Preview Jazz 21/22: le finals sono veramente impossibili?

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Copertina di Sebastiano Barban

Arrivi: Rudy Gay, Eric Paschall, Hassan Whiteside, Jared Butler

Partenze: Derrick Favors (C), George Niang (F), Juwan Morgan (F), Jarrell Brantley (F)

Depth Chart

PG: Mike Conley, Jared Butler, Trent Forrest
G: Donovan Mitchell, Jordan Clarkson, Elijah Hughes
SF: Bojan Bogdanović, Joe Ingles, Miye Oni
PF: Rouce O’Neale, Rudy Gay, Eric Paschall, Malik Fitts
C: Rudy Gobert, Hassan Whiteside, Udoka Azubuike

La passata stagione

L’ultimo capitolo della passata annata è stato senza dubbio il più amaro. L’uscita contro i Clippers, con delle prestazioni estremamente negative in gara 5 e 6, ha evidenziato i limiti di questa rosa quando deve affrontare squadre che usano quintetti 5-out. Giocando sempre e comunque con un centro ancorato a centro area, c’era sempre un avversario libero sul perimetro. Problema accentuato da una difesa perimetrale non adatta al livello richiesto per i playoff, incapace di rendere un minimo impermeabile il pitturato presidiato da Gobert. Non avendo uno schema difensivo alternativo alla difesa in drop coverage, Snyder ha cavalcato il suo sistema scegliendo di battezzare in particolare Terance Mann. I risultati li conoscono tutti.

Tale conclusione conferma i problemi cronici dei Jazz nella post-season, in piena controtendenza con quanto dimostrato nella stagione regolare. I Jazz sono stati tra le squadre più forti degli ultimi 20 anni nelle 82 partite, classificandosi tra le prime 5 squadre sia in attacco che in difesa. Da un lato il valore offensivo è stato confermato ai playoff, in difesa invece i problemi nascosti da Gobert sono venuti a galla. Perché sì, Gobert è stato la coperta che ha reso possibile coprire i mille buchi difensivi degli esterni, e pensare che lui sia la causa diretta della situazione è altamente sbagliato. Credere che una qualsiasi ala possa sostituirlo rendendo i Jazz automaticamente solidi, è il classico esempio in cui si guarda il dito e non la luna.

Per porre rimedio, la dirigenza (dopo l’allontanamento di Lindsey dal quadro decisionale) ha allungato la rotazione. Whiteside potrebbe pareggiare l’apporto di Favors in uno schema congeniale alle sue caratteristiche. In attacco potrebbe formare un’ottima coppia con Ingles, visti i passaggi perfetti dell’australiano sui P&R. Paschall è un giovane, ex compagno di Mitchell a Louisville, che può portare fisicità e rappresentare un mismatch in attacco grazie alla sua forza fisica.

Le due principali aggiunte sono Jared Butler e Rudy Gay. Il primo è sceso fino alla 40° posizione del draft per problemi di salute, ma già nella preseason sta dimostrando le sue qualità. Creatore dal palleggio di buon livello, difensore arcigno nonostante una stazza leggermente sotto media per il ruolo, buon tiratore, Butler potrebbe tornare utile per far rifiatare Mike Conley durante la regular season. Se i problemi cardiaci rimangono sotto controllo, potrebbe offrire un contributo positivo fin dal primo anno.

Rudy Gay invece viene da una esperienza altalenante con gli Spurs. La tendenza da mangia palloni lo rende un profilo capace di prendersi con continuità i suoi tiri e in difesa le sue lunghe leve lo rendono un difensore in aiuto migliore di qualsiasi altra ala presente in rosa. Possibile venga utilizzato come centro tattico in alcuni accoppiamenti, scelta che rappresenterebbe un utile piano B in situazioni di emergenza per coach Snyder.

Le rotazioni

Ad oggi è difficile prevedere stravolgimenti nella depth chart dei Jazz. Il nucleo è rimasto intatto, Whiteside dovrebbe al momento vincere il confronto con Azubuike e accaparrarsi i minuti in cui Gobert riposerà. Gay invece, oltre a prendersi i minuti di Niang, potrebbe mangiarne altri a Bogdanović (soprattutto se riuscirà a mantenere delle buone percentuali da 3). Nella dogmatica rotazione a 9 da regular season di Snyder, i vari Butler, Paschall, Oni e Forrest proveranno a far cambiare idea all’allenatore di Utah. Ad avvantaggiarli rispetto al passato, potrebbe essere un turnover più ampio in ottica playoff.

