Il Power Ranking dei Playoff NBA 2022

power ranking NBA
Copertina di Matia Di Vito

Il momento più bello dell’anno è finalmente arrivato. Per il secondo anno di fila, la stagione regolare appena conclusasi è stata tra le più strane di sempre, ed è pertanto particolarmente complicato discernere quali siano le lezioni valide che ci ha insegnato da quelle poi non così valide. Un esempio pratico su tutti: di solito i mesi che vanno da ottobre a gennaio sono i migliori per identificare le possibili contender. C’è da fidarsi di questa regola non scritta in un anno così? O forse si deve dare più peso a quanto fatto vedere da quelle squadre che si sono risvegliate dal torpore solo negli ultimi mesi di stagione, segnale che di solito vuol dire poco in vista dei playoff?

Di indicatori che possono risultare sballati ce ne sono a pacchi: possibile ad esempio che le squadre con una rotazione molto profonda siano risaltate più del solito a causa della pandemia? O che quest’anno uno tra Offensive e Defensive Rating abbia meno valenza dell’altro alla luce dell’alto numero di gare giocato da giocatori normalmente fuori da una rotazione playoff? Ovviamente, chi scrive queste righe non ha la palla di cristallo, e pertanto non può darvi risposte certe. Per di più, se anche avessi capito quanto ci si possa fidare di ciascuna indicazione della regular season e ve lo spiegassi dettagliatamente, poi arriverebbe la casualità a metterci lo zampino e a far sembrare stupida ogni cosa scritta. Prendete ad esempio quanto scrissi lo scorso anno: diedi ai Bucks il 25% di possibilità raggiungere le Finals ed il 10% di vincere l’anello. Poi però tra infortuni e piedi troppo lunghi, ecco che ti ritrovi la parata a Milwaukee. Riuscii addirittura a fare peggio con i Suns: 7% di arrivare alle Finals e 4% di vincere l’anello, eppure una fila di coincidenze fortunate li hanno fatti arrivare a due gare dal titolo.

Ciononostante, è noto che non sbaglia solamente chi non si butta. Quindi ecco a voi quelle che io credo siano le possibilità per ogni squadra ancora in corsa di arrivare alla danza finale e di alzare il Larry O’Brien Trophy. Non un vero e proprio Power Ranking, chiamatelo “Win probability Ranking” se volete.

1) Phoenix Suns

Record: 64-18

Net Rating: +7.5

Probabilità di raggiungere le Finals: 50%

Probabilità di vincere l’Anello: 30%

I Suns sono i favoriti d’obbligo all’anello per due ragioni: in primis perché le avversarie più vicine ad Ovest non sembrano all’altezza delle migliori squadre ad Est e poi perché sì, sono nettamente stati la migliore squadra della stagione e sono probabilmente i più forti anche in ottica playoff. Per iniziare, è importante dire una cosa a beneficio di chi non ha visto molta Phoenix quest’anno: questa squadra è nettamente più forte di quella della passata stagione.

Phoenix è pressoché priva di punti deboli: difesa tra le tre migliori della lega, probabilmente insieme a Boston e Miami quella più adatta ai playoff, comunicazione da quel lato del campo al limite della perfezione; attacco flessibile, che ha sempre pronto un piano B, C e D in base alla difesa che gli si para davanti, che dipende meno di qualunque altro nella lega (di nuovo, ad eccezione di Miami) da una bocca da fuoco principale, probabilmente il più adatto della lega alle insidie dei playoff.

Quello che già la scorsa stagione era visto come un roster profondo è stato migliorato notevolmente negli slot dal nono al dodicesimo uomo (McGee è probabilmente più adatto a colmare le lacune dei Suns ai playoff di qualsiasi centro di riserva sia passato per l’Arizona la scorsa stagione, Shamet, Wainright e Holiday sono certamente un upgrade rispetto a Galloway, Moore e…Nader? Non so nemmeno chi fosse il dodicesimo uomo l’anno scorso) e, fattore passato un po’ sottotraccia alla fine della scorsa stagione, il resto del roster eccetto Paul e Crowder ha fatto quello che di solito i giovani fanno: migliorare. Ayton ha aggiunto consistenza in difesa e go-to-moves in attacco, Bridges è diventato un difensore da 1st Team All-Defense oltre che bravissimo nei giochi guardia-guardia, Johnson è diventato più aggressivo ed ha ulteriormente aumentato le percentuali da fuori e Booker ha fatto un ulteriore salto da entrambi i lati del campo. Ah, la cosa più importante: ora questo roster sa quale sia il livello di fisicità richiesto per arrivare in fondo.

