Nikola Jokić è solo sull’isola

Jokic Joker Nuggets
Copertina di Valentino Grassi

Quante volte avete fatto grandi progetti, avuto grandi aspettative, ma poi le cose, non per colpa vostra o di nessun altro, non sono andate come avrebbero dovuto, lasciandovi delusi, con l’amaro in bocca e senza nessuno con cui prendervela? 

La direzione presa dai Denver Nuggets durante l’offseason sembrava essere quella giusta. La situazione è cambiata rapidamente il 29 novembre, quando è stato ufficiale che il nuovo infortunio alla schiena di Michael Porter Jr. avrebbe richiesto un intervento chirurgico. Non si sa quanto starà fuori Michael, ma la natura nervosa del problema e la storia clinica di MPJ ci dicono che potremmo ritenerci molto fortunati a rivederlo nella prossima stagione: l’ultima volta che ha avuto un infortunio di questo tipo è rimasto a bordo campo per due anni.

Naturalmente, dopo questa notizia, le labili ambizioni da titolo della franchigia del Colorado per la stagione 2022 si sono volatilizzate, ma il vero guaio è il contratto a lungo termine firmato da Porter Jr: un max contract concesso dalla dirigenza poiché il giovane sembrava in rampa di lancio, pronto ad esplodere. Se ciò non dovesse mai accadere sarebbe un bel problema, mentre, nel caso in cui Michael non dovesse neanche tornare ai livelli visti nel 2021, questo accordo potrebbe rivelarsi la condanna a morte di un progetto tecnico assolutamente valido, costruito con pazienza e competenza.  

Nel frattempo, al reparto lungodegenti dei Nuggets si è aggiunto anche PJ Dozier, altro soggetto dalla cartella clinica troppo ricca per un ragazzo di soli 25 anni, che si è rotto il legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro e starà fuori tutta la stagione. Dozier non è un game changer, piuttosto un buon ottavo di rotazione, eppure sarebbe stato molto utile considerate le assenze illustri con cui Denver è già costretta a convivere.  

Vediamo come la squadra ha reagito a questi duri colpi nei primi mesi di regular season. 

Nikola Jokić vuole il bis

Un trofeo in più in bacheca e qualche chilogrammo addosso in meno. Jokić sta vivendo un’annata magica, la migliore in carriera.  

In attacco il serbo sta confermando quanto mostrato la scorsa stagione, ovvero di essere uno dei migliori big man offensivi della storia. Al momento viaggia a 26 punti abbondanti di media mantenendo una relative true shooting di +10 con un carico offensivo abnorme (anche quest’anno primo nella lega per tocchi) ed è piuttosto impressionante visto quanto le difese si preoccupano di lui. Le doti di passatore continuano a stupire e ad affinarsi, ed ora più che mai si può dire che il peso dell’intero attacco poggi sulle sue spalle. In questo articolo però preferisco dare il giusto spazio ai miglioramenti difensivi di Nikola, aspetto cruciale per le prospettive future di Denver. 

Almeno per la stagione regolare, si può dire senza timori che Nikola Jokić è diventato un difensore positivo. Perché si può dire questo? 

Jokić ha cambiato marcia nei pressi del ferro, risultando più solido nella protezione del pitturato e a contestare le conclusioni degli avversari. 

Guardando Nikola in azione si denota un aumento dell’effort nella propria metà campo, impressione che viene confermata da diverse statistiche: il serbo è al massimo in carriera per tiri contestati e per rimbalzi catturati, voce in cui è secondo al solo Gobert.

Inoltre produce diverse stocks e deflection, entrambe figlie di buoni tempi di reazione, mani rapide ed un’apertura alare invidiabile quanto poco pubblicizzata (7’4). In particolare sul pick and roll, è diventato una minaccia per i passatori meno esperti. 

Rispetto al passato è più reattivo e coinvolto, ed è pronto ad uscire sul perimetro e recuperare sotto canestro anche più volte nell’arco della stessa azione. 

La grande novità del suo gioco riguarda proprio la difesa del pick and roll. Ho scritto più volte della difesa show dei Nuggets, pregi e difetti, ma ora non è più la norma. Quest’anno considerata la migliore condizione fisica di Nikola, coach Malone sta optando per una difesa molto più variabile, che muta e si adatta all’avversario che ha di fronte. In questo modo la squadra approccia la partita con la tattica difensiva più consona alle caratteristiche tecniche degli interpreti rivali, variando strategia anche all’interno della gara o del singolo possesso in base al portatore di palla avversario. 

Switching a parte, Jokić ormai sa eseguire ogni possibile difesa sui giochi a due ad un livello accettabile. Ai playoff la caratteristica più richiesta ai difensori è la versatilità, vedremo se quando tornerà su quel palcoscenico, Nikola confermerà quanto visto fin qui o se la mobilità tuttora limitata lo renderà nuovamente un fattore negativo. 

