A Rainy Day in New York

new york knicks
Copertina di Alessandro Cardona

“One thing about New York City. You are here or you are nowhere. You cannot achieve another level of anxiety, hostility or paranoia anywhere else”. Così Gatsby Welles, interpretato da Timothée Chalamet, parlava della Grande Mela nel film di Woody Allen, “A Rainy Day in New York”. Se non lo avete visto non dovete preoccuparvi, vi basta sapere che la stagione dei Knicks ad oggi è molto simile ad un film che non augurerei neanche sotto tortura.

Salvando solo la frase del protagonista, questi due mesi di Regular Season hanno riportato sulla terra la prima squadra di NY, che sta affrontando il periodo più difficile degli ultimi due anni. Ansia, ostilità e paranoia, sono tutte parole che hanno caratterizzato da sempre la storia di questa franchigia, e dopo un po’ di torpore stanno ricominciando a farsi vive. Con un record di 12-13, è arrivato il momento di dare uno sguardo alle, tante, cose accadute al Garden nelle ultime settimane.

L’esclusione di Kemba

L’annuncio di Kemba era stata una delle notizie più sorprendenti dell’offseason, ma dopo solo 20 partite la bella storia del figlio del Bronx pronto a prendere per mano la sua squadra del cuore sembra essere già finita, almeno in campo. L’hype era molto alto, inutile nasconderlo, e l’impatto mediatico di una firma di questo tipo aveva fatto un po’ passare sotto traccia quello che Kemba avrebbe potuto realmente portare sul parquet.

Il risultato di aspettative esagerate è sempre quello della delusione, ma per il tipo di mossa che era stata fatta dal Front Office il margine di fallimento era accettabile. Allo stesso modo, a sorprendere sono stati i tempi che hanno portato Thibodeau a cambiare rotta facendo passare Walker da starter a DNP. Per quanto l’idea di fondo fosse quella di non trascinare un problema per tutto il corso della stagione, è anche vero che il trattamento riservato a Payton lo scorso anno non avrebbe mai fatto pensare che Thibs avrebbe potuto prendere la strada opposta con un giocatore dallo status completamente differente.

I motivi dell’esclusione vanno molto più in là dell’efficienza offensiva del singolo. La realtà è che con Kemba in campo i Knicks erano per distacco la peggior squadra della Lega: -14.1 di Net Rating, -21.5 di On-Off, 30esima peggior difesa con 117.7 di Defensive Rating e 26esimo peggior attacco con 103.6 di Offensive Rating. Lo starting-5 (Walker, Fournier, Barrett, Randle, Robinson) toccava quasi il -16 di Net Rating con un campione di 280 minuti, non proprio spiccioli.

Ci sono una valanga di altri fattori che spiegano come il numero #8 fosse davvero troppo dannoso per la squadra, ma da cosa dipendono esattamente? Avevamo parlato più volte nei mesi pre-stagionali di come l’aggiunta di Walker e Fournier avrebbe sì diminuito l’efficienza difensiva della squadra, ma il tutto sarebbe stato compensato con un grande upgrade offensivo. Questo non è accaduto, e le condizioni fisiche di Kemba sembrano aver indirizzato definitivamente la sua ultima fetta di carriera. Se è vero che in parte si era già visto a Boston, in pochi si sarebbero aspettati delle difficoltà così evidenti.

In quest’azione si vedono quasi tutti i problemi che comporta la presenza di Kemba in campo. I Knicks ci hanno abituato dall’anno scorso a switchare in maniera importante sui portatori di palla, facendolo diventare uno dei loro punti di forza. Kemba questo non può farlo. Per taglia è sempre stato complesso per lui cambiare su più di un ruolo, ma se ci aggiungiamo delle ginocchia in grande difficoltà (qui vengono spiegati bene i problemi specifici), un minus difensivo diventa ancora più dannoso.

