Vincitori e vinti della Trade Deadline

Trade Deadline NBA
Copertina di Fra Villa

Si è appena conclusa in NBA l’abituale finestra di mercato che coincide con la pausa dell’All Star Game e che rappresenta l’ultima occasione, soprattutto per le squadre che non sono partite col piede giusto, di porre rimedio ad un inizio di stagione lontano dai propri desiderata.

Come spesso accade, mentre in off season si fa fatica a seguire e metabolizzare gli innumerevoli scambi tra franchigie, la Trade Deadline di febbraio è invece fisiologicamente più avara di emozioni. Quest’anno, invece, oltre ad un numero abbastanza rilevante di movimenti, ci sono state alcune eccezioni alla regola e varie franchigie hanno stravolto totalmente i loro roster. Vediamo, quindi, quali sono le squadre che si sono mosse meglio e quali peggio.

VINCITORI

Indiana Pacers: la Mecca del Basket riparte da (quasi) zero

In: Tyrese Haliburton, Buddy Hield, Tristan Thompson, Jalen Smith, Ricky Rubio, 1st pick 2022 o 1st pick 2023 di Cleveland protetta 1-14 in entrambi gli anni, convertibile nella 2nd pick 2025 e nella 2nd pick 2026 dei L.A. Lakers, 2nd pick 2022 di Houston, 2nd pick 2027 di Utah, 2nd pick 2022 di Phoenix.

Out: Caris Levert, Domantas Sabonis, Torrey Craig, Justin Holiday, Jeremy Lamb, 2nd pick 2023 a Sacramento protetta 56-60 o a San Antonio protetta 31-55.

Da mesi i Pacers avevano fatto sapere di essere disponibili a cedere Sabonis, LeVert e Turner per iniziare la ricostruzione. Se Turner, anche in ragione dei recenti problemi fisici, è sorprendentemente rimasto ad Indianapolis, i Pacers hanno ceduto i primi due ottenendo in cambio non solo varie scelte al Draft ma anche Tyrese Haliburton, giocatore giovane ed interessantissimo la cui cessione da parte di Sacramento ha fatto strabuzzare gli occhi a molti addetti ai lavori, a conferma del valore della guardia che affiancherà in regia Malcolm Brogdon. Valore amplificato anche dal contratto da rookie che pesa poco sul cap oltre che dalle cifre scintillanti di questa stagione (14,3 punti, 7,4 assist ed il 41,3% da tre). Certo, anche il contratto di Sabonis rapportato alle statistiche è da considerarsi ottimo, ma Carlisle ha ritenuto che il lituano probabilmente bloccasse lo sviluppo di Isaiah Jackson e non si sposasse bene con Turner.

La trade con Cleveland, in cui sono state ottenute “quasi” due prime scelte (una prima di Cleveland più una seconda di Houston che sarà ad inizio secondo giro), oltre al contratto in scadenza di Rubio, è veramente un gran colpo considerando LeVert un esperimento ormai fallito. Peccato per il contratto di Hield che peserà per circa 20 milioni per i prossimi due anni: non bisogna stupirsi se sia lui che Turner saranno i prossimi a fare le valigie in off season. Le perdite di Craig, Holiday e Lamb rientrano nel processo di rebuilding. Sembrano essere state poste le basi giuste per il futuro, ma c’è ancora tanto lavoro da fare per la dirigenza dei Pacers.

Boston Celtics: White Men Can’t Jump

In: Derrick White, Daniel Theis, 2nd pick 2023 di Orlando protetta 31-55.

Out: Dennis Schröder, Enes Freedom, Bruno Fernando, Josh Richardson, Romeo Langford, Juancho Hernangomez, Bol Bol, PJ Dozier, 1st pick 2022 protetta 1-4 o 1st pick protetta 2023, convertibile nella 2nd pick 2023, opzione di scambio della 1st pick 2028 a favore di San Antonio, 2nd pick 2028 protetta 31-45.

