I Magic del futuro: noi, loro, gli altri

Orlando Magic noi loro gli altri
Copertina di Marco D'Amato

Il titolo di questo articolo non vuole assolutamente né richiamare alla profondità dell’ultimo disco di Marracash (“NOI, LORO, GLI ALTRI” appunto) né essere una critica alla società (che in questo caso sarebbe quella dei Magic di Orlando). Questo titolo è stato scelto semplicemente per dividere i giocatori presenti nel roster dei Magic in tre categorie: “NOI” (quella principale) racchiude i giovani prospetti che hanno mostrato ottime cose in questo primo terzo di stagione, “LORO” raccoglie i giocatori in via di definizione che hanno sviluppato (gran) parte del proprio potenziale mentre “GLI ALTRI” riunisce coloro che, per il momento, hanno poche speranze di far parte del futuro dei Magic o il cui giudizio rimane sospeso in attesa di ulteriori sviluppi.

NOI (Paolo Banchero, Franz Wagner, Jalen Suggs, Bol Bol)

Per quanto la presenza dei primi due nomi dovrebbe risultare piuttosto scontata, quella dei due successivi potrebbe destare qualche dubbi; ho scelto di inserire Suggs in questa categoria perché ritengo che abbia messo in mostra alcuni miglioramenti incoraggianti, mentre Bol Bol è presente in quanto è uno dei fenomeni del momento nella NBA, pur con tutti i suoi limiti.

Paolo Banchero (21.8 punti, 6.9 rimbalzi, 3.8 assist, 46/25/75)

L’hype che circondava gli Orlando Magic prima dell’inizio della stagione era dovuto, in gran parte, alla scelta numero 1 dello scorso draft, Paolo Banchero. Fin da subito Coach Mosley ha consegnato le chiavi della squadra all’Italiano, facendolo giocare molto palla in mano da vera e propria prima opzione offensiva. Banchero ha risposto con un inizio folgorante (27+9+5 all’esordio) scollinando quota 20 punti in 9 delle prime 11 partite, prima di un infortunio alla caviglia sinistra.

Il repertorio offensivo di Banchero è già adesso incredibilmente completo, ma quello che sta stupendo finora è la sua capacità di guadagnarsi i viaggi in lunetta, che costituisce un indicatore importantissimo per una potenziale superstar. Il nativo di Seattle ha un incredibile free throw rate (rapporto tra tiri dal campo e tiri liberi tentati) del 55% (ovvero tira poco più di un libero ogni 2 tiri dal campo tentati per un totale di 15.8 su 8.6), cifra degna dei migliori realizzatori della lega (è dietro a Giannis ma davanti sostanzialmente a chiunque, da Dončić a Gilgeous-Alexander). Banchero riesce ad arrivare al ferro a piacimento perché non ha assolutamente paura dei contatti, grazie a un fisico già NBA ready (208 cm x 113 kg), e perché mantiene un ottimo equilibrio anche quando subisce i contatti.

Un altro motivo per cui l’Italiano riesce a essere così efficace nel pitturato è dettato da un ottimo ball handling per un giocatore di quella taglia e da un footwork quasi impeccabile che gli consente di battere il proprio difensore a piacimento.

Il footwork di Banchero gli è estremamente utile anche quando si trova spalle a canestro oppure in situazioni di gioco rotto in cui deve affidarsi interamente al proprio talento cristallino per portare a casa due punti o un paio di liberi.

Per quanto il tiro dalla media, specialmente se si tratta di un long-two, non sia statisticamente la più efficiente tra le soluzioni, tirare da quella zona del campo non è una scelta troppo sbagliata se a compierla è la superstar della squadra (anche in potenza). Sebbene Banchero prediliga, giustamente, attaccare il ferro, si trova ugualmente a proprio agio a tirare dal palleggio dalla media quando la difesa si aspetta una sua penetrazione; ha una meccanica rapida, compatta con un punto di rilascio alto che gli consente di tirare in testa agli avversari.

Nonostante la percentuale da 3 sia solamente del 25%, tutto indica che in futuro riuscirà a essere efficiente anche da quella zona del campo.