Quindi, che cosa potrebbe fermare i Suns? Volendo entrare nei dettagli, in altri annate avrei detto una difesa in grado di cambiare tutto per 48 minuti, ma non ne vedo in giro se si escludono gli Heat, dall’altra parte del continente, e i Clippers, che in assenza di Kawhi devono essere per forza di cose considerati un paio di gradini sotto (anche se posso assicurarvi che entrambe le squadre farebbero volentieri a meno di incontrarsi al primo turno). In primis, la salute del loro capobranco CP3, che ha l’abitudine di farsi male in questo periodo dell’anno. Altro fattore da non dimenticare è l’indolenza di Coach Monty ad adattare il proprio piano gara, che potrebbe rivelarsi letale contro alcuni strateghi. Per concludere, la presunta assenza di un “top 10” in grado di caricarsi sulle spalle l’intera squadra, anche se questo sarà probabilmente l’anno buono per Booker per entrare definitivamente in quell’élite.

2) Milwaukee Bucks

Record: 51-31

Net Rating: +3.2

Probabilità di raggiungere le Finals: 30%

Probabilità di vincere l’Anello: 23%

Milwaukee per larghi tratti ha giocato in Regular Season come giocano quelli che sanno di essere più forti degli altri, a marce basse. Se devo essere del tutto sincero, credo che in assenza di Brook Lopez le marce difensive fossero tutte quelle messe in mostra (e cioè bassine), ma ciò non toglie che con Lopez in campo la musica cambia per una serie di ragioni: Giannis è libero di essere il difensore più devastante della lega in roaming per 25/30 minuti a notte, Portis può bullizzare i centri di riserva delle squadre avversarie (e soprattutto può non essere bullizzato dalle stelle avversarie come invece accade spesso quando parte titolare), e più in generale la rim protection migliora sensibilmente. Lopez mi è parso in forma in queste sue prime dieci uscite stagionali e, se anche la comunicazione difensiva di Milwaukee pare ancora non essere ai livelli della scorsa annata, è molto probabile che i Bucks ritrovino la loro chimica difensiva al più tardi per il secondo turno di playoff.

Probabilmente i Bucks stessi sentono di non essere ancora al loro meglio, dato lo zelo con cui all’ultima gara dell’anno hanno lasciato in panchina tutti gli uomini della loro rotazione playoff per evitare di trovare i Nets di Durant e Irving al primo turno di playoff, una squadra poi così non dissimile da quella che li portò a 7 gare lo scorso anno (anzi, a voler vedere la situazione infortuni a Brooklyn ora è migliore di quella dell’anno passato). I Nets peraltro sarebbero arrivati alla serie già a marce scalate, sia per il play-in che per i minutaggi di Irving e KD nelle ultime settimane di gare, e quindi pronti per partire allo sparo.

Nets, Celtics verosimilmente con Robert Williams e Heat per concludere, il tutto solo per raggiungere le Finals…diciamo che si sono visti percorsi più semplici, ed i Bucks hanno deciso che sarebbe stato troppo anche per loro, optando per Chicago al primo turno e per una tra Boston e Brooklyn, già fiaccata da una serie verosimilmente tirata, al secondo. Sebbene i Bucks siano probabilmente la squadra più conscia delle proprie potenzialità e più sicura della propria identità ad Est, rimangono una compagine dalla rotazione corta: otto sono verosimilmente gli uomini di cui Coach Bud può fidarsi in una serie tirata, e tra questi vi sono Portis, uno che aveva il pallino rosso in testa fino alle scorse Finals, Connaughton, buon comprimario ma anche lui con diversi punti deboli, Allen, tutto da scoprire in ottica playoff, e Matthews, parso onestamente l’ombra di se stesso dal lato difensivo, soprattutto sui blocchi.

