Preview Suns-Lakers: è finalmente CP3 contro LeBron

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Copertina di Alessandro Cardona

Dopo un fuggi fuggi generale per evitare i Lakers al primo turno, o addirittura per non averli dalla stessa parte del tabellone, i fortunati estratti sono i Phoenix Suns di Chris Paul e Devin Booker. Alla loro prima serie playoff dal lontano 2010, i Suns ritroveranno dunque gli stessi avversari che li eliminarono allora alle Western Conference Finals, guidati nelle sei gare da un Kobe Bryant probabilmente alla sua migliore serie playoff di sempre e con Ron Artest (sì, ancora si chiamava così) a chiudere la serie con uno dei rimbalzi offensivi più famosi e importanti di sempre.

Sebbene quella sia la serie più ricordata dell’era Nash, Suns e Lakers si incontrarono in altre due occasioni, nel 2006 e nel 2007, e in entrambe furono i Suns ad avere la meglio: in 7 partite alla prima (con la famosa seconda metà di Gara 7 in cui Kobe si rifiutò di tirare) e in 5 alla seconda. Curiosità, in entrambi i casi i Suns erano arrivati secondi in regular season, mentre i Lakers settimi, esattamente come in quest’annata.

Quel che è diverso da allora, però, è che oggi ad avere i favori del pronostico sono i losangelini, campioni uscenti. Infatti, se la serie era nel reame delle possibilità ad inizio stagione, quel che nessuno si aspettava era che ad avere il fattore campo fossero proprio i Suns. Ma poi gli infortuni si sono accaniti con particolare pervicacia sui Lakers, mentre la Dea Bendata ha, in larga parte, risparmiato Phoenix, mettendo ancora più in risalto la stagione comunque clamorosa giocata da Booker e soci.

I precedenti della regular season vanno sempre presi con le pinze, ma ciò è tanto più vero in questo caso, dato che ogni incontro ha avuto le sue peculiarità che lo rendono specchio non fedele di quanto vedremo nella serie. Infatti AD è stato assente nella prima gara, LeBron nella seconda e Phoenix ha a dir poco sperimentato con giochi offensivi e difensivi nella terza, peraltro ancora senza LeBron.

Non bisogna dunque trarre grandi insegnamenti dal 2-1 stagionale in favore di Phoenix sebbene, come vedremo dopo, due sono i punti che probabilmente ritorneranno nella serie: il primo, che Phoenix ha probabilmente poche risposte in difesa contro le lineup con Davis da 4 (sì, non quelle da 5!); il secondo, che Phoenix potrebbe essere una delle poche squadre nella lega il cui attacco potrebbe essere solo parzialmente rallentato dalla miglior difesa della lega.

Prima di tuffarci nei punti salienti della serie, è giusto far notare che, sebbene i Lakers siano favoriti ai nastri di partenza, l’ago della bilancia della serie sarà verosimilmente lo stato di salute della caviglia di LeBron James. Se LeBron sarà quello visto nella prima metà della gara del play-in contro i Warriors, la distanza tra le due squadre si riduce sensibilmente.

Se invece sarà anche solo quello visto nella seconda parte di gara, potremmo trovarci di fronte ad una serie più facile da decifrare di quanto alcuni possano credere ora.

La cosa più verosimile è che LeBron, al momento, non abbia nelle gambe più di 15/20 minuti giocati a buon ritmo per notte. È probabile che nelle prime due gare della serie il minutaggio sia limitato a 33/35 minuti, salvo poi salire in caso di necessità nelle gare seguenti. La prima settimana di playoff potrebbe (dovrebbe?) pertanto essere di rodaggio per LeBron: starà ai Suns cercare di trarne vantaggio.

Tre punti chiave della serie

1) La ricerca dei mismatch in post basso dei Lakers

Ormai non è una novità, la struttura offensiva di questi Lakers allenati da Frank Vogel fa moltissimo affidamento sul post basso, portando spalle a canestro sia LeBron sia Davis. Se ne sono dette di tutte i colori su questo approccio offensivo adottato dal coach dei Lakers, e in vista della serie contro Phoenix è tempo di scavare a fondo, così da capire come Phoenix possa contrastare il post-up e, di conseguenza, come riusciranno i Lakers ad adeguarsi ai Suns.

