Preview Grizzlies-Warriors 2021/22: la rivincita è servita

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Copertina di Marco D'Amato

Golden State Warriors contro Memphis Grizzlies non è soltanto la sfida da copertina tra Stephen Curry e Ja Morant. Volendo sforzarsi di trovar spunti di rivalità, è anzitutto la rivincita della sfida occorsa nell’edizione 2021 dei Play-in per la Western Conference. Una gara conclusasi 117 a 112 per i ragazzi di coach Taylor Jenkins, con l’appena nominato Most Improved Player autore di una prestazione mostruosa con 35 punti e 5 su 10 dall’arco, 6 assist, 6 rimbalzi e 4 recuperi.

Certo, di acqua sotto i ponti ne è passata tanta. Quei Warriors non disponevano di Klay Thompson, ed erano in completa fase di riassetto sistemico per giungere a tutto quel che di bello abbiamo visto in questa stagione 2021/22. Di contro, i Grizzlies erano ancor più acerbi di quanto non siano apparsi nel recente incrocio con Minnesota al primo turno, ed infatti si ritrovano forti del vantaggio campo, avendo chiuso il campionato con la seconda piazza di Conference. Proprio dietro ai Dubs, vittime di infortuni e difficoltà di convivenza al rientro proprio del secondo Splash Brother.

Certo, il modo in cui quella partita si concluse – con i Warriors davanti al pubblico amico, incapaci di evitar un overtime gestito male, e pieno di errori grossolani – potrebbe gridar vendetta, o comunque motivar ulteriormente Curry e compagni. Se mai ce ne fosse bisogno.

La ghiotta occasione di accelerare i tempi rispetto alle previsioni, e quindi puntare ad un ritorno alle Finals che in sede di presentazione stagionale poteva sembrar pretenzioso, potrebbe dar forza ulteriore a Golden State. Che dovrà provare a tornare a San Francisco con almeno una vittoria ottenuta in trasferta dopo le prime due, resistendo all’esuberanza e all’atletismo dei Grizzlies.

Un gruppo profondo, che per quanto abbia lasciato perplessi per discontinuità al primo turno, avrebbe gli uomini sia da ruotar in parallelo con quelli di Kerr, che per provar a non soccombere contro il suo quintetto small. La famigerata Death Lineup 3.0 che ha seppellito Denver nei minuti di convivenza in campo. Anche se i Nuggets – tra assenze e peculiarità a roster – non devono rappresentar il modello di riferimento ideale per misurarne l’ingiocabilità.

Detto questo, se facciamo finta di non calcolare le assenze ed i momenti stagionali in cui le sfide si sono disputate, in regular season i Grizzlies han vinto 3 delle 4 sfide occorse. E per certi versi assomigliano molto per assetto e fantasia nelle rotazioni, a quello che i Warriors furono precedentemente all’approdo in panchina dell’ex giocatore di Bulls e Spurs (tra le altre).

Pertanto, meglio non cader in fallo nel credere che si tratti di uno scontro impari, e quindi di una serie che nasce già determinata nella sua conclusione. Oltretutto i metodi in cui si programma il primo incontro dei sette potenziali, lascia molto spazio all’imprevedibilità del risultato. Con la partita programmata per oggi (domenica 1 maggio) alle 21.30 italiane, Memphis si troverà sulle spalle le fatiche del successo sui Timberwolves e del volo immediato che li riporta a casa, da Minneapolis. Senza grandi possibilità di riposo. Mentre i Dubs, a dispetto dei programmi di squadra che prevedevano un allenamento mattutino nella giornata di sabato in attesa degli orari ufficiali, sono stati costretti a volar subito dopo, per recarsi alla sede della partita.

Rivedremo il solito Morant ?

Le 6 partite contro i Timberwolves hanno messo in luce i limiti della stella dei Memphis Grizzlies: Ja ha trovato grosse difficoltà, soprattutto quando la serie si è spostata a Minnesota, a trovare gli spot ideali per i suoi tiri. Merito degli aggiustamenti effettuati da coach Finch e della fisicità del suo quintetto: anche quando Morant è riuscito a superare la linea difensiva McDaniels è riuscito a fare un lavoro eccelso nel proteggere l’area. In gara 5 Jenkins ha provato a mettere il suo playmaker nelle condizioni migliori per imporre il suo gioco ma Morant ci è riuscito solo nel quarto quarto, dopo aver litigato con il canestro nei precedenti tre.

