I premi della NBA secondo la redazione

nba awards 2022
Copertina di Marco D'Amato

Dopo 82 partite si è conclusa un’altra regular season, e proprio come lo scorso anno la redazione di True Shooting si è riunita con un obiettivo semplice: determinare i vincitori dei premi stagionali della NBA. I 22 votanti hanno selezionato i migliori 3 per ogni premio stagionale, i tre quintetti All NBA e i quintetti All Rookie. Non sono presenti invece i quintetti All-Defensive, ma sono certo che riusciremo a parlare ugualmente in lungo e in largo della stagione.

Per decretare un punteggio ho assegnato 3 punti per ogni primo posto, due per ogni secondo e uno per ogni terzo posto nel nostro voto interno. La somma costituirà la classifica. Bando alle ciance, cominciamo!

Rookie of the year: Evan Mobley e Scottie Barnes

Vincitore ai voti: Evan Mobley: 56 punti (12 voti al primo posto)

2) Scottie Barnes: 42 punti(8 voti al primo posto)

3) Cade Cunningham: 29 punti (2 voti al primo posto)

4) Franz Wagner: 5 punti

Cominciamo da uno dei premi che ha più diviso la redazione: il duello tra Evan Mobley e Scottie Barnes ha infiammato la stagione. Il prodotto di USC ha dimostrato fin da subito di essere pronto ad avere un impatto eccezionale in difesa, soprattutto affiancato da Jarrett Allen per proteggerlo dai lunghi più fisici. Con le capacità di switch e di rim protection elitarie, Mobley è stato tra i trascinatori dei Cavs a una stagione sopra le aspettative. In attacco ha chiuso con 15+8+2.5, dando prova delle sue capacità di lettura e facendosi trovare pronto per finalizzare al ferro.

Benché Mobley sembrasse aver staccato da subito la concorrenza, in realtà pure Scottie Barnes era partito fortissimo, da miglior giocatore dei Raptors fino al rientro alla massima forma di Pascal Siakam. Lo switchgod in uscita da FSU si presentava al draft come un mostro in difesa, ma limitato in attacco a correre in transizione e a passare benissimo la palla ai compagni. Si è ben presto scoperto che lontano dalla palla è un mostro a rimbalzo offensivo, e che il suo tiro è molto più avanti del previsto, con un 30% sui 2.6 tentativi oltre le aspettative. Ma oltre a questo, è clamoroso il tocco nei pressi del canestro, dove Scottie è difficilissimo da fermare, come testimoniato dal 67.9% entro i 5 piedi.

Scottie è in top 5 tra i rookie per punti, rimbalzi, assist, minuti, rubate, stoppate, e FG%. Francamente è difficile dire che sia stato un rookie peggiore di Mobley, rispetto al quale ha giocato più partite e più minuti in una squadra che è arrivata più in alto. L‘impatto da rookie di Barnes su una squadra da playoff è stato impressionante, e a distanza di poco meno di un anno dal draft, molti lo vorrebbero in squadra.

I paragoni con i grandi di questo sport iniziano già a fioccare, non ultimo Giannis Antetokounmpo, ma in realtà Scottie rappresenta un nuovo prototipo di giocatore NBA. Per questo motivo mi prendo la licenza di andare contro i voti della redazione e assegnare un Co-Rookie of The Year a Mobley e Barnes. Successe a Grant Hill e Jason Kidd nella stagione ’94-’95 e a Elton Brand e Steve Francis nella stagione ’99-’00. I lettori potranno perdonarmi questa libertà, sapendo l’esito delle votazioni.

Terzo si classifica Cade Cunningham, il numero 1 al draft di luglio, che ha iniziato la stagione dapprima infortunato, poi faticando al tiro, e poi trascinando i suoi in un finale in clamorosa progressione. I suoi limiti sono apparsi fin qui principalmente nel numero di liberi presi e nelle percentuali al ferro, mentre gli assist sarebbero sicuramente di più con compagni più precisi. Cade ha chiuso con 17.4+5.5+5.5 con un’efficienza sotto media, ma ha dimostrato di poter essere un perenne All Star e un multiplo futuro All NBA se rispetterà quanto fatto vedere fin qui. E farlo nel peggior ambiente possibile per un rookie è un segnale forte.

