Come risollevare gli Indiana Pacers

Indiana Pacers
Copertina di Francesco Ricciardi

Descrivere la stagione degli Indiana Pacers non è un compito facile. La franchigia di Indianapolis partiva come una delle squadre più solide e affermate della Eastern Conference ed era lecito aspettarsi un buon rendimento, quantomeno durante la stagione regolare. Ora invece, alle porte di giugno e con il primo turno dei playoff che si avvia alla conclusione, ci troviamo a parlare di una squadra sconfitta ai play-in da Washington e che attualmente si trova invischiata in una crisi interna piuttosto preoccupante.

Gli infortuni e il caso Bjorkgren

Il roster con il quale Indiana si era presentata ai nastri di partenza era, sulla carta, una macchina da regular season; i “big-four” Sabonis-Warren-Brogdon-Turner, affiancati da un pugno di comprimari solidi e affermati come i fratelli Holiday, Doug McDermott e Tj McConnell, erano un nucleo promettente che avrebbe preso d’assalto la parte alta della Eastern Conference nell’attesa di vedere se Victor Oladipo sarebbe tornato ad essere la stella pre-infortunio che aveva dimostrato di poter diventare. Alla guida di questo gruppo è stato messo Nate Bjorkgren, grande amico e “allievo” di Nick Nurse, chiamato per portare una ventata di aria fresca nella speranza di raccogliere più vittorie in postseason rispetto a quanto fatto dal suo omonimo predecessore McMillan.

Le belle speranze dei Pacers, però, hanno avuto vita breve; Indiana è stata martoriata da innumerevoli infortuni e assenze per covid, tanto da giocare con la squadra al completo la bellezza di 4 partite su 72, ed è passata da essere una delle squadre più dinamiche e divertenti a inizio stagione ad una delle più stagnanti e deludenti. Sabonis ha disputato una stagione da All-Star, Myles Turner è stato meritatamente in corsa per il premio di difensore dell’anno, Brogdon ha fatto un ulteriore salto in avanti come giocatore e leader della squadra ma, nonostante ciò, la stagione si è conclusa con una mancata qualificazione ai playoff come non accadeva dal 2015.

Quando i risultati di una squadra differiscono così tanto dalle aspettative che la circondavano è logico che i motivi siano molteplici; tuttavia, per quanto sia sbagliato e ingiusto addossare troppe colpe ad un solo individuo, chi rischia di pagare di più per questa annata così deludente è coach Bjorkgren.

Il nuovo Nate”, come viene scherzosamente chiamato da alcuni tifosi e addetti ai lavori su Twitter, era stato chiamato per dare nuova linfa ad una squadra solida ma poco ispirata e che si era sempre scontrata con il muro del primo turno dei playoff. Il nativo dello Iowa è un coach creativo e che ama sperimentare, attributi che non sorprendono se si pensa alla sua lunga amicizia con il coach dei Raptors Nick Nurse, e per questo la dirigenza dei Pacers si aspettava che svecchiasse lo stile di gioco della squadra portando nuovi schemi e approcci tattici.

La creatività di Bjorkgren, però, gli si è ritorta contro. Durante tutto l’arco della stagione l’ex assistente dei Raptors ha utilizzato una miriade di schemi, offensivi e difensivi, che i giocatori erano palesemente in difficoltà ad eseguire correttamente. L’ossessiva ricerca del cambiamento e della flessibilità, senza avere il personale adatto, ha quindi reso estremamente confusionario l’approccio alla gara della squadra su entrambi i lati del campo, dando vita a situazioni a tratti surreali.

Come se non bastasse, ai problemi in campo si sono aggiunti quelli nello spogliatoio. Pare infatti che Bjorkgren non sia mai riuscito a conquistare la fiducia e la simpatia dei giocatori di punta del roster e che i risultati deludenti abbiano accentuato la già di per sé complicata armonia del gruppo.

Durante la conferenza stampa di fine stagione, Kevin Pritchard, General Manager dei Pacers, ha riconosciuto la complessità della situazione e ha dichiarato che parlerà con il coach per capire cosa è andato storto, cercando di risolvere i problemi interni.

 Al momento non è stata presa una decisione ma non ci sarebbe da stupirsi se il nuovo Nate perdesse il posto dopo una sola, fallimentare, stagione.

La rivelazione Oshae Brissett

Il nome di Oshae Brissett potrebbe non dire molto ai più, ma il lungo canadese è stato forse la sorpresa più gradita e inaspettata della stagione degli Indiana Pacers.