Coach Ime Udoka conosce bene Derrick White sia per l’avventura con gli Spurs che con quella con la Nazionale Usa, in entrambi i casi da assistente di Gregg Popovich. Questo significa che i Celtics hanno bussato alla porta di San Antonio con una richiesta specifica e non perché White fosse sul mercato. La nuova guardia di Boston si può davvero integrare perfettamente nei meccanismi difensivi ed offensivi dei Celtics i quali sono terzi per efficienza difensiva in NBA, essendo un ottimo difensore sulla palla ed avendo una grande intelligenza cestistica.

Le statistiche al tiro da fuori in questa stagione non depongono a suo favore (31,4%) ma la tecnica di tiro è davvero buona e, in ogni caso, White è un giocatore che sa segnare in vari modi e può giocare palla in mano e off the ball. Chi si ricorda il suo exploit nella bolla di Orlando sa bene che il limite del giocatore è dal punto di vista fisico, a causa dei tanti infortuni patiti; se sta bene, è in grado di dare un grande contributo ed il Celtics avevano disperato bisogno di un giocatore con le sue caratteristiche. Il prezzo dell’acquisizione è stato abbastanza salato, ma Stevens si è mosso molto bene cedendo giocatori in fondo alla rotazione (Langford, Fernando, Kanter/Freedom, Hernangomez), evitando di pagare la luxury grazie alla trade con Orlando alla quale sono stati spediti Bol Bol e Dozier ed ha “perso” soltanto Schröder e Richardson che abbandonano il Massachussets senza molti rimpianti.

Nello stesso senso è rivolta l’acquisizione di Theis che può garantire minuti di qualità dopo mesi in cui è stato parcheggiato ad Houston. Singolare il fatto, invece, che Boston abbia (ad oggi) sotto contratto solo 12 giocatori: vedremo come Stevens si muoverà e chi pescherà per chiudere il roster, sperando che sfrutti i suoi talenti meglio di Billy Hoyle.

Brooklyn Nets & Philadelphia 76ers: tanto tuonò che piovve

Lo scambio più interessante e chiacchierato degli ultimi giorni è stato finalmente imbastito tra le due contender della Eastern Conference. A Philadelphia approdano James Harden e Paul Millsap mentre a Brooklyn si trasferiscono Ben Simmons, Seth Curry, Andre Drummond, 1st pick 2022 o 1st pick 2023, 1st pick 2027 protetta 1-8 o 1st pick 2028 con la medesima protezione, convertibile in una 2nd pick del 2028.

Si tratta a tutti gli effetti di uno scambio “win win” i cui aspetti salariali passano in secondo piano rispetto al valore dei giocatori che costituisce la vera motivazione dello scambio. Lato Nets, appare evidente che Harden non sia stato considerato funzionale al progetto iniziato appena un anno fa. Chi conosce la competenza di Sean Marks e Steve Nash non può dubitare che la valutazione del giocatore (e dell’uomo?) sia stata ponderata attentamente. Le recenti notizie in merito alla possibilità che a New York vengano eliminate le restrizioni che impediscono ad Irving di giocare di fronte al proprio pubblico hanno probabilmente spinto i Nets ad investire su un profilo più giovane e con caratteristiche che mancavano al roster, in grado di giocare palla in mano ma anche off the ball (non da tiratore ovviamente), con capacità difensive e di uomo squadra di notevole livello. Certo, Simmons non è Harden in attacco, ma Brooklyn con l’innesto anche di Curry ha fin troppe bocche da fuoco. L’incognita è la tenuta fisica e mentale dell’australiano ma Brooklyn ha ottenuto il giusto (da non sottovalutare le due first pick) in cambio di un giocatore che non ha soddisfatto le aspettative del front office.

