Brandon Clarke e l’iso-ball stanno decidendo la serie

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Copertina di Sebastiano Barban

La serie tra Grizzlies e Timberwolves, che vede i primi avanti per 3-2 nel computo delle partite vinte, finora è stata la più divertente e “tirata” di questo primo turno. Minnesota è stata la miglior squadra in campo per buona parte del tempo, ma la sua incapacità di gestire i finali punto a punto e la solidità di Memphis – impersonata soprattutto dalle prestazioni di Brandon Clarke, autore di diverse prestazioni decisive – hanno determinato il vantaggio della franchigia del Tennessee, che in Gara 6 avrà la possibilità di chiudere la serie.

(1)2 Minutes to Midnight

Trovarsi sotto 2-3 dopo aver preparato e giocato una serie a questi livelli è uno scenario da incubo per Minnesota. Di certo non bisogna dimenticare di fare i complimenti ai Grizzlies per la loro incredibile tenacia, ma per trovare i motivi di questo svantaggio i Timberwolves devono solamente guardarsi allo specchio.

La banda di Coach Finch potrebbe dare parte della colpa agli arbitri o parlare della propria inesperienza per giustificare i tracolli avuti nei momenti decisivi di Gara 3 e Gara 5, con quella retorica del “so’ ragazzi, si faranno” che tanto si usa per spiegare le défaillance delle squadre così giovani, ma la verità è una sola: Minnesota ha avuto diverse chance di portarsi a casa la serie, ma si è dimenticata che ai playoff NBA bisogna restare concentrati ed eseguire il piano partita per 48 minuti di fila, non uno di meno.

Il problema principale dei Timberwolves infatti è proprio quello della late-game execution, come direbbero gli anglofoni, ossia la capacità di seguire gli schemi anche nei finali delle partite combattute: sia offensivamente, giacché i giocatori si sono innamorati degli isolamenti forzati e dell’hero-ball, sia difensivamente, dove si palesano tutti i limiti di questa squadra.

Dando uno sguardo ai numeri, il responso è impietoso e conferma in toto quanto appare visibile anche agli occhi meno attenti. Nei 13 minuti giocati in crunch time – che la NBA considera come quelle situazioni in cui mancano al massimo cinque minuti alla fine della partita e la discrepanza tra le squadre è minore o uguale a cinque punti – Minnesota ha un net rating di -31.7 e sta tirando in modo atroce (36.4% dal campo e 25% da fuori), dati che vanno al di là delle mere oscillazioni fisiologiche su un campione così ristretto.

Oltre a ciò, in queste situazioni i Timberwolves hanno spesso forzato un tiro sbagliato da parte degli avversari ma non hanno concluso il possesso difensivo con un rimbalzo, lasciando che il sopracitato Clarke e i suoi compagni dominassero sotto le plance: il 42.9% di DREB% è un dato assurdamente negativo, considerando come in regular season i Nets – di gran lunga la squadra peggiore in questa statistica – si attestassero sul 70.4%.

L’attacco nel quarto quarto però è stato ancora più tragico: i Timberwolves non arrivano a segnare 93 punti per 100 possessi nell’ultima frazione di gioco, e il motivo è da cercare nella totale mancanza di movimento di palla: Edwards e Russell – il quale, per inciso, sta giocando una serie ai limiti del grottesco – si incaponiscono negli isolamenti e Towns non ottiene abbastanza tocchi, tirando non appena riesce a ricevere il pallone.

Minnesota gioca parecchia iso-ball ma in maniera scarsamente produttiva, dato che ottiene solo 0.77 punti per possesso da questa situazione. La squadra sembra girare solo quando in campo c’è Jordan McLaughlin, il folletto da USC che sta disputando una serie ben al di sopra delle aspettative e che sta avendo successo laddove gli altri ball-handler dei Timberwolves falliscono: far entrare immediatamente la squadra nei set, rimanere in controllo anche alzando il ritmo e pescare dal cilindro le letture giuste a difesa schierata.

Per quanto sarà difficile rialzarsi per la seconda volta, la serie per la squadra di Coach Finch non è ancora finita: Minnesota deve semplicemente prendere quanto di buono ha fatto finora (che non è affatto poco, anzi), imparare dagli errori commessi nei due tracolli sanguinosi e, qualora riuscisse a rimanere in partita e arginare la valanga Grizzlies, mantenere la concentrazione fino all’ultima sirena.

Qualunque sia il risultato di Gara 6, dopo questi playoff l’ultimo quarto rimarrà un incubo per tutti i tifosi degli Wolves, un vero e proprio – parafrasando la canzone degli Iron Maiden che dà il titolo a questa prima parte dell’articolo – conto alla rovescia verso la fine del mondo: questa squadra però ha già dimostrato una forza mentale impressionante, perciò nulla sarà definitivamente perduto finché quella sirena non suonerà davvero.