La carriera professionistica del prodotto di Syracuse era cominciata in sordina con la firma di un two-way contract ai Toronto Raptors, che lo aveva portato a giocare una ventina di partite nella squadra di G League associata alla franchigia canadese, senza però riuscire a guadagnarsi una posizione all’interno delle rotazioni NBA. Tagliato da Toronto poco prima dell’inizio della stagione 20-21, Brissett era uscito dai radar della lega fino a quando i Pacers, alla disperata ricerca di un lungo energico da inserire nelle rotazioni, non gli hanno offerto un contratto decadale all’inizio di aprile.

Inizialmente il canadese ha visto poco il campo, limitandosi ad apparizioni di pochi minuti in partite già indirizzate, fino a quando l’infortunio al piede di Myles Turner ha lasciato un preoccupante buco nello spot di lungo titolare accanto a Sabonis. Il coaching staff si è trovato quindi costretto a prendere una decisione, dando fiducia a Brissett e inserendolo nello starting five.

La prima partenza in quintetto del nativo di Toronto è arrivata in una netta sconfitta contro i San Antonio Spurs, ma è nella partita successiva che il #12 ha cominciato a far parlare di sé. Contro gli Oklahoma City Thunder, Oshae è rimasto in campo per ben quarantadue minuti mettendo a referto 23 punti, 12 rimbalzi, 3 stoppate e 2 rubate, contribuendo ad interrompere una striscia di tre sconfitte consecutive.

Da quel momento è partito sempre titolare giocando poco più di trenta minuti a partita e tenendo medie di 13 punti e 7 rimbalzi accompagnate da una rubata e una stoppata, il tutto tirando con il 46% dal campo e il 40.8% da tre punti.

Brissett è il 4 perfetto per la pallacanestro moderna., è energico, versatile, tira da fuori e sa giocare il pick & roll da rollante. Difensivamente è in grado di cambiare sugli esterni ed è molto attivo in aiuto e a protezione del ferro, dove compensa la mancanza di centimetri con braccia lunghe e grande atletismo.

Ovviamente dopo queste prestazioni i Pacers non se lo sono fatti sfuggire, firmandolo con un contratto fino al 2023. Oshae è sicuramente una delle note più liete della stagione di Indiana e sarà un pezzo importante della rotazione da qui in avanti.

Come comportarsi al Draft?

Un lato positivo di non raggiungere i playoff è sicuramente quello di poter scegliere nella parte alta del Draft. Ad oggi i Pacers si ritrovano con la pick #13, dietro Hornets e Spurs, e potrebbero muoversi in molteplici modi.

Per cominciare bisogna dire che la situazione di Indiana è abbastanza particolare perché, nonostante la stagione deludente, non sono la tipica squadra da lottery. I Pacers, infatti, hanno un nucleo già piuttosto consolidato e non hanno troppi buchi da colmare nel roster; inoltre, se i giocatori che questa stagione hanno saltato molte partite per infortunio (uno su tutti Tj Warren, ma anche Caris Levert) rimanessero sani sarebbe difficile immaginare uno scenario in cui un rookie avrebbe tanto spazio per crescere.

Per questo motivo non sarebbe una cattiva idea per la dirigenza sondare il terreno in cerca di una trade che coinvolga uno dei giocatori di punta e la tredicesima scelta, cercando di scalare posizioni nel Draft e allo stesso tempo liberare il roster da uno o più profili ridondanti. Stando alle dichiarazioni del GM, però, il front office è convinto di avere una squadra già competitiva ed è quindi difficile che decidano di sconvolgerla alla ricerca di un grande talento. In questo segmento dell’articolo ci concentreremo quindi su tre nomi che potrebbero essere buone scelte per colmare alcune delle lacune della squadra, ma per motivi diversi.

1) Jalen Johnson

Dei prospetti di cui parleremo oggi, Johnson è sicuramente il più enigmatico (e anche il più difficile da raggiungere per una squadra che sceglierà alla #13). Ala di 2.06 per circa 100 chili, JJ rientra nella categoria dei lunghi con skills da guardia; favoloso portatore di palla in transizione, passatore dinamico e creativo e difensore intrigante, Johnson ricorda per caratteristiche e ruolo Ben Simmons. Ovviamente ciò non significa che diventerà come la star dei Sixers, ma l’archetipo è estremamente simile e i Pacers potrebbero scommettere sul talento del prodotto di Duke.

