Il nostro Power Ranking NBA

power-ranking-lebron-james-giannis-antetokounmpo-kevin-durant-devin-booker
Copertina di Sebastiano Barban

New York Knicks

I Knicks sono stati la sorpresa della scorsa stagione, certificata dal premio di Coach of the Year assegnato a Tom Thibodeau: quarto posto in Regular Season, atmosfera playoff respirata nuovamente al Madison Square Garden dopo otto anni e la sensazione di stare costruendo qualcosa di sostenibile per il futuro.

L’identità dei Knicks è stata quella di ogni squadra di Coach Thibs: difesa intensa e attenzione ai dettagli sono ingredienti che fanno fare strada in Regular Season, anche se poi il risveglio al primo turno playoff è stato brusco. La differenza fra New York ed Atlanta è apparsa incolmabile nel breve termine e probabilmente tale rimarrà fintanto che il mercato della Grande Mela non riuscirà ad attrarre talento di primissimo ordine.

I Knicks si presentano ai nastri di partenza con un comparto guardie di prim’ordine, seppur fragile: Kemba Walker, Derrick Rose, Evan Fournier e Immanuel Quickley assicurano che nessun minuto venga sprecato, nemmeno in Regular Season (a differenza di quanto avveniva con Elfrid Payton la scorsa stagione), con i due promettenti rookie Miles McBride e Quentin Grimes pronti a sfruttare ogni occasione loro concessa.

RJ Barrett, Burks e Randle saranno i tre a completare la batteria di esterni, ed anche il reparto lunghi non sembra soffrire di penuria potendo contare su Mitchell Robinson, Nerlens Noel, Obi Toppin e Taj Gibson. Il punto debole di New York pare abbastanza evidente: quello che per Atlanta è un punto di forza, il fatto di avere diversi portatori di palla capaci di creare dal palleggio, sembra essere un limite per i Knicks, data l’assenza ormai al limite del patologico di giocatori che si muovano off-ball e in grado di offrire spaziature sufficienti (forse il solo Fournier è, tra i giocatori a roster, un giocatore più pericoloso lontano dalla palla che on-ball).

È quasi certo che Kemba, Rose, Randle e Barrett finiranno spesso per pestarsi i piedi (non è un caso che in una serie playoff in cui Rose ha giocato ben al di sopra delle aspettative Randle abbia giocato ben al di sotto del proprio livello), che le loro capacità non siano dunque del tutto additive. Quando quattro bocche da fuoco che vogliono avere palla in mano calcano lo stesso parquet, solitamente le cose non vanno benissimo. Gli acquisti estivi dovrebbero anche migliorare l’attacco a metà campo di New York, ma portando un significativo calo delle prestazioni difensive.

Morale della favola: la stagione della riconferma è sempre la più difficile, e se credo che New York si sia mossa in maniera intelligente sul mercato, penso anche che Coach Thibodeau dovrà essere molto bravo a ricreare un’identità difensiva e a convincere una buona fetta del roster che avere il pallone in mano non è sempre il modo migliore per impattare una partita. Qualora voglia raggiungere nuovamente i playoff senza passare dal play-in, Thibs ha del lavoro da fare: non sarei sorpreso di vedere New York nuovamente nei primi cinque posti ad Est, ma allo stesso tempo non sarei sorpreso di vederla giocare un play-in senza il vantaggio del fattore campo.

New Orleans Pelicans

Giocatori come Zion Williamson raramente mancano i playoff per più di un paio di anni di fila, ma la dirigenza Pelicans sta facendo del proprio meglio per rendere la vita difficile al talento da Duke. Grandi delusi dell’estate insieme a Dallas, uniti dal mancato arrivo di Lowry, a sua volta piano B per New Orleans rispetto a Chris Paul, i Pelicans si sono buttati su Devonte’ Graham, giocatore di buon valore ma il cui fit con Zion appare dubbio: Zion ha dimostrato di dare il suo meglio palla in mano e di avere problemi nella difesa sul pick&roll, pertanto la scelta di prendere un giocatore di stazza estremamente minuta che predilige giocare palla in mano e con grosse lacune difensive è apparsa quantomeno dubbia.

Appare curioso anche il fatto di aver messo assieme un quintetto per aprire/chiudere le partite che non abbia un difensore sopra la media: Graham-NAW-Ingram-Zion-Valančiūnas sembra avere tutto per soffrire la maggior parte delle situazioni di gioco avversarie. Diverso il discorso per le riserve, che paiono molto più compatibili col duo Zion-Ingram: Satoransky offre playmaking secondario senza rovinare le spaziature ed offrendo una prima linea difensiva, Murphy combina movimenti lontani dalla palla, taglia, difesa sugli esterni e precisione dalla distanza di prima qualità e vedrà minuti importanti sin dalla sua prima stagione, Josh Hart è il solito mastino che abbiamo imparato a conoscere e la parte finale di stagione di Naji Marshall fa ben sperare per l’immediato futuro.