Per concludere, l’arma segreta dei Bucks della passata stagione, la lineup switch-heavy con Giannis da 5, potrebbe al momento non essere a disposizione di Bud (credo che l’impatto di PJ Tucker sul successo dell’anno scorso sia stato fortemente sottovalutato: è passato da Durant a Booker senza battere ciglio, cambiando sui 5 avversari quando serviva e facendo sudare ogni canestro). Vedo i Bucks come i favoriti per uscire dall’Est per una serie di ragioni: hanno il miglior giocatore sulla faccia della terra (che per inciso è ulteriormente migliorato in estate, e non di poco), sono probabilmente gli unici che possano vantare un Big 3 (trovatemi un terzo violino migliore di Middleton/Holiday), la loro lineup con i tre migliori in campo è uno schiacciasassi (+10.6 di Net Rating), sembrano avere la scorza dura dei campioni.

Sono i favoriti ad Est, ed una volta alle Finals, ci arriverebbero verosimilmente con i favori del pronostico. Però a differenza dei più, non vedo i Bucks come una squadra migliorata rispetto allo scorso anno. Più conscia sì, migliore no.

3) Miami Heat

Record: 53-29

Net Rating: +4.5

Probabilità di raggiungere le Finals: 35%

Probabilità di vincere l’Anello: 15%

La cosa che più mi ha stupito della stagione degli Heat è stata la copertura mediatica che la squadra ha ricevuto. A mio avviso sono stati senza ombra di dubbio la miglior squadra ad Est, nonostante Butler, Adebayo e Lowry abbiano saltato più di 70 gare. Quando quattro dei loro cinque titolari hanno diviso il campo, il Net Rating è intorno al +10 (sì, quattro a scelta tra i tre di cui sopra più PJ Tucker e Robinson). La loro difesa a metà campo è quasi impenetrabile, soprattutto ora che Lowry sembra avere alzato i giri del motore sul Point of Attack. Tutti nella squadra hanno un curriculum di tutto rispetto ai playoff, tutti sanno quale sia il livello di fisicità richiesto. Spoelstra è probabilmente il miglior allenatore quando il gioco si fa duro (chiedo scusa a Lue). Eppure tutto questo è passato sotto traccia per tutta la stagione. Quand’è che gli Heat arrivano sulle prime pagine dei giornali? Quando Butler e Haslem hanno una discussione in panchina nel bel mezzo di una losing streak. Potere dei click.

Lungi da me dire che gli Heat siano una squadra perfetta: il loro attacco a metà campo è al più rivedibile, e per arrivare ad esserlo, Herro deve per forza essere in campo, e Herro credo sia ancora un problema dall’altro lato del campo ai livelli più alti. Duncan Robinson non sembra essere quello delle due passate stagioni, tanto che nelle ultime gare ha perso il posto in favore di Max Strus. Il ritorno di Oladipo, sebbene sia un’opportunità per Riley&Co, sembra avere sballato un po’ le rotazioni. Butler pare aver perso un passo in attacco, per non parlare dello stato del suo tiro da fuori. Lowry è sembrato per la prima volta pagare sul serio il conto presentatogli dal tempo che passa. Eppure, nonostante il presunto dramma, qualora i Nets rispettassero i favori del pronostico al play-in, Miami potrebbe essersi assicurata un percorso relativamente agevole fino alle finali di conference, mentre dall’altra parte del tabellone le altre tre squadre più vicine a loro in termini di possibilità di arrivare alle Finals dovranno sbranarsi tra loro solamente per giocare contro Bam e colleghi.

I primi sette della rotazione sembrano bullet-proof, i tre/quattro che seguono buoni comprimari per giocare 7-8′ a gara (e verosimilmente saranno anche di più per Vincent e Martin). Non fatevi ingannare dallo sweep al primo turno della scorsa stagione: se la sorte gli sorriderà, come pare stia facendo, in termini di tabellone, Miami potrebbe essere la cliente più tosta da digerire a maggio.

4) Golden State Warriors

Record: 53-29

Net Rating: +5.5

Probabilità di raggiungere le Finals: 20%

Probabilità di vincere l’Anello: 10%

Timeo Danaos, et dona ferentes. Le parole che Laocoonte pronuncia per dissuadere i suoi concittadini troiani dall’accettare il dono di un cavallo di legno potrebbero suonare così se declinate nell’accento del basket oltreoceano: non mi fido dei Warriors, nemmeno se Curry pare arrivare ai playoff acciaccato, Green non sembra quello di inizio stagione e Klay Thompson per ora ha fatto più danni che altro.