Jenkins ha trovato la quadra in attacco nei finali di partita che hanno deciso la serie affiancando a Morant Tyus Jones: il prodotto di Duke, originario proprio del Minnesota, ha avuto il merito di togliere pressione a Ja e fornire quel playmaking secondario che nel quintetto titolare sembra mancare. In vista del match up contro Golden State questa soluzione non sembra riproponibile: il rischio di andare sotto in difesa contro Curry, Thompson e Poole è troppo elevato. Per provare a giocarsela servirà dunque una grande serie di Morant che storicamente contro Golden State, a differenza di quanto fatto contro i lupi anche in regular season, si è reso protagonista di ottime prestazioni. Tuttavia i playoff sono un altro sport, la difesa dei Warriors è tra le più organizzate della lega e Ja non sembra essere nemmeno al meglio: la sensazione è che Kerr abbia grosse possibilità di limitarlo.

Limiti e vantaggi del quintetto small di Kerr

A prescindere dalla discussione sull’attendibilità dell’avversario superato, i Warriors si presentano al secondo turno con due certezze assodate. La prima riguarda lo stato di salute di Curry, che non desta alcuna preoccupazione. La seconda, che la già citata profondità del roster è preziosa anche in postseason, considerando il contributo ottenuto da role player come Gary Payton II.

Anche se, proprio rispetto a quest’ultimi, ogni serie presenta una storia a sé e dipende dalle tipicità degli avversari, per le quali i giocatori “di contorno” possono risultar decisivi in materia di aggiustamenti. Malgrado questo, il figlio del fu “The Glove” potrebbe essere utilizzato su Morant spesso, per limitarne fiammate verso il canestro da concludersi in modo esplosivo. Una delle caratteristiche più spiccate del MIP stagionale.

Il limitato impiego di Jonathan Kuminga, inoltre, potrebbe cambiar sensibilmente nello scontro con i Grizzlies. Anche partendo dal presupposto che il rookie ha visto minutaggio e responsabilità aumentare, con il proseguire della serie contro Jokic e compagnia. Contro Memphis però le sue doti atletiche – da utilizzarsi prevalentemente in opposizione alla transizione avversaria, ma non solo – potrebbero tornar più che utili. Mascherando meglio eventuali mancanze dovute ad un livello di inesperienza altissimo, ma non potrebbe essere altrimenti.

A prescindere quindi dalla canonica Death Lineup 3.0 (che vede Wiggins a Poole ad affiancarsi ai big3 di Kerr, con Draymond impiegato da 5), Kuminga appare ideale per variare un assetto comunque small che presumibilmente i Dubs si permetteranno a lungo. Forse addirittura costretti dalla circostanze, visto che pure gli avversari possono giocar tanto con Jaren Jackson Jr. affiancato da Clarke, senza un centro canonico.

Entrambe le squadre possono disporre di aggressività offensiva, versatilità difensiva e spaziature migliori se strutturate “verso il basso”, con i Grizzlies capacissimi di spazzar via un rimbalzo dopo l’altro anche in una versione simile (a patto che JJJ non venga costretto fuori dalla serie, come già visto al primo turno, per eccesso di falli).

Possibile X-Factor: Jaren Jackson Jr.

L’unica partita in cui JJJ è riuscito a stare in campo più di 30 minuti è corrisposta con l’ultimo episodio della serie, in cui ha fatto la differenza soprattutto in difesa:

La presenza in campo di Jackson permette ai Grizzlies di poter difendere meglio il perimetro, aspetto fondamentale contro Golden State, consapevoli che JJJ può proteggere il ferro. Questo potrebbe essere uno dei temi della serie: gli uomini di Kerr potrebbero provare a portare fuori Jackson forzando il cambio e cercare di attaccare il ferro con lui sul perimetro.

In attacco Jackson potrebbe sfruttare i centimetri di vantaggio contro la lineup small di Golden State, anche se in realtà è reduce dall’annata offensiva peggiore della sua carriera: durante il periodo in cui è stato fuori per infortunio, Jackson si è molto ingrossato e non ha ancora il pieno controllo del suo corpo, ha movimenti offensivi meno fluidi e non viene mai cercato in post.

In aggiunta il tema dei rimbalzi diviene di strettissima attualità per Golden State, da attenzionare fin dalla prima sfida della serie. Memphis è stata la prima squadra NBA per percentuale di rimbalzi offensivi in regular season (33.8%), e se Steven Adams potrebbe veder molti minuti dalla panchina anche in questo accoppiamento, Brandon Clarke si è dimostrato tremendamente efficace nella serie contro i Timberwolves.