L’unico altro votato è stato Franz Wagner, star role player per gli Orlando Magic, scelto alla 8 e decisamente sopra le aspettative in stagione. Franz ha dimostrato di saper fare tutto e bene su un campo da basket. Da grande difensore al college si è rivelato pronto anche in NBA da quel lato del campo, ma ancor meglio in attacco rispetto agli anni a Michighan. Il tedesco potrebbe essere un pezzo importante dei Magic in futuro, benché non abbia il talento da prima o seconda opzione offensiva

I quintetti All Rookie

First Team: Cade Cunningham, Josh Giddey, Franz Wagner, Scottie Barnes, Evan Mobley

Second Team: Jalen Green, Herb Jones, Bones Hyland, Davion Mitchell, Alperen Sengun

Dovreste essere poco sorpresi di trovare nel primo quintetto i migliori 4 rookie. Giddey la spunta su Jalen Green per la piazza finale per 10 voti a 9 (sì, c’è chi non mi ha mandato il quintetto rookie, probabilmente perché non poteva mettere nessuno degli Hornets, e anche chi ha preferito Jones).

Josh ha vinto quattro volte il rookie del mese a ovest finché ha giocato, mentre Green ha rivelato tutto il suo talento da scorer dopo l’All Star Game, in parte favorito dall’adattamento alla lega, in parte da una competitività minore sul finale di stagione. Entrambi i giocatori si dimostrano ottimi pezzi per le rispettive franchigie, e sono già tra i giocatori più divertenti da giocare nell’intera lega.

Il terzo lock è Herb Jones, nota positiva della stagione dei Pelicans. In difesa è già tra i migliori della squadra nell’annata da rookie. Il prodotto di Alabama ha dimostrato di poter essere molto più di un non tiratore, e ha l’intelligenza cestistica e la taglia che serve sempre per fare strada nei playoff.

Per gli ultimi due posti c’è stata una vera e propria battaglia tra Kuminga, Duarte, Bones Hyland, Mitchell e Sengun, anche se c’è stato un voto fuori dal mucchio per Ziaire Williams. Alla fine a spuntarla sono stati Off Night e il centro turco. Davion si è dimostrato un giocatore solido nonostante una gerarchia di squadra in cui trovava poco spazio per il traffico dovuto alla coppia Fox-Haliburton. Incubo difensivo sul perimetro per i ball handler avversari, Davion si è dimostrato un giocatore solido con cittadinanza in NBA, in uno dei peggiori ambienti della lega. Sengun è invece uno dei centri più divertenti da guardare già adesso, con un talento offensivo e da passatore che tira fuori paragoni scomodi con un MVP serbo. Alperen necessita però di migliorare molto in difesa, dove commette troppi falli ed è troppo facilmente attaccabile, benché meno del previsto.

Insomma, la rookie class, considerato anche chi è rimasto fuori e chi non ho nemmeno nominato, è una delle migliori da parecchio tempo, sintomo che il ricambio generazionale potrà farci divertire parecchio.

Most Valuable Palyer: Nikola Jokić

Vincitore: Nikola Jokić: 60 punti (16 voti per il primo posto)

2) Joel Embiid: 37 punti (3 voti per il primo posto)

3) Giannis Antetokounmpo: 32 punti (2 voti per il primo posto)

4) Luka Dončić: 2 punti

5) Devin Booker: 1 punto

Nonostante la stagione storica di Joel Embiid, primo centro a vincere lo scoring title dai tempi di Shaq, e un’altra eccezionale annata di Giannis, il premio se lo aggiudica in back-to-back il serbo. Jokić ha giocato una stagione irreale, probabilmente tra le migliori regular season in attacco della storia, trascinando i resti dei Denver Nuggets a 48 vittorie, solo 3 in meno dei Sixers, che hanno sulla carta una squadra migliore e non di poco.