I Warriors di inizio stagione erano una delle due migliori squadre della lega, senza se e senza ma. L’aggiunta di veterani in grado di inserirsi nel sistema Kerr e un Wiggins finalmente conscio dei propri mezzi portava in dote un attacco top5 della lega, e un Draymond d’annata guidava la carica di quella che è stata per mesi (ed è tuttora) la difesa più efficace tra le trenta. Quella squadra sarebbe probabilmente in cima a questo Power Ranking a pari merito con i Suns. Però poi quelli che sembravano piccoli campanelli d’allarme si sono rivelati per vere e proprie sirene, in primis il ritmo forse troppo forsennato tenuto dalla difesa Warriors da ottobre a dicembre. Lo stesso Draymond ha giocato le prime trenta gare della stagione ad un livello da DPOY, ma poi l’età gli ha probabilmente presentato il conto: dopo aver saltato circa trenta gare per infortunio, Green è tornato ad una decina di partite dalla fine della Regular Season per recuperare uno smalto che ancora non sembra aver ritrovato. E se c’è una cosa di cui sono sicuro, è che senza un Draymond perlomeno vicino alla sua migliore forma, Golden State non può uscire dall’Ovest.

La situazione Green rende anche la valutazione della stagione di Thompson un compito arduo: sì, finora l’aggiunta di Klay ha portato in dote una palese perdita di fiducia nei propri mezzi e senso di esclusione in Wiggins, offrendo ben poco in cambio; Thompson è parso lento in difesa, spesso fuori ritmo in attacco, molto lontano dai livelli del 2019 (come peraltro è normale che sia, data la sua storia di infortuni). Detto ciò, trarre conclusioni sul possibile apporto di Thompson alla causa di una squadra con Green e Curry sani sulla base di quanto visto finora potrebbe essere affrettato, tanta è forte la chimica tra i tre e tanto poco è stato il tempo che sono riusciti a dividere sul parquet in questa stagione.

Per concludere, le condizioni di Steph Curry rimangono ovviamente la Spada di Damocle più grande di tutte sulla testa della franchigia della Baia. Con un Curry non in forma, la discussione sulle possibilità di Golden State di arrivare alle Finals non comincia nemmeno, e di certo non devo stare a spiegare perché. Una Golden State in forma sarebbe l’antagonista più credibile di Phoenix ad Ovest, così credibile che forse non sarebbe sbagliato dire in quel caso che Phoenix sia la principale antagonista dei Warriors, dato che gli accoppiamenti in un’eventuale serie sembrano poter sorridere a Kerr&co (Phoenix è parsa soffrire particolarmente Poole). Più passano i giorni, però, e più le probabilità che ciò accada si abbassano, e occhio perché ad Ovest non sembrano esserci serie materasso: Golden State dovrà premere sull’acceleratore dal primo turno per evitare sorprese.

5) Boston Celtics

Record: 51-31

Net Rating: +7.4

Probabilità di raggiungere le Finals: 15%

Probabilità di vincere l’Anello: 7%

Non pretendo di essere memoria storica del gioco, ma non ricordo, in più di 20 anni che seguo l’NBA, una squadra che sia stata in grado di trovare la quadra a metà stagione nella stessa maniera in cui l’abbiano fatto i Boston Celtics. Per capirci, i Celtics finiranno la stagione col secondo Net Rating, dietro solo ai Suns. Se però consideriamo solo l’anno solare 2022 (e parliamo di 46 partite, non proprio di una parte trascurabile di stagione), i Celtics sono primi di un margine tale da chiedersi se abbia davvero senso giocare la postseason: +12.3, un numero da far impallidire il comunque ottimo +8.4 di Phoenix. Senza girarci troppo attorno, i Celtics sono stati senza il minimo dubbio la migliore squadra ad Est nel nuovo anno, e probabilmente la migliore squadra della lega. Quali tasti ha toccato Udoka per far sì che ciò avvenisse?

In primis, il tasto “EJECT” sotto il sedile da co-pilota di Dennis Schroeder: dare le chiavi della macchina a Smart è stata la miglior decisione che la dirigenza verde potesse prendere. Il prodotto di Oklahoma State ha risposto giocando il miglior basket della sua carriera su entrambi i lati del campo, prestazioni che potrebbero valergli il premio di Defensive Player of the Year (e sarebbe la prima guardia dai tempi di Gary Payton a vincerlo). Certo, la circolazione di palla ancora non è delle migliori, ma la ritrovata armonia nello spogliatoio pare aver messo Tatum e Brown nelle migliori condizione di produrre, con l’ala da Duke entrato di forza nella conversazione per un posto nella top5 MVP. Il tutto potendo contare sulla migliore difesa della lega (perlomeno in regular season, anche se sembra essere perfettamente traducibile in ottica playoff). Insomma, per farvela breve: non ci fosse stato l’infortunio al menisco di Robert Williams, non vi nego che avrei scelto Boston come mia favorita ad Est.