Kira Lewis sarà una delle prime due guardie in uscita dalla panchina insieme a Sato, ma dovrà migliorare significativamente in difesa rispetto alla scorsa stagione se vuole giustificare una ventina di minuti a gara in una squadra in lotta per i playoff; le prime due stagioni di Hayes sono state un continuo mettere in evidenza la sua inadeguatezza difensiva e nelle letture del gioco avversario, ma le voci lusinghiere che escono dallo spogliatoio Pelicans fanno pensare che possa avere spazio come riserva di Valančiūnas.

Insomma, Zion più un contesto vagamente funzionale attorno a lui dovrebbe essere sufficiente a raggiungere i playoff anche se questi dovesse saltare il primo mese di Regular Season, ma è possibile che Griffin sia riuscito a mettere attorno ad una delle superstelle con più appeal nell’intera lega uno dei contesti a lui meno compatibili tra tutti i contesti possibili. Forse a partire dal secondo violino.

Indiana Pacers

Ero un fan della scelta di Bjorgkren come head coach la scorsa estate, mi piaceva l’attenzione dedicata al movimento senza palla e alla difesa. Invece i dettami del discepolo di Nick Nurse si sono rivelati troppo complicati da digerire per il roster a sua disposizione, e la mancata qualificazione ai playoff è stata la diretta conseguenza. Passati da allenatore cerebrale ad allenatore cerebrale, ma con un track record comprovato di cerebralità funzionale come Rick Carlisle, i Pacers sono la quintessenza della mediocrità NBA: roster buono, certo non un roster col quale sei contento se rimani fuori dai playoff; pochi giovani interessanti da sviluppare, e quelli che ci sono con veterani stabilmente in posizione di comando nella loro stessa posizione (Bitadze e Jackson su tutti); assenza di una superstella o anche solo di un giocatore che possa essere preso in considerazione per un All-NBA Team; monte salari pesante.

In poche parole, fermi nel bel mezzo della strada senza sapere dove andare. Come scritto per New York, anche per i Pacers rischiano di esserci troppi galli nel pollaio: tra gli esterni Brogdon, McConnell, LeVert, Lamb e TJ Warren sono tutti giocatori che, chi per sua natura chi per imposizione dettata dalle circostanze, hanno messo in mostra la migliore versione di sé giocando prettamente palla in mano.

Se a questo aggiungiamo che il miglior giocatore della squadra, Sabonis, è uno di quei lunghi che rende al massimo delle proprie capacità quando funge da hub di gioco e che il giocatore che più si rendeva utile muovendosi e creando spaziature se n’è andato in free agency, il potenziale fit sul campo non sembra dei più promettenti per la franchigia di Indianapolis.

Detto questo, il roster dei Pacers è un roster profondo, con una batteria di esterni che oltre ai 5 sopra citati può contare anche su Chris Duarte, forse il rookie che più di tutti è pronto a contribuire da subito ed anche il giocatore che più saprà rendersi utile off-ball, e Justin Holiday. Proprio loro due, per quanto nomi meno altisonanti rispetto ai precedenti, potrebbero essere ingredienti fondamentali per trovare l’equilibrio di squadra, giocatori in grado di contribuire con difesa perimetrale e movimento, così come Torrey Craig, reduce da una ottima run playoff con i Suns.

Turner dovrà come ogni anno dimostrare di poter essere il degno partner di Sabonis, sebbene io ritenga che le voci sull’incompatibilità tra i due finiranno solo quando uno dei due verrà scambiato ed il lungo da Texas possa addirittura essere, sebbene in un ruolo minore rispetto a Domas, quello più funzionale ad una contender. Bitadze e Isaiah Jackson saranno le riserve, ma non sorprendetevi qualora dovessimo vedere diversi minuti di Sabonis da 5.

C’è tanto lavoro da fare per Carlisle: similarmente a quanto detto per i Knicks, il materiale umano non manca (forse ad un livello anche maggiore rispetto alla franchigia di New York), ma non sembra affatto banale incastrare le tessere del puzzle. Qualora non ci riuscisse il coach che ha guidato i Mavs al titolo nel 2011, probabilmente non ci riuscirebbe quasi nessuno sulla faccia della Terra.