Los Angeles, secondo NBA.com/stats, anche quest’anno è seconda per post-up giocati con 9.3 di media, solo due in meno rispetto a quelli dei 76ers di Embiid. In questo genere di situazioni i risultati sono stati altalenanti (in parte dovuti anche alle assenze prolungate di LeBron e Davis), tanto che come squadra i Lakers si piazzano nel 51esimo percentile.

I gialloviola sono una squadra imponente, che ha la possibilità di sovrastare Phoenix senza troppi problemi quando si parla di chili e centimetri. Per questo motivo Vogel potrebbe decidere di non cambiare il suo solito gameplan e di andare a cercare costantemente in posizione profonda le sue due stelle.

Se i Lakers schiereranno il doppio lungo per molti minuti, i Suns potrebbero essere costretti a mettere sul Re uno tra Mikal Bridges e Crowder. Il primo, nonostante l’apertura alare incredibile e le buone capacità difensive, lascia una decina di chili abbondanti a LeBron: nel video qui sotto vediamo che James lo porta spalle a canestro senza troppe difficoltà, gli aiuti non arrivano e la separazione creata è troppa. Splash.

Crowder invece potrebbe rappresentare una buona soluzione, ma questo potrebbe voler dire lasciare su Davis uno tra Bridges, Ayton, Craig o Šarić, accoppiamenti facili per AD, eccezion fatta per un DeAndre Ayton in serata. Nelle due clip che seguono si vede come Davis in post, o comunque in posizione profonda, sia sostanzialmente impossibile da fermare per la squadra di Monty Williams: prima contro Dario Šarić sfodera una spin-move e il gancio, poi in posizione profonda contro Craig, e anche se l’alto-basso non è preciso, la schiacciata arriva comunque.

I modi per reagire e cercare di limitare più possibile i danni sono tanti e vanno in base alle lineup utilizzate, sia da una parte sia dall’altra. Contro un quintetto più basso che vede Davis impiegato da 5, Coach Monty potrebbe optare per lasciare Ayton in uno-contro-uno in post-basso su Davis, senza preoccuparsi troppo se Davis segna. Come dicono gli allenatori: “se segna, è bravo lui”.

In alternativa i Suns potrebbero optare per una difesa più corale e quindi mandare raddoppi o fare stunt&recover, soprattutto su Anthony Davis, che non ha doti così spiccate nel passaggio o nel creare per gli altri. Durante la partita contro GS si è già intravisto un trend simile, che potrebbe essere riutilizzato anche da Phoenix: Kerr non ha mai raddoppiato in post basso, lasciando gli uomini in aiuto forte, pronti ad aiutare su un’eventuale penetrazione o a intercettare un passaggio.

Per quanto riguarda LeBron, tutto dipende dalla sua salute: raddoppiare o lasciare l’uno-contro-uno può significare scegliere di che morte morire. Quel che è certo è che CP3 e compagni dovranno cercare di concedere meno minuti possibili al mismatch hunting.

Los Angeles, d’altra parte, ha fatto vedere poche volte delle risposte serie a questi raddoppi o blitz in post basso, lasciando spesso il lato debole fermo ad aspettare lo scarico del creatore di gioco di turno. Vogel dovrà cercare di muovere molto di più il lato debole, anche con semplici tagli a centro area o flare screen per i tiratori.

Nei due esempi qui riportati vediamo come con un semplice taglio si riesca a prevenire il raddoppio: THT taglia dalla punta per prevenire il raddoppio o aiuto di Dončić; con LeBron invece viene eseguito un 45 cut da parte di Caruso mentre Kuzma si ricolloca sull’altra ala, e tutto ciò contribuisce a creare un tiro più pulito per il Re.