Qui altre due clip che fanno capire bene le problematiche: nella prima Rozier lo batte dal palleggio senza nessuna difficoltà, Kemba si blocca per dare un’aiuto inutile sull’entrata di Hayward e lascia nuovamente l’uomo libero nell’angolo; nella seconda si nota ancora meglio quanto sia facile per l’attacco tagliarlo fuori e creare vantaggio immediato. Un giocatore che ha costruito la propria carriera su caratteristiche tecniche e di mobilità di un certo livello, appena si trova senza le seconde anche le prime iniziano a non essere abbastanza. E il tutto si è visto anche nell’altra metà campo, che avrebbe dovuto compensare queste carenze.

Lo Usage di Randle si sarebbe dovuto abbassare, la squadra sarebbe stata meno prevedibile, con più spacing e ci sarebbero state più fonti di creazione. Niente di tutto questo è successo. Con Walker in campo il flusso offensivo è rimasto stagnante, lo Usage di Randle si è alzato fino a 28.2 e la squadra non ha mostrato nessun miglioramento rispetto alla stagione precedente. Tutta colpa di Walker? Assolutamente no. Toglierlo dalla rotazione era necessario? Assolutamente sì.

Detto questo, chi si aspettava telenovele dopo questa scelta sarà certamente rimasto deluso. Kemba ancora una volta sta facendo vedere perché è considerato un uomo squadra di valore, un’etichetta che a giocatori di un certo status può cadere non appena vengono messi in discussione. Alla domanda su come si sentisse dopo l’esclusione ha risposto nel modo più sincero possibile.

Per ovvi motivi Kemba non può giocare neanche con la second-unit. La presenza di Rose e Quickley non permetterebbe l’inserimento di un’altra guardia piccola, e Thibs ha detto più volte che un eventuale reintegro in rotazione avverrebbe solo in quintetto e in caso di assenze varie. L’ipotesi più probabile è che i Knicks decidano di tenerlo almeno fino alla deadline o a fine stagione. A quel punto rimarrebbe solo un anno di contratto a 8mln, e si potrebbe valutare la soluzione migliore per tutte e due le parti.

Randle è davvero in regressione?

L’altro nome finito sotto i riflettori è ovviamente quello di Julius Randle. Dopo la scorsa stagione da MIP, All-Star, All-NBA, un ottavo posto nella corsa all’MVP e un rinnovo meritato, i numeri di Julius in queste prime 25 partite sono leggermente calati.

Oltre ai 4 punti di media in meno, dovuti principalmente alla mole di tiro e al minutaggio più basso, il texano è passato dal 57 al 53% di true shooting ed ha abbassato nettamente le percentuali dall’arco, da 41.1 al 33.3%. Un calo di efficienza al tiro che si poteva mettere in preventivo, considerando il tasso di difficoltà delle sue conclusioni, ma abbastanza particolare se analizzato più attentamente. Julius sta tirando quasi 2 triple wide-open di media con il 28%, rispetto al 39% dello scorso anno, mentre in generale ha alzato ancora di più la frequenza di tiri in marcatura stretta, passando dal 36 al 42%. Maggior attenzione delle difese e una difficoltà più evidente nel crearsi tiri puliti nella sua zona di comfort, ma anche un brutto slump nelle situazioni di vantaggio sulla difesa.

shot chart

Aldilà delle percentuali che sono convinto che in parte si aggiusteranno, i Knicks continuano ad affidarsi in maniera eccessiva al proprio go-to-guy. Come già accennato in precedenza, il vero passo avanti sarebbe stato quello di smussare gli isolamenti di Randle e viaggiare con un attacco con più ritmo, preferibilmente alzando anche il pace. Niente di tutto questo è accaduto al momento: Julius continua ad avere una frequenza di ISO intorno al 22%, costantemente in top-3 della lega insieme ad Harden e Shai, e i Knicks hanno alzato il pace solo di 0.30, passando da ultimi a 25esimi.