Charlotte Hornets

Gli Hornets sono stati, insieme ai Phoenix Suns, la squadra più divertente da vedere la scorsa stagione, con quel tocco di spensieratezza in più che distingue le squadre giovani e non guasta mai. Senza l’infortunio di LaMelo Ball avremmo probabilmente commentato un sorprendente approdo ai playoff per Charlotte, ma credo che averli mancati non guasti, anzi: fortunatamente gli Hornets non si sono fatti prendere la mano da desideri di accelerare la timeline, ma hanno puntellato un roster che per ragioni legate alla carta d’identità è solo destinato a crescere con un centro d’esperienza come Mason Plumlee e con Kelly Oubre, altro grande deluso della free agency appena trascorsa.

I tre rookie draftati (Bouknight, Thor e Kai Jones) sono progetti a lungo termine, col solo Bouknight pronto per essere un giocatore NBA sin da subito o quasi, ma sono tutti molto intriganti per ragioni diverse. LaMelo e Rozier sono una coppia di guardie da playoff sin da ora, mentre Hayward, Bridges, Oubre e PJ Washintgon possono coprire ad un livello simile i due spot rimanenti tra gli esterni.

Washington ha dimostrato di poter essere anche un’opzione da 5 in lineup small ball, ma gli Hornets hanno tutto l’interesse di vedere cosa possa fare Kai Jones in quella posizione. Due sono i punti deboli che potrebbero impedire agli Hornets di fare il salto di qualità: il primo, quello più corposo, è che il roster sia sì pieno di buoni difensori on ball, ma quel che sembra mancare è qualcuno in grado di organizzare la difesa stessa: Plumlee può aiutare, ma di certo questo non è il suo tratto distintivo.

Il secondo, un attacco sì esplosivo in transizione ma abbastanza stagnante a difesa schierata, potrebbe in realtà essere un non problema qualora i progressi estivi di LaMelo siano tali da renderlo una buona prima opzione anche a difesa schierata. Le vibes a Charlotte sono immacolate, per mantenerle tali una qualificazione ai playoff è quasi d’obbligo, anche se potete fare i conti da voi e vedete che questa cosa l’ho scritta per dieci squadre ad Est…la competizione sarà serrata e gli Hornets non dovrebbero farne una questione di vita o di morte: qualora il core giovane facesse vedere ottimi progressi anche quest’anno, Michael Jordan&co dovrebbero già ritenersi soddisfatti.

Memphis Grizzlies

Memphis è la dimostrazione del fatto che eliminare ogni istante di gioco dovuto ad individui non degni di stare in una rotazione NBA porta molto lontano in Regular Season, anche se il talento a disposizione non è di primo livello. Memphis è piena di giocatori utili, in grado di fare venti minuti a notte senza rovinare l’andamento della partita o addirittura di influenzarlo positivamente una volta ogni tanto, aiutati da un solido sistema difensivo.

Il mix delle due cose fa sì che Memphis raramente perda una partita che sulla carta “dovrebbe vincere“. Allo stesso modo, Memphis è priva di talento di alto livello, ed è per questo che la cosa che più impatterà sulla stagione dei Grizzlies è lo stato di salute di Jaren Jackson Jr: qualora il lungo da Michigan State riuscisse a giocare almeno una sessantina di gare, la dirigenza avrebbe finalmente la possibilità di valutarne il mix con Morant, vero giocatore franchigia.

Jackson in questa preseason è apparso molto ingrossato fisicamente, anche se (forse proprio per questa ragione) privo della agilità che ne faceva un prospetto così unico in fase di draft. Attorno al duo Morant-Jackson le gerarchie non sono del tutto chiare: Dillon Brooks, in miglioramento costante anno dopo anno su entrambi i lati del campo, pare spesso inadeguato per essere la guardia titolare di una squadra con qualsivoglia ambizione, ma è l’emblema stesso dello stile di Memphis, arcigno, inefficiente ma non per questo inefficace e partirà in quintetto anche quest’anno.

In ala piccola sarà probabilmente ancora “SlowMo” Anderson il prescelto, anche lui reduce da un’ottima stagione. Nonostante la crescita muscolare, JJJ partirà probabilmente da 4 con Adams a fianco. Sì, avete contato bene: questo fa 4 giocatori su 5 non propriamente tiratori nel quintetto base. Per questo potremmo vedere molti minuti di Bane, più che mai sesto uomo della squadra insieme a Melton, coltellino svizzero per eccellenza da cui mi aspetto di vedere miglioramenti nella creazione dal palleggio per fare il prossimo salto di qualità, anche perché la point guard di riserva, Tyus Jones, porta ordine in campo ma manca dei centimetri necessari per essere una vera minaccia.