2) La rotazione dei lunghi Lakers

La partita dei play-in tra Lakers e Warriors non ha lasciato un bel ricordo per quanto riguarda i lunghi in maglia gialloviola che non siano Davis: Drummond ha giocato poco meno di 17 minuti – 7 minuti in meno rispetto alla media stagionale in maglia Lakers – mentre Harrell meno di 10 minuti, entrambi dominati dai lunghi avversari e da Curry. Vogel è corso ai ripari schierando Davis da 5 per una buona parte del tempo.

Contro Phoenix però potrebbe tornare utile giocare ancora con il doppio lungo, per quanto possa sembrare strano e controintuitivo. Come accennato in precedenza, la squadra allenata da Monty è più piccola rispetto ai Lakers e subisce molto di più in termini di fisicità, quindi potrebbe valer la pena tentare almeno 5/10 minuti in Gara 1 di Drummond. Non solo, usare un 5 di fianco a Davis costringerebbe i Suns a mettere un qualcuno di più piccolo su AD.

Lo so, ve lo state chiedendo tutti: e Gasol? Con tutta probabilità Marc è il miglior lungo da affiancare a Davis (cosa che già si sapeva ad inizio anno, ndr), visto che ha la capacità di allargare il campo e prendere decisioni, andando a compensare proprio in quel fondamentale dove il Monociglio è più carente, ovvero il passaggio (inteso come creation per gli altri). Inoltre, aprire il campo comporterebbe anche un maggiore spacing statico per la squadra della California, cosa da non sottovalutare se si intende giocare molto in posizione profonda.

Oltre all’attacco, Gasol aiuta anche la difesa. Lo spagnolo è un giocatore completamente diverso da Drummond e Harrell: meno fisico e meno rimbalzista, ma con un miglior senso della posizione e QI cestistico. In una serie dove LeBron non sarà al 100% per almeno un paio di gare, avere qualcuno dietro su cui poter contare non solo come impatto sulla partita, ma anche come leader difensivo e generale in campo aggiunto è un plus che in pochi si possono permettere.

Certo, è anche vero che il minutaggio di Marc è limitato, ma Vogel difficilmente gli chiederà più di 20 minuti a notte. In conclusione, nel miglior scenario possibile la rotazione dei centri cambierà un minimo: Drummond rimarrà lo starter principale, ma verrà tenuto comunque a un minutaggio limitato e messo solo in momenti della partita in cui potrebbe effettivamente andare ad incidere contro un quintetto notevolmente più piccolo.

Il resto dei minuti da 5 sarà conteso tra Davis e Gasol: quest’ultimo potrebbe stare in campo per 10/15 minuti a gara, mentre in quel che rimane Davis verrebbe affiancato da un’ala più mobile in un quintetto small.

3) Come minimizzare l’impatto difensivo di Anthony Davis

Nell’introduzione abbiamo accennato al fatto che, nel loro terzo incontro stagionale, i Suns abbiano esplorato diverse alternative tattiche sia in attacco sia in difesa. La cosa potrebbe non stupire un appassionato NBA, ma stupisce molto un occhio che abbia seguito buona parte della stagione di Phoenix: per quanto il playbook sia abbastanza esteso, alcuni schemi in particolare vengono giocati e rigiocati alla noia, principalmente perché possono venir conclusi in più modi.

Per esempio, buona parte dei giochi di Phoenix parte con un elbow set, cioè con le due guardie ai gomiti e i due “lunghi” posizionati sui blocchi.

Bene, nella terza gara contro i Lakers, Phoenix ha giocato un solo elbow set nei 41 minuti con AD in campo (!), senza peraltro coinvolgere il suo uomo nel gioco, mentre li ha giocati normalmente con Davis in panchina. Allo stesso modo, l’uomo di AD è stato coinvolto solo 4 volte in un gioco offensivo.

Per quanto Davis sia forse il lungo più versatile della lega quando si tratta di difendere sulla palla, quello che lo rende probabilmente il miglior difensore dell’intera NBA in ottica playoff è la sua capacità in roaming, cioè lontano dalla palla: grazie alla sua wingspan irreale e alle sue ottime letture, Davis riesce a sporcare molte linee di passaggio e a farsi sentire al ferro in aiuto.

