazioni rendono la situazione molto spesso confusa per tutti.

Questo ci regala anche perle, come giocatori che dichiarano di essere entrati in campo non essendo a conoscenza degli schemi della squadra. 

In questo mare di giocatori apparentemente non da NBA che riescono ad avere minuti sostanziosi c’è davvero di tutto: gemme nascoste che potrebbero aver trovato finalmente il modo di brillare, giocatori che sembrano piuttosto ex giocatori, “vecchi” giovani di belle speranze masticati e sputati dalla lega che trovano modo di rientrare dalla porta sul retro. 

Dal canto mio, essendo appassionato anche e soprattutto di Eurolega, sono però massimamente affascinato da un’altra categoria di giocatori che sta trovando posto in NBA in questo particolare momento storico: i giocatori che firmano in NBA dopo aver fallito in Eurolega. 

Nonostante sia difficile ammetterlo senza rischiare di sminuire il livello della massima competizione d’oltreoceano, molto spesso dei giocatori di livello troppo basso per fare la differenza in NBA si affermano come stelle in Eurolega. Se anche ci sono molti casi in cui questo processo è stato fallimentare (sicuramente il caso alcuni dei giocatori di cui parleremo in questo articolo, ma anche di Shelvin Mack o Wesley Johnson per fare due esempi recenti), è tendenzialmente probabile che un giocatore di livello decente ma non abbastanza in NBA possa fare bene in Eurolega, chiaramente nel caso possieda determinate caratteristiche. 

Tra le assurdità con le quali l’NBA ha dovuto fare i conti a causa di alcune scelte poco prudenti, come quella di interrompere i continui tamponi per i giocatori, e della diffusione rapida della nuova ondata di Covid, c’è sicuramente un quasi ironico ribaltamento di questa situazione. Nei roster NBA hanno infatti cominciato a fare capolino nomi di giocatori “scartati” dall’Eurolega, ai miei occhi la più affascinante conseguenza della situazione contagi, quindi perché esimersi da un breve ma intenso excursus nei migliori nomi appartenenti a questa categoria?

Nell’ultimo TrueTweeting, tra vari temi riguardanti più strettamente la NBA, avete potuto leggere un breve thread su quelli che consideravo i nomi migliori in quel momento. Il thread lo lascio anche qui sotto ma l’articolo sarà un viaggio un po’ più lungo, poiché toccherà anche altri nomi che nel frattempo hanno fatto il loro ingresso (o ritorno) sui campi NBA. 

I criteri per entrare a far parte di questa lista sono solo due: aver giocato non benissimo, se non male, in Eurolega ed essere rientrati nel giro dell’NBA grazie alla situazione pandemica, anche se per poco.

Greg Monroe

Greg Monroe è apparso negli ultimi giorni di dicembre tra le fila dei Minnesota Timberwolves, dopo essere uscito dalla lega alla fine della stagione 18/19, ed aver rimesso piede nel basket USA solo a novembre 2021, grazie a un contratto firmato con l’affiliata G League dei Washington Wizards. 

Il prodotto di Georgetown (università storica per i lunghi, che ha portato in NBA centri del calibro di Mutombo, Ewing e Mourning) ha avuto per diverse stagioni una solida carriera NBA, quantomeno in termini di produzione. Prima vicino ad Andre Drummond ai Pistons, in quella che sembrava una coppia molto promettente, poi nei Bucks della “Tall Ball” con Giannis, Parker, Carter-Williams, Middleton e sotto la guida di Jason Kidd. 

Monroe è stato uno dei giocatori che più repentinamente è stato investito dalla rivoluzione della NBA, diventata famelica di ali versatili, lunghi con piedi veloci e tiratori. Monroe non è niente di tutto ciò: mai un range di tiro davvero esteso, difficoltà a giocare da 5 per la mancanza di tempi e verticalità in fase di rim protection, piedi molto lenti sul pick&roll e in generale nel difendere lo spazio e ovviamente un talento non in grado di sopperire a tutte queste mancanze. 

Una carriera NBA naufragata appunto nel 2019 e poi il salto oltreoceano. Nel basket europeo la figura del lungo prettamente offensivo e che concentra la sua produzione nel post up è leggermente più tollerata che negli Stati Uniti, nonostante i trend della pallacanestro moderna siano arrivati piuttosto repentinamente anche in Eurolega. Alla luce di questo è da considerarsi positiva la prima stagione di Monroe in Europa, anche se in un Bayern tutt’altro che competitivo e con un’efficienza non eccellente.