L’ex-Duke University sta dimostrando anche di essere un passatore intelligente, sia nelle situazioni in cui non è il creatore primario, sia quando gli viene chiesto di giocare un pick and roll oppure di far collassare la difesa con un 1-contro-1 per attirare gli aiuti e liberare i propri compagni.

Molto dell’attacco degli Orlando Magic passa per le sue mani (28.3% di USG% abbondantemente tra i top 30 della lega), ma Banchero sta risultando essere efficace anche da rollante e tagliante, grazie ai suoi ottimi istinti e a un’intelligenza cestistica elevata.

Questo elenco riguardante le numerose abilità offensive di Banchero non deve, però, far pensare che si stia parlando di un giocatore fatto e finito, anzi: per poter essere nell’élite della NBA tra qualche anno, Banchero dovrà ripulire la sua shot selection leggendo meglio le difese quando reagiscono ai suoi movimenti e capire i momenti della partita scegliendo la soluzione offensiva migliore.

Infine, è giusto spendere due righe per capire come Banchero si comporta nella propria metà campo. Per costituzione e doti atletiche Paolo difficilmente sarà un difensore sotto alla media, al contrario, dovrebbe avere tutti i mezzi a disposizione per avere un impatto positivo dietro e rimanere efficiente in attacco. Attualmente la difesa è altalenante e la sua efficacia è dettata in molti casi dal suo livello di concentrazione, ma si sono visti già diversi sprazzi incoraggianti sia nella difesa sulla palla sia off the ball.

Per concludere, Banchero è un rookie sulla carta, ma sembra già un veterano per come sta in campo. Il suo repertorio offensivo è strabiliante e già parecchio sviluppato rispetto a quello che un rookie normalmente sfoggia nei primi mesi della sua carriera (le percentuali non sono sempre buone, ma quando si parla di una matricola vengono in secondo piano). Mentalmente e caratterialmente sembra avere la stoffa del leader e della superstar nonostante i 20 anni appena compiuti; anche per questo ci sono pochi dubbi sul fatto che sia lui il giocatore designato a essere la prima opzione dei Magic per i prossimi anni, ma solo il campo ci dirà se saprà diventarlo. Per ora le premesse sono eccellenti.

Franz Wagner (19.1 punti, 4.2 rimbalzi, 3.7 assist, 50/34/87)

In sede di Draft, Franz Wagner è stato spesso descritto come una potenziale superstar dei role players, ovvero un giocatore molto versatile in grado di contribuire in maniera positiva in entrambe le metà campo senza però eccellere in qualcosa. Tuttavia, ciò che il Tedesco ha messo in mostra nel suo anno da rookie, dimostrando di avere un bagaglio tecnico notevole già dal giorno zero, è più in linea con ciò che si chiede a una seconda/terza opzione piuttosto che a un comprimario, e questa prima parte di stagione sta confermando questo trend positivo.

L’ex-Wolverine è un giocatore estremamente intelligente che si muove quasi alla perfezione lontano dalla palla e che taglia in maniera precisa e puntuale. Palla in mano sa gestire un pick and roll, è in grado di servire i compagni e, soprattutto, di finire al ferro; la lacuna più evidente nel suo gioco, fino alla scorsa stagione, era la capacità di crearsi un tiro dal palleggio, ma quest’anno la musica sembra essere cambiata (grazie anche all’esperienza a Eurobasket con la sua Germania): Wagner ha reso la sua meccanica di tiro più compatta e rapida e questo gli sta consentendo di tirare dal palleggio anche da 3, sia in situazioni di gioco rotto, sia nei pick and roll quando la difesa decide di passare sotto.

Le percentuali attualmente sono rivedibili, ma il tocco di Wagner è ottimo: si tratta semplicemente di adeguarsi a questo nuovo stile di gioco e prendere le misure (basti pensare che l’anno scorso la ripartizione tra i suoi canestri assistiti e non assistiti era del 60/40, ora è quasi l’esatto opposto).

