Josh Primo, enfant prodige o enfant terrible?

Primo
Copertina di Nicolò Bedaglia

La notte del Draft è da sempre l’evento più eccitante della offseason NBA. Chi ha seguito i giovani prospetti per tutta la stagione freme dalla voglia di vedere dove e quando verranno scelti i suoi beniamini, mentre anche i meno appassionati di scouting cercano di non arrivare completamente impreparati alle chiamate di Adam Silver, recuperando con foga ogni tipo di informazione sui giocatori che potrebbero vestire a breve i colori della propria squadra del cuore.

Durante la notte dello scorso 29 luglio non sono di certo mancate le sorprese: dalla scelta di Scottie Barnes alla 4 a Davion Mitchell in top ten, fino ad arrivare a Sharife Cooper che scivola al secondo giro.

Una chiamata in particolare, però, ha suscitato stupore più di tutte quelle appena citate: Joshua Primo scelto dagli Spurs con l’undicesima pick.

A chi non ha molta confidenza con il mondo della pallacanestro collegiale, il nome di Primo non dirà granché. Il canadese, infatti, non era certo tra i nomi più di spicco della sua classe e in pochi si sarebbero aspettati di sentire il suo nome chiamato così presto durante la Draft Night.

Parliamo di pre-drafting

Prima di andare a conoscere nel dettaglio le caratteristiche di Primo, occorre cercare di capire il perché della scelta apparentemente azzardata di San Antonio.

Tra i front office NBA sembra essersi sempre più radicato il concetto di “pre-drafting”, ovvero la pratica di scegliere al draft con una scelta relativamente bassa un prospetto promettente ma ancora grezzo, che però potrebbe valere una lottery pick l’anno successivo. In questo modo la franchigia si assicura il giocatore al quale è interessata quando questo ha poco valore, facendolo poi crescere all’interno del suo ambiente e sotto la guida del proprio staff aumentando le probabilità che raggiunga il suo massimo potenziale.

Ed è proprio di pre-drafting che si è parlato quando gli Spurs hanno selezionato il freshman di Alabama. Sembra che la dirigenza texana fosse innamorata del giocatore e abbia voluto a tutti i costi accaparrarselo, anche al costo di usare una scelta in lottery. Questa decisione lascia perplessi proprio perché Primo era proiettato verso la fine del primo giro e probabilmente San Antonio avrebbe potuto scambiare la scelta per guadagnare qualche asset (lo svalutato Cam Reddish magari?) e comunque riuscire a pescare il canadese con una pick dalla 20 in giù.

Sebbene sia ovviamente prematuro bollare Primo come una scelta buttata, quindi, resta il dubbio sulla gestione di un asset tanto prezioso per una franchigia in ricostruzione come gli Spurs.

Chi è Josh Primo?

La prima caratteristica che chiunque vi citerà parlando di Joshua Primo è il fatto che sia giovane, molto giovane.

Non solo, è addirittura il più giovane del suo Draft. Classe 2002, infatti, compirà diciannove anni il 24 dicembre, a stagione NBA già inoltrata.

La gioventù, si sa, è una lama a doppio taglio; un prospetto molto giovane sarà per forza di cose piuttosto grezzo e inesperto, ma allo stesso tempo avrà enormi margini di miglioramento e sarà più facile plasmarlo e farlo adattare al mondo NBA.

Da un punto di vista prettamente tecnico, la sua arma principale e meglio sviluppata al momento è il tiro da fuori: i numeri al college dicono di un 38% su quasi quattro tentativi a partita. Se rapportati sui cento possessi i tentativi diventano addirittura nove, dando un’idea del fatto che il giovane canadese sia tutt’altro che timido quando si tratta di alzarsi da oltre l’arco. Vedendo il suo rilascio veloce e il tocco morbido, è facile capire perché nel suo anno da freshman sia stato utilizzato da coach Oats principalmente come tiratore sugli scarichi e in uscita dai blocchi.

Sebbene Alabama abbia da anni il miglior sistema per le giovani guardie che puntano alla NBA, Primo si è trovato dietro a tanti pariruolo più prolifici (Quinerly, Petty e Shackleford su tutti) e questo ne ha limitato lo sviluppo e non gli ha permesso di dare prova degli altri aspetti del suo gioco oltre al tiro.

Nonostante ciò, durante la Summer League di Las Vegas è stato utilizzato spesso come portatore di palla. Lasciato più libero di palleggiare e prendersi iniziative, Primo ha mostrato di sapersi creare un tiro anche dalla media e di poter attaccare l’avversario per segnare nei pressi del ferro. Sia chiaro, tutto ciò che si è visto è ancora troppo poco per tirare le somme, ma certamente aiuta a fare un po’ di chiarezza sulle motivazioni che hanno portato gli Spurs a gettarsi a capofitto sul canadese non appena ne hanno avuto la possibilità.

Se Primo potesse diventare uno scorer a tre livelli di efficienza sopra la media, in grado di giocare pick and roll e di guadagnarsi tiri liberi a sufficienza, la scelta di Wright e soci sembrerebbe tutt’altro che un azzardo.

Da un punto di vista difensivo Joshua è attualmente inadatto alla fisicità NBA (i suoi 85 chili sono decisamente troppo pochi), ma anche qui la sua giovane età gli viene in aiuto, lasciando ampi spazi di miglioramento ad un fisico non del tutto formato. Le braccia relativamente lunghe e un buon fiuto per le palle rubate fanno ben sperare in lui come “disturbatore” degli handler avversari, anche se difficilmente sarà mai più di un difensore passabile sia di squadra che sull’uomo.

Cosa aspettarsi dal più giovane tra i giovani?

A parte rare eccezioni, è noto che i rookie fatichino sempre durante la loro prima stagione NBA. Il cambio di livello tecnico e fisico è travolgente, e anche mentalmente l’impatto con la lega migliore al mondo dev’essere disorientante per chi è spesso poco più di un ragazzino. Per questo motivo viene difficile pensare a un Josh Primo con un qualsivoglia ruolo nelle rotazioni di coach Popovich, quantomeno per i primi mesi della stagione.

È più facile, invece, che il canadese si accasi nella ridente Austin e venga lasciato scorrazzare a briglia sciolta su tutti i parquet della G League. Come visto negli anni passati, gli Spurs sono una delle squadre che più crede nella lega di sviluppo come mezzo per far crescere i propri prospetti, e ciò è certamente un bene per l’ex Alabama.

L’unico modo per far sì che Primo possa mostrare il suo potenziale inespresso senza troppe pressioni è quello di lasciarlo in G League per gran parte della stagione, affidargli i compiti di portatore di palla e vedere come si comporta. San Antonio, nonostante non abbia particolari ambizioni per l’imminente stagione, ha già troppi giovani in cerca di conferma nella Lega e aggiungere ulteriore carne al fuoco rischierebbe di frenare la crescita di tutti senza giovare a quella di nessuno.

In conclusione, Josh Primo è una scommessa a lungo termine e necessiterà di almeno un paio di stagioni per dimostrare di meritare l’undicesima scelta del draft. Nel frattempo, i tifosi Spurs non hanno che da godersi gli altri membri dell’esteso young core neroargento, avendo fede nella lungimiranza di front office e coaching staff.

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Leonardo Spera
Tifoso Spurs e Fortitudo, vive consumato dal dilemma sul se considerare Manu Ginobili il più grande giocatore di pallacanestro mai esistito. Appassionato di college e draft, gli bastano una wingspan sopra i 2.10 e una buona difesa per innamorarsi di qualunque prospetto.