Clarke e Tillman saranno le prime due riserve negli spot di 4 e 5 rispettivamente, con il secondo che appare esclusivo rispetto ad Adams. Konchar, Ziaire Williams, Culver e Tillie sembrano tutti giocatori di rotazione NBA se impiegati per minuti limitati. Per la terza stagione in fila, il talento a roster Grizzlies sembra essere sotto la media soprattutto dal lato offensivo, ma certamente Jenkins sarà in grado di dare struttura al gioco di Memphis.

La dirigenza deve però sbrigarsi a prendere una decisione su quale sia il futuro di questo roster: un roster composto da quindici giocatori di buon valor medio è decisamente meno attraente di 7/8 elementi di livello migliore. Ci sono trade da imbastire, ed alla svelta.

Washington Wizards

Qual è il modo migliore per convincere una stella a rimanere in una franchigia? Beh, vincere, quindi l’obiettivo minimo è sempre fare i playoff: questa è la strada da seguire per i Washington Wizards nelle relazioni con Bradley Beal, e siamo pertanto a undici squadre con lo stesso obiettivo minimo ad Est, il che vuol dire che una di queste non farà nemmeno il play-in.

So che questo mia opinione potrebbe dividere fortemente i lettori, ma credo che Washington sia uscita rafforzata dalla trade Westbrook. Come detto già un paio di volte in questo Power Ranking, la prima regola in assoluto per fare bene in Regular Season è non avere giocatori non a livello NBA che giocano minuti sostanziosi per molte gare: lo scorso anno Washington aveva circa 30/40 minuti a partita di Len, Matthews (di cui peraltro io sono un estimatore), Wagner, Bonga e compagnia cantante, tempo a sufficienza per compromettere il risultato di un’intera partita.

Ora Washington ha un titolare ed una riserva affidabile in ogni ruolo: Dinwiddie e Beal saranno le guardie titolari, con KCP, Aaron Holiday e Neto dalla panca. Caldwell-Pope potrebbe anche partire titolare da 3, ruolo dove Avdija e Kispert al momento dovrebbero essere rispettivamente la prima e la seconda scelta. Nel ruolo di centro Gafford dovrebbe partire in quintetto con Harrell dalla panca in attesa del rientro di Thomas Bryant, mentre a 4 Hachimura parte davanti a Kuzma e Bertans.

Ho appena elencato 13 giocatori che possono fare parte di una buona rotazione NBA, un numero sufficiente anche per tollerare infortuni. Basterà questo ad assicurare quel tanto agognato posto ai playoff? Non ne sono sicuro. Bradley Beal sarà la stella indiscussa della squadra, ma chi è il secondo? Chiunque egli sia, a meno di incredibili casi di sviluppo interno al momento non prevedibile, sarà probabilmente il peggior secondo di qualsiasi squadra dell’Est citata finora. Beal ha già dimostrato di essere uno scorer fenomenale, ma di non migliorare molto chi gli sta attorno, e lo stesso Dinwiddie che partirà titolare accanto a lui è una Point Guard che pensa prima a segnare, poi a cercare il compagno libero.

Pertanto ci vorrà uno sforzo collettivo degli Wizards al fine di raggiungere l’obiettivo, e potrebbe non essere sufficiente per trattenere Beal. Ritengo che il personale di Washington nel suo insieme non offra un livello difensivo all’altezza, né sugli esterni né in termini di rim protection. Allo stesso tempo, Beal sembra l’unico a roster in grado di creare stabilmente dal palleggio a metà campo, ma la maggioranza della squadra non sembra tagliata per un gioco di transizione.

Insomma, nonostante il roster sia profondo, vedo diversi modi in cui la stagione di Washington potrebbe andare a rotoli. Il compito di Unseld è tutto fuorché facile, e lui è un allenatore esordiente: dovessi scommettere ora, direi che Bradley Beal sarà una delle prossime 2/3 stelle a chiedere di essere ceduto.

Toronto Raptors

Mi sembrava ingiusto mettere una squadra con giocatori di comprovata esperienza ed efficacia nei contesti più alti quali Fred VanVleet, Pascal Siakam e OG Anunoby nella categoria “Tankapalooza”, anche perché sono in questa franchigia da anni e sanno cosa voglia da loro Coach Nurse (a differenza ad esempio della situazione a Washington), ma capisco benissimo che il principale scopo della stagione di Toronto sarà sviluppare i giovani.