Clarke to the rescue

Alla fine di Gara 5 Chris Finch ha individuato nei 7 rimbalzi offensivi raccolti da Brandon Clarke nel quarto quarto la chiave della vittoria di Memphis: l’eccelso lavoro sotto le plance del lungo canadese e la pigrizia di Minnesota hanno permesso ai Grizzlies di ritornare in partita anche in una serata in cui hanno tirato con il 41.5% dal campo, il 25% da tre e il 66.7% ai liberi.

La prestazione di Gara 5 da 21 punti e 15 rimbalzi non è un episodio isolato: Clarke sta giocando ad alti livelli da inizio serie, riuscendo a sopperire alle assenze di Adams e di Jackson. Il primo si è rivelato, come prevedibile, inadeguato per reggere il confronto con Towns ed è stato bersagliato da Edwards e Russell nei giochi a due, mentre il secondo sta commettendo 5.2 falli di media nella serie e non riesce a stare in campo per più di 23 minuti a sera.

L’assenza per lunghi tratti della partita di Jackson sta costringendo Jenkins a giocarsi la serie con Clarke, che è alto solo 203 centimetri, da 5; una catastrofe teoricamente, un successo nella pratica: i quintetti con il prodotto di Gonzaga schierato da centro stanno facendo registrare +11 di net rating.

In attacco il lungo dei Grizzlies sta riuscendo a sfruttare le attenzioni che la difesa di Minnesota sta riservando a Ja Morant grazie alla sua capacità di rollare a canestro e giocare sopra il ferro: il 50% dei canestri assistiti segnati da BC in questa serie hanno la firma del numero 12.

In questa prima azione è posizionato in angolo, dove non è assolutamente pericoloso: McDaniels si preoccupa esclusivamente di porsi come ostacolo tra Morant e il ferro, così Clarke può tagliare alle sue spalle e rendersi disponibile per l’alley-oop.

Clarke si sta rivelando il giocatore perfetto per punire le scelte difensive di Minnesota sul pick and roll: al blitz, che gli uomini di Finch stanno eseguendo per togliere la palla dalle mani di Morant, i Grizzlies stanno rispondendo con lo slip e il canadese in queste situazioni è bravo a prendere le decisioni giuste, avendo in dote anche un floater quasi infallibile.

I numeri danno ulteriormente l’idea della serie giocata fino a questo momento da Brandon Clarke: 16.4 punti e 8.6 rimbalzi di media con quasi il 70% di TS%. Un rendimento eccezionale per un giocatore che l’anno scorso sembrava essersi smarrito ed era stato impiegato solo 5 minuti nella serie persa 4-1 contro i Jazz.

Il numero 15 sta giocando una grande serie anche nella metà campo difensiva. Con lui in campo i Grizzlies tendono a cambiare su ogni pick and roll, e la sensazione è che questo sia il miglior approccio per affrontare una squadra a cui è meglio lasciare meno tiri da tre aperti possibili: Minnesota in regular season ha tirato quasi 42 triple a partita, mentre nella serie le conclusioni da oltre l’arco non arrivano a 37 nonostante il numero di possessi sia leggermente più elevato.

Contenere Towns resta un problema, ma in tutti gli altri aspetti Clarke da 5 non sembra portare grossi svantaggi: certo, il ferro è meno protetto, ma al tempo stesso i Timberwolves non stanno facendo della lotta a rimbalzo in attacco una delle prerogative della serie (forse perché temono i Grizzlies in contropiede) e questo lo rende assolutamente sostenibile anche da centro.

Al di là di come andrà a finire questa serie, Brandon Clarke sta dimostrando di essere un giocatore adatto a questi palcoscenici: le sue quotazioni sono in risalita e, a un anno dall’estensione contrattuale, ciò non può che essere una buona notizia per lui. La sensazione è che BC per i Grizzlies sia il comprimario più importante dopo Desmond Bane: pareggiare il prezzo di mercato, nell’anno in cui andrà esteso anche Morant, potrebbe essere un problema non da poco.

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Daniele Sorato
Segue (suo malgrado) i Minnesota Timberwolves mentre nei ritagli di tempo viaggia, colleziona dischi e talvolta studia. Odia parlare di sé in terza persona e sicuramente non potrà mai guadagnarsi da vivere scrivendo bio.
Francesco La Mura
Qui su True Shooting perchè nessuno vuole perdere tempo dietro ai Memphis Grizzlies. Vivo nella speranza che Jaren Jackson Jr. possa diventare il miglior lungo della lega, quindi non fidatevi di me.