Preview Bucks-Bulls 2021/22: sette anni dopo

Preview Bulls Bucks
Copertina di Nicolò Bedaglia

Con un “sofisticato sistema di specchi e leve”, i Bucks sono riusciti nelle ultime partite ad “aggiustare” la loro classifica dopo una stagione da 51 vittorie in cui è mancata continuità, in modo da poter sfidare i rivali dei Bulls nel remake a parti invertite del primo turno dei playoff di sette anni fa, in cui il terzo seed era occupato da Chicago e gli attuali campioni in carica erano ancora solo una squadra con qualche giovane intrigante, ma dal futuro nebuloso.

A proposito di giovani intriganti, proprio quell’anno un ventenne sophomore greco per la prima volta ha assaggiato l’aria della postseason, ma le cose non sono andate proprio come nel migliore dei suoi sogni…

L’ultima serie vinta dai Chicago Bulls risale al 2015, proprio contro i Bucks: Derrick Rose era il miglior giocatore di entrambe le squadre, Tom Thibodeau sbraitava a bordo campo e Joakim Noah lottava senza tregua sotto canestro. Sarebbe bello poter vedere una vittoria ai playoff per la prima volta dai tempi del liceo – non lo nego – ma già l’accesso diretto alla postseason dopo cinque lunghi anni è una tappa fondamentale per una squadra che, finché era in condizioni fisiche presentabili, bazzicava i piani alti della Eastern Conference.

I Bulls arrivano al confronto senza troppe aspettative, con LaVine acciaccato, con Caruso e Williams convalescenti, DeRozan esausto per gli straordinari e, soprattutto, senza il mefistofelico Lonzo Ball a generare il caos sul perimetro di entrambe le metà campo. Rubando una metafora al ciclismo, questa è una squadra che dopo l’All-Star Game è saltata senza più riuscire a ritrovare il ritmo in salita; rubando una metafora al rugby, l’obiettivo è evitare il cucchiaio di legno dello sweep.

Polveri Bagnate

I Bucks sono una squadra con principi chiari, che sa come metterli in pratica e che lo fa con continuità. Uno di questi principi è di chiudere il pitturato e lasciar tirare i giocatori meno pericolosi dal perimetro, che in linea di massima è quello che vorrebbero fare un po’ tutti, solo che non tutti ci riescono.

Questo significa che per costringere Milwaukee a fare delle scelte in difesa è necessario che gli avversari presentino più minacce perimetrali, altrimenti i ragazzi di Bud possono tranquillamente arroccarsi in area intorno alle due torri Lopez e Giannis, alzare il ponte levatoio, preparare qualche calderone di liquido bollente, imbracciare le balestre eccetera, eccetera. Insomma, sarebbe la ricetta giusta per un bagno di sangue.

I Bulls hanno i mezzi per evitare il suddetto bagno di sangue? Assolutamente no, infatti hanno sofferto enormemente sia contro i Bucks che contro gli Heat in questa seconda parte di stagione, guarda caso le due squadre che sono al primo e secondo posto in ogni statistica che tenga conto dei tiri concessi al ferro e delle percentuali con cui vengono realizzati, ma ultime per tiri da tre concessi (nel senso che ne concedono tanti!).

Ora, mentre gli Heat tengono a percentuali basse anche dal perimetro gli avversari picchiando come fabbri – secondo il vecchio mantra di Pat Riley “più meni, meno ne fischiano” (in proporzione, s’intende) – i Bucks non sono altrettanto efficaci nel tenere sotto controllo i tiratori (≈36% in stagione, ≈38% lo scorso anno) e su questo bisogna far leva per scardinare il loro piano partita.

Un ottimo grimaldello sarebbe l’unico tiratore “di volume” dei Bulls, ovvero l’infortunato Lonzo Ball: la sua 3PAr del ≈68% porta in dote ≈7,5 tentativi a partita realizzati con il ≈42% dal campo, una manna dal cielo per la squadra ultima in classifica nella già citata categoria del three point attempt rate, ovvero quanti dei tiri presi siano da tre punti.

Senza Ball, questa responsabilità cade sulle spalle di un LaVine acciaccato e della premiata ditta “Vučević & White: tiratori di striscia” che in questo momento sta attraversando la peggior striscia in carriera. Ah, dimenticavo: tirare tante triple comporta un aumento dei rimbalzi difensivi da catturare – specialità in cui Milwaukee immancabilmente eccelle – e trasformare in benzina per i contropiedi di Giannis.