Credo però che ci siano diversi universi in cui lo sviluppo dei giovani e discreti risultati possano andare a braccetto per i Raptors: oltre ai tre già citati prima, sarà il turno di Gary Trent Jr di dimostrare che vale il contratto strappato in estate e quello di Chris Boucher per imporsi definitivamente come il centro titolare. Sebbene Dragić con buona probabilità lascerà la franchigia ad un certo punto della stagione per andare a cercare l’anello da qualche parte, Malachi Flynn sembra persino troppo qualificato per essere una backup point guard.

Gli occhi di tutto lo staff di Toronto però saranno su Precious Achiuwa e Scottie Barnes: il primo, arrivato nella sign&trade che ha portato Kyle Lowry in Florida, è stato da molti paragonato proprio a Siakam durante il processo di draft (non sono del tutto d’accordo a dire il vero, ma non siamo troppo lontani) e si trova dunque nella migliore franchigia possibile per il suo sviluppo; il secondo ha nella mancanza di un tiro affidabile la più grande pecca, ed è stato draftato dalla squadra che ha sistemato la meccanica di Siakam stesso e OG Anunoby.

Quello che li accomuna è la capacità di cambiare difensivamente 1-5, e tutti sappiamo che Coach Nurse sia proprio una specialista difensivo: per il bene dei Raptors e della lega tutta, tutti quanti noi dovremmo sperare che la franchigia canadese riesca a tirare fuori il meglio da questi due. Potranno essere dei positivi sin dal loro primo anno a Toronto? Dubito, ma sono positivo sul loro sviluppo a lungo termine. Barnes in special modo, grazie alle sue doti di passatore, potrebbe avere un impatto molto importante sul futuro di Toronto, il cui creatore di gioco principale è fortemente sottodimensionato per il ruolo.

Le fortune a breve termine dei canadesi passano invece dal recupero di Siakam formato pre-pandemia e dallo sviluppo di OG e Trent: se tutte e tre queste situazioni svoltassero per il meglio, dubito che Toronto si staccherà dal treno play-in molto presto.

5) Vorrei ma non posso

Minnesota Timberwolves

Quel pasticciaccio brutto del caso Rosas è solo la ciliegina sulla torta di un biennio scandito da decisioni e scambi quantomeno discutibili: dal caso Russell al fatto di aver preso Edwards sopra LaMelo, tutto pare gridare all’occasione perduta. Il quintetto di partenza pare sicuro, con Jaden McDaniels, vera sorpresa della scorsa annata soprattutto sul lato difensivo del campo, complemento quasi ideale per KAT nello spot da 4. Russell, Beasley ed Edwards saranno i tre esterni a completare il quadro.

Il problema principale di questa lineup è certamente la difesa sotto quasi ogni suo aspetto, sia essa sul pick&roll e su tagli lontano dalla palla. Un altro tasto dolente sembrano i movimenti senza la sfera: idealmente, il gioco di questa squadra dovrebbe fluire principalmente attraverso Towns, che da solo forma uno dei dieci migliori attacchi della lega, ma le caratteristiche di Russell ed Edwards non sono complementari a quest’idea. Entrambi vogliono avere il pallone tra le mani, uno per mettere sotto pressione il ferro, l’altro per giocare pick&roll a ripetizione, e senza di esso paiono come staccati dal flusso dell’azione.

Allo stesso tempo, KAT non sembra avere la personalità o persino la volontà di imporre la propria “dittatura offensiva”, ed il tutto risulta in un attacco stagnante e mediocre (venticinquesimo per Offensive Rating nella scorsa stagione) che di certo non compensa le lacune difensive sopra citate (ventiseiesima difesa della lega).

Le cose sono parse migliorare sotto Finch, soprattutto dal lato offensivo, ma i limiti del roster paiono evidenti. Un’eventuale trade per Ben Simmons non farebbe altro che esacerbare questa problematica, ed a quel punto il divario tra talento a roster e funzionalità dello stesso diventerebbe persino tragicomico. L’aggiunta di Beverley dovrebbe appunto servire a far capire ad elementi del roster quale sia il loro ruolo negli ingranaggi della squadra, ma di certo non è sufficiente per alzare il livello di una second unit che pare avere troppi dubbi irrisolti. C’è odore di richiesta di trade a Minnesota.

Sacramento Kings

Continua la Via Crucis delle squadre che credono che scambiando per Ben Simmons sarebbe improvvisamente da playoff e per le quali ritengo personalmente questa sia una mera illusione. Credo di essere discretamente più basso su Fox di quanto non sia l’opinione pubblica generale, ma per me se sei per distacco colui che tiene di più la palla in mano della squadra e comunque questa a due mesi dalla fine della Regular è già fuori dalla corsa playoff, il tuo livello di gioco non è tale da “darti il potere” di gestire così tanti possessi.