Ad essere cambiato in negativo è l’atteggiamento della squadra, che sembra più scollata e con meno voglia di lottare, e su questo Walker IN o OUT cambia poco. Per caratteristiche tecniche sappiamo bene che il tipo di gioco di Randle è molto condizionante, ma i margini per cambiare qualcosa con le risorse nel roster ci sarebbero già. Alle domande se fosse necessario modificare parte del sistema offensivo, Thibs ha sempre risposto facendo riferimento al suo classico mantra: “Prima di cambiare schema devi chiederti: lo stai eseguendo bene? Lo stai eseguendo con la giusta intensità? Se la risposta è sì ad entrambe le domande allora puoi pensare di cambiare qualcosa”. La certezza è che almeno alla seconda domanda il coach veda un no abbastanza evidente.

Thibodeau continua ad affidarsi a situazioni di questo genere, con 4 giocatori bloccati, un ISO statico e una forzatura obbligata che sfocia in fadeaway di questo tipo. Randle sta tirando queste conclusioni con il 36%, rispetto al clamoroso 45% della scorsa stagione. Quando parlavamo di maggior attenzione delle difese, sarebbe sbagliato non considerarla una conseguenza di queste scelte. Julius è in top-20 tra i giocatori più raddoppiati della lega, con più di 11 a partita. Per capire meglio, in più di 1/4 dei suoi possessi Julius finisce per avere marcatura doppia. Quando è in serata Randle riesce a sfruttare queste scelte difensive a suo vantaggio, forzando meno e trovando i compagni liberi, ma quando la partita inizia a girare in un certo modo i problemi iniziano a diventare danni.

Tornando anche alla mancanza di effort, se sei il leader di un gruppo che prova ancora ad avere un’identità difensiva di un certo tipo, non puoi permetterti di camminare in campo o avere quel linguaggio del corpo. A maggior ragione in un momento di partita in cui la tua squadra sta subendo un parziale importante, cosa successo più volta a questi Knicks.

Poca voglia di tornare in transizione e poca voglia di mettere un minimo di intensità a difesa schierata. La scorsa stagione Randle aveva fatto vedere come le sue mancanze difensive si potessero mascherare con il ritmo, ma quest’anno sta tornando a far vedere delle vecchie abitudini che fanno solo male alla squadra. Nella clip sotto un paio di situazioni in cui la sua drop diventa un invito a due punti facili.

Luci e ombre

I Knicks al momento sono una squadra piatta, con poche luci e tante ombre. Oltre a Randle, anche Barrett e Fournier non stanno passando il momento migliore della carriera, anzi. RJ è in linea con le medie della sua stagione da rookie, con percentuali simili e per niente esaltanti (15ppg in 30 minuti con 40/36/71 e 51% di TS). In linea generale, il canadese sta attraversando un slump dall’arco simile a quello del primo quarto dell’anno scorso, che poi si trasformò in una ripresa impressionante che aveva fatto ricredere in molti. Nelle ultime due RJ ha rimesso un po’ la macchina in carreggiata con un 11/15 complessivo, ma mai come quest’anno stanno iniziando ad aleggiare dei dubbi sul suo ruolo in questa squadra.

La realtà è che la dimensione attuale dell’attacco di NY offre poche chance a un giocatore come Barrett per non dipendere unicamente dal suo tiro. Il suo Usage è intorno al 22.9%, addirittura più basso rispetto alle passate stagioni, e anche l’assist% è calata fino al 10.8. Poca palla in mano e tanta fatica a trovare ritmo, nonostante le sue due migliori partite stagionali fossero state caratterizzate proprio da una fetta molto più consistente di possessi, tra cui quella a San Antonio tre giorni fa.