Oltre ai miglioramenti nel tiro dal palleggio, Wagner ha capito come sfruttare il proprio tocco e il proprio fisico per arrivare e finire al ferro a piacimento. Il fratellino di Moritz ha perfezionato l’eurostep con cui riesce ad aggirare a piacimento gli avversari grazie alle sue lunghe falcate.

In altre occasioni, invece, è in grado di sfoggiare il suo repertorio di floater e ganci per segnare evitando la stoppata del lungo posizionato sotto canestro.

Per finire, OnlyFranz è capace di punire in post basso gli avversari anche in situazioni di mismatch quando è accoppiato a un giocatore più piccolo. Se fino all’anno scorso si affidava al suo footwork per avvicinarsi a canestro e segnare da vicino, quest’anno ha saputo sfruttare il tiro in allontanamento che tanto ricorda quello iconico di un altro giocatore tedesco discretamente forte.

Se a questi miglioramenti riguardanti la self creation si uniscono le sue già consolidate abilità nel gioco lontano dalla palla e nel coinvolgimento dei propri compagni, si ottiene il giocatore ideale da affiancare a qualsiasi tipo di superstar, anche alla luce del fatto che Wagner non sfigura affatto nemmeno nella propria metà campo.

In questo video si può ammirare tutto il bagaglio tecnico di Wagner.

Jalen Suggs (12.4 punti, 5.4 assist, 3.3 rimbalzi, 42/29/66)

Scelto alla numero 5 del Draft 2021 con l’obiettivo di essere sviluppato fin da subito come point guard titolare fin dal giorno zero, Jalen Suggs ha disputato una stagione da rookie molto altalenante e incostante (come spesso accade alle PG nel loro primo anno), anche a causa di diversi infortuni che non gli hanno consentito di scendere in campo con continuità.

In particolare, l’ex-Gonzaga litigato con il ferro (anzi, ci ha proprio fatto a botte) tirando con il 36% dal campo e il 21% da 3 su 4.1 tentativi, ha faticato enormemente a gestire i ritmi della squadra e la sua shot selection è stata quantomeno rivedibile. Quest’anno è sceso in campo solamente 14 volte a causa di un fastidioso problema alla caviglia destra, ma ha messo in mostra alcuni miglioramenti incoraggianti.

Al momento la miglior caratteristica di Suggs è la difesa, sia sulla palla che lontano da essa. Avendo un fisico imponente per una guardia (196 cm per 92 kg) e un atletismo dirompente, Suggs può rimanere di fronte a qualsiasi guardia della NBA e all’occorrenza può marcare anche 3/4 posizioni. I suoi istinti difensivi, inoltre, gli consentono di sporcare numerosi palloni e di essere anche efficace come rim protector dal lato debole, cosa inusuale per un “piccolo”.

A differenza di tanti altri ottimi difensori PoA, Suggs è molto attento e preciso lontano dal pallone, anche se talvolta eccede nella fisicità e nella foga con cui difende.

Fisicità e foga che in attacco sono croce e delizia, in quanto la point guard #4 dei Magic incontra ancora troppe difficoltà dettate dal suo decision making. Attaccare il ferro, ad oggi, è il suo pregio più evidente nella metà campo offensiva in quanto le sue doti fisico-atletiche gli consentono di concludere anche subendo contatti piuttosto duri.

I problemi sorgono quando Suggs si getta in area preventivamente anche quando la difesa è ben posizionata e questo, oltre a causare quelle che di fatto sono palle perse, rischia di provocargli fastidiosi infortuni dovuti a contatti eccessivamente fisici e/o atterraggi precari.

Nella prima azione Suggs taglia con i tempi giusti e finisce al ferro, in quella subito successiva si schianta contro Giddey posizionato in area da diverso tempo.

Il miglioramento più evidente nel gioco di Suggs è il tiro dal palleggio: l’anno scorso, ad esempio, i pick and roll avevano come esito o un suo layup oppure un passaggio al rollante o uno scarico, mentre ora la giovane point guard dei Magic è a proprio agio anche nel prendersi qualche tiro dal palleggio dal midrange, avendo anche imparato a controllare i tempi dei pick and roll.

