4 spunti di discussione su Blazers-Nuggets

blazers nuggets
Copertina di Marco D'Amato

La serie che vede contrapposte Denver e Portland è in perfetto equilibrio dopo quattro gare e questa potrebbe essere considerata una parziale sorpresa. Parziale perché in fase di pronostico avevamo infatti optato per mettere le nostre fiches su un 4-2 a favore di Denver e quel risultato rimane possibile. Quello che però era più complicato pronosticare era l’andamento della serie, in particolare queste quattro gare estremamente diverse tra loro. 

Ad esempio era possibile immaginare che Portland, non avendo un sistema solido e definito né offensivamente né difensivamente, avrebbe riposto le proprie speranze nelle percentuali da fuori e nella vena di Lillard. Invece i Blazers hanno portato a casa il 2-2 in una gara nella quale Lillard ha concluso con 1/10 dal campo e la squadra ha tirato da 3 con percentuali inferiori alla sua media stagionale. Questo a testimonianza di come il confronto tra queste due franchigie ci stia offrendo una varietà di temi che vanno ben oltre il confronto tra stili di gioco estremamente diversi e tra due stelle altrettanto diverse. 

Per rendere al meglio l’idea andiamo ad analizzare ora un tema chiave per ogni gara della serie

Gara1: la difesa del pick&roll di Denver

Nella preview della serie avevamo parlato di come la difesa del pick&roll fosse per Denver una delle principali chiavi tattiche del confronto e così è stato.

I problemi dei Nuggets nel contenere i giochi a due dei Blazers, in particolare quelli fa Lillard e Nurkić, sono iniziati fin dai primi possessi di gara 1. Jokić spesso non è riuscito ad essere aggressivo quanto avrebbe dovuto nel giocare la difesa “show” su Lillard, in questo modo per Dame è stato fin troppo facile trovare lo short roll del bosniaco che, grazie alla stazza e a un decision making sottovalutato, ha saputo gestire al meglio il vantaggio creato, spesso dominando fisicamente il difensore in aiuto di Denver, in altri casi scaricando in angolo per una facile tripla dei compagni.

Da queste situazioni sono stati creati un gran numero di tiri aperti per tutto il supporting cast di Portland che ha punito severamente la difesa dei Nuggets, con un eccezionale 19/40 da tre punti, fattore principale della prima vittoria Blazers nella serie.

In gara 2 e gara 3 la musica però è cambiata: a prescindere da quanto alto venisse portato il blocco, Jokić e compagni sono sempre usciti molto forti sul nativo di Oakland limitando le possibilità di creazione per i compagni, costringendolo piuttosto a conclusioni personali, spesso molto contestate. 

Il tabellino in questo caso è ingannevole, i 42 e 37 punti segnati da Lillard in queste partite sono merito principalmente del suo enorme talento che gli ha permesso di segnare tiri impossibili per chiunque altro, molti dei quali in isolamento, situazione in cui al momento è sostanzialmente infermabile (1.48 punti per possesso nella serie).

La prova definitiva che il successo dei Nuggets non passa dal limitare Dame Dolla, ma piuttosto dai suoi compagni, l’abbiamo avuta in gara 4, chiusa da Lillard con soli 10 punti a referto eppure conclusasi con un pesante blowout a favore della franchigia dell’Oregon. Sabato notte Jokić a causa degli scarsi risultati ottenuti offensivamente si è progressivamente spento anche in difesa e il resto della squadra ha seguito il proprio leader, perdendo un possesso alla volta la grinta e la puntualità nelle rotazioni che hanno portato la vittoria nelle partite precedenti.

Una soluzione potrebbe essere quella di affidare definitivamente Dame ad Aaron Gordon, che già è riuscito a limitarlo (in particolare nell’uno contro uno) nel corso della serie, ma a prescindere da questo l’intensità difensiva di Denver dovrà tornare ad essere ad un altro livello per poter accedere al secondo turno.