Le cifre di Fox sono eccellenti, le sue percentuali al ferro nella scorsa stagione sono state quasi irreali, eppure pare che nessuno attorno a lui tragga giovamento dalla sua presenza. Lo stesso Holmes è parso spesso più a suo agio nei pick&roll con Haliburton piuttosto che nei giochi a due col suo uomo franchigia. Barnes viene da un quasi career high, se non per cifre certamente per impatto, eppure questo non è minimamente servito nella corsa alla postseason.

L’elefante nella stanza, nonché quinto titolare, è Buddy Hield, il cui apporto alla causa comune non è mai stato vicino alla sua retribuzione e che sembra sul piede di partenza da un paio di anni ormai. La rotazione guardie è completata da Davion Mitchell e Terence Davis, e sugli esterni Moe Harkless è forse l’unico a roster degno dell’etichetta 3&D. Bagley e Tristan Thompson si divideranno i minuti di riserva tra i lunghi.

Come per altre formazioni, anche per Sacramento il problema principale pare la prevedibilità dell’attacco, dove tutto passa per le mani di Fox, e l’assenza di taglia dal lato difensivo, dove l’accoppiata Hield/Barnes non sembra sufficiente per coprire le manchevolezze di Fox stesso. Credo che per Sacramento stia per cominciare l’ennesima stagione in cui il tema principale sarà “Fox ha bisogno di più aiuto”, e credo che difficilmente si possa scrivere qualcosa di così vero eppure potenzialmente sbagliato allo stesso tempo.

Le domande a cui la dirigenza deve a mio parere rispondere ed in fretta sono, in ordine: potrebbe Fox essere il miglior giocatore di una contender? (ovviamente no, né ora né mai) Potrebbe essere Fox il secondo miglior giocatore di una contender? (no, perché va anche a dormire con il pallone tra le mani) Potrebbe Fox senza grosso aiuto portare questa squadra ai playoff? (no, i fatti parlano chiaro) Cosa dovrebbe dunque trattenerci dallo scambiare Fox all’apice del suo valore dato che la sua presenza non ci garantisce nemmeno della dorata mediocrità? A mio avviso nulla, ma capisco che possa essere una decisione affrettata ed un rinnegare ogni mossa fatta dal 2017 in poi, non draftare Dončić su tutte.

San Antonio Spurs

Metto gli Spurs in questa categoria solo perché nel loro DNA c’è la voglia di fare il meglio col materiale umano a disposizione, ma l’intento di andare all-in sul nucleo di giovani pare evidente dopo le mosse estive. Si riparte da Murray, Keldon e Vassell, trio che per età e skillset pare compatibile anche se privo di una vera stella.

L’unico che può fare il salto credo sia il fresco medaglia d’oro Johnson, che nella scorsa stagione ha fatto vedere stralci di strapotere fisico soprattutto al ferro. Quel che gli è mancato è stata la continuità nelle prestazioni e al tiro da fuori, oltre che applicazione senza palla in mano in attacco e attenzione alle rotazioni in difesa (mentre mi è parso più sul pezzo in difesa 1vs1), particolari di gioco dove Vassell invece pare già eccellere. L’attacco passerà più dalle mani di Murray che di White, che sembra quello più spendibile sul mercato per ragioni di età e per trascorso personale di infortuni.

Nel ruolo di centro Poeltl è il titolare indiscusso, nonostante le sue evidenti limitazioni offensive. Senza DeRozan a far girare l’attacco, i fari saranno puntati sul giovane Primo, oltre che sui sopracitati Johnson e Murray, e su Lonnie Walker, chiamato a fare il salto di qualità offensivo che a parole promette da tempo. Forbes e McDermott daranno opzioni offensive per disegnare giochi più dinamici, cosa che tanto era mancata la scorsa stagione, mentre Thad Young sembra destinato a cambiare casacca entro un paio di mesi. Gli Spurs sono una massa informe di materia da plasmare ad altissimo potenziale difensivo, vediamo cosa riuscirà a farne Pop.

Cleveland Cavaliers

Il contratto dato da Cleveland a Jarrett Allen ha i connotati di ciò che una squadra fa quando crede manchi poco ad un salto quantico di qualità. Nel caso di Cleveland, immagino che il salto consista nel passare dall’essere una squadra giovane e a volte divertente all’essere perlomeno una contender credibile per i playoff: ecco, non sono sicuro che i Cavaliers siano a quel livello, anzi, non posso dirmi certo dell’esatto contrario ma vedo molti problemi nella costruzione del loro roster.