Il quadro completo è inquietante per i Bulls: per avere una chance devono fare la cosa che, allo stato attuale, gli riesce peggio e che quando non riesce permette ai Bucks di fare quello che gli riesce meglio.

I Bulls hanno speranze? Di vincere, quasi zero. Di renderla una serie, poche. Di evitare lo sweep, qualcuna in più. E occhio che il passo fra lo sweep scampato e la serie interessante è molto più breve di quello fra la disfatta totale e lo sweep scampato.

Ovvero: Milwaukee è storicamente un feudo Bulls per quanto riguarda il tifo e la settimana di pausa può solo aver giovato a DeRozan e compagni, per cui è sì improbabile, ma non del tutto impossibile che a Chicago riesca un’incursione di successo in casa dei campioni in carica, soprattutto se questi ultimi dovessero affrontare l’impegno con un filo di leggerezza.

Le chiavi saranno la luna della premiata ditta “Vučević & White” e le condizioni fisiche dei due baluardi difensivi Caruso e Williams. Stanare Lopez dal pitturato con la gittata di Vučević e mettere pressione a Giannis anche in difesa con la fisicità di Williams è imperativo assoluto, mentre la vena realizzativa di White e la difesa perimetrale di Caruso possono fare la differenza dove Milwaukee è più vulnerabile, dopodiché sarà quel che sarà; il passaggio del turno è quasi utopia, ma riportare alla “Madhouse on Madison” due o tre partite che contano davvero sarebbe già un gran successo.

DeMar DeRozan, wanted dead or alive

Il nemico pubblico numero uno per i Bucks sarà senza alcun dubbio DeMar DeRozan – vecchio incubo dai tempi dei playoff 2017, quando si impose con la sua Toronto contro i giovani Cervi di Jason Kidd -, reduce a trentadue anni da una delle sue migliori stagioni in carriera.

Dopo essersi allontanato dai riflettori degli appassionati nei suoi tre anni a San Antonio, durante i quali è stato spesso bollato in modo frettoloso come giocatore finito e ormai superato dai tempi nonostante le sue prestazioni non fossero per nulla negative come la narrativa voleva far credere, ma che anzi non erano particolarmente lontane dai livelli attuali, in questa stagione si è ripreso quel ruolo di rilievo nella Eastern Conference che si era guadagnato nel corso delle sue nove stagioni in Canada.

La sfortuna quest’anno ha infatti perseguitato i Bulls, che dovranno fare a meno di Lonzo Ball e che hanno Zach LaVine, Caruso e Williams non al meglio: DeRozan è stato il punto fermo del loro attacco e presumibilmente rimarrà tale anche nel corso della serie contro Milwaukee. Rispetto alle stagioni scorse, a tratti ha servito qualche assist in meno ai suoi compagni, ma in compenso ha chiuso la sua miglior regular season per punti segnati – 27.9, settimo dato nella lega – e per percentuale dal campo.

Nella concezione comune, DeRozan è considerato molto incline al cercare soluzioni in isolamento, ma in realtà è molto più di questo. DeMar è infatti il quinto giocatore per pick and roll giocati da handler a partita dell’intera lega, e il suo modo particolare di gestirli lo rende un rebus spesso difficile da risolvere per le difese avversarie.

Data la sua predilezione per il tiro dal midrange (la shot chart lascia ben pochi dubbi a riguardo), il suo principale obiettivo è quello di guadagnarsi lo spazio necessario per poter tirare dalla sua mattonella preferita in uscita dal blocco, senza dare al difensore la possibilità di recuperare. Questo lo porta a giocare dei pick and roll in cui il bloccante prende posizione un po’ più vicino al centro dell’area rispetto alla norma, costringendo il difensore a passare alla disperata sul blocco per tentare di contestarlo.

Come se non bastasse, DeRozan è uno dei giocatori più bravi ad attirare fischi per via del suo particolare movimento di tiro, che lo porta spesso a trovare il contatto col suo difensore in modo abbastanza naturale, e non è un caso che sia il quinto giocatore con più liberi tentati a gara. La sua confidenza col tiro dalla media, unita alla sua capacità di guadagnarsi e convertire tiri liberi, lo rendono una minaccia di primissimo livello per ogni difesa, e i Bucks stessi ne hanno avuto un assaggio concedendogli ben 18 tiri liberi nella sfida di gennaio.

Coach Budenholzer ha principalmente tre giocatori da mettergli in marcatura per cercare di limitarlo, ovvero Wesley Matthews, Khris Middleton e Jrue Holiday (più Grayson Allen). Il primo sembrerebbe la scelta più ovvia, già nella sua prima esperienza ai Bucks aveva spesso avuto il compito di marcare la stella avversaria ed era stato l’unico in grado di limitare quell’uragano di nome Jimmy Butler che si era abbattuto sulla bolla di Orlando solo due anni fa.