In termini di talento puro, Johnson è quasi all’unanimità uno dei prospetti migliori della sua classe, il che potrebbe disorientare chi sta leggendo questo passaggio. Come è possibile che uno dei nomi con più upside venga considerato per una squadra che sceglierà a fine lottery? La risposta è, come spesso in questi casi, il carattere; nel corso della sua giovane carriera cestistica, JJ ha più volte avuto problemi ad ambientarsi con compagni e allenatori, cosa che l’ha portato a cambiare diverse volte squadra mentre giocava alla high school. Anche la sua avventura a Duke ha avuto un epilogo simile, con lui che dopo un infortunio al piede ha deciso di lasciare la squadra a stagione in corso per prepararsi al meglio al Draft NBA.

Tutte queste difficoltà hanno lasciato gli scout con molti dubbi sul suo profilo caratteriale, motivo per cui la sua discesa verso il fondo della lottery è improbabile ma non completamente da escludere.

Se arrivasse fin a loro, i Pacers non dovrebbero farsi scappare un talento del genere

2) Franz Wagner

Andando ora su nomi più “realistici” per Indiana, parliamo di Franz Wagner. Nel caso ve lo steste chiedendo, sì, è il fratello di Mo.

Dopo la stagione formidabile dei suoi Michigan Wolverines, il nativo di Berlino si è dichiarato al Draft ed è proiettato da tutti i maggiori siti di settore come giocatore da seconda metà della lottery.

Wagner è un’ala/lungo molto intelligente, difensivamente scaltro e molto attivo in aiuto. In attacco ha dimostrato di essere un buon passatore, soprattutto quando messo in condizione di essere l’anello di congiunzione tra il portatore di palla principale e il giocatore che poi finalizzerà l’azione. La sua swing skill, ovvero l’aspetto che farà la differenza per la sua carriera da professionista, è senza dubbio il tiro da fuori.

Nella sua avventura collegiale ha tirato con un poco convincente 32% da tre punti, e a volte è sembrato riluttante nel prendersi tiri anche aperti, ma la percentuale ai liberi (un solido 83%) fa ben sperare sul suo sviluppo come tiratore.

A Indianapolis Wagner potrebbe dare il meglio come difensore sulle ali e in aiuto, colmando alcune delle grosse lacune emerse quest’anno, e come facilitatore e tiratore sugli scarichi senza preoccuparsi di dover fare cose non nelle sue corde. Sarebbe il glue guy perfetto per una squadra che vuole continuare ad essere rilevante nella propria conference.

3) Ziaire Williams

Primo prospetto a cinque stelle della storia dell’università di Stanford, Williams è un altro nome d’alto profilo che probabilmente scenderà molte posizioni a causa di una stagione travagliata dentro e fuori dal campo.

Giocatore dal talento cristallino, Ziaire è un’ala di 2.03 con braccia lunghe e fisico esile che inizialmente gli darà non pochi problemi al piano superiore. Se i suoi 83 kg sono stati già un problema al college, è facile immaginare le difficoltà che avrà contro i corpi e gli atleti NBA; nonostante ciò, non sarebbe la prima volta che i programmi di sviluppo della lega riescono ad ingrossare un giocatore in un paio di stagioni, rendendo il fisico esile di Williams un problema potenzialmente risolvibile senza eccessive preoccupazioni.

Guardando giocare il prospetto californiano la prima cosa che salta agli occhi è il suo talento offensivo. Ziaire è un giocatore di un’eleganza non comune, con una meccanica di tiro pulitissima e movimenti fluidi come pochi altri giocatori nella classe. A Stanford ha giocato tanto palla in mano, evidenziando una buona capacità di gestire pick & roll come anche, però, non poche difficoltà nel battere il difensore dal palleggio a causa di un primo passo non fulmineo e di un ball-handling tutto da rifinire.

Difensivamente è uno dei prospetti più sottovalutati della classe; grazie alle sue braccia lunghe e ai piedi molto veloci è in grado di difendere magistralmente in situazioni di uno contro uno, oltre ad aver mostrato buoni istinti per le palle rubate e le stoppate in aiuto.

La stagione deludente a Stanford e le percentuali dal campo tutt’altro che buone rischiano di far scendere Williams nel range di scelta dei Pacers, che troverebbero in lui un giocatore estremamente promettente su entrambi i lati del campo ma che avrà bisogno di tempo per adattarsi alla NBA e lavorare sulle sue debolezze. Se convinta del proprio roster, Indiana potrebbe non avere fretta di scegliere un giocatore che contribuisca da subito e, in tal caso, pochi altri profili sarebbero adatti quanto Ziaire Williams.