Gara 2: la (non) difesa del pitturato da parte di Portland

Senza dubbio gara 2 è stata la gara del dominio di Jokić. Minuti e minuti di clinic offensivo del centro che ha concluso la gara segnando 38 punti con uno spaventoso 83.9 di TS%, figlia del suo 15/20 dal campo e dei 6 liberi segnati senza errori. Volendo però uscire dal racconto della partita vinta grazie all’exploit della superstar, ciò che ha condizionato maggiormente la gara è stata la difficoltà di Portland a difendere il pitturato, in particolare la restricted area, ossia la zona più a ridosso del ferro.

La prestazione di Jokić da sola non sarebbe bastata, dal momento che dall’altro lato Damian Lillard ha giocato la sua miglior gara della serie, mettendo a referto un 42+10 ed andando ben 13 volte in lunetta, bilanciando in qualche misura la performance del Joker. 

Non si può ovviamente ignorare il modo in cui uno Jokić così in forma abbia condizionato la difesa di Portland, ad esempio con la minaccia del pop che ha generato grande apprensione, ma per vincere è servita anche una particolare inconsistenza della squadra dell’Oregon nella difesa del ferro.

In questa situazione Denver è riuscita a far male a Portland con la maggior parte dei giocatori a sua disposizione. Se infatti era lecito aspettarsi che Gordon e Porter riuscissero a concludere nella restricted area con continuità grazie al loro fisico e agli assist di Jokić, questo non valeva allo stesso modo per comprimari come Morris o Millsap. Questi ultimi hanno invece giocato una partita più che buona e segnato, in coppia, 8 canestri nella restricted area, in parte non assistiti.

La cosa che lascia stupiti è come Portland non sia andata in difficoltà su una specifica situazione ma che abbia concesso uno spettro di soluzioni particolarmente ampio. Le situazioni in cui i lunghi si sono trovati accoppiati con le guardie di Denver sono state sanguinose, ma anche gli esterni non hanno fatto un buon lavoro sul perimetro.

Nonostante i Nuggets, senza Murray e Barton, abbiano particolare difficoltà a trovare uomini capaci di battere l’uomo con continuità per creare vantaggi, in questa gara lo hanno fatto spesso. Per completare il quadro, le rotazioni difensive in gara 2 sono state particolarmente pigre e spesso gli uomini di Malone non hanno dovuto nemmeno affidarsi a soluzioni creative per chiudere al ferro, ma sono riusciti a concludere con comodi appoggi.

Gara 3: The Austin Rivers Show

Ok, forse può sembrare esagerato dare tanta importanza alla prestazione di un role player, ma fidatevi, non lo è. I 21 punti ad altissima efficienza (71% di True Shooting) segnati da Austin sono stati fondamentali per la vittoria dei Nuggets in gara 3, soprattutto perché 16 di questi sono stati segnati nel quarto periodo con il risultato ancora in bilico.

Con il reparto guardie in emergenza Rivers è arrivato in Colorado ad aprile con un 10-day contract, affermandosi come il migliore giocatore a roster dopo Jokić a creare e segnare tiri dal palleggio, abilità messa ampiamente in mostra in questo finale di gara:

Oltre ad essere stato efficiente da solista, il figlio di Doc ha sfruttato alla perfezione gli spazi creati da Jokić, che a causa dei problemi di falli di Nurkić per la prima (e probabilmente ultima) volta nella serie è stato raddoppiato dai Blazers nel finale. Queste due triple segnate sugli scarichi del serbo hanno messo fine alla gara.

Purtroppo per Denver il rendimento offensivo di Rivers non è stato in alcun modo costante nell’arco della serie; è chiaro che, nel caso in cui non dovesse rientrare Barton al più presto, dovrà essere più presente offensivamente, dove può essere l’ago della bilancia per i Nuggets.

A portare costanza di rendimento è stato invece Monte Morris. La point guard ha ritrovato velocemente il ritmo partita al rientro dall’infortunio, riuscendo ad impattare su ambo i lati del campo con la sua energia. Offensivamente si è dimostrato l’unico in grado di battere il proprio uomo dal palleggio e concludere al ferro con continuità e, vista la sopracitata discontinuità di Rivers, nelle prime quattro gare è stato il migliore del roster anche nei tiri in pull up (46.4% effective FG). La pericolosità dal palleggio, l’innata rapidità e le buone doti da passatore gli stanno permettendo di creare ottime occasioni per sé e per i compagni dal pick&roll, fondamentale nel quale è tra i migliori della lega per efficienza in queste prime gare di postseason.