Lato 76ers, la querelle Simmons andava risolta e così è stato in modo soddisfacente, ottenendo un All Star (il quale eserciterà la player option per il 2023) che proverà a portare al titolo Embiid e soci in una finestra temporale limitata ma favorevole. Il trio Embiid – Harden – Harris dovrà trovare i giusti equilibri ma ritrovarsi a roster Harden al posto di un giocatore che non ha mai messo il piede in campo quest’anno è ovviamente un upgrade. Resta da valutare la coesistenza tra Harden e Maxey, il quale ha dimostrato di essere più efficace con la palla in mano, nonché l’impatto dell’addio di Curry. Da non sottovalutare, infine, il rapporto tra Harden e Morey: per il Barba, in ogni caso, questa rappresenta l’ultima sfida della sua carriera ed è consapevole che il giudizio su di lui si baserà in gran parte dall’esito della stessa. Minore importanza riveste il ruolo di Millsap all’interno dello scambio, il quale sarà chiamato a sopperire ai minuti di Drummond.

VINTI

Portland Trail Blazers: la revolución

In: Eric Bledsoe, Keon Johnson, Justise Winslow, Elijah Hughes, Josh Hart, Didi Louzada, Joe Ingles, 1st pick 2022 di New Orleans protetta 1-4 e 15-30, convertibile in 1st pick 2025 di Milwaukee protetta 1-4, 2nd pick 2025 di Detroit, 2nd  pick 2022 di Memphis , 2nd pick 2026 di New Orleans (se più favorevole rispetto alla 2nd pick di Portland) e 2nd pick 2027 di New Orleans.

Out: CJ McCollum, Larry Nance Jr, Tony Snell, Norman Powell, Robert Covington, Cody Zeller.

Pollice verso per i Trail Blazers che hanno sfruttato la Trade Deadline per… smantellare la squadra. Via McCollum (“un colpo al cuore”, parole di Lillard), via Nance, Powell, Covington, in sostanza via tre quinti (e mezzo) del quintetto titolare. Ma per chi/cosa? In sostanza, e non serve essere malelingue per affermarlo, per molto poco: Josh Hart ed una prima scelta di New Orleans, oltre ad un pacchetto di seconde scelte molto future, a meno che non si voglia davvero credere nella resurrezione di Winslow o nell’esplosione di Keon Johnson.

Leggendola in questo modo, non può non sottolinearsi che i Blazers ben avrebbero potuto e dovuto ottenere di più dalla cessione di un giocatore che viaggia da sette stagioni a più di venti punti di media nonché da role player di livello quali Powell, Nance e Covington (che era stato lautamente pagato con due prime scelte). L’unico aspetto sul quale, invece, sembra si sia concentrata la dirigenza di Portland è quello di liberare spazio salariale per quest’estate (circa 60 milioni), magari per firmare un paio di free agent da affiancare a Lillard e Simons. Prospettiva non tanto rosea, almeno tenendo in considerazione dei giocatori che andranno in scadenza quest’anno e della mancanza di attrattiva per uno small market come Portland. E sempre che Dame, leggendo l’attuale roster dei Blazers, non voglia (giustamente) cambiare aria…

Dallas Mavericks: no Dinwiddie, no party?

In: Spencer Dinwiddie, Davis Bertāns.

Out: Kristaps Porzingis, 2nd pick 2022 protetta (non specificata la protezione), Moses Brown (tagliato).

Dončić e Porziņģis non hanno mai stabilito il legame che la franchigia sperava si sarebbe sviluppato quando Dallas ha acquisito il lettone dai Knicks. I cronici problemi di infortuni del lungo ed una chimica in campo mai creatasi sono stati i fattori scatenanti della trade. Bene, però Porziņģis rimane giocatore appetibile per via delle sue skills e dei numeri fatti segnare in carriera (18.7 punti e 7.8 rimbalzi di media). Non si comprende, dunque, il motivo per cui Dallas l’abbia ceduto per Spencer Dinwiddie e Davis Bertāns. Dal punto di vista tecnico individuale, Dinwiddie e Bertāns sono nelle peggiori stagioni della loro carriera; dal punto di vista del fit con la squadra, Dinwiddie ha davanti Dončić e Brunson alla migliore annata dal suo ingresso nella Lega, oltre (nel reparto guardie) Hardaway Jr, Burke, Green ecc. mentre Bertāns è un’aggiunta potenziale solo quale tiratore; dal punto di vista fisico, Dinwiddie e Bertāns hanno dimostrato una fragilità evidente; infine, dal punto di vista salariale, i loro due contratti sono complessivamente più onerosi di quello di Porziņģis (chiamando 34 milioni in due la prossima stagione) e della stessa lunghezza temporale.