Come muoversi in Free Agency?

L’approccio in offseason della squadra sarà legato a doppio filo dalla decisione della franchigia riguardo la gestione di Kevin Pritchard. Il President of Basketball Operations ha confermato di essere anch’esso al momento sotto esame, proprio come l’allenatore da lui scelto per la stagione appena trascorsa.

Nel caso venisse confermato, è difficile immaginare uno scenario in cui Indiana faccia grossi movimenti di mercato: è una piazza orgogliosa di essere competitiva in ogni stagione, e molto raramente uno nella posizione attuale di Pritchard manda a segno una trade per peggiorare la squadra nel breve termine.

A meno di grossi cambi nella dirigenza, dunque, probabilmente il nucleo di Indiana è destinato a rimanere intatto, nonostante il ceiling attuale dei Pacers appaia molto limitato per talento e fit dei singoli.

In questo scenario, le decisioni più importanti del mercato Pacers potrebbero riguardare le estensioni contrattuali dei propri free agent: McDermott e McConnell. I due “Mc” sono stati una delle poche note positive della stagione dei Pacers, avendo avuto entrambi la miglior stagione in carriera in uscita dalla panchina di Indiana.

McDermott, al termine di un contratto triennale da 22 milioni di dollari firmato nell’estate del 2018, ha stupito per l’incredibile intesa sviluppata nella metà campo offensiva con Sabonis e i miglioramenti senza palla.

Bjorkgren ha commesso tantissimi errori nella sua prima stagione da allenatore, ma gli va riconosciuto il lavoro fatto per massimizzare il talento offensivo di McDermott: sempre in movimento e coinvolto nell’attacco, Doug ha smesso di trascorrere la maggior parte del tempo sul perimetro ad aspettare gli scarichi ed è diventato parte centrale dell’attacco di Indiana, riuscendo a generare vantaggi semplicemente correndo per il campo e mandando nel panico la difesa avversaria.

L’ala dei Pacers è notevolmente migliorata nel concludere al ferro, specie in seguito a tagli dal lato debole o dopo aver sfruttato un blocco dal gomito per uscire a ricciolo. La percentuale delle sue conclusioni tra gli 0 e i 3 piedi di distanza è aumentata del 14%, ed ha conseguito il career high per % al ferro.

Se da un lato McDermott si sposa alla perfezione con Sabonis- e quindi la decisione sul centro potrebbe influire sul futuro del tiratore dei Pacers-, non si può dire lo stesso per McConnell, che sembra invece poter elevare il gioco di qualsiasi compagno.

Il playmaker ex-Sixers è stato una delle poche costanti positive sui due lati del campo per tutta la stagione: porta ordine nell’attacco; sa mettere in ritmo i compagni e in difesa è un incubo per i palleggiatori avversari.

McConnell è al termine di un contratto biennale da 7 milioni di dollari e, proprio come McDermott, quasi sicuramente andrà a chiedere più soldi dopo un’annata di questo tipo. Anzi, visto l’apporto che è riuscito a dare dalla panchina in ambo le metà campo, fatico a vedere un mondo in cui una qualsiasi squadra non gli offra il doppio dei soldi rispetto al contratto appena terminato.

Separarsi da McConnell per Indiana vorrebbe dire consegnare le chiavi della second unit nelle mani di Aaron Holiday, che al momento non sembra affatto pronto a guidare un attacco.

Pertanto, se dovessi fare una previsione direi che entrambi i giocatori verranno rinnovati. Ma, nel caso meno probabile in cui Sabonis venisse scambiato, non mi stupirei di vedere Indiana rinunciare a McDermott per allontanarsi dalla luxury tax, che per una squadra così lontana dal competere non ha proprio senso di essere sostenuta.

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Leonardo Spera
Tifoso Spurs e Fortitudo, vive consumato dal dilemma sul se considerare Manu Ginobili il più grande giocatore di pallacanestro mai esistito. Appassionato di college e draft, gli bastano una wingspan sopra i 2.10 e una buona difesa per innamorarsi di qualunque prospetto.
Lorenzo Pasquali
Ha deciso di esplorare nuove vette del masochismo iniziando a tifare Clippers e Fortitudo. Le notti sogna un universo parallelo in cui CP3 e Griffin vincono il primo Larry OB della franchigia.