Otto Appunti NBA: da Tatum Super Sayan a Scottie Barnes point guard

Appunti NBA Tatum
Copertina di Marco D'Amato

Quinto ed ultimo appuntamento con la rubrica meno attesa del web. Fra meno di un mese, infatti, è già tempo di playoff. Anche quest’anno spero di essere riuscito a farvi scoprire anche solo una piccola cosa che non avevate notato: l’NBA è ormai un mare magnum di talento, e per ogni cosa degna di attenzione che colga l’occhio di uno di noi, ne succedono venti altrettanto interessanti. Bando alle ciance, si parte.

Jayson Tatum Super Sayan

La crescita dei Boston Celtics è la storia principale della seconda parte di stagione. La compagine di Udoka è probabilmente stata la migliore squadra ad Est nel nuovo anno solare, un po’ perché le alternative han deluso, un po’ perché i verdi sembrano davvero aver trovato la quadra. Certo però, anche gli ingranaggi meglio oliati hanno bisogno di un frontman degno dei migliori palcoscenici per poter ambire al premio finale. Bene, pare che finalmente il frontman dei Celtics abbia deciso che quei palcoscenici li vale.

Dopo l’All Star Game, Tatum è il miglior realizzatore della lega (35 punti a notte), grazie anche a delle percentuali senza senso se si considera il grado di difficoltà dei tiri che il numero 0 si prende (50/39/88 le percentuali dal campo, da tre e ai liberi, rispettivamente). Tatum ha già avuto in passato strisce di dominanza assoluta e quindi la cosa non dovrebbe sorprendere, ma questa sembra avere dei connotati diversi dal passato: in primis, pare che veda il gioco “a rallentatore”, in senso positivo. Sebbene gli assist a notte non siano esplosi (poco meno di 5 in questa striscia), Tatum raramente compie la scelta sbagliata, raramente tiene la palla in mano mezzo secondo più di quello dovrebbe, raramente forza passaggi complicati (non a caso il rapporto assist-palle perse è prossimo al 2).

Chi segue quello che scrivo/dico da qualche anno, ormai sa però qual è il mio pallino fisso quando si parla di Tatum: con quei mezzi atletici e quel tiro, il ragazzo dovrebbe andare al ferro un’azione su due, e se non al ferro dovrebbe quantomeno andare in lunetta. Bene, pare che mi abbia ascoltato: guardate la clip qua sotto, ad esempio.

In una serata in cui poco o nulla stava entrando, il Tatum di inizio stagione normalmente avrebbe colto al volo l’occasione di avere Trae addosso per…tirargli in testa. Non il Tatum odierno, che mette palla a terra e vola a canestro, nonostante sia ben conscio del fatto che lì vi troverà Capela e Hunter, non proprio due pesi leggeri.

Guarda caso, insieme all’aggressività sono cresciuti anche i tiri dalla lunetta (8 a notte dal post ASG). Se Tatum è questo, occhio ai Boston Celtics. E quando dico “occhio ai Boston Celtics“, intendo dire che hanno una possibilità concreta di vincere l’Est, ed a quel punto chi lo sa cosa potrebbe succedere.

Avete un minuto per parlare di Nostro Signore Derrick White?

Sì lo so, ho parlato di Derrick White letteralmente nell’ultima puntata di questa rubrica, ma come per Tatum prima, sembra che Brad Stevens abbia ascoltato le mie preghiere. Non più tardi di un mese fa scrivevo “Derrick White è il classico giocatore che risulta tanto utile e forte quanto il contesto attorno a lui è competitivo“. Bene, oggi Derrick White è colui che sembra aver preso una gran bella squadra (perché i Celtics da metà gennaio in poi sono stati una gran bella squadra) e l’abbia elevata allo status di contender. Se volete “contender al limite inferiore dell’essere contender“, ma comunque tale.