Il resto della rotazione

Lo scorso anno la difesa di Denver era undicesima per defensive rating, con uno Jokić sensibilmente migliorato ed Aaron Gordon disponibile fin dalla prima palla a due, ci si aspetterebbe di trovarla nelle prime dieci piazze in questa stagione. Invece non è così, e nonostante la squadra di Malone fosse partita molto bene le prime settimane, oggi possiamo trovarla al diciannovesimo posto.

Il perché di questo calo è chiaro: i Nuggets, dopo a malapena 25 partite, stanno già finendo la benzina. Spesso difatti riescono a limitare gli attacchi avversari per buona parte della gara, salvo poi calare vistosamente l’intensità difensiva nell’ultimo quarto, dove hanno la seconda peggior difesa della lega.

A roster sono presenti solo tre difensori sopra la media attualmente in grado di giocare e, dopo l’infortunio di Dozier, Gordon è rimasto l’unico difensore PoA degno di questo nome. Notte dopo notte, l’ala si assume il compito di difendere il migliore attaccante degli avversari, e quando possibile si spende anche come difensore in aiuto, sempre con ottimi risultati. 

Gordon, nel frattempo, è diventato l’arma offensiva che tutti pensavano potesse essere a fianco di Jokić, il quale gli semplifica il compito liberando l’area con la sua sola presenza in campo.  

Senza Murray e Porter Jr. però ad Aaron si chiede di più che giocare lontano palla e per ora sta riuscendo ad assolvere il compito di creatore secondario: spesso riesce a costruirsi un buon tiro da solo oppure a pescare i compagni con ottime letture. 

Tornando a noi, oltre a Jokić e Gordon, l’unico altro difensore positivo della squadra è Jeff Green, acquisito in offseason e promosso in quintetto data l’assenza di Michael Porter. Green è un difensore di squadra intelligente, ha dimensioni tali da potersi prestare a taggare i rollanti avversari ed è ancora discretamente atletico, in grado di battagliare fisicamente con giocatori dieci anni più giovani di lui sotto al tabellone. 

Al di fuori di questo trio la situazione è preoccupante: Barton non è mai stato un difensore affidabile, in modo particolare sulla palla, mentre Morris da titolare è un minus a causa della sua taglia. 

Nonostante una coppia di guardie difensivamente insufficienti, il quintetto titolare sta reggendo bene; il vero problema di questa squadra su ambo i lati del campo è la panchina. Campazzo purtroppo non è un giocatore NBA, di Hyland parleremo a breve ma è un playmaker ultraleggero di diciannove anni, quindi è un fattore negativo per definizione; Davon Reed prima di approdare a Denver con un contratto two-way non aveva mai trovato spazio in una rotazione, Nnaji è ancora molto grezzo e a JaMychal Green non si può certo chiedere di tenere in piedi la baracca da solo. 

La verità è che questi non dovevano essere i cinque nomi pronti a dare man forte ai titolari, ma due di essi (Morris e Green) sono slittati in quintetto, Dozier è infortunato ed Austin Rivers è fuori da un paio di settimane in quanto positivo al Covid-19.

La second unit attuale ha problemi sia di difesa perimetrale che di protezione del pitturato, così come enormi difficoltà offensive nella creazione di tiri a difesa schierata. Sostanzialmente non ci si deve aspettare alcun tipo di produzione da questo gruppo. Per non lasciarli completamente allo sbando, Malone chiama spesso in causa un Barton fino a qui ispirato (alla migliore stagione da scorer in carriera sia per produzione che per efficienza al tiro) ed Aaron Gordon a guidare le riserve, situazione che potrebbe accentuarsi prossimamente. 

Dando un’occhiata alle varie lineups è evidente che l’X factor per Denver sia Nikola Jokić, che svetta su chiunque altro nella NBA per on-off, con un clamoroso +28.7. Con Nikola in campo i Nuggets hanno la seconda miglior difesa ed il secondo migliore attacco della competizione, senza di lui la difesa scivola all’ultimo posto in classifica, l’attacco non si allontana troppo piazzandosi ventisettesimo. Ogni quintetto con Jokić funziona, anche se circondato da elementi della panchina, quindi un utilizzo pesante di formazioni ibride di titolari e riserve, in questo momento, sembra essere l’unica possibilità per evitare che la second unit crei solchi troppo profondi per essere appianati dal talento di Joker

In conclusione, a Mile-High City sono sempre gli stessi tre, quattro nomi a trascinare tutti gli altri, per cui i cali visti durante i quarti periodi o nei back-to back sono ampiamente giustificati da una stanchezza che sta via via progredendo negli elementi chiave dell’organico. 