Morris e i veterani Green e Millsap sono tre giocatori di livello in uscita dalla panchina, per cui sarebbe logico ridurre la rotazione a 8 uomini, cosa abbastanza comune ai Playoff. Malone finora non è stato di quest’idea, impiegando ben 10 uomini ogni notte, non utilizzandone nessuno per più di 34 minuti. Vedremo se questa strategia porterà i Nuggets ad essere più freschi alla lunga o se invece nelle gare decisive vi sarà un cambio di rotta con minuti ridistribuiti su meno giocatori.

Gara 4: come si sopravvive ad una serataccia di Lillard 

Come è stato detto in apertura, Portland è riuscita a pareggiare la serie sul 2-2 nonostante la cattiva serata al tiro della propria star. La seconda delle gare giocate in Oregon non è stata però una vittoria sofferta, ma qualcosa di molto simile a un blowout, con una partita che già da inizio terzo quarto ha smesso di offrire particolari sussulti di competitività. 

Il merito principale è da ascrivere a due giocatori che non erano stati ancora protagonisti di una serie particolarmente positiva nel complesso: Nurkić e Powell. Se il primo era stato importantissimo per tenere ben oliati i meccanismi dell’attacco di Portland col suo playmaking, allo stesso tempo aveva sofferto più volte in difesa, mostrando tutta l’incidenza avuta dagli infortuni degli ultimi due anni sulla sua mobilità. Il secondo stava mettendo insieme anche dei numeri interessanti ma non aveva fugato i dubbi sulla tunnel vision, oltre a non aver tirato bene da fuori nelle prime tre gare. 

Gara 4 è stata un’esplosione fragorosa del talento offensivo di Powell, il quale ha segnato 29 punti, con 4 triple senza errori e la solita capacità di mettere pressione al ferro, in particolare in transizione. Per l’ex Toronto Raptors i momenti migliori della partita sono concisi con i quarti in cui Portland ha costruito il divario, ossia il primo e, soprattutto, il terzo. In entrambe le frazioni Powell è stato decisivo, mettendo in difficoltà anche un ottimo difensore come Gordon. L’ala dei Blazers lo ha seminato spesso sui blocchi, capitalizzando i vantaggi con continuità. 

Nurkić invece ha dato risposte dal punto di vista difensivo, costringendo Jokić alla prima brutta prestazione offensiva della serie e mostrandosi più solido delle altre gare nel difendere il pitturato. In attacco ha giocato una gara diversa dal solito, meno da facilitatore ma mostrandosi più aggressivo, segnando ben 6 volte in area nella prima metà del match e mettendo in difficoltà la stella dei Nuggets anche nella sua metà campo. Il centro serbo è sembrato stanco e Nurkić ha contribuito a sfruttare questa situazione, attaccandolo in post e sfuggendogli in situazioni di pick&roll. 

In gara 4 si sono visti per i Blazers anche minuti senza un vero lungo, con Nurkić che ha giocato solo 25’ minuti, riposandosi quando la partita era ormai virtualmente chiusa, e Kanter entrato solo per qualche minuto di garbage time. La serata di Jokić ha reso possibile tentare questa soluzione per un’ampia porzione di gara, ma non è detto che Portland non possa riprovarla anche nei prossimi incontri, a partire dal ‘pivotal game’ di mercoledì notte.

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Paolo Di Francesco
Se potessi tornare indietro nel tempo donerei delle nuove ginocchia a Roy ed Oden. Visto che non posso, mi accontento di questi Trail Blazers meno entusiasmanti. Parlo di Eurolega su Four Point Play, solo per sfoggiare l’accento romano.
Alessandro Benassuti
Alessandro, studente di economia e pallanuotista, nel tempo libero finge di capire qualcosa di basket. La sua passione sono gli small market, in particolare Oklahoma City e Denver per le quali tifa al di là del risultato. Si vanta di essere il miglior cuoco della redazione di True Shooting.