Purtroppo però i suoi trentacinque anni iniziano a farsi sentire in alcuni aspetti del suo gioco, e per quanto la sua firma abbia rappresentato un’ottima aggiunta per la franchigia, la sua capacità di passare sui blocchi non è minimamente paragonabile a quella di pochi mesi fa. Probabilmente gli verrà chiesto di marcarlo per vari tratti della serie, come d’altronde già successo in regular season, e nella difesa uno contro uno potrà fare il suo solito ottimo lavoro, ma quel passo in più concesso ogni volta a DeRozan sui blocchi potrebbe invece trasformarsi in un’emorragia.

Il lavoro che fa in marcatura singola è sempre di ottimo livello, ma sui blocchi gli capita di soffrire più del dovuto:

Middleton per varie ragioni tra i tre sarà quello che lo dovrà marcare per meno tempo, considerando anche i precedenti incontri tra Chicago e Milwaukee, mentre vale la pena spendere due parole in più su Jrue Holiday. Jrue potrebbe essere l’esterno dei Bucks col miglior rapporto tra efficacia nel contestare i tiri e rischio di concedere un viaggio in lunetta.

Holiday è infatti uno dei giocatori in assoluto più forti della lega nel passare sui blocchi e ha una capacità innata nel non perdere la calma quando rimane indietro di un passo: non è raro avere la sensazione che sia rimasto troppo indietro su un blocco per poi vedergli fare la giocata difensiva decisiva in una frazione di secondo. Gioca a un ritmo tutto suo anche in difesa e gli avversari sanno di non poter stare tranquilli neanche quando sentono di averlo seminato, perché è in grado di recuperare tre passi nel giro di un istante.

L’altra caratteristica di Jrue che potrebbe risultare vincente è il suo modo di uscire nei closeout e in generale di contestare i tiri. Holiday infatti raramente stacca entrambi i piedi da terra, è sempre pronto a reagire alle finte – il pane quotidiano di DeRozan – e sempre muovendosi al suo ritmo riesce a non farsi mandare fuori giri. Nel contestare le conclusioni degli avversari, solitamente salta un po’ di lato per evitare i contatti fallosi: in generale è una tendenza utile, ma contro un giocatore come DeMar, che si sposta così tanto in avanti nel suo movimento di tiro, può risultare un antidoto preziosissimo tra le mani di Coach Budenholzer.

In questo caso il canestro di DeRozan arriva lo stesso, ma Holiday gli contesta il tiro spostandosi di lato in modo da non rischiare di concedergli un giro in lunetta non necessario:

La coperta della drop rischia di essere corta

Fin dal primo giorno di Budenholzer nel Wisconsin, i Bucks sono rimasti fedeli fino allo sfinimento a una difesa drop a oltranza, inizialmente senza quasi nessun tipo di alternativa. Questa strategia difensiva, dopo un primo anno di rodaggio, ha mostrato ben presto tutti i suoi lati positivi e negativi due stagioni fa: Milwaukee è parsa nel corso di tutta la stagione una corazzata impenetrabile, chiudendo con un impressionante defensive rating di 102.5 la regular season, ma si playoff nella bolla hanno prima barcollato contro i Magic nel primo turno, per poi crollare senza appello sotto i colpi di Goran Dragić nel 4-1 subito dai Miami Heat.

Brook Lopez, perno del sistema difensivo dei Bucks, è finito in un attimo sul banco degli imputati del processo mediatico: la drop per qualche mese è parsa essere la causa di ogni sciagura cestistica e non, mentre i quintetti con Giannis da centro sembravano poter essere la panacea di tutti i mali. La dirigenza in estate ha però deciso contro tutto e tutti di rimanere fedele alla strada intrapresa e ha usato i pochi asset di valore rimanenti non per indorare la pillola Lopez e spedirlo da qualche parte, ma per giocarsi il tutto per tutto per raggiungere Holiday via trade, tassello rivelatosi poi fondamentale per la vittoria del titolo.

La discussione intorno a questo tipo di difesa è poi nel tempo rientrato nei binari del buonsenso, con un’analisi un po’ più equilibrata di pro e contro, e i Bucks stessi hanno cercato di costruirsi qualche alternativa, provando effettivamente minuti con Giannis da centro e inserendo P.J. Tucker a roster nel corso della scorsa stagione. L’esperimento ha funzionato molto bene, ma la dirigenza non se l’è sentita di aprire i cordoni della borsa per rinnovarlo e ha cercato di vincere il jackpot con la scommessa (fallita) a basso prezzo che risponde al nome di Ojeleye.