Per non far mancare nulla si è aggiunto anche un virus intestinale abbastanza pesante che lo ha accompagnato nelle ultime due settimane, facendogli saltare una partita e mezza. Thibs in conferenza ha rimarcato come la differenza nel suo upgrade al tiro l’anno scorso era nascosta nelle ore extra in palestra, mentre nell’ultimo periodo per ovvi motivi non aveva avuto occasione per mantenere quel ritmo di allenamento. In questo momento Barrett ha la necessità di tornare il prima possibile all’efficienza dell’anno scorso, per evitare di diventare una vittima di un sistema ancora troppo poco vario ed efficiente.

L’altro esterno in difficoltà è certamente Fournier. Il francese non aveva mai tirato così male dal campo in carriera, con un 41% su poco più di 11 tiri di media, ai minimi dal 2014-15. Solamente 54% di TS e 19.2% di Usage, dato davvero troppo basso per un giocatore con le sue caratteristiche. Nella preview di inizio stagione avevamo parlato di come sarebbe stato fondamentale avere una fonte di creazione secondaria di questo genere in un attacco così statico, ma anche Fournier è rimasto bloccato ai nastri di partenza. Quest’anno solo il 37% dei suoi tiri arriva in pull-up, rispetto al 44% dello scorso anno, e anche il tempo di possesso medio si è abbassato in maniera importante.

Qui un esempio abbastanza chiaro di come anche con i presupposti per un buon tiro i Knicks stiano facendo fatica a mettere insieme i pezzi.

Eppure il duo Randle-Fournier aveva mostrato ottimi segnali a inizio anno. Per tipologia di giocatori entrambi si abbinerebbero bene e potrebbero formare una coppia offensiva più che valida, ma i giochi a due sono progressivamente calati e diventati sempre meno intensi, completamente diversi da quelli visti nelle prime uscite stagionali. Evan sta giocando solo il 21.4% dei suoi possessi come portatore di palla in p&r, un numero ridicolo e destinato a limitare drasticamente la pericolosità di un giocatore come lui. La crescita di Randle di cui parlavo il 23 ottobre alla fine è rimasta ferma lì insieme a una delle 12 vittorie stagionali di NY.

I Knicks hanno un chiaro problema di distribuzione delle responsabilità offensive. Se la difesa riusciva a compensare queste carenze, quest’anno la musica è diversa e le colpe del non riuscire a trovare una quadra iniziano ad essere molto più pesanti. Il 109.0 di Offensive Rating, per quanto appaia senza infamia e senza lode, è condizionato dall’efficienza clamorosa che la second-unit è riuscita a portare in queste prime 25 partite. Con Rose, Quickley e Toppin in campo i Knicks hanno un Net Rating di +14.6 in 242 minuti, con un 121.0 di OffRtg e 106.4 di DefRtg. Se NY è attaccata al treno dell’Est nonostante le difficoltà lo deve soprattutto a quei tre più Burks, passato in quintetto.

C’è margine per sistemare le cose?

Con 57 partite rimaste sarebbe ridicolo mettere una x sulla stagione di New York, ma i dubbi restano tanti. Il livello medio della conference si è alzato drasticamente e ogni passo falso si pagherà a fine stagione. In più, la rotazione continua a variare sulla base dei centri, con Robinson e Noel costantemente in dubbio ogni notte per acciacchi vari. Thibs aveva trovato qualche risposta positiva facendo partire Noel titolare, ma Nerlens si è dovuto fermare la partita dopo per problemi alla schiena.

Il play-in rimane ampiamente alla portata, ma servirà capire il più velocemente possibile se questa squadra ha davvero la forza per ritrovare un’identità che si sta perdendo di giorno in giorno. I tifosi iniziano a fare rumore e i media tornano a puntare le dita: per Thibodeau è iniziata la vera Knicks experience.

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Francesco Perillo
Tifoso dei Knicks e appassionato di basket; sogna ancora un futuro in cui il nostro pacioccone in maglia #7 alza il Larry O'Brien davanti alle folle del Garden.