L’inizio dei Wizards in tre punti

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Copertina di Sebastiano Barban

Una delle squadre più sorprendenti di questo inizio di stagione sono di sicuro gli Washington Wizards. Con un roster stravolto e un nuovo allenatore era difficile capire cosa aspettarsi da questa annata, ma fin dal primo momento c’erano delle qualità piuttosto evidenti. La prima fra tutte la lunghezza, pressoché infinita, della rotazione a disposizione di coach Unseld. In questo inizio stagione i vari Beal, Dinwiddie, Gafford, Neto, Bertāns, oltre al lungodegente Thomas Bryant hanno perso partite per infortunio, ma queste assenze non sono state neanche notate. Notevole se si pensa che il roster è in gran parte nuovo e che l’allenatore è un esordiente.

Washington si trova ad avere l’ottavo Net Rating, grazie soprattutto al quinto Def Rtg. Tale valore pare particolarmente incredibile se si pensa che gli Wizards non più tardi di due anni fa erano la ventinovesima difesa della lega. Merito di Unseld, ma anche del GM Sheppard. Stando a quanto traspare, Sheppard è un personaggio molto capace a livello umano e l’ambiente ne ha giovato dal primo momento. Lo scorso anno rivoluzionò la rotazione dei centri, dando un minimo di stabilità alla difesa con Robin Lopez e Gafford, ma soprattutto riuscì a scambiare il contratto di John Wall senza sacrificare l’avvenire della squadra. Lo scambio dell’ultima estate con il quale ha spedito Westbrook ai Lakers pare al momento un colpo di genio, in particolare se si pensa all’imprescindibile apporto offerto da Harrell e Kuzma.

Dall’inferno e ritorno, la carriera di Montrezl Harrell

Il rendimento di Harrell è decisamente una delle note più piacevoli di questo inizio. Le ultime esperienze nelle due squadre losangeline avevano evidenziato i suoi limiti difensivi ed evidenziato il suo bisogno di avere un grande volume di gioco per  poter rendere al meglio. In contesti in cui l’obiettivo è vincere l’anello, la sua presenza è risultata scomoda e a tratti problematica, ma a Washington, dove il pallone passa spesso per le sue mani, Montrezl è ancora in grado di dare un apporto positivo. Quando entra dalla panchina, il gioco cambia drasticamente. Dai tanti giochi in pick and roll con Gafford si passa ad un uso massiccio dei dribble hand-off (DHO), fondamentale in cui Harrell è maestro.

In questo grande merito va a Unseld, in grado di costruire due versioni differenti della stessa squadra, adattando gli schemi alle caratteristiche dei suoi giocatori. In un attacco paritario senza un vero e proprio playmaker, l’ex assistente dei Nuggets ha deciso così di usare spesso Harrell come hub offensivo. Spesso lo si può vedere operare attorno alla lunetta palleggiando anche per secondi, attendendo i movimenti dei compagni e giocando in pratica come point center.

Giocando in questa maniera il carico passa dalle guardie al centro, esaltandone il decision making. Questo effetto si vede ancora di più quando Harrell ha giocato senza Beal e Dinwiddie in campo, estremizzando questo concetto. Pochi turnover e tanto movimento lontano dalla palla degli altri Wizards. Per quanto il campione non sia estremamente limitato, è curioso notare come l’offensive rating di Washington con Harrell e senza le due guardie titolari sia di 116.7.

I numeri individuali se possibile sono ancora più impressionanti. Sicuramente il più importante è lo 0.59 di FTr (per capirsi, lo scorso anno Harden ha avuto il 0.44), valore completamente fuori scala in una NBA in cui i tiri liberi sono particolarmente difficili da guadagnare. A questo si aggiunge una differenza netta delle percentuali al tiro al ferro (8%) e da 3 (6%). Unendo tutti questi dati viene da sé che l’efficienza offensiva dei capitolini è di gran lunga superiore con Harrell in campo, con una true shooting che raggiunge il 57.2%, contro il 51.6% registrato quando Harrell è in panchina, il tutto nonostante l’aumento in termini di volume di conclusioni dal mid range rispetto a quelle da 3.