Vista la momentanea impossibilità a competere, Denver probabilmente non farà movimenti alla trade deadline. Una scossa può arrivare solo dai giovanissimi del roster, i quali dovranno assicurare un apporto maggiore e più costante. 

Hyland e Nnaji stanno crescendo

Primo mea culpa stagionale, ammetto di esser stato fin troppo contrariato dalla selezione di Hyland, scelto con la chiamata 26 allo scorso draft. 

Point guard di 80 kg scarsi per 190 centimetri, Bones è effettivamente molto magro, e in quanto tale si porta dietro ovvi difetti, tra i quali essere un difensore troppo leggero per poter contenere chiunque in penetrazione o a rimbalzo difensivo e la difficoltà a crearsi tiri “puliti” nei pressi del ferro.  

Al di fuori di queste mancanze pronosticabili, Hyland non può che colpire in positivo, è un ragazzo con estrema fiducia nelle proprie doti che non ha la minima paura di tirare da qualunque distanza, tentare un passaggio dietro la schiena o attaccare il ferro anche in mezzo al traffico 

L’archetipo di giocatore sembra quello giusto per Denver che sta sfruttando al massimo l’estro offensivo del rookie, limitandolo ad un ruolo di tiratore sugli scarichi quando condivide il parquet con Jokić (quasi 7 triple in catch&shoot a gara su 36 minuti) e affidandogli compiti di creazione quando la stella siede in panchina.  

Ho già citato la sua difficoltà come difensore on ball, ma fortunatamente in difesa dà il meglio di sé lontano dalla palla: la wingspan di due metri abbondanti aiuta molto sulle linee di passaggio, il fisico esile lo rende rapido sui closeout e la furbizia di certo non manca.

Bones deve chiaramente migliorare in difesa, guadagnare un paio di taglie ed affinare la gestione dei possessi offensivi, ma già oggi è il migliore scorer della panchina di Denver (8.3 punti a notte) e sembra essere sulla strada giusta per diventare un signor sesto uomo, esplosivo in attacco e sostenibile in difesa. 

L’altro giovane da cui Denver spera di poter ricavare qualcosa è Zeke Nnaji, sophomore di cui vi avevo già raccontato qualcosa nella preview stagionale. Il prodotto di Arizona sembra aver lavorato molto sul tiro da tre punti e in stagione sta convertendo i tentativi dalla lunga distanza con un clamoroso 53.2% (17/32 totale in 15 partite). Il tiro garantisce spaziature importanti per l’attacco stagnante della second unit e la grande fisicità del ragazzo dà sicuramente una mano in una lineup sottodimensionata in tutte le altre posizioni. 

I tempi come difensore in aiuto stanno migliorando e la mobilità di Zeke è davvero ottima per la posizione, sicuramente ha del potenziale per cambiare su più ruoli, da guardie a centri.  

A queste giocate positive Nnaji alterna difese da G-leaguers, spesso salta su finte banali o commette falli quando non necessario. 

Il ragazzo è acerbo ed avrà bisogno di molto tempo per poter maturare nel giocatore solido e costante di cui i Nuggets hanno bisogno, tuttavia i 15 minuti di energia pura che porta sono già utili ad una squadra sulle gambe.  

Le prospettive per il resto della stagione

Come detto in apertura, le ambizioni per questa stagione si sono inevitabilmente ridotte di molto. Con questo Jokić non centrare i playoff sarebbe uno spreco, allo stesso tempo l’inaspettata mancanza di un supporting cast all’altezza ed un possibile calo fisico nella seconda metà di stagione, mi fanno pensare che per i Nuggets sarà impossibile evitare il play-in tournament, sede in cui non sarà facile guadagnarsi il biglietto per la post-season.

Certo, se per allora fosse rientrato Murray (Chris Verno ha recentemente riportato che febbraio è il mese target per il suo ritorno in campo) Denver potrebbe ambire anche a tornare al secondo turno. Tuttavia con il quartetto Jokić-Murray-Gordon-MPJ blindato a lungo termine l’importante è non forzare la mano su questi rientri, nella speranza che da qui al 2025 o 2026 Denver possa arrivare ai playoff al massimo delle proprie forze almeno in un paio di occasioni. Se così non dovesse essere, per ritrovare il sorriso basterà affidarsi un altro po’ a questa magnifica Jokerterapia.  

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Alessandro Benassuti
Alessandro, studente di economia e pallanuotista, nel tempo libero finge di capire qualcosa di basket. La sua passione sono gli small market, in particolare Oklahoma City e Denver per le quali tifa al di là del risultato. Si vanta di essere il miglior cuoco della redazione di True Shooting.