I progressi mostrati nel pull up si sono estesi anche nei tiri oltre l’arco dei 3 punti: nonostante le pessime percentuali del suo primo anno, Suggs non ha perso fiducia nei suoi mezzi e quest’anno sta venendo ripagato con il 42% di realizzazione di queste conclusioni.

Non deve sorprende il fatto che le percentuali di realizzazione dei tiri dal palleggio (sia da 2 che da 3) siano sensibilmente più alte di quelle riguardanti i tiri piedi a terra: Suggs ha bisogno di mettersi in ritmo con un palleggio per tirare nel migliore dei modi, ma in ottica futura sarà d’obbligo per lui essere efficiente anche come spot up shooter dato che i compiti di creazione dovrà dividerli con Banchero e Wagner. Suggs ha tutte le carte in regola (e il carattere) per migliorare parecchio e diventare un pezzo importante per la ricostruzione di Orlando, ma ci vorrà del tempo e diverse settimane in meno in infermeria.

Bol Bol (12.4 punti, 7.4 rimbalzi, 1.8 stoppate, 61/40/78)

Dopo tre difficili stagioni a Denver caratterizzate da continui problemi fisici e mancanza di spazio nella rotazioni, Bol Bol sembra aver trovato una casa (quantomeno momentanea) in quel di Orlando. Il lungo, anzi lunghissimo, dei Magic, che dalla sesta partita è stato promosso in quintetto base, sta facendo registrare massimi in carriera in qualunque statistica e Coach Mosley lo sta premiando con quasi 27 minuti di media in campo.

Non è difficile capire come mai le giocate del figlio di Manute Bol diventino virali quasi ogni notte: l’ex-Oregon University è alto ben 218 cm ma è dotato di uno skillset da guardia con un ball handling stupefacente in relazione all’altezza che gli consente di arrivare facilmente a canestro e chiudere con il 73% nel pitturato su 5.5 tentativi (che diventa 83% nella restricted area su 3.5 tentativi). 14Questa combinazione tecnica e fisica rende Bol quasi immarcabile in campo aperto, e i suoi contropiedi condotti dopo un rimbalzo difensivo sono all’ordine del giorno.

Inoltre, il figlio d’arte è dotato di un ottimo tocco che, combinato con un punto di rilascio altissimo gli consente anche di tirare dal palleggio, sia dalla media che da oltre l’arco, nonostante una meccanica di tiro non particolarmente fluida ed elegante.

Il problema principale di Bol nella metà campo offensiva sono le palle perse: 2.1 turnovers a partita sono decisamente troppe e sono frutto soprattutto di passaggi tentati all’ultimo secondo dopo improbabili incursioni in area oppure di un ball handling non sempre preciso (per quanto il trattamento di palla sia notevole si sta parlando comunque di un giocatore di quasi 220 cm con braccia lunghissime e un baricentro molto alto).

Ma la vera nota dolente è la difesa: nonostante Bol offra una buona protezione del ferro (51 stoppate in stagione, terzo nella NBA), la difesa perimetrale è disastrosa a causa della sua ridotta rapidità laterale (non una sorpresa vista la sua stazza) e di un QI cestistico non sopraffino. Per una mancanza di tonnellaggio (solo 100 kg di peso) non può marcare i lunghi fisici ed deve quindi essere accoppiato ad ali che nella maggior parte dei casi sono più rapide di lui e lo battono con facilità.

Detto questo, ritengo sia giusto aver speso qualche parola per un giocatore che, per quanto in una squadra con ambizioni da titolo potrebbe non essere giocabile, sembra aver trovato un minimo di continuità dopo anni difficili e sta mettendo in mostra ottime cose. Oltretutto i Magic non saranno seriamente competitivi ancora per qualche anno, di conseguenza Bol potrebbe rimanere nelle rotazioni per molto tempo, magari in futuro partendo dalla panca.