Prendete la clip qua sotto: White tira giù il rimbalzo, ed immediatamente si fionda dall’altro lato del campo. La ragione è che, se sarà in grado di costruire un tiro abbastanza velocemente, i Celtics avranno la possibilità di andare per il 2-for-1, cioè di tirare con ben più di 24 secondi sul cronometro in modo da avere la palla nuovamente in mano per concludere il quarto (per inciso, sul possesso successivo Charlotte sbaglierà il tiro, rimbalzo Celtics e canestro con 0.1 secondi sul cronometro).

Derrick White fa tutto quello che va fatto per aumentare le probabilità di vittoria della propria squadra: in questo ricorda molto da vicino Kyle Lowry, giocatore al quale il suo stile di gioco più si avvicina. Fra le cose che White fa meglio di Lowry c’è però sicuramente il movimento senza palla: White è probabilmente uno dei giocatori migliori nella lega in situazioni di relocation (peccato per quel tiro da fuori che entra e non entra), sa prevedere i movimenti dei compagni e muoversi di conseguenza ed è una delle migliori guardie della lega nel portare blocchi per i compagni, situazione da cui può poi sia rollare a canestro e sfruttare la sua taglia contro le guardie avversaria sia scaricare per qualcuno sul perimetro.

Davvero, White non si ferma mai un momento dopo aver passato il pallone.

E non ho nemmeno parlato della capacità di White di spingere la transizione, di attaccare i closeout, di come conclude al ferro, del fatto che sia uno dei migliori difensori perimetrali della lega…Boston ha una rotazione da playoff molto corta (7, massimo 8 giocatori) e questo potrebbe essere un problema troppo grande da superare in una conference competitiva per tutti e tre i turni come l’Est (per com’è la classifica al momento, Boston troverebbe Chicago, Miami o Brooklyn e Milwaukee o Philadelphia lungo il suo cammino per arrivare alle Finals…yikes). Ma come dicevo sopra, tenete gli occhi aperti sui Celtics.

Denver, abbiamo una panchina

Se ordinate le lineup da quattro uomini di Denver per plus-minus dall’All-Star Game ad oggi, vi accorgerete di una cosa inaspettata: Jokić non è in nessuna delle prime 7 (!). La motivazione è che la panchina della franchigia del Colorado sembra aver trovato una certa quadra.

Il cuore pulsante della second unit è, manco a dirlo, DeMarcus Cousins. Con tutti i limiti, caratteriali e non, che il centrone draftato da Sacramento si porta dietro, a volte ci si dimentica di quanto talentuoso sia come giocatore e di quanto facilmente possa plasmare il posizionamento di una difesa, soprattutto se composta da riserve. I due compagni con cui ha dimostrato di avere più feeling finora sono Reed (la clip qua sopra è uno dei tanti esempi di connessione DMC-to-Reed) e Bones Hyland.

Il pick-and-roll Hyland-Cousins in particolare si è dimostrato difficile da difendere per le second unit avversaria nelle ultime settimane. Cousins ha un sacco di difetti come giocatore, e puntualmente risulterà ingiocabile o quasi contro un attacco da playoff in grado di attaccarlo dal pick&roll, ma dall’altra parte del campo rimane uno con una gravity non trascurabile: guardate come Siakam faccia un passo verso il centro dell’area per complicare la ricezione di Cousins stesso, solo per aprire la linea di passaggio verso Rivers, che Hyland trova con facilità.

Ai playoff Denver avrà verosimilmente poche ambizioni, anche qualora Murray e Porter Jr dovessero rientrare a breve. Nel caso in cui però i due lungodegenti dovessero tornare in forma anche solo accettabile, sarà importante avere un Nikola Jokić il più riposato possibile fra un mese, ed il fatto che i minuti di Cousins siano tutto d’un tratto diventati un plus in Regular Season è una ottima notizia per i Nuggets.

Il problema non è Gobert

Utah-Dallas è la serie con più probabilità di verificarsi al primo turno, e pertanto la gara del 7 marzo tra le due squadra ha rappresentato un probabile antipasto di post-season. Mettiamola così: fossi un tifoso Jazz, sarei preoccupato di trovare Luka e soci al primo turno.