Infatti, uno dei motivi per cui i Jazz sono usciti contro dei Clippers menomati è stato l’infortunio di Mike Conley. Il guaio è che tale problema all’adduttore è ormai diventato cronico, e delle tre serie dei playoff giocate con i Jazz non ve ne è una in cui Conley non sia stato torturato da questo malanno. Lo scorso anno, l’ex Grizzlies è riuscito a stare in salute fino a inizio febbraio, ma da quel momento in poi è stato costretto a sedersi periodicamente per potersi riposare. Di fronte a questa evenienza, possibile che Butler e Forrest possano avere più minuti di quanto ci si possa attendere ai blocchi di partenza. Il secondo anno ex Florida State è un profilo prettamente difensivo con delle evidenti difficoltà nel tiro da dietro l’arco, ma in una configurazione con Gay da 5 Forrest potrebbe non risultare così problematico in termini di spaziature.

La rotazione delle ali pare invece essere abbastanza assestata. Bogdanović, O’Neale e Ingles manterranno i loro minuti e se ne perderanno qualcuno rispetto alla passata stagione sarà probabilmente a vantaggio di Gay. Paschall e Oni di conseguenza avranno il loro da fare per poter entrare in campo. Entrambi però potrebbe diventare improvvisamente  utili nel caso si decidesse di giocare costantemente dei minuti con Gay da 5.

Questi ipotetici minuti saranno di sicuro i più interessanti da seguire in questa annata, rappresentando l’unico vero elemento di rottura con il passato. In preseason, Snyder ha messo in piedi una difesa switch per la prima volta da quando siede in panchina nello Utah. Se si decidesse di provare con costanza questa tattica, potrebbe essere interessante sondare il mercato per un’ala più atletica. Difficile immaginare un movimento di mercato durante la stagione per una squadra che fa della continuità il suo mantra, ma in NBA la ricerca di duttilità tattica è un credo sempre più diffuso, e i Jazz paiono essere rimasti leggermente indietro.

Una nota a margine che potrebbe però rivelarsi importante nell’impostazione della stagione è legata al calendario. I Jazz potranno sfruttare un inizio particolarmente facile sulla carta, e se riuscissero a mettere a referto un buon numero di vittorie, la gestione delle energie potrebbe diventare un punto ancora più importante durante la regular season.

Ambizioni e pronostico

Dati i problemi fisici di alcuni concorrenti (Leonard, Murray, Thompson), è lecito immaginare che le prime tre della classe ad ovest saranno Jazz, Suns e Lakers. Utah parte leggermente avvantaggiata per un discorso di amalgama e di profondità, e non ci si dovrebbe stupire nel rivedere i Jazz primi alla fine della regular season. Molto difficile, a meno di cataclismi, immaginarli dal quarto posto in giù. E fin qua niente di nuovo. Gobert continuerà a inanellare statistiche impressionanti in difesa e Mitchell continuerà nella sua lenta ma inesorabile scalata verso l’Olimpo della lega aggiungendo qualche altra qualità al suo gioco. La novità, come detto nell’incipit, è la qualità degli avversari.

Se da un lato la classe media pare di gran lunga migliorata, le squadre più forti partono con qualche problema da risolvere. Gli ostacoli che dovranno affrontare le concorrenti dei Jazz paiono più grandi di quelli di Utah, e tale incertezza potrebbe avere delle ripercussioni. A livello di accoppiamenti, sulla carta i Jazz potrebbero soffrire contro 5/6 squadre della Western Conference, mettendo a repentaglio anche l’accesso al secondo turno.

Dall’altro lato, nessun’altra franchigia può vantare un floor così elevato come i Jazz. Se per un qualsiasi motivo le altre contender non riuscissero ad arrivare al loro pieno potenziale, Utah sarebbe la favorita a ripercorrere le orme dei Suns dello scorso anno. E questa deve essere l’aspirazione dei Jazz con la rosa attuale. Dare il proprio massimo e mettersi in una posizione in cui gli avversari siano costretti a spremere ogni risorsa per doverli battere. Cosa, quest’ultima, che invece non è successa la passata stagione.

Avere qualche alternativa in più rende questa rosa leggermente migliore della precedente, sia per gestire la fatica delle 82 partite, sia per poter arrivare più pronti che mai ai playoff. Se il percorso dei Jazz dovesse ricalcare quello dello scorso anno, non ci sarebbe da stupirsi nel vederli fare un passo in più raggiungendo le finali di conference. O magari le finals.

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Alexandros Moussas
Alla tenera età di 9 anni, mio zio mi fece scoprire il basket NBA, facendomi guardare con lui le finali del 98. Con Tavcar nelle orecchie e Micheal Jordan ad alzare il trofeo, mi innamorai dei perdenti, gli Utah Jazz. Da quel momento, nulla è cambiato. Io continuo a tifarli, e loro continuano a non vincere.