L’assenza prolungata di Timelord ha però cambiato le carte in tavola. La qualità della difesa ha fatto sembrare meno pesanti lacune che in realtà esistono e sono ben tangibili, come la difficoltà a segnare a difesa schierata o una rotazione sì profonda, ma poi non così tanto (anche se i minuti di Pritchard sono tornati ad essere un plus da qualche mese a questa parte, e Theis è un’ancora di salvezza più che onesta). Anche qualora Boston passasse indenne il primo turno, che con buone probabilità sarà contro i Nets di KD e Durant, Williams tornerà verosimilmente nel mezzo di una serie contro i campioni in carica e avrà per larghi tratti della gara il compito assolutamente non gravoso di marcare un tale greco che dicono abbia vinto un paio di MVP (sebbene Grant Williams ci ricordi ad ogni incontro col suddetto greco di essere un’opzione perfettamente sostenibile). Di nuovo, il tutto prima di affrontare la nemesi di Boston, quei Miami Heat di cui sopra.

Mettiamola così: se Williams torna ed è subito il vero Timelord, cosa poco probabile ma da tenere a mente, a mio avviso Boston parte favorita in qualsiasi serie ad Est, anche contro i campioni in carica. Senza Williams, parte dietro Milwaukee e probabilmente anche Miami. L’essere finiti dalla parte sbagliata del tabellone si farà sentire ancora più che per i Bucks, e quando hai una rotazione che potrebbe essere più lunga ed un giocatore importante che rientra da un infortunio ogni minuto di gara rilassato in più è un minuto in cui stai stressando le tue stelle in meno. Compito non facile per il rookie Udoka, ma a differenza di Bucks e Heat, le pressioni sui Celtics sembrano essere non così alte, e chissà che questo non finisca per essere il vantaggio più grande.

6) Dallas Mavericks

Record: 52-30

Net Rating: +3.5

Probabilità di raggiungere le Finals: 14%

Probabilità di vincere l’Anello: 4%

Vi sarete ormai annoiati di sentire questo adagio, ma ve lo ripeto per la milionesima volta: i giocatori come Luka Dončić raramente ci mettono più di qualche anno a superare il primo turno. Aggiungo: i giocatori come Dončić raramente ci mettono tanti anni ad arrivare a delle Conference Finals. E se devo proprio dirla tutta, penso che entrambi gli eventi sarebbero già potuti accadere in uno dei due anni passati se i Mavericks non si fossero trovati contro i Clippers di Kawhi Leonard e Paul George. Piccolo promemoria: Luka ha chiuso la serie dello scorso anno a 36+10+8 di media, tirando col 49% dal campo e il 41% da 3, il tutto subendo un infortunio al collo che lo ha palesemente condizionato per un paio di gare. Non lasciate che la grandezza di Kawhi vi faccia dimenticare quella di Dončić: Luka sarà il migliore giocatore in qualsiasi serie dalla prima palla a due dei playoff fino ad eventuali Finals (non me ne voglia Jokić, ma in ottica playoff gli preferisco lo sloveno, e non me ne voglia nemmeno Curry). E come sapete, la mia ennesima massima filosofica è che molto spesso chi ha il miglior giocatore in campo vince la serie. Certo, l’infortunio al polpaccio patito dallo sloveno all’ultimissima gara di Regular Season potrebbe cambiare le carte in tavola.

