Cosa sta succedendo ad Anthony Davis?

Anthony Davis Lakers
Copertina di Sebastiano Barban

Dopo una stagione martoriata dagli infortuni, i Lakers si sono presentati al primo turno con tutta la squadra al completo; certo, i meccanismi da oliare e la condizione fisica non ottimale non facevano presagire un blowout o una passeggiata di salute contro una Phoenix rampante, ma comunque il passaggio del turno era dato quasi per scontato da tutti in almeno sei gare. Non tutto però va sempre come pronosticato e i Lakers in questo momento si trovano in grosse difficoltà, ad una gara dall’eliminazione dai playoff.

La tegola più grossa per i giallo-viola arriva in gara 4 con l’infortunio di Davis; si parla di uno stiramento di primo grado all’inguine, infortunio che potrebbe mettere a rischio la sua presenza nella serie. Davis non è sceso in campo in gara 5, partita cruciale nella serie e non sappiamo ancora se giocherà in gara 6.

La serie che Davis ha disputato fino a questo momento non è minimamente paragonabile agli standard raggiunti nella bolla di Orlando dal punto di vista offensivo. Nelle quattro gare giocate, il monociglio è ai minimi in carriera per quanto riguarda quasi tutte le voci statistiche base; i punti sono solo 21.8 con una percentuale da due punti del 45%, un dato inferiore del 15% rispetto alla scorsa post season. Un calo preoccupante, ma con cause ben precise.

Una premessa necessaria

Prima di parlare di ciò che Davis ha fatto bene o male, è giusto soffermarsi su un paio di aspetti, in modo da avere un quadro completo della situazione ed evitare di cadere in analisi sbagliate e/o superficiali.

Il primo aspetto riguarda senza dubbio la sua salute e la condizione fisica. In queste prime quattro gare di post season AD è sembrato essere al 100% solo a tratti alterni. Riguardando le partite mi sono accorto che i tiri da 3 sono spesso corti e si infrangono sul primo ferro; ciò potrebbe indicare una mancanza di forza nelle gambe e che, dunque, la condizione fisica non sia al meglio.

Il secondo punto riguarda la possibilità di integrarsi al meglio con la squadra. Anthony ha saltato la metà delle partite giocate dai Lakers in stagione regolare ed in questo lasso di tempo la squadra è mutata ed è “sopravvissuta” senza di lui. Questo significa dover continuamente trovare equilibri e chimica, cosa non facile se i tempi sono estremamente ridotti.

Fatte queste due doverose premesse, è tempo di analizzare quella che è stata la serie – fino ad ora – di Davis.

Anthony “Jumper” Davis

Facciamo un passo indietro e torniamo a parlare dell’Anthony Davis visto gli scorsi playoff. AD è un lungo moderno: lob threat devastante, giocatore pericoloso in posizione di triplice minaccia, spalle a canestro, fronte a canestro, nei giochi a due, contropiede etc etc… il ” classico unicorno”, ma mai come ad Orlando.

Durante la parentesi in Florida qualcosa è improvvisamente scattato e Davis ha iniziato a segnare dal midrange in modi assurdi e con percentuali incredibili: tra i 16 ed i 24 piedi ha tirato con il 55%, con più della metà dei tiri (il 54%) non assistiti, dati semplicemente folli.

Tutti gli appassionati di basket durante gli scorsi playoff si sono chiesti almeno una volta “ma quanto potrà durare ancora così?”. La versione “durantiana” di Davis ha coperto un’intera run per il titolo, ma era abbastanza prevedibile che fosse un outlier, ovvero una prestazione fuori scala ed anomala rispetto alla norma.

Nella preview della serie, insieme ad Andrea Bandiziol, avevamo ipotizzato alcune idee su come i Suns avrebbero potuto fermare il lungo Lakers, tra cui accoppiare Ayton a Davis e lasciare il jumper dalla media a quest’ultimo: l’ipotesi si è trasformata in realtà con DeAndre che ha reso la vita di AD estremamente difficile, costringendo quest’ultimo ad avvicinarsi al canestro il meno possibile e ad accontentarsi del tiro dalla media.

Questo è stato il primo tiro di Davis in post della serie, nonostante i due jab steps e la spin-move la separazione creata è nulla ed Ayton è perfettamente in grado di contestare il tiro.