Spesso si dice che ci si accorge di quanto manchi qualcosa quando la si perde, e il lungo infortunio patito da Brook Lopez in stagione ha avuto esattamente questo effetto sui Bucks. Il sistema costruito intorno a lui ha infatti sicuramente alcuni punti deboli propri della drop, principalmente legati alla difficoltà di coprire i tiri dal midrange, ma anche a 34 anni Lopez resta uno dei più efficaci centri in assoluto della lega in questo fondamentale.

Il suo infortunio ha costretto Coach Budenholzer a provare vari interpreti in quel ruolo, ma i risultati sono stati nettamente peggiori, portando al quattordicesimo defensive rating della lega, dato molto preoccupante in ottica playoff. Complice l’assenza di Brook, Bobby Portis ha ricoperto un ruolo ancor più di primo piano e ha registrato le cifre grezze offensive migliori in carriera. Portis è un giocatore che mette l’anima in campo conquistando così i suoi tifosi, ma la difesa non è di certo la specialità della casa e la sua interpretazione della drop è rivedibile.

Il problema nel suo caso è che lascia troppo spazio al penetratore per non farsi battere in velocità, ma la sua apertura alare è nettamente minore di quella di Lopez, rendendolo molto meno efficace nel contestare il tiro da quella distanza. Brook infatti riesce a rappresentare una minaccia anche quando sceglie di lasciare un passo in più al suo avversario proprio perché oltre a essere più alto ha delle braccia infinite e in un attimo riesce a oscurare la visione al tiratore, cosa che a Portis non riesce minimamente.

Per quanto riguarda Ibaka, purtroppo anche per lui il logorio fisico inizia a chiedere il conto e non è più il giocatore atletico che i Bucks avevano conosciuto proprio nella serie contro i Raptors di DeRozan.

La sua presenza in termini di esperienza e versatilità è sicuramente utile, ma questi mesi ci hanno mostrato un Ibaka con poca autonomia in campo e nettamente più lento del passato nel negare le linee di penetrazione: al contrario di Portis, spesso (il fu) Air Congo sta molto più addosso al suo avversario, ma avendo perso un paio di passi si ritrova a essere battuto più facilmente del previsto ed è costretto a fare fallo. In altre situazioni invece cade nello stesso errore di Portis: lascia troppo spazio all’attaccante, non ha l’apertura alare di Lopez e la frittata è fatta.

I Bulls insomma dovranno cercare di sfruttare ogni potenziale crepa nella difesa di Milwaukee, attaccando i lunghi avversari nel modo più efficace possibile. Gli aiuti ravvicinati di Ibaka potrebbero regalare qualche viaggio in lunetta in più a DeRozan e compagni, mentre Portis – se attaccato nel modo giusto – potrebbe offrire tiri aperti in zone nevralgiche dell’area di Milwaukee.

Un ultimo aspetto da non sottovalutare è la difesa di Giannis: uno dei maggiori punti di forza dei Bucks è proprio la sua presenza in campo e i suoi aiuti improvvisi ed estremamente efficaci, che sono tra l’altro uno dei motivi principali della scelta di Budenholzer e della società di continuare a puntare sulla drop, con un centro “tradizionale” al suo fianco. Il modo di giocare i pick and roll dei Bulls riduce il tempo utile per gli aiuti e questo potrebbe togliere parte dell’efficacia di Giannis nella propria metà campo.

Pronostici

Cosimo Sarti: 4-1. Se non riesce il colpaccio in trasferta, la speranza è che una partita con buone percentuali dall’arco possa portare una vittoria playoffs allo United Center, che manca da quando Derrick Rose ha fatto questa cosa qui.

Francesco Cellerino: anche per me questa serie è un 4-1. I Bucks sembrano essere troppo forti per questi Bulls, ma nel corso dell’anno sono stati troppo altalenanti in difesa e credo proprio che in almeno una gara vedremo la versione della truppa di Budenholzer troppo svagata nella propria metà campo.

Ti è piaciuto l'articolo?
Dacci un feedback:

Loading spinner
Francesco Cellerino
Tifoso sfegatatissimo della Virtus Roma e dei Bucks per amore di Brandon Jennings (di cui custodisce gelosamente l'autografo), con la pessima abitudine di simpatizzare le squadre più scarse e rimanerci male per le loro sconfitte. Gli amici si chiedono da anni se sia masochista o se semplicemente porti una sfiga tremenda...