LORO (Wendell Carter Jr., Markelle Fultz, Cole Anthony)

Il miglior giocatore del trio facente parte di questa categoria, nonché quello che, ad oggi, ha un ruolo e un posto in rotazione già ben definiti è sicuramente Wendell Carter Jr., che prima della fastidiosa fascite plantare stava dimostrando di essere ulteriormente migliorato rispetto alla scorsa stagione. Il giocatore più sottovalutato della NBA (o, quantomeno, tra i più sottovalutati) è estremamente versatile in attacco: la sua abilità nel punire piedi a terra anche dalla lunga distanza (35% da 3 su 3.5 tentativi) gli consente di attirare i propri difensori sul perimetro e di batterli dal palleggio per finire al ferro o arrestarsi per un tiro dal midrange.

Inoltre, non sono da sottovalutare le sue abilità da passatore, specialmente dalla punta dove è in grado di servire i taglianti in maniera precisa.

La sua versatilità emerge anche nella metà campo difensiva dov’è in grado sia di battagliare sotto canestro contro i lunghi più fisici (si parla di un giocatore di 208 cm x 122 kg) e fornire una buona protezione del pitturato, sia di contenere efficacemente i mismatch sul perimetro contro giocatori più rapidi.

Passando al backcourt, il primo nome è quello di Markelle Fultz; la carriera in maglia Magic dell’ex-76ers iniziò nel migliore dei modi nel 2019, quando diventò la point guard titolare di Orlando e finalmente riuscì a rimanere lontano dall’infermeria, e ciò gli consentì di mettere in mostra tutto il proprio potenziale e migliorando di partita in partita. Sfortunatamente, però, nel gennaio 2021 la rottura del crociato del ginocchio sinistro l’ha costretto a un nuovo stop proprio quando stava compiendo un nuovo salto di qualità. Ecco, nonostante ciò, personalmente ritengo che Fultz sia la miglior guardia del roster degli Orlando Magic e quella più compatibile con il nucleo composto da Banchero, Wagner e Carter Jr. (in attesa di Suggs), in quanto non ci sono giocatori in squadra con uno skillset simile.

Per quanto abbia giocato solamente 31 partite in quasi 2 anni e non abbia un tiro da 3 rispettabile, Fultz è un ottimo playmaker, attacca in maniera efficace il ferro (avendo un fisico imponente per una PG) e sa costruirsi un tiro dal palleggio da dentro l’arco; nella metà campo difensiva è un mastino sulla palla e un difensore attento lontano da essa grazie a ottimi istinti.

Questo non significa necessariamente che Orlando abbia trovato la propria point guard del futuro, ma è incoraggiante vedere un giocatore che, nonostante numerosi infortuni anche pesanti, riesce a tornare bene in campo e a migliorare giorno dopo giorno.

Cole Anthony, invece, è molto più semplice da inquadrare: entrato nella NBA con un bagaglio tecnico già piuttosto ampio e con alcune lacune difficili da colmare, non ha mostrato sufficienti miglioramenti per pensare che in futuro possa occupare un ruolo diverso dal sesto uomo a là Jordan Clarkson, in grado di portare punti rapidi dalla panchina (non sempre in modo efficiente) e, talvolta, coinvolgere i compagni (per 100 possessi le sue statistiche delle ultime 3 stagioni sono sostanzialmente uguali). A differenza della guardia dei Jazz, Anthony è un buon difensore sulla palla perché è più reattivo ed esplosivo, ma è pur sempre una guardia sottodimensionata che in contesti probanti verrà cercata dagli attacchi avversari. Anche se a mio parere non è un pezzo fondamentale per i Magic del futuro, fatico a pensare che Cole non riesca a mantenere questo ruolo, anche vista la quantità esigua di talento della second unit.

GLI ALTRI

Esclusi i veterani presenti a roster e i giocatori firmati con contratti two-way, in questa lista ho deciso di inserire R.J. Hampton, Mo Bamba e Chuma Okeke, lasciando fuori, a malincuore, Jonathan Isaac che non vede il campo dal lontano agosto 2020 (anche se un suo rientro sul parquet sembra imminente).

