3 osservazioni in giro per la NBA

osservazioni NBA (2)
Copertina di Valentino Grassi

Tra una partita e l’altra siamo ormai arrivati al 13 dicembre, e quasi un terzo della stagione NBA è già passato. Per onorare questo importante traguardo, tre autori della redazione si sono riuniti per mettere per iscritto alcune osservazioni sui giocatori o le squadre che seguono.

Filippo Barresi parlerà quindi di Cody Martin, Daniele Sorato dei problemi al tiro dei Timberwolves e Lorenzo Pasquali di Nicolas Batum, a.k.a. il difensore più forte degli ultimi trent’anni.

Cody Martin è il motore degli Charlotte Hornets

Uno dei motivi dell’ottimo inizio di stagione degli Charlotte Hornets è la presenza sempre più determinante di Cody Martin nelle rotazioni di coach James Borrego. Al terzo anno nella lega, Cody sta giocando la miglior pallacanestro della sua brevissima esperienza in NBA: dopo un’annata da rookie promettente, il suo sviluppo si era bruscamente interrotto nella passata stagione, ma oggi sembra aver ritrovato la sua dimensione.

Martin è il classico role player che tanto aiuta le squadre in corsa per un posto ai playoff, uscendo dalla panchina e portando energia in ogni singolo possesso. Il suo gioco infatti non è così raffinato in nessun aspetto e fa molto affidamento sulla necessità di restare sempre con i giri alti per arrivare prima di tutti sulle cosiddette fifty-fifty balls.

Nella passata stagione non era riuscito a trovare continuità nelle prestazioni e Borrego lo ha spesso alternato al fratello gemello Caleb come ultimo componente della rotazione. Non è facile riuscire a incidere con costanza essendo perennemente incerti per quanto riguarda ruolo e utilizzo, ma con la partenza di Monk e Graham, ha saputo sfruttare l’enorme opportunità che gli si è aperta davanti.

Oggi Martin ha il pieno controllo dei possessi delle seconde linee degli Hornets agendo spesso come portatore di palla governando il flusso offensivo in queste situazioni. Una delle conseguenze della fiducia totale della squadra nei suoi confronti è la frequenza con cui gli sta entrando il tiro da tre punti. Nelle sue prime due stagioni in NBA, Martin ha complessivamente registrato un 25% da oltre l’arco su 135 tentativi complessivi.

Osservandolo in azione, non ha evidenti problemi a livello di meccanica e il suo tocco è abbastanza buono. Il suo problema nel finalizzare dalla distanza era tutto relativo alla fiducia nelle proprie capacità. In questo inizio di stagione ha già tentato 54 triple e le ha convertite con il 50%: ovviamente questo dato non è molto indicativo, ma fa capire quanto questo giocatore sia ingaggiato mentalmente al momento.

Un giocatore conscio dei propri limiti, sempre disposto a mettersi a completa disposizione della squadra e con decenti capacità offensive è in grado di adattarsi perfettamente a qualsiasi contesto all’interno della lega. Il prototipo ideale è quello di Alex Caruso, e gli Hornets (al momento 29esimi per Defensive Rating) hanno disperatamente bisogno di un giocatore del genere per dare un po’ di sostanza alla propria fase difensiva.

Al termine di questa stagione Martin sarà senza contratto e Charlotte dovrà cercare in ogni modo di trattenerlo, dando valore a una trentaseiesima scelta che al momento sembra essere stata spesa molto bene. Con il suo esempio e quello di Miles Bridges, gli Hornets stanno dimostrando che in NBA lo sviluppo è raramente lineare e che serve molta pazienza per far rendere al meglio i propri talenti.

I Timberwolves hanno un problema con il tiro da fuori

Nonostante una difesa sorprendente (di cui si è già ampiamente discusso in questo articolo), i Minnesota Timberwolves stanno avendo tantissimi problemi non preventivati nella metà campo offensiva: Towns e soci infatti hanno il 25esimo attacco della lega, una posizione imbarazzante rispetto al potenziale della squadra.

Sul banco degli imputati potrebbero finire in tanti, ma l’aspetto più critico dell’attacco dei Lupi riguarda senza dubbio quello del tiro da tre: Coach Finch e il suo staff hanno infatti deciso di affidare buona parte delle sorti dell’attacco alle abilità balistiche del roster, ma questa scelta non sta ripagando.

Minnesota tenta poco meno di 42 triple per 100 possessi (seconda solo agli Utah Jazz), ma le converte con un pessimo 33.4%, nono peggior dato della NBA e peggiore rispetto alla media della lega, che quest’anno si attesta su un non esaltante 34.7%.

Il problema di questa squadra è che il buon esito di un’azione offensiva dipende in gran parte dalla sua capacità di segnare da fuori, visto che le triple rappresentano il 45.7% dei tiri dal campo e poco meno del 40% dei punti segnati.