 Il fallimento, nemmeno troppo da imputare a lui per la verità, arriva nella seconda stagione, quando i suoi destini si incrociano con quelli del Khimki: una squadra senza soldi ma che decide di investire fortissimo sul mercato per creare un superteam, formato però principalmente da grandi giocatori offensivi, poco propensi a condividere il pallone e senza le caratteristiche né la voglia per fare la differenza in difesa. Shved, McCollum, Monroe stesso, Booker, Timma, Jović, Mickey, Bertāns, Karasev, Jerebko: un ammasso di talento raramente visto in Eurolega ma composto da giocatori di rara disfunzionalità. 

Come ciliegina sulla torta, il fallimento economico della squadra e l’inizio di una serie di addii a causa dell’impossibilità dei russi di sostenere il monte ingaggi. Tra i vari addii, anche quello di Monroe, dopo 9 brutte partite – di cui due sole vinte – e un contagio di Covid-19. 

Monroe lascia l’Eurolega con un record complessivo di 10-29 in una stagione e mezza. 

In NBA il centro è riuscito a guadagnarsi ben due chiamate in questa stagione: dopo i Timberwolves, anche gli Wizards hanno deciso di dare fiducia al veterano con un 10-day.

Emmanuel Mudiay

Mudiay costituisce il più fresco fallimento in Eurolega tra quelli presenti in questo articolo e allo stesso tempo anche il più grande potenziale sprecato. La PG era infatti uno di quei fenomeni delle High School americane che brillano di una luce non ignorabile già da prima della maggiore età, tanto da rinunciare ad un percorso in NCAA per accasarsi in Cina. I Tigers di Guangdong lo firmano con un contratto milionario, quasi spropositato per un giocatore così giovane, ma Mudiay si infortuna a dicembre e gioca solo 10 gare nella CBA. 

La carriera in NBA comincia con la scelta al draft numero 7 dai Denver Nuggets, dove inizia a mettere qualche buon numero nel primo anno e mezzo (al termine del quale finirà fuori dalle rotazioni), ma anche a palesare vari problemi di decision making, difensivi e anche di infortuni, che ne limitano il percorso di crescita. 

Dopo seguono due tentativi con Knicks (2018/19) e Jazz (2019/20) ma niente di davvero convincente e Mudiay sparisce dai radar per l’intera stagione successiva, fino ad approdare tra le fila dello Zalgiris nel 2021, dopo la Summer League giocata con Portland. 

Qualche buona avvisaglia (come lo scrimmage nel video), ma poi un rapido naufragio: 5 partite con numeri offensivi terribili e una difesa tutt’altro che impattante, nonostante il potenziale fisico ed atletico fosse evidente a tutti. Come molto spesso accade, questi fallimenti tecnici di giocatori con qualità importanti corrispondono ad una situazione tutt’altro che rosea, o ne sono una delle cause: dopo due sconfitte in Eurolega viene esonerato Martin Schiller, coach che lo aveva voluto fortemente alla guida della squadra, e arriva Jurij “Jure” Zdovc, il quale ne avalla il taglio dopo neanche un mese. 

Poco prima di Natale firma un 10-day con i Kings ma, dopo due partite e con poco più di 10′ totali giocati, non viene rinnovato. Mudiay è probabilmente la più grande delusione tra i giocatori citati, viste le premesse che si prospettavano per la sua carriera. Ogni tanto fa quasi strano ricordare che un giocatore da così tanto in giro e con così tanti fallimenti alle spalle abbia ancora solo 25 anni. 

Keifer Sykes

Nel thread linkato a inizio articolo, definivo Sykes come il nome più incredibile tra gli “scarti” di Eurolega firmati da squadre NBA, in riferimento a quanto fatto vedere dalla PG nelle sue (poche) partite in Eurolega tra Milano e Panathinaikos. Scarsa efficienza al tiro, una difesa limitata dalla taglia e poca voglia di muoversi senza palla in mano, caratteristiche più in linea con la classica combo guard americana da campionato italiano (ruolo che Sykes ha infatti perfettamente ricoperto ad Avellino) che con il profilo di un ball handler solido a livello Eurolega.