Quanti di questi dati saranno sostenibili? Difficile credere che tutto possa girare così bene, ma un crollo di Trez a oggi sembra impronosticabile. Un poco come con Jokić,  la difesa degli Wizards usa il proprio punto debole per uscire forte su i pick and roll, con cambi sistematici tra i 4 esterni, e un gran lavoro di pre-rotazione.

Harrell dal canto suo sta offrendo non solo un gran contributo vocale, ma le “nuove” regole lo hanno agevolato non poco, permettendogli di essere più aggressivo a fronte di un minor numero di falli fischiati contro. Ad oggi la difesa di Washington ha eseguito splendidamente le rotazione difensive per poter coprire i continui aiuti e recuperi. Al ferro spesso e volentieri si ritrovano uno fra Kuzma e Avdija, due giocatori che sono protagonisti di un gran inizio.

La redenzione di Kyle

Kuzma, allontanatosi dai riflettori di Los Angeles, sta mostrando tutte le sue capacità, sia quelle che erano già note sia quelle che finora erano rimaste nascoste. Si è integrato perfettamente nelle vesti di facilitatore/finalizzatore dell’attacco di coach Unseld, coadiuvando alla perfezione tutti gli esterni con cui gioca. Ancora più impressionante, è il salto nelle prestazioni difensive. Nei Lakers giocava spesso sulla palla, mentre adesso, in particolare nei minuti in cui è accoppiato a Harrell, è diventato il rim protector secondario della squadra. A sorprendere infatti è soprattutto il tempismo nell’arrivare al momento giusto per poter cambiare la parabola del tiro degli avversari. La elevata mobilità laterale di Kuzma, che gli permette di coprire ampi spazi in poco tempo, unita alla sua stazza e al suo atletismo lo rende capace di aiutare a dovere un difensore sottodimensionato come Harrell.

Anche in attacco è riuscito a fare un ulteriore salto in avanti, per quanto le sue percentuali siano in leggero calo. Il tipo di tiri che si prende risulta spesso più complesso di quelli che aveva a disposizione con i Lakers, soprattutto da 2, e tale peggioramento pare fisiologico. Dall’altro canto ha dimostrato spesso un buon tempismo, prendendosi il palcoscenico quando vi è stato modo o necessità.

La vera pecca a oggi è la percentuale ai liberi, un misero 54.1% in netta controtendenza col 72% in carriera. Alcune metriche di squadra, soprattutto quelle on/off, net rtg, ecc non confermano la qualità del suo apporto, questo perché in generale il quintetto titolare dei Wizards, per quanto assurdo possa sembrare, sta stentando ad ingranare. Kuzma ha recitato alla perfezione la parte del collante pronto a tirare sugli scarichi, concentrato in difesa e pronto a rimbalzo.

E in questo ultimo fondamentale si vede ancora di più l’energia e l’intensità che l’ex Laker sta mettendo sul campo per gli Wizards. Lo schieramento di Washington di sicuro aiuta, dato l’importante lavoro che viene richiesto ad ogni ala a rimbalzo, ma spesso Kuzma ha mostrato delle prestazioni dominanti sotto i tabelloni. I numeri di squadra probabilmente non gli renderanno mai giustizia, per questioni strutturali, ciò nonostante non ci si può dimenticare di quanto sia fondamentale Kuzma per questo inizio.

La maturazione di Avdija

Il sostituto principale di Kuzma è il terzo protagonista di questi Wizards, ovvero Deni Avdija. L’israeliano è finalmente libero di poter giocare un basket più dinamico e corale, mettendo in risalto le sue letture offensive. Per la sua stazza infatti risulta un buon palleggiatore, in grado di vedere delle linee di passaggio non banali, dotato di un buon fisico.

A mancare ancora è il tiro da fuori. Rispetto alla passata stagione prende le conclusioni con molta più sicurezza, ma i risultati sono ancora alterni. A rendere la sua proiezione come tiratore più grigia c’è la percentuale ai liberi, che arriva a malapena al 65.5%. Il suo impatto però risulta impossibile da non notare, anche nel lato del campo in cui è meno maturo. La manovra assume tutt’altra fluidità con lui, e in mezzo a tanti finalizzatori un profilo come il suo si è velocemente adattato alla nuova realtà.

