Tre Mann e l’arte del teletrasporto

Tre Mann Thunder
Copertina di Matia Di Vito

L’umanità in futuro cercherà in tutti i modi coprire distanze siderali in tempi sempre minori, quasi in un istante. In una parola, il teletrasporto. Ad oggi non siamo ancora dotati di questa tecnologia, e forse non la avremo mai. Eppure il fascino del teletrasporto pervade una branca della letteratura e della cinematografia, con i film di fantascienza protagonisti in questo. Non solo film però, il mio primo incontro col teletrasporto è stato in effetti con Dragon Ball Z. Cosa c’entra tutto questo con il basket e con Tre Mann? Seguitemi e ci arriviamo.

Al giorno d’oggi, il teletrasporto è stato già scoperto, ma ciò vale solo per l’infinitamente piccolo. Secondo la fisica quantistica, per il principio di indeterminazione di Heisenberg, non è possibile conoscere contemporaneamente velocità e posizione di una particella come un elettrone. Pertanto, non è possibile determinare la traiettoria di questa particella, che di fatto si sposta senza che io possa vederla. Qualche fisico potrà storcere il naso, ma di fatto questo è proprio il teletrasporto. Il problema è che ciò vale solo per particelle infinitamente piccole.

Ma immaginate se ci si potesse teletrasportare mentre si gioca a basket. La difesa non potrebbe fare letteralmente nulla per fermare l’attacco. Fortunatamente ciò non è possibile, altrimenti guardare l’NBA sarebbe molto meno divertente. Eppure c’è una skill offensiva che punta esattamente a questo, e che è sempre più presente nei migliori esterni della lega, e sto parlando dello stepback.

Marchio di fabbrica di giocatori come James Harden, Stephen Curry, Luka Dončić, Damian Lillard e in generale dei migliori esterni della lega con la palla in mano, consente di liberarsi per il tiro dal palleggio, spesso da tre punti. Il punto debole di quest’arma offensiva è che richiede molto equilibrio, forza nel core, e capacità di creare separazione, tutte cose che rendono per forza di cose difficile segnare il tiro. Eppure questa è un’arma sempre più indispensabile per un esterno, tant’è che forse questa skill da sola può garantire una carriera a medio/alto livello nella lega.

Tre Mann potrebbe essere il prossimo grande interprete della disciplina, ma andiamo a vedere il perché.

L’inizio è in salita, ma le qualità emergono

Tre Mann è uno dei cinque rookie di OKC, scelto alla numero 18 in uscita dai Florida Gators. In sede di draft era noto come uno dei migliori tiratori della classe, ma non solo. Dotato di un ball handling d’élite e di un equilibrio fuori dal comune, bastavano poche finte di corpo per mandare fuori giri le difese collegiali. Mann però non era noto come un grande atleta, né come un buon difensore, cosa che si pensava ne avrebbe limitato molto lo spazio con i Thunder.

Noto a tutti che il backcourt titolare appartiene a Shai Gilgeous-Alexander e Dort, per trovare minuti dalla panchina Mann avrebbe dovuto battere la concorrenza di Maledon, Jerome e dell’altro rookie Aaron Wiggins, scelto alla 55, ma più pronto. In Summer League Tre ha faticato, così come in preseason. Adattarsi alla linea da tre punti della NBA non è stato scontato, e Mann faticava parecchio anche in difesa.

Quando la tua dote migliore al college è il tiro dall’arco, non puoi permetterti di passare quel tiro in NBA. Comprensibilmente, siccome faceva fatica anche a prendersi il tiro durante gli scrimmage in allenamento, Mann è partito come ultimo tra le guardie nelle gerarchie dei Thunder. L’idea di Daigneault era di mandarlo in G League per dargli minuti e fiducia, per poi riportarlo in prima squadra e vedere come se la cava. Un percorso per la verità molto simile a quello attuale di Aaron Wiggins, e che in generale sembra sensato.

Prima di entrare nel protocollo covid, Mann si è preso di prepotenza e a ragione il ruolo di terza guardia dei Thunder. La sua qualità principale, ripetibile a lungo termine, è il tiro da tre punti. Mann sta tirando col 37% da 3 su 2.7 tentativi a gara in appena 16 minuti. Mann tira cioè 8 triple per 100 possessi, una quantità simile a Shai. La meccanica è impeccabile, il rilascio privo di sforzo e fluido. Inoltre, Tre ha un range che va ben oltre i 7 metri e 25.

Quando Mann mette la palla per terra, però, il suo gioco diventa molto più interessante. Il ball handling si è traslato bene al piano di sopra, e le finte di corpo sono ancora valide. Il primo passo è veloce, e Mann ha un buon floater, tutti elementi che gli permettono di arrivare ad attaccare al ferro con efficacia. L’estensione del braccio per evitare il rim protector e le esitazioni mi ricordano vagamente Shai Gilgeous-Alexander. Non significa che Mann arriverà a quel livello, però Shai può insegnargli qualcosa, perché palla in mano ad attaccare il ferro non sono così diversi. Certo, la taglia di Tre è almeno 5 cm inferiore e questo alla lunga peserà.

Quanto ai passaggi, al momento le letture di Tre sono basilari, ma d’altro canto è comprensibile, non era la sua qualità migliore, ma non è cieco. In poche parole fa il passaggio giusto quando serve, riconoscendo le spaziature in campo, ma non aspettatevi che diventi Josh Giddey.