Nei primi 7 minuti del primo quarto, questa è stata la sequenza degli attacchi Mavericks: dho Powell-Luka e layup Powell, p&r Luka-Powell e gancio sbagliato di Powell, p&r Luka-Powell e midrange di Luka…insomma, avete capito. In quel lasso di tempo, il duo Luka-Powell ha messo a referto 15 punti, 5 rimbalzi e 4 assist, oltre che un paio di “hockey assist”, ovvero il passaggio che porta ad un assist, e diversi tiri aperti che poi sono stati sbagliati. La storia si è ripetuta identica ad inizio terzo quarto.

Luka ha concluso la partita con 35 punti, 16 rimbalzi e 7 assist, Powell con 13+4 in 21′. Quando i due hanno diviso il campo assieme, i Mavs hanno avuto un Offensive Rating di 135. Dončić è un giocatore incredibile, il tipo di giocatore che in una serie playoff a prescindere dalla difesa farà registrare 35+10+10 o quasi, ma ci sono difese che le cifre gliele fanno sudare (si pensi ai Clippers nelle due passate stagione) e difese che invece sono più facili per lui da attaccare.

L’unico difensore Jazz che è sembrato poter fare qualcosa contro Luka è stato Danuel House, giocatore sotto i 20 minuti a gara nella rotazione di Snyder. Nel caso in cui Mavs e Jazz dovessero incontrarsi ai playoff, O’Neale sarà l’uomo prescelto per marcare Dončić, ma non può un uomo solo rallentare un simile talento offensivo: ci vorrà una difesa attenta sulle rotazioni, ben posizionata, che non battezzi alcuna linea di passaggio ma che allo stesso tempo non lasci la porta aperta verso il ferro. Purtroppo, la difesa Jazz non sembra attrezzata (anche per ragioni fisiche, sia Conley che Mitchell non hanno braccia adatte per coprire al meglio linee di passaggio) per un compito del genere, ed è un peccato dato che i Jazz sono tra i 2-3 migliori attacchi nel parco contender. Il problema, come anche negli anni passati, non è Gobert, ma una difesa point-of-attack al più rivedibile.

L’ora di Shai

I Thunder stanno gestendo gli infortuni con molta cautela, come tutti sappiamo, e pertanto non ha sorpreso vedere Shai Gilgeous-Alexander bello riposato al ritorno dallo scaffale dove Presti&Co lo hanno fatto recuperare al 100%. Il ritorno di Shai ha coinciso anche con l’infortunio di Giddey, che quest’anno ha gestito una buona parte dei possessi Thunder, e quindi il prodotto di Kentucky si è trovato ad avere la squadra, e la palla, tutta per sé: i risultati non si sono fatti attendere.

Dal weekend delle stelle (probabilmente l’ultimo al quale non verrà invitato), SGA sta tenendo medie di 30 punti, 8 assist, 6 rimbalzi e 3 stocks (rubate+stoppate), il tutto tirando 53/38/78. Nulla delle cose fatte vedere da Shai nelle ultime gare deve sorprendere particolarmente: è sempre stato una guardia particolarmente abile al ferro, ha dimostrato di saper segnare con regolarità dal palleggio e di poter gestire un attacco qualora sia necessario. La cosa che più colpisce, e anche l’elemento di novità in questa striscia di gare, è la continuità nelle prestazioni su entrambi i lati del campo unita al carico inumano da sopportare in attacco.

Tradotto: io ho sempre visto (e continuo a vedere, a dire il vero) SGA come un signor secondo creatore di gioco e seconda bocca da fuoco della squadra, oltre che un buon difensore per il ruolo, di certo non come un potenziale attaccante “eliocentrico” o come prima scelta di una squadra da 50 vittorie, ma queste partite almeno una pulce nell’orecchio me la mettono. SGA sembra in una sorta di trance agonistica prolungata, prova tiri che nominalmente non dovrebbero essere nel suo repertorio, o che noi credevamo non lo fossero, e li segna.