In difesa invece i passi in avanti sono multipli, e di grandezza piuttosto ragguardevole. Il movimento di piedi non è eccelso, ma Avdija sa sempre dove mettersi, assorbendo in maniera stupefacente i contatti che gli attaccanti creano, finendo per togliere loro inerzia e mandarli fuori giri. Quando in campo, è lui il difensore designato a prendersi le migliori ali avversarie, spesso figurando bene contro i profili più fisici.

Nonostante il livello così avanzato, si possono ancora vedere dei possibili miglioramenti. Contro Hayward, attaccante intelligente e meno propenso ad usare il fisico, Avdija ha sofferto parecchio le mille finte e contro finte dell’ex Celtics. Rimane pur sempre un secondo anno, e non ci si può non aspettare da lui un’ulteriore maturazione. Il tiro sarà la discriminante che definirà la sua carriera, ma in generale, urge un miglioramento in attacco.

Le prospettive per il resto della stagione dopo questo inizio

Dopo una partenza sprint e un record che li mette in prima fila nell’Eastern Conference, cosa ci si può aspettare da questi Wizards? Difficile a dirsi. Sicuramente la panchina continuerà ad essere una delle migliori second unit della lega, ma altrettanto certamente bisogna aspettarsi un miglioramento delle percentuali da 3 degli avversari (30%). L’ossatura però rimane troppo solida, e se magari tornasse Hachimura, Washington potrebbe contare su un giocatore in grado di dare il suo contributo in maniera positiva, togliendo dal campo i due giocatori più in difficoltà, ossia Bertāns e Kispert (che non sta demeritando, ma come ogni rookie ha dei limiti di esperienza).

Un altro ritorno invece potrebbe essere più scomodo che utile, e mi riferisco a Thomas Bryant. Reduce da un lungo infortunio, è difficile trovargli minuti. Toglierli a Gafford vorrebbe dire togliere il miglior rim protector della squadra, mentre Harrell a oggi è forse il migliore giocatore della squadra. Passando alle guardie, la rotazione pare difficile da scalfire per questioni di gerarchie interne, nonostante la convivenza tra Dinwiddie e Beal non sia delle migliori. I due si pestano spesso i piedi, abituati ad avere la palla in mano e poco propensi a sfruttare il lavoro dell’altro come attaccanti secondari. Riuscissero ad amalgamarsi (come fatto nella vittoria contro gli Heat), Washington potrebbe addirittura giocare meglio di quanto non stia facendo, soprattutto in attacco. Dati i tanti nomi a disposizione, non è da escludere che gli Wizards scelgano di essere attivi alla trade deadline per poter cercare talento futuribile.

Pare però difficile immaginare che il GM Sheppard possa avere intenzione di cambiare a buon mercato anche solo uno degli ingranaggi di questa macchina così ben oliata. La squadra è ordinata e ben messa in campo, tutti motivi che fanno pensare che Washington non sia destinata a crollare in classifica. Possibile che ci sia un po’ di regressione, ma avere una difesa così solida gli da una marcia in più anche nei finali punto a punto.

Difficilmente rimarranno imbattuti nel clutch time, ma il record di 8-0 è un gran bel segnale. Riusciranno a raggiungere direttamente i playoff? Possibile, ma stando alla folta concorrenza della Eastern Conference, non è neanche certo. Di sicuro, questa è una squadra che non si batte da sola, e porrà tanti grattacapi a chiunque la dovrà affrontare.

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Alexandros Moussas
Alla tenera età di 9 anni, mio zio mi fece scoprire il basket NBA, facendomi guardare con lui le finali del 98. Con Tavcar nelle orecchie e Micheal Jordan ad alzare il trofeo, mi innamorai dei perdenti, gli Utah Jazz. Da quel momento, nulla è cambiato. Io continuo a tifarli, e loro continuano a non vincere.