Dalla trade Porziņģis, Dallas sembra aver trovato una propria identità: nonostante il quindicesimo Net Rating della lega dall’All-Star Game, i Mavericks hanno il secondo miglior record della lega da allora (16-6), anche grazie ad un Dončić che sembra arrivare più fresco allo sprint finale. L’aggiunta di Dinwiddie, magicamente risorto dalle ceneri di quel che fu in Washington, ha sgravato lo sloveno da compiti di creazione in momenti meno caldi della partita ed offerto una valida alternativa anche nei finali punto a punto. La cessione di Porziņģis ha levato l’anello debole della catena dal lato difensivo quando il gioco si fa duro: per quanto il lettone abbia disputato a mio avviso una delle sue migliori annate sotto il proprio ferro, era usanza degli avversari dei Mavs andare a cercarlo alla fine dei 48′, e potete stare tranquilli che la cosa sarebbe stata accaduta molto più di frequente ai playoff. Al contrario, Finney Smith e Bullock, unici due sempre in campo per chiudere le gare insieme a Dončić, sono due difensori versatili ed affidabili nella maggior parte delle situazioni che possono capitare in post-season. Stesso dicasi per Kleber, spesso preferito a Powell per chiudere nel ruolo di centro. Brunson e Dinwiddie stesso paiono ora essere i difensori meno affidabili, ma possono essere nascosti in qualche modo (soprattutto il secondo, che rimane comunque di taglia grande per essere una guardia).

Per il resto, e sono perfettamente conscio che possa risultare essere un’analisi semplicistica, qualora l’infortunio non influenzi troppo le prestazioni dello sloveno il tutto si riduce ad una sola domanda: i comprimari (leggasi “chiunque a roster Mavs che non sia nato a Lubiana”) segneranno i tiri aperti che Dončić creerà per loro? Se la risposta sarà no, i Mavericks possono perdere contro chiunque ad Ovest. Se invece la risposta sarà sì, occhio perché potreste trovarvi una franchigia texana alle Finals. D’altronde, la persona il cui scettro Luka sta reclamando ha giocato le sue prime Finals proprio al suo quarto anno nella lega.

7) Memphis Grizzlies

Record: 56-26

Net Rating: +5.3

Probabilità di raggiungere le Finals: 10%

Probabilità di vincere l’Anello: 3%

Mi scuso davvero di cuore con i tifosi Grizzlies: la vostra è la squadra che più ho guardato con piacere negli ultimi tre anni, e ad inizio stagione spingevo affinché la dirigenza affrettasse la timeline perché mi aspettavo un salto di qualità del genere da parte di un paio di elementi a roster. Solo che tendo ad essere scettico delle squadre che affrontano il peso delle aspettative di una playoff run profonda ed il fardello atletico che questa comporta per la prima volta, e quindi cerco di non fare figli e figliocci. Per di più, aggiungo che non è un gran segnale in vista dei playoff che l’undicesimo uomo di rotazione abbia giocato quasi venti minuti a gara e nei suoi minuti la squadra abbia avuto un Net Rating pressoché identico a quello totale della stagione (+5.4): ci sono buone possibilità che Memphis ricada nella categoria di squadre a cui accennavo ad inizio articolo, quelle dalla rotazione così profonda che finiscono per vincere un paio di gare in Regular Season in più principalmente perché non schierano mai giocatori pessimi.

Calmati gli entusiasmi, Memphis rimane un ingranaggio che sembra girare bene a prescindere dai suoi interpreti, ed il record di squadra in assenza di Morant (20-3) sta a dimostrarlo, sebbene in parte favorito da shooting luck. Esecuzione difensiva molto buona da dicembre in poi, fortissimi a rimbalzo soprattutto in attacco, privi di un vero e proprio punto debole che non sia l’assenza di una seconda stella da affiancare a Morant sebbene i comprimari siano tutti migliorati. Jaren Jackson Jr è finalmente diventato l’ancora difensiva che prometteva di essere ed è un serissimo candidato al DPOY, Bane offre un’opzione da secondo violino offensivo a mio avviso migliore rispetto a Dillon Brooks, lo stesso Brooks è ulteriormente migliorato dal lato difensivo e, soprattutto, Morant sembra essere entrato nell’élite del basket a stelle e strisce.

Alla fine, le speranze di Memphis si riducono ad un solo quesito, ed è quello riguardante lo stato di salute del ginocchio di Ja. Se Morant pronti via torna ai livelli a cui aveva lasciato qualche settimana fa, Memphis è una squadra tosta, rognosa, flessibile, in grado di adattarsi alle caratteristiche del proprio avversario ed in più ha anche un possibile top10 della lega: in poche parole, Memphis potrà pure non partire favorita contro il meglio della Western Conference, ma non partirebbe poi così dietro. Qualora invece le condizioni di Ja non fossero ottimali, tutto quanto detto sopra rimane vero e Memphis potrebbe certamente dare battaglia a chiunque, ma certo le possibilità dei Grizzlies crollerebbero: i playoff non sono la Regular Season, e senza la tua stella (soprattutto se ne hai una sola) di strada ne fai ben poca.