Ciliegina sulla torta, insieme all’aumento dei tocchi sono aumentati il numero di liberi, passati dai 7.3 stagionali a 9.1. Finora larga parte delle discussioni riguardanti SGA ha riguardato la sua maturità in campo e fuori dal campo nell’accettare il rebuilding di OKC, e forse tale maturità ha fatto passare in secondo piano lo sviluppo cestistico del giocatore. Le cifre di Shai non sono cifre da classico “good stats bad team”, tutt’altro: sono cifre calmierate da un contesto che vuole saggiare le capacità di tutto il roster. Con queste gare Shai ha probabilmente dimostrato che, qualora volesse prendersi più libertà, le sue cifre sarebbero ben più gonfie di quel che sono ora.

Il motore McLaughlin

Comincio a credere ci sia un legge non scritta per la quale se il tuo cognome inizia per “Mc” e sei un giocatore NBA, ci sono buone probabilità che tu possa diventare uno dei miei playmaker di riserva preferiti. Proprio come il suo collega TJ McConnell, Jordan McLaughlin è semplicemente un motorino che non finisce mai la benzina.

Le cifre di McLaughlin non sono di quelle che saltano all’occhio, tutt’altro, ma da quando il suo utilizzo è aumentato (da inizio febbraio ad oggi), l’energia che porta in campo sembra aver contagiato tutta la second unit Timberwolves. La palla scorre veloce di mano in mano, tutti prendono decisioni rapidamente, la difesa forza un sacco di palle perse, il ritmo è infernale.

E occasionalmente, come vuole la tradizione dei playmaker di riserva il cui cognome inizia per Mc, Jordan sfrutterà una dormita avversaria sulla rimessa.

O una qualsiasi dormita della difesa avversaria in generale.

I giocatori come McLaughlin difficilmente riusciranno mai ad impattare una serie playoff o a giocare trenta minuti a gara, ma il loro impatto sulla squadra può essere devastante. Il dinamismo di McLaughlin, la sua voglia di mettere tutto quel che si ha in campo, il suo separarsi volentieri dal pallone e non stare mai fermo rappresentano al meglio l’anima di una Minnesota che con buone probabilità chiuderà la stagione con più di 45 vittorie.

Scottie Barnes, professione Point Guard

Per i più attenti fra voi al processo predraft, quello che sto per dire non suonerà nuovo. Per chi invece ha conosciuto Scottie Barnes solamente dopo il suo ingresso nella lega, la cosa potrebbe invece essere una piacevole sorpresa. Come da titolo, vorrei presentarvi Scottie Barnes, professione Point Guard.

Nelle ultime gare VanVleet è stato spesso indisponibile, e recentemente simile sorte è toccata alla sua riserva, Malachi Flynn. Nessuna Point Guard di ruolo disponibile? Nessun problema.

Lo stile nel passare la palla, quasi da quarterback, unita alla precisione con cui i passaggi raggiungono le mani dei compagni è più che sufficiente a far salivare il Front Office Raptors, soprattutto se si pensa alle doti fisiche di Barnes, uno a cui non si può lasciare mezzo metro se non lo si vuole al ferro in un batter d’occhio. Basti pensare che quasi il 60% dei tiri di Barnes arriva entro i tre metri da canestro, dove è in grado di concludere al ferro in ogni modo (69% in stagione) o anche di punire la difesa in floater (che converte con un notevole 50%).

La cosa che più colpisce è la capacità di leggere le situazioni in campo, come nella clip qua sotto. Abbiamo parlato prima di come DMC stia vivendo un buon periodo di forma ma rimanga vulnerabile davanti ad un attacco mobile: Barnes sa bene che un taglio in lunetta di Boucher si tradurrà in un jumper aperto, pertanto invita il compagno al movimento e poi lo serve puntualmente.