Nonostante il criterio tipicamente preveda i favori dei pronostici in capo a giocatori che hanno portato la squadra a un record top 3 nella sua conference, cosa che in questa lista hanno fatto solo Giannis e Booker, è doveroso fare un’eccezione di fronte alla storia. Era stato fatto giustamente nel 2016-17 per la stagione di Westbrook, è stato ripetuto per quella storica di Jokić. Per lui 27+14+8 assist con una TS% del 66%, ancor meglio dello scorso anno. Le statistiche avanzate che mi risparmio dal citare ci parlano di un’annata storica e irreale, e come se non bastasse Jokić è stato positivo anche in difesa.

Embiid si consolerà con lo scoring title e una stagione ad altissima efficienza, ma l’impressione è che per battere questo Jokić avrebbe dovuto trascinare i suoi almeno a 60 vittorie. Ricordiamo infatti gli infortuni di Porter Jr. e Murray, secondo e terzo per importanza a Denver. Se troverà la quadra in postseason con Harden, Joel potrebbe consolarsi col titolo.

Giannis Antetokounmpo non è andato lontano da un’altra doppietta DPOY+MVP, e ha disputato probabilmente la miglior stagione della sua carriera, ora più consapevole di se stesso e delle sue capacità dopo il titolo vinto. La fiducia nel tiro dalla media è diversa, e Giannis sembra ora un giocatore ancora più completo e inarrestabile. Secondo molti sarebbe lui il giocatore ideale da avere in squadra per i playoff, e sembra essere il nuovo re di questa lega. Ma il premio riguarda la regular season, e semplicemente c’è chi ha fatto meglio.

Menzioni onorevoli per Luka Dončić, che dopo un inizio più che fuori forma è salito parecchio di condizione nel finale di stagione, e per Devin Booker, miglior giocatore della miglior squadra in regular season.

Coach of the Year: Monty Williams

Vincitore: Monty Williams con 60 punti (17 voti al primo posto)

2) Taylor Jenkins con 34 punti (1 voto al primo posto)

3) Erik Spoelstra con 21 punti (3 voti al primo posto)

4) Ime Udoka con 10 punti (1 voto al primo posto)

5) J.B. Bickerstaff con 5 punti

6) Tyronn Lue, Chris Finch con 1 punto

Phoenix è stata la miglior squadra in regular season e nemmeno di poco, ed è giusto premiare il suo allenatore. Monty ha fatto fare un ulteriore salto ai finalisti NBA, e si prepara ai playoff da favorito per il titolo. Il premio serve anche a compensare quanto gli è stato tolto lo scorso anno.

Jenkins ha sorpreso tutti con i Grizzlies. Ce li aspettavamo sicuramente ai playoff, ma di certo non da secondo seed. E considerate le gare di assenza di Morant, più di 20, il coach ha gestito benissimo la sua lunga rotazione per arginare la perdita del suo miglior giocatore.

Erik Spoelstra ha riportato Miami in vetta alla Eastern Conference, scoprendo gli ennesimi giocatori utili alla rotazione come Strus, Vincent e Martin, e ritrovando il miglior Tyler Herro. Miami ha disputato un’ottima stagione, benché ignorata dai media fino allo scontro Butler-Haslem, e si prepara ai playoff in buone condizioni.

L’inversione a U dei Boston Celtics dopo la disastrosa parte iniziale di stagione ha regalato a Udoka, esordiente in panchina, il quarto posto nelle nostre graduatorie. Il coach ha ritrovato un ottimo Marcus Smart, rimesso in piedi uno spogliatoio che sembrava sul punto di esplodere, e creato un sistema difensivo quasi impeccabile. La sfida sarà ora trascinare la cavalcata finale in regular season ai playoff, un compito non così facile considerata l’assenza di Timelord.

Menzione onorevole per Bickerstaff, che ha portato i Cavs ai play-in e che li avrebbe forse portati ai playoff senza un quantitativo di infortuni difficile da spiegare razionalmente. Le twin tower Allen e Mobely hanno funzionato alla grande, e l’esplosione di Darius Garland e il ritorno a buoni livelli di Kevin Love sono sicuramente meriti dell’allenatore.