Capisco bene che i tifosi Memphis abbiano speranze altissime per questa postseason, e fanno bene ad averle perché Memphis è stata la seconda migliore squadra ad Ovest con del distacco sulle inseguitrici, ma secondo me l’obiettivo più realistico per quest’anno dovrebbe essere, sperando di avere Morant al 100%, far assaggiare il carico fisico di un paio di turni tirati al roster, capire quali siano i giocatori che possano far parte degli scudieri di Ja negli anni a venire per poi impacchettare i restanti in estate per ottenere qualcosa di grosso in cambio e lanciarsi alla carica del premio grosso l’anno prossimo.

8) Brooklyn Nets

Record: 44-38

Net Rating: +0.9

Probabilità di raggiungere le Finals: 8%

Probabilità di vincere l’Anello: 3%

Quello che penserete o direte è tutto vero: la loro difesa fa acqua da tutte le parti, gli manca taglia, gli manca un centro, la rotazione è cortissima…tutto, tutto vero. Però in 55 partite giocate da quello lungo lungo magro magro i Nets sono 36-19 e nei minuti con lui in campo hanno +7 di Net Rating.

I Nets hanno così tanti punti deboli che ho difficoltà ad elencarli tutti: oltre quelli sopra citati mancano di taglia nel reparto guardie, non hanno una rotazione ancora ben definita (anche se ormai pare che Nash stia convergendo su KD-Irving-Brown-Curry-Drummond-Edwards-Mills-Claxton, nell’ordine per minuti giocati), hanno un roster così corto che stanno tirando il collo a KD e Irving da diverse gare ormai (KD 38′ di media a marzo e 41′ ad aprile, Kyrie 38′ a marzo e 42′ ad aprile) e potrei andare avanti pressoché all’infinito. Credo che la loro fase difensiva sia una delle peggiori tra le venti squadre rimaste in gara, ad esempio. Però rimane il fatto che Kevin Durant sia uno dei due migliori giocatori della lega, forse addirittura il migliore quando si tratta di playoff, e contro i fuoriclasse è sempre complicato scommettere. Di fuoriclasse a roster poi ce ne sarebbe un altro, che però pare stia avendo difficoltà ad adattarsi al carico che gli viene e gli verrà richiesto, quel Kyrie Irving le cui percentuali dal campo (soprattutto da due) sono crollate da quando è tornato ad essere un giocatore a tempo pieno.

Come detto sopra, con un rotazione poi non troppo dissimile da quella che leggete sopra i Nets hanno portato i futuri campioni a sette gare l’anno scorso, e la storia del piede di KD la conoscete già tutti.

Credo che i Nets possano resistere per tre o addirittura quattro serie? Penso di no, è probabilissimo che scoppino presto, e le percentuali che leggete sopra sono riflessione del mio pensiero. Però, nonostante tutte le loro debolezze e i loro punti interrogativi, non vorrei incontrarli al primo o al secondo turno, mettiamola così. Allacciatevi le cinture perché stiamo probabilmente per assistere ad una o più serie playoff tra le più assurde giocate da un individuo nella storia della lega.

9) Philadelphia 76ers

Record: 51-31

Net Rating: +2.8

Probabilità di raggiungere le Finals: 8%

Probabilità di vincere l’Anello: 3%

Come fatto con i tifosi Grizzlies sopra, chiedo ora scusa a quelli 76ers: credo di avere ormai, forse colpevolmente, abbandonato la nave James Harden qualche mese fa. Quanto fatto vedere in questi mesi è quanto mi aspettavo accadesse: la squadra ha un Net Rating di +16 (!!!) quando la coppia Embiid-Harden è in campo, ma le sensazioni che traspirano non sono delle migliori. Analiticamente, i due sono il sogno di ogni GM: tanti, tantissimi tiri liberi, triple aperte generate per i compagni e shot profile pressoché perfetto (cosa non vera per Embiid, che però sta comunque segnando con percentuali poi non così malvagie quel 55% di tiri che non si prende al ferro o da tre perché sì, è Embiid). D’altro canto, un attacco guidato da James Harden è un attacco tutto sommato prevedibile e, se per diversi anni tutto quello che si poteva fare era tentare di frenarlo e sperare bene, credo che ora il suo stile di gioco non sia più sostenibile per una contender in ottica playoff se si sommano i vantaggi e gli svantaggi che l’avere la point guard da Arizona State comporta.