E in difesa? Mann non sarà mai un fattore positivo, ma possiamo dire che è già meglio delle migliori aspettative che c’erano al college. Tre a Florida non riusciva a marcare nessuno, in NBA non va molto meglio, ma l’applicazione è notevole e i miglioramenti ci sono, cosa che gli permette di stare in campo in una squadra di Daigneault.

Cosa rende Mann speciale

Fin qui ho parlato di caratteristiche piuttosto comuni per un giocatore NBA. Potreste quindi chiedervi che senso abbia scrivere un articolo su un giocatore di medio livello come ce ne sono a centinaia nella lega. Se ho voluto scrivere di Mann è perché c’è qualcosa di molto interessante e non comune in lui. Prima cosa, non è un atleta sotto la media come si poteva pensare. Nei due anni al college Tre ha concluso più di 100 volte al ferro, senza mai schiacciare o tentare di farlo. Ciò non è successo nemmeno all’ultimo anno di high school. Per questo motivo quando ho visto questi due poster sono saltato dalla sedia. In che senso un uomo che non schiacciava dal 2018 sa fare questo?

Perché se Mann può fare certi tipi di cose, e il tocco nei pressi del ferro era già buono prima dei poster, come testimonia il 71% entro i 3 piedi, allora assume tutt’altra dimensione. In NBA ci sono due grosse categorie di guardie: quelle che finiscono al ferro solo da sotto, come Davion Mitchell, Chris Paul e Kemba Walker, e quelle che possono arrivare al ferro anche da sopra, come Lillard e Morant. Si può essere giocatori di successo in entrambe le versioni, e Paul dovrebbe essere un esempio lampante. Tuttavia avere quella opzione è fondamentale per essere più pericoloso e imprevedibile.

Se uniamo a quelle schiacciate la caratteristica più interessante di Tre, la capacità di creare separazione e segnare in stepback, allora cambia tutto. Emerge il potenziale da giocatore di altissimo livello, quello che ti chiedi come possa essere sceso fino alla 16. Ma questi discorsi sono prematuri, cerchiamo piuttosto di capire perché questo ragazzo può essere speciale.

Se mettete in pausa questo tweet dopo 4 secondi si vede chiaramente Mann con 3 metri abbondanti di spazio su Bledsoe. Come ha fatto a creare quella separazione in meno di mezzo secondo? Mann non è un atleta che fa della forza del core la chiave dei suoi stepback. La sua forza è nella flessibilità dell’articolazione di ginocchio e caviglia.

tre mann

Mann ha la parte inferiore della gamba parallela al terreno, si tiene in equilibrio con la punta del piede, è quasi in spaccata e il suo ginocchio è a tre centimetri da terra. Per fare una cosa del genere senza cadere o farsi male serve una flessibilità non comune. Questo è ciò che rende Mann speciale. In mezzo secondo è come se si teletrasportasse tre metri indietro. Ma non c’è nessun salto quantico fuori dalla buca di potenziale. Si tratta solo di atletismo insano, fuori dalla nostra logica comune.

Queste tre clip esemplificano e chiariscono ulteriormente la capacità di teletrasporto di Tre. Contro Dallas ripete lo stesso movimento già utilizzato contro Bledsoe. Simile è il discorso contro Detroit, in cui alla fine dello shotclock trova un tiro per lui comodo. Contro New Orleans crea separazione con lo stepback dalla media e poi sfreccia davanti a un difensore completamente disorientato per metterne due facili. Now you see me, now you don’t. Se non è teletrasporto applicato alla NBA allora non so di cosa stiamo parlando.

Conclusioni

Le cifre di Mann non sono esaltanti: 7.2 punti a gara, col 37% dall’arco e una TS% del 50%. Mann non è il miglior rookie per rendimento della draft class 2021 di OKC. Non è nemmeno il secondo migliore e si può discutere se sia il terzo migliore visto l’exploit recente di Aaron Wiggins. Probabilmente Mann è il quarto rookie di OKC per rendimento attuale, eppure ha i mezzi per essere veramente qualcuno in questa lega. Lo stepback è un tiro che tipicamente segnano le superstar o le star della panchina. Quella capacità di separazione è tutt’altro che comune. Se a ciò aggiungiamo un atletismo superiore alla media e un ball handling di livello le prospettive sono ottime.

Ciò non significa che Mann rispetterà le attese e che diventerà un All Star. Potrebbe capitare in alcuni scenari, ma la media degli universi possibili è probabilmente un ruolo d’élite dalla panchina. Da lì possono capitare due scenari: Mann non rispetta le premesse e rimane un uomo da fine rotazione, oppure Mann diventa troppo forte per stare in panchina e i Thunder dovranno scambiarlo o farlo giocare titolare. Ora come ora, non ha alcuna importanza, perché se Mann si sviluppa bene, i Thunder vinceranno in ogni caso. Per poter arrivare a una stella scontenta non bastano le scelte, servono anche giocatori da inserire nel pacchetto. Se Mann si sviluppa bene, sarà uno di quei giocatori, ma potrebbe anche rimanere. In ogni caso, è doveroso godersi uno dei migliori interpreti dell’arte del teletrasporto

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Francesco Contran
Praticante e grande appassionato di atletica, si è avvicinato al basket per caso, stregato da Kevin Durant e dai Thunder. Non avendo mai giocato è la dimostrazione vivente che per far finta di capire qualcosa non serve aver praticato questo sport.