Ne sanno qualcosa anche i Suns, che hanno sofferto l’abilità di AD di intercettare palloni soprattutto quando a dirigere le manovre c’era Devin Booker, che ha la tendenza a cercare passaggi a volte rischiosi. Per quanto possa sembrare una strategia suicida, ritengo che coinvolgere da subito l’uomo di Davis nei giochi offensivi sia un buon modo per minimizzare il suo impatto difensivo nella serie: la stessa Golden State ha avuto vita più facile in tali occasioni nel play-in.

Potrebbe esserci un solo distinguo, e cioè tentare di non attuare questa strategia proprio quando Booker è il portatore di palla. Per quanto questo possa sembrare contraddittorio con quanto detto sopra, ritengo sia probabile che i Lakers decidano di raddoppiare Booker sui pick and roll in cui è il portatore, conoscendo bene la sua tendenza ad aspettare sempre un palleggio in più prima di liberarsi del pallone: il tempismo con cui Davis esegue il raddoppio sul portatore è da manuale, e la sua lunghezza fa il resto.

Nel loro recente incontro, Portland ha avuto discreto successo nel difendere Booker con Norman Powell e alzando Nurkic quasi al livello del portatore: pensate quale potrebbe essere l’effetto di questa difesa con KCP e Davis. Una buona strategia potrebbe pertanto essere quella di far combaciare i minuti in campo di Paul e Davis, e lasciare che sia la point guard da Wake Forest a dettare i ritmi dell’attacco quando in campo, per poi lasciare che sia Booker a gestire lo show nei minuti in cui il Monociglio riposa.

Il pronostico

Andrea Poggi: a mio parere tutto passa dalla salute fisica di LeBron. Dopo la partita contro Golden State credo che l’opzione più probabile sia un 4-2 Lakers, ma sarà sicuramente una serie estremamente combattuta e con tanti colpi di scena. Da seguire senza dubbio.

Andrea Bandiziol: per quanto lo stato di salute di LeBron sia un’incognita e i Lakers abbiano probabilmente bisogno di qualche partita per levarsi la ruggine di dosso, li vedo favoriti in una serie contro dei Suns gagliardi, molto organizzati, ma anche estremamente inesperti. Le prime due gare saranno quelle che decideranno la serie: qualora i Lakers dovessero riuscire a strappare anche solo una delle due, e quindi il fattore campo, credo che il talento del roster gialloviola e la presenza a roster dei due migliori giocatori della serie possano finire per essere un muro invalicabile per la franchigia dell’Arizona.

Ed è proprio questo il punto: le prime due gare sono con tutta probabilità le più importanti della serie, ma saranno anche le prime gare ai playoff per quasi tutto il nucleo dei Suns. Come se non bastassero, arrivano contro un gruppo fresco di anello e conscio delle proprie possibilità. Dico 4-2 Lakers: non sarei del tutto stupito se dopo quattro gare la serie fosse sul 2-2, ma anche se fosse così per allora la caviglia di LeBron dovrebbe essere guarita del tutto, e ciò dovrebbe mettere fine alle speranze di Phoenix. Certo, qualora LeBron dovesse essere questo tutta la serie le carte in tavola cambierebbero, ma la storia ci insegna che LeBron è sempre pronto quando deve esserlo.

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Andrea Poggi
24 anni, istruttore di minibasket e appassionato di fotografia. Tifoso Lakers dalla nascita per fare un torto al padre tifoso Celtics, segue anche i Pelicans a causa di Lonzo Ball.
Andrea Bandiziol
Andrea, 31 anni di Udine, è uno di quelli a cui potete scrivere se gli articoli di True Shooting vi piacciono particolarmente. Se invece non vi piacciono, potete contattare gli altri caporedattori. Ha avuto la disgrazia di innamorarsi dei Suns di Nash e di tifare Phoenix da allora.