Nico Harrison, GM di Dallas, ha commentato la trade specificando che i Mavs avevano bisogno di allungare la rotazione e che per arrivare al titolo non sia necessaria una seconda stella (ammesso e non concesso che Porziņģis lo fosse). Tuttavia, i profili dei nuovi arrivati – per usare un eufemismo – non sono così intriganti ed il vuoto lasciato da Porziņģis difficilmente può essere colmato dal volenteroso Powell e dallo stesso Bertāns.

Non appare nemmeno cogliere nel segno l’affermazione di chi sostiene che Dinwiddie sia un’assicurazione nel caso Brunson non venga rifirmato in estate; infatti, il fit tra lo sloveno ed il campione NCAA del 2018 con la maglia di Villanova quest’anno è stato notevole. Dinwiddie, a differenza di Brunson, tende ad essere assai poco pericoloso in penetrazione ed ha pessime percentuali al tiro da fuori (poco sopra il 31%), oltre a tenere molto il pallone in mano, caratteristica che mal si concilia con Luka Magik.

Mala tempora currunt per i fan dei Mavericks? Ai posteri l’ardua sentenza, ma già rimpiangere il tanto criticato Porziņģis non è buon segno.

Los Angeles Lakers: squadra che non vince non si cambia.

In: nessuno.

Out: nessuno.

Okay, troppo scontata la critica all’immobilismo dei Lakers e sono note a chi scrive le difficoltà salariali inidonee ad imbastire uno scambio degno di questo nome. L’appeal di Westbrook è ai minimi storici, Horton-Tucker è stato oggetto di rumors più di Harden e Simmons, addirittura si è vociferato di una trade rifiutata da Pelinka con Wall offerto in cambio di Westbrook ed una prima scelta. Eppure, dalla dirigenza gialloviola ci si aspettava almeno qualche movimento secondario che desse anche una minima scossa ad un ambiente demoralizzato da una stagione che sembra avviata verso i binari di un totale fallimento.

Si è parlato a lungo, anche su queste pagine, del pessimo assemblaggio del roster dei Lakers e le recenti dichiarazioni di LeBron e Vogel sembravano preannunciare, nei limiti del poco spazio salariale, un cambiamento. Vero, Josh Richardson e Terrence Ross, i giocatori più chiacchierati, non erano nomi tali da poter spostare gli equilibri di una franchigia e le contropartite rappresentate da Horton-Tucker e Nunn probabilmente non erano così appetibili.

La riflessione derivante dalla mancanza assoluta di movimenti sponda Lakers è però un’altra: qual è la strategia di una franchigia che tenta in tutti i modi di modificare le sorti di questa annata e che non conclude alcun movimento? E che la scorsa estate ha inglobato un giocatore come Westbrook i cui limiti (tecnici e… salariali) erano del tutto evidenti? Non per mutuare quello che è avvenuto – con altri presupposti ed obiettivi – ad un’altra nobile decaduta nella sessione di mercato del campionato calcistico di Serie A, ma a volte alcune mosse “sensazionalistiche” sono da fare ed altre sono da evitare. In conclusione: bocciati, anche se non bisognerebbe mai scommettere contro il Re.

Hors catégorie: Detroit e le ali.

Brevissima menzione d’onore per i Pistons che passano dal voler cedere Jerami Grant per dare spazio a Saddiq Bey ad inglobare Marvin Bagley III (in scadenza e Restricted Free Agent) che non rappresenta il fit ideale per una squadra che vuole creare una cultura cestistica di un certo livello. Scommettiamo che il buon Marvin proverà a riempire i tabellini al fine di strappare un contratto in off season? Bene ma non benissimo…

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