Di contro, i Warriors hanno sofferto moltissimo a rimbalzo difensivo nel primo turno, chiudendolo con una percentuale di 65.8% (che è la terza più bassa riguardante le 16 squadre presenti ai playoff).
Sarà quindi importante concedere meno extra possessi possibili agli avversari, un altro motivo per cui un corpo come quello di Kuminga potrebbe calpestare il parquet più a lungo di quel che abbiamo visto ad oggi.

In ogni caso, l’ipotesi che il quintetto piccolo possa arrivar ad iniziare le sfide – oltre che chiuderle – è piuttosto accreditata. Kerr lo ha provato dall’inizio, non a caso, in occasione della quinta (e decisiva) partita contro Denver. In quanto, pur con il rischio di andar sotto a rimbalzo, la dinamicità difensiva di Poole e Curry potrebbe tornar utile per limitare Morant in avvio. Anche se non è escludibile veder pure Wiggins sulle sue tracce, seppur serva molta attenzione anche sul perimetro occupato dai Grizzlies, in particolare su Desmond Bane.

Ovviamente, tanto dipenderà da quando Jenkins deciderà di far a meno di Adams, e potrebbe accadere pure in estremo avvio (anche se gli assetti canonici in partenza di serie non sono da escludere). I Dubs possono tranquillamente osservar le scelte avversarie, e muoversi di conseguenza pescando tra le molteplici soluzioni a disposizione.

Anche perché il terzetto di guardie ha dimostrato di poter produrre un quantitativo importante di punti, e può mettere in difficoltà i pur buoni difensori dall’altra parte. Del resto, gli exploit degli “Splash Bros allargati” stanno alla base dell’impressionante 60.8% dal campo registrato al primo turno. Il quarto più alto di sempre, mai registrato in una serie al meglio delle 7 partite.

Con 121,9 punti ogni 100 possessi (10,4 in più di quanti concessi da Denver in regular season), che divengono 130 quando Curry e Thompson hanno condiviso il campo insieme. Tirando complessivamente con il 42,2 % dall’arco, con i tre piccoli della Death Lineup 3.0 ampiamente sopra il 40% singolo. Jordan Poole, il migliore con 15 su 31 totale ed un impressionante 48.4, rovinando le sue medie nelle ultime due sfide dove ha chiuso con un totale di 2 su 9 da tre punti.

Pronostico

Davide Torelli: A prescindere dai piazzamenti stagionali, il valore esperienziale mi porta a veder favoriti i Warriors. Magari non con uno sweep, ma in un massimo di 6 partite, in piena gestione. La stessa ostentata contro Denver, per quanto le peculiarità dei Grizzlies appaiano differenti.

Oltretutto lo svantaggio campo nelle due gare di esordio potrebbe rivelarsi determinante per il risultato finale dello scontro, che se i Dubs riuscissero a vincere per almeno un episodio, potrebbero chiudere anche in 5. Comunque andrà a finire, sarà comunque un ottimo banco di prova per Morant e compagni, del quale potranno far tesoro per proseguire nella crescita che li ha contraddistinti negli ultimi anni, la prossima stagione.

Warriors in 6, comunque, il finale più probabile.

Francesco La Mura: i Grizzlies sono abbastanza versatili e fisici per poter difendere contro Golden State ma le difficoltà delle proprie stelle nell’attacco a metà campo sembrano rappresentare un limite troppo grande per poter avere la meglio di una squadra che ha tutte le carte in regola per arrivare in fondo alla stagione. Mi aspetto che la serie finisca in 5 o 6 partite in base all’esito di gara 1: Golden State arriva più riposata ma paradossalmente i Grizzlies arrivano più caldi e magari potrebbero essere più un ritmo rispetto agli avversari.

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Francesco La Mura
Qui su True Shooting perchè nessuno vuole perdere tempo dietro ai Memphis Grizzlies. Vivo nella speranza che Jaren Jackson Jr. possa diventare il miglior lungo della lega, quindi non fidatevi di me.
Davide Torelli
Nato a Montevarchi (Toscana), all' età di sette anni scopre Magic vs Michael e le Nba Finals, prima di venir rapito dai guizzi di Reign Man e giurare fedeltà eterna al basket NBA. Nel frattempo combina di tutto - scrivendo di tutto - restando comunque incensurato. Fonda il canale Youtube BIG 3 (ex NBA Week), e scrive "So Nineties, il decennio dorato dell'NBA" edito da Edizioni Ultra.