Menzioni anche per Chris Finch, che ha portato Minnesota a livelli che si aspettavano da troppi anni, e per Lue, che nonostante le assenze di Leonard e di George, rientrato da poco, ha costruito un’identità fortissima e si gioca l’accesso playoff.

Most Improved Player: Ja Morant

Vincitore: Ja Morant con 58 punti (17 voti al primo posto)

2) Darius Garland con 42 punti (3 voti al primo posto)

3) Dejounte Murray con 17 punti (2 al primo posto)

4) Miles Bridges con 12 punti

5) Desmond Bane con 2 punti

6) Jordan Poole con 1 punto

L’asso dei Memphis Grizzlies è definitivamente esploso, diventando un All Star e -spoiler- un All NBA nella sua terza annata. Parte del merito del successo di Memphis è suo e delle sua devastanti incursioni al ferro. Per fare il salto definitivo nella top 10 della lega e rimanerci stabilmente ora Morant deve solamente migliorare al tiro, passando dal 34.4% al 37-38%, e restare in salute. Le venticinque partite saltate per problemi fisici su un giocatore che fa dell’atletismo la sua linfa vitale non sono un bel segnale.

Ottima annata anche per Darius Garland, asceso al livello di All Star e legittima point-guard titolare di una squadra già ora da playoff e con ottime prospettive. Darius ha aumentato il volume, mantenendo l’efficienza, e si è confermato tra i migliori passatori e creatori della lega.

DeJounte Murray è andato all’All Star Game e ha continuato i suoi progressi negli Spurs che hanno agguantato i play-in lasciando fuori gli odiati Lakers. Per Murray annata dall’altissimo livello statistico, almeno per quanto concerne i numeri grezzi. 21+8+9, ma un’efficienza ancora sotto la media della lega e una shot selection da migliorare sono i prossimi passi per confermarsi a questi livelli.

Miles Bridges è molto più che un atleta straordinario, e lo ha dimostrato in una stagione da oltre 20 punti a gara. Può essere il two-way player perfetto da affiancare a LaMelo Ball, e i suoi poster sicuramente rendono Charlotte tra le squadre più divertenti della lega.

Menzioni onorevoli per Desmond Bane, pezzo perfetto per una contender nello starting five, e Jordan Poole, ennesimo prodotto solido dello staff di coach Kerr pescato e sviluppato quando in pochi ci credevano.

Defensive Player of the Year: come faccio a decidere?

1) Giannis Antetokounmpo: 23 punti (6 voti per il primo posto)

2) Marcus Smart e Rudy Gobert: 22 punti (3 voti per il primo posto)

4) Jaren Jackson Jr: 16 punti (4 voti per il primo posto)

5) Mikal Bridges: 9 punti (1 voto per il primo posto)

6) Bam Adebayo: 6 punti

7) Matisse Thybulle : 2 punti

8) Danny Green e Al Horford: 1 punto

Veniamo al premio che ha spaccato la redazione, il DPOY. A spuntarla ai voti è Giannis Antetokounmpo, ma il margine rispetto a Marcus Smart e Rudy Gobert è più che risicato. Come se non bastasse Jaren Jackson Jr. ha preso più voti come vincitore dei due appena citati, ma è stato escluso dal podio da molti altri votanti. La filosofia di questo premio ha sempre voluto premiare un’ala o un lungo, giocatori che per misure fisiche sono più in grado di proteggere il ferro, l’area più efficiente della lega.

E così il dominio sul premio di Gobert era stato interrotto dal solo Giannis Antetokounmpo, ala versatile, capace di stare sul perimetro e di proteggere il ferro anche in aiuto, sfruttando le sue leve infinite. Non è troppo diverso come archetipo difensivo da JJJ, l’altra stella dei Grizzlies che finalmente ha imparato a limitare i suoi problemi di falli, e che ha chiuso con 3.2 STOCK e con una STOCK% del 5.6%. JJJ ha peggiorato le percentuali al ferro di chi lo ha attaccato del 14.6%, un dato fuori da ogni logica.