Non è pensabile però ridurre tutto ad un mero uno-contro-uno e, dunque, bisogna dare i giusti meriti alla difesa di squadra di Phoenix e agli aggiustamenti di coach Williams. Nelle due clip seguenti vediamo come i Suns abbiano deciso di difendere su Davis: Ayton, super aggressivo, scivola con l’attaccante e non gli permette di farsi spostare vicino a canestro; il difensore sul primo passaggio, invece, è pronto ad aiutare e a chiudere il gap tra i due difensori, riducendo lo spazio per attaccare dal palleggio. Crowder, nel primo video, si stacca completamente da Gasol, anche se è ad un solo passaggio di distanza e Marc tira da 3; nella seconda parte del video avviene la stessa cosa: Jae chiude gli spazi, accenna un raddoppio e i tiratori vengono battezzati.

Dire che la strategia di Williams sia stata efficace è un eufemismo e la shotchart di Davis ne è la conferma definitiva: 5 su 20 dal midrange e tiri segnati non esattamente semplici.

Alcune note positive

Dopo aver disquisito di ciò che non è andato, è tempo di parlare di ciò che Davis ha fatto di buono nella serie. Gara 2 e gara 3 sono state le migliori sia dal punto di vista statistico che per quanto riguarda l’atteggiamento. In entrambe le partite, infatti, ha scollinato quota 30 punti, riuscendo ad incidere sulla partita, in un modo o nell’altro.

La prima cosa che si nota è la quantità spropositata di tiri liberi tirati in queste due gare (21 e 14); questo vuol dire che il numero 3 in maglia Lakers ha attaccato in modo più convinto, cercando falli per mettere pressione alla difesa e mettersi in ritmo.

Anche in gara 3 è sembrato molto più aggressivo. Come si vede dal video, Davis ha mostrato molte armi del suo repertorio offensivo andando a sfruttare tagli, verticalità e skills palla in mano.

Personalmente sono stato sorpreso in positivo dalle letture effettuate in gara 2, dove ha registrato ben 7 assist (season high), riuscendo a trovare scarichi che raramente ho visto fare in stagione o anche nelle passate serie di playoff.

Lato difesa si può dire poco a Davis. Pur non essendo al 100% è perfettamente capace di influenzare gli avversari al tiro e permettere flessibilità difensiva ai Lakers schierandolo da 5, oppure tenendolo in campo come power forward ed agire più in aiuto e/o in roaming.

Certo, questa non passerà alla storia come la miglior serie difensiva del numero 3 in maglia giallo-viola, ma averlo in campo è in ogni caso sempre un plus rispetto ad avere un Drummond o un Harrell.

Ad una gara dall’eliminazione

Con la serie in svantaggio per 3-2, i Lakers si trovano in una situazione che mai si sarebbero aspettati avendo così tanto talento a roster, non solo perché si è ad un passo dall’eliminazione, ma anche perché è cruciale decidere se rischiare i vari giocatori infortunati.

In gara 5 si sono visti i limiti del roster dei Lakers senza la seconda star e con un LeBron 36enne ed acciaccato. Difensivamente i Lakers non hanno retto il passo dei Suns, concedendo troppi punti nel pitturato (14 su 21 nel primo tempo, dove è stato scavato il solco) e anche da tre punti, dove Payne e Booker hanno tirato con l’80%.

In attacco LA è parsa senza idee e capace di pochi aggiustamenti; LeBron si è trovato più e più volte contro un muro apparentemente impossibile da superare: i Suns hanno infatti cercato di togliere il ferro il più possibile ai Lakers, battezzando i tiratori (3 su 15 nel primo tempo) e complicando la vita ai lunghi. Senza AD diventa molto più semplice trovare una soluzione per fermare James & co..

Lo staff di LA dunque dovrà decidere se rischiare di far giocare Davis per cercare di passare il turno ed alleggerire i carichi sia difensivi che offensivi della squadra, oppure di consegnarsi totalmente nelle mani esperte del solo LeBron cercando di adottare un piano partita consono ed evitare una gara 5 bis. In gara 6 si decide l’intera stagione dei Lakers: passare dal fallimento alla gloria è un attimo.

Ti è piaciuto l'articolo?
Dacci un feedback:

Loading spinner
Andrea Poggi
24 anni, istruttore di minibasket e appassionato di fotografia. Tifoso Lakers dalla nascita per fare un torto al padre tifoso Celtics, segue anche i Pelicans a causa di Lonzo Ball.