La difesa è certo la nota dolente: come già evidenziato nelle gare contro altre contender, attaccare la coppia Harden-Embiid sul pick&roll equivale spesso a segnare due punti. Le difficoltà del duo a marcare la più comune delle azioni è proporzionale all’altezza del blocco. A discolpa di Embiid, che rimane un ottimo rim protector, la gran parte della colpa sta proprio dalla parte di Harden, che ormai ha smesso di lottare sui blocchi da qualche anno anche ai playoff. Anche il resto del roster, eccezion fatta per il solo commovente Thybulle, è al più mediocre in difesa, con il sempiterno Danny Green che risente ormai del peso dell’età. Se a questo punto aggiungiamo la ciliegina sulla torta, e cioè che Thybulle sarà verosimilmente escluso dalle gare in Canada a causa degli obblighi vaccinali, la situazione in casa 76ers potrebbe mettersi male sin da primo turno.

Almeno due giocatori sugli esterni sempre a disposizione per essere puntati a piacimento, impossibilità a giocare uno schema difensivo switch-heavy, attacco statico. Nemmeno l’emergere di Maxey come terzo miglior giocatore del roster e ottimo complemento per Embiid e Harden sembra poter essere sufficiente per colmare tutte queste lacune: è ironico pensare che di questi tempi l’anno scorso la squadra di Doc Rivers avesse più possibilità di vincere il titolo di adesso. Detto tutto questo, Joel Embiid rimane probabilmente uno dei due/tre giocatori meno marcabili dell’intera lega e Harden potrebbe sempre tornare ad essere Harden 2018 in qualsiasi momento, ed è quindi corretto non chiudere del tutto la porta alle speranze 76ers.

10) Los Angeles Clippers

Record: 42-40

Net Rating: 0.0

Probabilità di raggiungere le Finals: 3%

Probabilità di vincere l’Anello: 1%

Sia ben chiaro che le probabilità che leggete qua sopra sono le probabilità che al momento attribuisco ad un ritorno di Kawhi al 60-70% ad esempio a metà del secondo turno, perché quello è il miglior scenario possibile per i Clippers e quanto basterebbe per innalzarli nello stesso tier di Phoenix. Se ciò non accade, la ciurma di Ballmer rimane forse la squadra dalla difesa più playoff ready dell’intera Conference e di certo la squadra meglio allenata ad Ovest, ma manca dello star power necessario per fare una playoff run profonda. Ciò non toglie che i Clippers appartengano assolutamente alla conversazione playoff anche senza Kawhi, e l’abbiamo visto l’anno scorso nelle ultime due gare della serie contro i Jazz o nella serie contro i Suns, e non dovreste essere sorpresi qualora gli unici losangelini ancora rimasti in gara dovessero o portare i Grizzlies a 6/7 gare o giocare diverse notti punto a punto contro Phoenix.

Qualora Kawhi non dovesse tornare, credo che l’obiettivo della squadra di Lue debba essere quello di far trasparire una probabilità molto alta di essere dominatori dell’Ovest con Kawhi Leonard l’anno prossimo, in modo da attrarre Free Agent e convincere almeno uno tra Batum e Covington a firmare ad una cifra modica, data la situazione del salary cap per la prossima annata. Se poi si riescono a provare delle lineup “Kawhi-less” che potremmo vedere anche il prossimo anno, tanto meglio.

Sul campo, i Clippers probabilmente soffriranno la mancanza di Pat Beverley in termini di difesa Point of Attack: benché certo di buoni difensori perimetrali a roster ce ne siano (PG e Mann su tutti), penso nessuno possa rimpiazzare il lavoro che Beverley ha fatto su Mitchell e Booker lo scorso anno senza risentirne in attacco. Dall’altro lato del campo, mi piacerebbe vedere un Reggie Jackson in grado di replicare l’exploit degli scorsi playoff dopo una stagione sottotono se confrontata con la scorsa estate.

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Andrea Bandiziol
Andrea, 31 anni di Udine, è uno di quelli a cui potete scrivere se gli articoli di True Shooting vi piacciono particolarmente. Se invece non vi piacciono, potete contattare gli altri caporedattori. Ha avuto la disgrazia di innamorarsi dei Suns di Nash e di tifare Phoenix da allora.