E poi c’è Marcus Smart, una guardia responsabile dell’efficienza del sistema dei Celtics, basto sul pre-switching per trovare l’accoppiamento che facesse risaltare le qualità di Timelord, ottimo stoppatore, ma un po’ fermo sul perimetro. Smart potrebbe essere la prima guardia a vincere il premio dai tempi di Gary Payton. Ma guardando le statistiche, i numeri non sorridono a Smart quanto agli altri 3 candidati. Se ci pensate è ovvio, come potrebbe Smart proteggere il ferro meglio di gente alta ben più di lui? Eppure Smart sfrutta le sue qualità difensive per mandare l’attaccante avversario proprio contro chi il ferro lo protegge benissimo, Robert Williams III. E sul perimetro è tra i cinque giocatori che i ball handler più detestano, probabilmente insieme a Dort, Holiday, in futuro Davion Mitchell e Mikal Bridges.

Onestamente non me la sento di prendermi la libertà di decidere chi meriti questo premio. Non ho visto abbastanza partite delle quattro squadre in questione e tutti e quattro i candidati meritano il trofeo. Forse vedo leggermente più indietro Gobert, ma quando è stato fuori la difesa dei Jazz è crollata drasticamente. Insomma, mi perdonerete se lascio decidere a voi lettori.

La gran stagione dei Phoenix Suns ci ha detto che il rinnovo di Mikal Bridges è assolutamente conveniente per la franchigia. Incubo sul perimetro e fenomeno nello switch, attento off ball, Mikal è molto più di un semplice 3&D e un pezzo importantissimo di una contender.

Non dimentichiamoci poi di Bam Adebayo, probabilmente il miglior centro a stare sul perimetro, ma parte giustamente più indietro degli altri anche per le numerose partite saltate. Menzioni d’onore anche per Thybulle, Green e Horford.

Six Man of the Year: Tyler Herro

Vincitore: Tyler Herro con 59 punti(17 voti per il primo posto)

2) Kevin Love: 42 punti (5 voti per il primo posto)

3) Cam Johnson: 17 punti

4) Kelly Oubre Jr: 7 punti

5) Jordan Clarkson: 6 punti

6) Alex Caruso: 1 punto

Il migliore dalla panchina quest’anno è abbastanza nettamente Herro, recuperato dopo l’anno di appannamento in seguito all’exploit nella bolla. Herro è buona parte dell’attacco a metà campo di Miami, è uno scorer efficiente, un ottimo tiratore anche dal palleggio e sa passare la palla. Più di 20 punti di media per lui, che tiene a debita distanza Kevin Love, sesto uomo dei Cavs e ritrovato in casa. Ricordiamo tutti gli screzi tra Kevin e Collin Sexton e poco dopo un anno l’ex Timberlwolves sembra la persona più felice del mondo in maglia Cavs. 13+7 per lui con un’ottima efficienza e la presenza da veterano che lo rendono una piacevole riscoperta in Ohio.

Terzo è Cam Johnson, sharpshooter dei Suns e solido anche in difesa, ennesimo pezzo di una rotazione lunga e solida di una squadra da titolo. L’ex UNC è valso nettamente la reach al draft, e non può essere lasciato solo sul perimetro. Menzioni d’onore per l’altalenante Kelly Oubre, capace di alternare gara da 40 punti a gare totalmente anonime, per il 6MOTY in carica Clarkson, e per Caruso, che prima dell’infortunio era uno dei giocatori più preziosi in casa Bulls

I quintetti All NBA

First Team: Luka Dončić, Devin Booker, Kevin Durant, Giannis Antetokounmpo, Nikola Jokić

Second Team: Ja Morant, Steph Curry, Jayson Tatum, DeMar DeRozan, Joel Embiid

Third Team: Chris Paul, Trae Young, LeBron James, Pascal Siakam, Karl Anthony-Towns

Siamo finalmente arrivati all’ultimo blocco dei premi redazionali. Gran parte dei votanti ha scelto di separare Jokić e Embiid in due quintetti e, sebbene Joel avesse un paio di voti in più di Durant, ho deciso di lasciarlo nel secondo quintetto. Non sono un fan di posizionare come ali giocatori che giocano il 99% dei minuti da centro. Nella storia della lega tantissimi giocatori meritevoli di un primo quintetto sono finiti al secondo perché erano centri. Con l’idea di schierare quintetti che potrebbero scendere in campo, è naturale separare Jokić da Embiid. Così come dovrebbe stupire relativamente che sia l’MVP a spuntarla nel primo quintetto.