R.J. Hampton è una guardia affetta dalla più classica “Sindrome di Balto“: “non è cane, non è lupo, sa soltanto quello che non è”; in questo caso, l’ex-Nuggets non è né una point guard in grado di organizzare l’attacco e gestire i ritmi, né una guardia, in quanto non ha lo skillset (e la struttura fisica) per poter essere la scintilla dalla panca, cosa che invece Cole Anthony, con tutte le sue limitazioni, è. Se questo suo difetto la scorsa stagione non gli ha impedito di giocare quasi 22 minuti a notte, quest’anno le cose sono cambiate, anche a causa del rientro di Fultz e ai miglioramenti di Suggs. Difficilmente riuscirà a ricavarsi un posto in rotazione nei Magic del futuro.

Mo Bamba, invece, dopo l’ottima stagione 2021/22 sembra essere parzialmente regredito al giocatore incostante visto nei suoi primi anni nella lega. L’abilità da stretch-5 fortunatamente è rimasta (38% dall’arco su 2.9 tentativi a notte), ma l’aggressività e la concentrazione sono calate, la cui conseguenza è un’inferiore efficacia sotto i tabelloni rispetto a quella vista fino allo scorso aprile, anche se di recente sembra essersi ripreso. Con l’abbondanza di lunghi versatili (ali e centri, tutti più giovani di Mo) e fisicamente imponenti di cui dispongono questi Magic, un posto per l’ex-Texas University in questa squadra potrebbe non esserci.

Chuma Okeke, infine, è il prototipo dell’ala 3&D con un pizzico di doti da playmaker (per quanto l’arrivo di Franz Wagner abbia leggermente offuscato questa sua qualità) il cui ruolo, in attacco, al momento è limitato a quello di tiratore sugli scarichi in grado di attaccare efficacemente i closeout. In difesa, una struttura fisica imponente (203 cm x 104 kg) combinata con ottimi istinti e una buona rapidità di piedi, lo rende un giocatore adatto a cambiare su 4 ruoli senza particolari problemi; se dovesse aggiustare le percentuali da 3 (30% su 3.3 tentativi quest’anno) e rimanere lontano dagli infortuni, potrebbe essere un ottimo elemento in uscita dalla panca.

Cosa aspettarsi dal futuro?

Questi Orlando Magic hanno un’ottima base da cui partire: Paolo Banchero ha tutte le carte in regola per diventare la superstar di questa squadra, Franz Wagner è la seconda opzione ideale da affiancare a un megacreator e Wendell Carter Jr. è il lungo moderno ideale in quanto apre il campo in attacco e in difesa protegge il pitturato e non sfigura nei cambi difensivi. Rimane da capire quale tra le guardie riuscirà a emergere, tenendo, allo stesso tempo, un occhio puntato sul prossimo Draft visto che attualmente i Magic hanno uno dei peggiori record della NBA (8-20) e potrebbero beneficiare moltissimo di un’ulteriore iniezione di talento.

Rimane un ultimo punto di cui parlare, ovvero la questione infortuni; prima dell’inizio della stagione ritenevo che Orlando, al completo, potesse ambire al play-in tournament, avendo un roster discretamente profondo e diversi giocatori versatili e intelligenti. Tuttavia, il difficile inizio di stagione ha frantumato questa mia speranza, definitivamente spenta poco dopo dagli infortuni di diversi giocatori chiave; la sfortuna gioca un ruolo fondamentale quando si tratta di guai fisici, ma Orlando è ormai da tre anni tra le squadre più infortunate della lega e la colpa non può solamente essere attribuita alla sorella malefica della Dea Bendata, anche perché alcuni giocatori hanno avuto ricadute dello stesso infortunio mentre altri hanno impiegato un tempo spropositato per tornare in campo. Un noto detto recita “A pensare male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina” e questo riassume il mio pensiero riguardo allo staff medico di Orlando, alla luce di 3 stagioni falcidiate dagli infortuni. Non vorrei mai che questi giovani e promettenti Magic diventassero uno dei più grossi what if degli ultimi anni per colpe non direttamente loro.

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Davide Possagno
Sono un Heat-Lifer ormai da oltre 10 anni, da quando comprai il dvd su Dwyane Wade in edicola: fu amore a prima vista. Ancora maledico Pat Riley per aver maxato Whiteside, privandoci così del nostro Flash per un interminabile anno e mezzo.