In primis, la scelta di dare ad Allen quel contratto implica che a Cleveland credono che Evan Mobley sia un 4, cosa di cui non sono sicuro: potrebbe essere il ruolo giusto per lui fintanto che non metta su almeno una dozzina di chili di muscoli, ma nel lungo termine credo che l’evoluzione per il lungo da USC debba essere quella sotto canestro. Secondo, sebbene Sexton e Garland abbiano fatto passi da giganti in attacco (Garland soprattutto dimostrando di essere un giocatore completo da quel lato del campo, con le potenzialità per diventare uno dei migliori passatori della lega), in difesa le loro lacune potrebbero essere troppo ampie da colmare anche per un trio come Okoro-Mobley-Allen.

D’altro canto, le limitazioni offensive di questo terzetto potrebbero tradursi in un peso troppo grande per essere trasportato sulle spalle del duo Sexland. Dalla panca, Rubio, Osman e Markkanen sono con buona probabilità gli unici che possano giocare in un contesto NBA ai livelli richiesto. Sì, ho volutamente ignorato Kevin Love perché credo che, alla lunga, il destino di Love sia lontano dalla franchigia dell’Ohio e, sebbene le fonti per ora dicano altro, un accordo per un buyout verrà trovato. Insomma, tanti dubbi, poche certezze, competizione ad Est troppo elevata: potrei sbagliare, ma non riesco ancora a vedere Cleveland come una contender credibile nella corsa ai playoff.

6) Tankapalooza

Detroit Pistons

I Pistons si sono mossi in estate come la squadra di Cade Cunningham, e queste sono ottime nuove nel lungo termine per i tifosi di Motown: la fresca scelta numero 1 è un talento di proporzioni tali da giustificare la decisione di costruire attorno a lui, ed è molto probabilmente la scelta corretta da fare per la franchigia.

Nell’immediato, mettere la palla nelle mani dell’ultimo arrivato, indipendentemente dal talento che questi ha, non porta mai grandi frutti. L’aver messo il pallone nelle mani di Dončić stesso, talento generazionale, uno che con buone probabilità sarà tra i migliori dieci giocatori di sempre a meno di infortuni, ha fatto sì (insieme ad altri fattori) che Dallas non avesse un’annata nemmeno lontanamente da playoff chiudendo con sole 33 vittorie. Tradotto: credo che difficilmente Detroit supererà le 30 vittorie nell’annata in corso.

Killian Hayes e Saddiq Bey hanno però il profilo del giocatore che vorresti a fianco di Cunningham, sebbene molto il successo dell’esperimento dipenda dalla loro cura di sviluppo (questo vale soprattutto per Hayes e meno per Bey, che ha già addirittura vinto il premio di miglior giocatore ad Est della settimana nell’anno del suo esordio ed ha, in generale, avuto un ottimo impatto nella lega). Non sono convinto che Isaiah Stewart possa essere un titolare nella lega ad alti livelli fra qualche anno, ma devo essere onesto intellettualmente e ammettere che il suo primo anno è andato al di là di ogni più rosa aspettativa su entrambi i lati del campo, anche perché a quanto pare il ragazzo ha una voglia di migliorare pressoché infinita.

Jerami Grant è palesemente fuori dalla timeline del progetto, ma avere un esterno che sappia difendere sia on ball che di squadra e dall’altra parte sappia garantire 20 punti a notte con efficienza leggermente sotto la media è comunque un lusso per lo stadio a cui i Pistons sono. Oltre a Olynyk, riserva di Stewart, ci sono poi una pletora di giocatori ormai o ancora al limite del presentabile in NBA, tra cui Josh Jackson, Cory Joseph, Hamidou Diallo, Rodney McGruder…morale della favola, non aspettatevi nulla dai Pistons quest’anno, ma seguitene con attenzione i giovani.

Houston Rockets

Continuo a pensare che Jalen Green difficilmente sarà mai un giocatore in grado di migliorare il contesto che ha intorno o che sia allo stesso tempo adattabile ad essere una seconda opzione offensiva, ma diamine se è divertente da veder giocare. L’unico scopo della stagione Rockets dovrebbe essere quello di dare palla in mano a Green il più possibile e vedere cosa possa fare, cercando di costruirgli il giusto contesto attorno, anche se pare che palla in mano ci partirà Kevin Porter Jr, uno che alla sfera ha dimostrato di esserci abbastanza affezionato.

Wood è nell’immediato il miglior giocatore a roster e compensa abbondantemente le importanti lacune difensive soprattutto sul perimetro con l’apporto in attacco, e sulla carta Theis dovrebbe essere un buon complemento sebbene il progetto a lungo termine dovrebbe essere quello di valutare l’accoppiata Wood-Sengun, su cui difensivamente ho molti più dubbi. Il turco ha un ottimo potenziale offensivo anche se per esprimerlo sembra debba essere messo al centro dell’attacco (e tre).