Per quanto riguarda il backcourt, c’è stata una grandissima lotta tra Booker e Morant per entrare nel primo quintetto. L’ha spuntata sul filo di lana proprio l’ex Kentucky, confermatosi nell’élite della lega. Il MIP si consola con un secondo quintetto in cui lo affianca Steph Curry, che ha pagato il calo dopo l’avvio entusiasmante. Luka Dončić invece si è aggiudicato piuttosto nettamente il primo quintetto, nonostante un inizio di stagione rivedibile. Ma la progressione che ha fatto vedere dopo la deadline è bastata per staccare la concorrenza.

Giannis Antetokounmpo è stato votato all’unanimità per il primo quintetto All NBA, e penso non ci siano sorprese. Miglior ala della lega, ha giocato un’altra stagione da MVP, superato solo da due giocatori che hanno fatto ancora meglio. Serrata fino all’ultimo la lotta tra Durant e Tatum, con KD che la spunta di pochissimo, un solo punto. Quando Durant ha giocato, Brooklyn è stata decisamente una squadra pericolosa, mentre senza di lui ha girato sotto il ritmo da play-in. D’altra parte Tatum è alla migliore stagione NBA per volume, efficienza e in difesa, e sembra pronto a fare il salto per entrare tra i candidati MVP. Ai playoff sono entrambi da tenere d’occhio, in una serie che promette spettacolo.

A completare il secondo quintetto All-NBA c’è un’altra battaglia, quella tra LeBron James, alla miglior stagione della storia per un giocatore così anziano, e tra DeMar DeRozan, tra i principali artefici della stagione sorprendente dei Bulls. La spunta l’ex Raptor, alla miglior stagione in carriera da scorer, con 28 punti, a cui ha accompagnato le doti di playmaking, un’ottima efficienza e un paio di record storici: primo tra tutti, il back-to-back buzzer beater.

Il terzo centro è KAT, con un netto margine su Gobert. La stella dei Timberwolves si è dimostrato il miglior lungo tiratore di sempre e tornerà a giocare i playoff dopo l’annata con Jimmy Butler, finalmente pronto a spiccare il volo con Minnesota. E che dire di Pascal Siakam, che ha lasciato fuori proprio Butler. Dopo un inizio di stagione in cui non ha giocato, al rientro da un’operazione alla spalle, ha iniziato a ingranare progressivamente, diventando la principale risorsa dei Raptors nell’attacco a metà campo, a cui ha aggiunto la solita grande difesa. Pascal ha disputato una stagione molto simile a quella di due anni fa, e trascinato i compagni ai playoff, con una sfida contro i Sixers che si preannuncia scoppiettante. Impossibile non premiarlo con un All NBA.

Chiudono il backcourt Trae Young, alla miglior stagione in carriera, da leader NBA in punti e assist, e Chris Paul. La point-guard dei Suns ha disputato l’ennesima stagione in cui le cifre dicono poco dell’impatto in campo, e si appresta all’ennesima run ai playoff dove può dire la sua per il titolo. Parecchio più indietro Donovan Mitchell, mentre altri voti sono andati ad Adebayo, Dejounte Murray, Ayton, Jaylen Brown e Jrue Holiday.

Anche quest’anno i premi non sono banali, ora ci aspettano i playoff, restate sintonizzati perché nei prossimi giorni pioveranno preview.

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Francesco Contran
Praticante e grande appassionato di atletica, si è avvicinato al basket per caso, stregato da Kevin Durant e dai Thunder. Non avendo mai giocato è la dimostrazione vivente che per far finta di capire qualcosa non serve aver praticato questo sport.