A differenza dei due giocatori precedentemente nominati, Sykes non è arrivato in Eurolega dopo aver perso il posto in NBA, ma come gradino finale di una scalata partita da lontano e che sembrava però non poter andare oltre quel livello, già apparentemente troppo alto per lui.

Sykes ha però trovato il modo di migliorare nettamente il suo gioco cambiando aria e trasferendosi in NBL, la lega australiana. Coi South East Melbourne Phoenix, la piccola PG ha messo in piedi medie di 14.4ppg+5apg con la miglior efficienza dai tempi di Avellino, seppur comunque non stratosferica. 

Il Sykes che si è presentato prima in G League e poi in NBA è un giocatore diverso e, per quanto credo che non riuscirebbe a fare rotazione in un roster competitivo, nelle gare giocate fino ad ora ha quantomeno mostrato un atteggiamento migliore sui due lati del campo ed è riuscito anche a tirare fuori una bella partita da 22 punti al Madison Squadre Garden, in una sconfitta contro New York, e poi altri 18 in una sconfitta contro i Nets. 

I Pacers per averlo hanno tagliato un veterano rispettato come Brad Wanamaker e potrebbero non aver troppo sbagliato in fin dei conti. Se l’efficienza offensiva di Sykes è stata infatti comunque rivedibile, la fase di distribuzione del pallone si è mostrata accettabile e soprattutto ha fatto vedere molta voglia di muoversi lontano dalla palla, sia in attacco…

… che in difesa.

Sykes è forse la migliore storia tra quelle presentate, perché non racconta di un fallimento salvato solo da una situazione piuttosto inusuale ma di una difficile scalata che, in un modo o nell’altro, lo ha portato a vedere la vetta e ha convinto i Pacers a scommettere su di lui per il resto della stagione. 

Derrick Walton Jr.

Altro giro, altra PG. Questa volta parliamo di Derrick Walton Jr., autore di un autentico ping pong tra NBA/G League ed Eurolega dal 2017 ad oggi. Prima del tentativo in NBA, Walton è autore di una solida carriera collegiale a Michigan, dove è per tre anni compagno di backcourt di Caris LeVert e ne prende poi il ruolo di leader della squadra nell’anno da senior, vincendo il premio di miglior giocatore della sua conference. 

Questo non basta e, dopo essere finito undrafted, spende la prima stagione tra gli Heat e gli Skyforce, la loro affiliata di G League. Da qui il primo salto in Eurolega, allo Zalgiris, dove inanella una serie di brutte prestazioni in una squadra che invece, guidata da Coach Jasikevičius, anche quell’anno riesce a ribaltare i pronostici e a guadagnarsi l’accesso ai playoff, nonostante il budget decisamente risicato. Walton viene alla fine tagliato, per poi firmare molto brevemente con l’Alba Berlino.

Qui il primo ritorno negli USA, all’affiliata G League dei Clippers, nella stagione 2019/20, conclusa poi con qualche partita giocata NBA grazie alla (prima) firma coi Detroit Pistons. 

Questo ovviamente è solo il primo scambio della partita a ping pong giocata tra NBA ed Eurolega con protagonista Derrick Walton Jr.: a dicembre 2020 arriva infatti la firma con l’Asvel, con la promessa di essere un solido innesto per una squadra da bassifondi ma autrice di prestazioni interessanti in vari momenti della stagione. Con i francesi gioca a singhiozzo, 4 partite a gennaio, un’assenza che copre febbraio e marzo e poi altre quattro partite ad aprile, con una sola doppia cifra di punti raggiunta in una gara contro Valencia. 

Walton è in realtà una pass first PG e nonostante questa sua attitudine non si sia vista oltreoceano, il 10-day contract con il quale i Pistons lo hanno pescato dai Motor City Cruise (squadra di G League in cui militava quest’anno) gli ha permesso di farlo: 21 assist distribuiti nelle tre gare con Detroit, tra cui questo, ossia forse il più iconico della stagione della franchigia del Michigan. 