In tutto questo, Tate giocherà il ruolo fondamentale di cagnaccio difensivo in grado di punire sugli scarichi. Valutare quello che gli altri due rookie, Garuba e Christopher, possono portare alla causa sarà l’altro scopo della stagione Rockets, mentre Wall e Gordon sembrano destinati altrove. Il talento a roster sembra esserci, in misura forse addirittura abbondante per una squadra in rebuilding, ma sembra anche che i diversi skillset non siano del tutto complementari tra loro: aspettiamoci una vera e propria lotta per l’ascensione al titolo di uomo alpha, gara in cui anche solo arrivare secondo potrebbe essere importante per la permanenza in squadra e l’ottenimento di una lucrosa estensione. Il lavoro che attende Silas è tutto fuorché banale.

Oklahoma City Thunder

Il tank commander Mark Daigneault ha fatto un buon lavoro nella prima parte della scorsa stagione, così buono che ad un certo punto la dirigenza gli ha sostanzialmente imposto di far sedere i suoi tre migliori giocatori (Shai, Horford e Dort). Il copione potrebbe ripetersi invariato anche quest’anno, dato che Gilgeous-Alexander non pare intenzionato a fermare la propria crescita cestistica ed il suo stile di gioco altruista sembra essere contagioso ed incline a portare vittorie.

Ascolta “Episodio 4 – Preview della nuova stagione” su Spreaker.

I compiti di creazione saranno divisi tra lui e Giddey, australiano sovradimensionato per il mestiere di playmaker su cui OKC ha investito forte in sede di draft, con Maledon e Ty Jerome pronti a dare il cambio, mentre Tre Mann potrebbe avere compiti più legati allo scoring nudo e crudo almeno nei primi anni di carriera. Pokusevski sarà il vero playmaker aggiunto della squadra, mentre Dort è il difensore primario designato sugli esterni e potrà giocare l’occasionale pick&roll come dimostrato nello scorso finale di stagione. Il reparto lunghi è quello più carente del roster, sia nell’immediato che in prospettiva: Bazley non ha fatto seguire un buon secondo anno alle ottime prestazioni della bolla, così come Roby non ha mai dato continuità ai propri lampi di talento.

Favors è chiamato a fare da chioccia all’intero reparto ma sarà probabilmente scambiato prima della deadline, e simile sorte potrebbe capitare a Kenrich Williams, tuttofare del roster che potrebbe tornare utile a quasi tutte le altre ventinove franchigie della lega. A differenza di quanto detto per i Rockets, il capofila dei Thunder è chiaramente Shai e lo stile di gioco è già definito: starà al talento attorno adeguarsi alla strada tracciata.

Orlando Magic

Partiamo da un presupposto: Orlando è l’altra squadra dell’Est che difficilmente potrà ambire a raggiungere le trenta vittorie stagionali, quindi qualsiasi cosa leggerete nelle prossime righe, filtratela con questa cosa stampata in testa. Detto ciò, ci sono diverse storie da seguire nella stagione di Orlando: Jalen Suggs è davvero quel leader che è sembrato essere a Gonzaga? Sarà in grado di prendere per mano un’intera franchigia e cambiarne il corso? Il suo compagno di reparto inizialmente sarà Cole Anthony: come sarà la partnership tra i due? Riuscirà la fisicità di Anthony a colmare le altre lacune nel suo gioco e a farlo diventare uno scorer di primo livello? Come tornerà Isaac dall’ennesimo infortunio? E Fultz? Carter Jr continuerà a far vedere quei segni di progresso che a tratti ha mostrato nel dopo trade con Chicago? Ci sarà spazio a sufficienza per Okeke dopo le belle cose intraviste nella scorsa stagione? È Franz Wagner l’uomo giusto per lo spot di collante difensivo sugli esterni?

Tantissime domande, poche certezze: per questo non aspettatevi nulla dalla stagione di Orlando, ma di talento latente a roster ne hanno. Sarebbe anche ora di imbroccare un paio di passaggi fortunati dopo anni di sofferenza.

Andrea Bandiziol
Andrea, 31 anni di Udine, è uno di quelli a cui potete scrivere se gli articoli di True Shooting vi piacciono particolarmente. Se invece non vi piacciono, potete contattare gli altri caporedattori. Ha avuto la disgrazia di innamorarsi dei Suns di Nash e di tifare Phoenix da allora.