Ma al di là della scarsità di soluzioni alternative – nessun esterno attacca con costanza il ferro, e chi potrebbe farlo spesso si accontenta di un tiro contestato dal palleggio – lo scarso feeling tra i Timberwolves e il canestro è figlio di due motivi legati indissolubilmente tra loro. In primo luogo bisogna parlare della qualità dei tiri da fuori che vengono costruiti, poi da chi effettivamente li tira.

Tante delle triple di Minnesota vengono prese al di fuori dal flow dell’attacco, senza aver mosso adeguatamente la difesa per cercare di creare una situazione più favorevole al tiratore in questione. Solo 17.4 triple a partita sono wide open (15esimo dato della lega), e questi tiri relativamente “facili” vengono convertiti con un pessimo 35.4%, sesta percentuale peggiore in tutta la NBA.

Ciò accade perché il roster pecca di tiratori, e quelli già presenti – eccezion fatta per il solito straordinario Towns e un discreto Naz Reid – stanno faticando enormemente a mantenere percentuali quantomeno accettabili.

È vero, tantissimi giocatori NBA stanno faticando al tiro e il cambio di pallone da Spalding a Wilson sembra aver influito (anche se Malik Beasley non è d’accordo), quindi sarebbe semplice dire che i Timberwolves devono semplicemente sperare che la mira si aggiusti.

Le percentuali probabilmente si alzeranno, ma se vuole agguantare un posto ai playoff (o quantomeno al play-in) Minnesota dovrà comunque cominciare a far girare meglio il pallone e creare tiri migliori.

E chissà, forse sarebbe il caso che il front office si faccia trovare pronto a sfruttare ogni occasione che si potrebbe presentare sul mercato degli scambi, così da sistemare almeno parzialmente un roster decisamente sbilanciato.

Nicolas Batum merita un posto negli All-Defensive Team

Proprio come Minnesota, i Clippers sono un’altra squadra che (sorprendentemente) sta ottenendo risultati molto migliori in difesa rispetto che in attacco. Se la squadra allenata da Lue è, al momento, quarta per Defensive Rating, gran parte del merito va attribuito a Batum: il giocatore francese è il migliore difensore della compagine losangelina, e la sua estrema versatilità è il cardine del sistema difensivo di Lue. Gli accoppiamenti difensivi del giocatore francese delle ultime due stagioni spaziano da Lillard a Towns, passando per Mitchell e Durant. Pensate ad una qualsiasi star di questa lega: probabilmente Batum ci ha speso buoni minuti in marcatura.

Chiaramente, i motivi per cui il francese è così prezioso non si fermano qua.

Batum è un eccellente difensore di squadra: feeling per la pallacanestro fuori dal comune, senso della posizione e un’apertura alare degna di uno pterodattilo lo rendono un eccellente difensore in aiuto, in grado di levitare dal pitturato al perimetro senza fatica.

Batum è anche la chiave per rendere sostenibile il quintetto piccolo che ha fatto le fortune dei Clippers negli scorsi playoff. L’avevamo accertato nella serie contro i Mavs, ma sta arrivando la conferma anche in questa prima metà di stagione: i due quintetti piccoli che comprendono Batum hanno l’83.3 e il 90.6 di Defensive Rating; viceversa, i due quintetti piccoli principali senza Batum hanno dei dati disastrosi (117.2 e 108.7).

Intendiamoci, i campioni sono ancora minuscoli dato che si tratta di qualche decina di minuti per quintetto, ma la differenza è lampante anche a colpo d’occhio.

Un altro dato per testimoniare l’importanza di Batum in questi Clippers è il Defensive Rating della squadra prima e dopo il suo isolamento per protocolli covid: da 101.7 al 108 delle ultime 11 partite.

Diciamolo chiaramente: Nicolas Batum è il migliore difensore della squadra delle ultime due stagioni, ed è ora di riconoscerlo con uno spot negli All-Defensive Team.

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Filippo Barresi
Calciofilo prestato alla NBA, tifoso degli Charlotte Hornets e della Sampdoria. Studente di Marketing all'Università di Torino, classe 1998. Molto probabilmente non vedrà un successo sportivo nell'arco della sua vita.
Daniele Sorato
Segue (suo malgrado) i Minnesota Timberwolves mentre nei ritagli di tempo viaggia, colleziona dischi e talvolta studia. Odia parlare di sé in terza persona e sicuramente non potrà mai guadagnarsi da vivere scrivendo bio.
Lorenzo Pasquali
Ha deciso di esplorare nuove vette del masochismo iniziando a tifare Clippers e Fortitudo. Le notti sogna un universo parallelo in cui CP3 e Griffin vincono il primo Larry OB della franchigia.