La limitatezza di Walton Jr. in termini di scoring lo rende un altro dei giocatori davvero difficili da immaginare in una vera rotazione, ma la storia di un home boy di Detroit come lui, che ha frequentato l’High School in Michigan, poi il college a Michigan per quattro anni ed è infine riuscito a giocare di nuovo almeno qualche partita nella squadra dei suoi sogni ci lascia anch’essa qualcosa di cui sorridere. 

Nik Stauskas

Nik Stauskas è un altro dei giocatori di questa lista che possiamo catalogare come potenziale talento che ha fatto girare molte teste in fase di draft: promessa da guardia con mano laser dalla lunga distanza, upside da creatore tutto da scoprire e un fisico non eccellente ma migliorato tra primo e secondo anno al college. La sfortuna però ha voluto che Stauskas capitasse in una delle peggiori squadre della lega in termini sia di scouting staff che di player development, i Sacramento Kings, il resto lo ha fatto la durezza di una lega ultra competitiva come la NBA. 

Sacramento ci mette solo un anno prima di spedire Stauskas ai Philadelphia 76ers del Process. A Phila Stauskas vive le sue due migliori stagioni (in particolare la seconda), ma il suo rendimento rimane comunque ben al di sotto degli standard richiesti per giocare in una squadra non in fase di tanking selvaggio come quei 76ers. 

Dopo Phila inizia un peregrinare che lo porta a Brooklyn e poi a Portland, dove finisce in una trade che cambia le sorti di una delle più belle serie di playoff degli ultimi anni: nel 2019 viene scambiato insieme a Wade Baldwin (per una strana coincidenza ora in forza anche lui al Baskonia) per Rodney Hood, elemento decisivo per la vittoria di Portland in 7 gare su Denver.

La stagione 2019/20 è quella dell’approdo in Eurolega, con la firma al Baskonia dove rimarrà fino a poco più di metà stagione. Il Baskonia di Stauskas è una squadra piena di talenti che Velimir Perasović – attuale allenatore di un grande Unics Kazan – non riesce a far sbocciare e che esploderanno l’anno successivo, alcuni sotto Duško Ivanović (subentrato in corsa a Perasović poco più di un mese prima del taglio di Stauskas), altri in altre squadre di Eurolega. Gli esempi migliori di questo talento in quel momento inespresso sono Pierriá Henry, Achille Polonara e Shavon Shields, che dall’anno successivo saranno considerati tra i migliori giocatori dell’intera Eurolega.

Stauskas comunque non gioca neanche malissimo in terra basca, segnando circa 9 punti per gara con un ottimo 42% dall’arco, ma il suo contributo è al di sotto delle aspettative e la squadra non vince quanto dovrebbe. Questi due fattori insieme conducono alla separazione che avviene a febbraio e lascia Nik senza squadra.  

Dopo le esperienze in G League con le affiliate di Raptors e Nuggets, Stauskas approda di nuovo in NBA, appunto per questa particolare situazione, e finisce ai Miami Heat, una delle migliori squadre della lega a cavare il proverbiale sangue dalle rape e trasformare chiunque in un solido role player NBA.

Non riesce a rimanere per più di un 10-day contract e si conclude qui questa finestra della sua avventura.

(+1) Emanuel Terry

Chiudiamo segnalando la presenza dell’ex Stella Rossa Emanuel Terry. Non spenderò molte parole su di lui perché, pur rispettando i criteri iniziali, si tratta di un giocatore finito in Eurolega quasi per caso, firmato per qualche partita a metà stagione dai serbi di Belgrado dopo due avventure a livelli più bassi in Europa. 

Terry è anche quello che ha trovato meno spazio nella breve avventura concessagli dalla situazione contagi, togliendosi però la soddisfazione di riuscire a prendere 4 rimbalzi nell’unico minuto giocato all’esordio con Phoenix. 

Terry è forse l’unico tra questi che, nei suoi brevi passaggi in NBA ed in Eurolega, non ha mai dato nemmeno l’illusione di poter dare un solido contributo in una delle due maggiori leghe professionistiche del mondo.

Nonostante questo però, grazie al suo atletismo qualche giocata da highlights è riuscito comunque a regalarla: 

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Paolo Di Francesco
Se potessi tornare indietro nel tempo donerei delle nuove ginocchia a Roy ed Oden. Visto che non posso, mi accontento di questi Trail Blazers meno entusiasmanti. Parlo di Eurolega su Four Point Play, solo per sfoggiare l’accento romano.