Mettere un tetto massimo a quello che Barnes può fare sembra essere quantomeno pericoloso. Il ragazzo da Florida State è già tutt’altro giocatore rispetto a quello che gli scout NBA studiavano un anno fa, e promette di essere ancora meglio a breve. Masai Ujiri ne ha probabilmente combinata un’altra delle sue.

Nobody wants to be Cade

Cade Cunningham era la mia personale numero 1 nel pre-draft, e devo dire che nella mia testa non c’è stato troppo dibattito: per me Cade era chiaramente il miglior prospetto della classe, uno affossato dal suo contesto collegiale, fra tutti quello con più possibilità di diventare un giocatore franchigia. Detto questo, penso che il “tifoso medio” al momento non ritenga Cade degno di essere stato scelto alla 1: di certo quasi tutti allo stato delle cose gli preferirebbero Mobley, molti immagino prenderebbero Barnes, probabilmente ci sarebbe più di qualcuno che lo farebbe persino uscire dai primi tre posti in favore di, che ne so, Franz Wagner.

La ragione è semplice: Cade è un giocatore che sembra quasi “normale”, non salta fuori dalla palestra, non fa il passaggio che ti fa cadere la bocca, non stoppa gli avversari e fa no col ditone. Tutto vero, ma se non ve ne foste accorti Cade dal post-ASG sta girando a 22+7+6.

Anche l’azione della clip qui sopra…tutto semplice, no? Fa schiantare il difensore sul blocco col cambio mano (Dosunmu, non proprio uno che si faccia battere facilmente on ball), gli si mette davanti, finta il passaggio per Bagley per far arretrare di un passo Vučević e conclude così indisturbato con il floater. Tutto sembra quasi banale, perché avviene ad una velocità relativamente bassa per i ritmi frenetici NBA, non ci sono contatti, non c’è nulla di eclatante. Eppure questi due punti sono tutto fuorché banali, e questa la Cade experience: far sembrare tutto noioso, banale, quando in realtà nelle ultime 10-15 partite Cunningham è probabilmente il rookie che più di tutti ha impattato le probabilità di vittoria della propria squadra. In stagione, Cade ha un on/off per 100 possessi pari a +6.1. Tradotto: con lui in campo, i Pistons sono quasi quasi una squadra accettabile.

Il particolare che fa intuire come Cunningham stia prendendo le misure alla lega è quanto meglio riesca ad andare al ferro in questo ultimo periodo. Finalmente Cade punta verso il centro dell’area con meno esitazioni, e sebbene abbia ancora la tendenza ad evitare il contatto (cosa che non faceva assolutamente a livello college, il che lascia ben sperare che sia ancora in una fase di acclimatamento), i liberi stanno crescendo di conseguenza (6 per 100 possessi nell’ultimo mese). Affinché possa esprimere a pieno il proprio potenziale nella lega, Cade dovrà imparare a cercare il contatto, a considerare il suo strapotere fisico l’elemento in più rispetto ad altre guardie sulla cresta dell’onda.

Ci vorrà del tempo per vedere Cade sbocciare in un All-Star, e ci vorrà attenzione per percepire il processo: Cade probabilmente non sarà mai sotto i riflettori, perlomeno non fintanto che è a Detroit (e spero per i tifosi di Motown che possa rimanerci a lungo). Quando diventerà un All-Star o un All-NBA, ed entrambe le cose hanno buone probabilità di accadere, molti si chiederanno come mai sia stato votato fino a quei livelli. Non siate fra quelle persone, saltate presto sul treno Cade Cunningham.

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Andrea Bandiziol
Andrea, 31 anni di Udine, è uno di quelli a cui potete scrivere se gli articoli di True Shooting vi piacciono particolarmente. Se invece non vi piacciono, potete contattare gli altri caporedattori. Ha avuto la disgrazia di innamorarsi dei Suns di Nash e di tifare Phoenix da allora.