Pascoliamo nel ranch NBA

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Copertina di Sebastiano Barban

Rieccoci con la quinta preview stagionale (nel caso ve le foste perse, ecco la prima, la seconda, la terza e la quarta) di True Shooting, quest’anno giocata su D&D, Dunks&Dribbles. Se la stagione NBA è considerabile una campagna, in cui una squadra affronta battaglie, sfortune e incidenti per conquistare un tesoro preziosissimo, allora le preview sono l’equivalente della scheda personaggio, che delineano le condizioni di partenza.

Ecco quindi che troverete la vostra squadra preferita inserita in un dungeon di partenza, insieme ad altre con cui condivide una caratteristica: oggi è il turno del ranch, in cui troverete riferimenti a franchigie quali gli Heat, gli Spurs, i Bulls, i Suns e i Mavericks. Non vi resta che preparare i vostri D20 e la vostra guida (la scheda personaggio del vostro eroe l’abbiamo preparata noi), la Campagna NBA 2022-23 sta per iniziare.

1) Chicago Bulls

EROE: Zach LaVine
CLASSE: Warlock
ATTRIBUTI: Forza (7), Destrezza (14), Intelligenza (9), Carisma (9), Costituzione (14), Saggezza (8)
TIRO SALVEZZA: Destrezza
ABILITÀ: Acrobazia, Intrattenere, Atletica

I Chicago Bulls sono riusciti a riportare i playoff nell’Illinois dopo un’attesa di quattro anni fatta di giocatori di basket di basso livello, United Center mezzo vuoto e stagioni tragicomiche raramente al di sopra del 30% di vittorie. L’arrivo di Karnišovas come GM ha dato una netta sterzata al process di Chicago, tra l’ambiziosa (sulla carta) trade di Vučević e l’aggressività rara per i Bulls sul mercato che ha portato alle aggiunte di Ball, Caruso e DeRozan. Le aggiunte estive hanno dato il là ad un inizio tanto esaltante quanto è stato deprimente il finale. Dopo l’ASG i Bulls hanno faticato, mettendo su un 8-15 di record complici gli acciacchi di Caruso e LaVine e hanno chiuso la stagione in discesa, acchiappando nelle ultime battute i playoff diretti e perdendo in maniera netta con i Bucks per 4-1 in una serie chiusa sin dal principio.

Il roster che si presenta all’avvio della stagione 2022-2023 vede l’assenza di Ball a tempo indefinito per problemi al ginocchio, rimpiazzato sulla carta dal veterano Goran Dragić e dalla guardia/ala rookie Dalen Terry, che ha ben figurato in preseason. Sotto canestro Drummond dà una dimensione di taglia e rimbalzo sconosciuta per una squadra che l’anno scorso ha giocato o con un Vučević alla peggior stagione da quando non è più un giovane prospetto o la small ball, con l’ex Detroit che sostituisce nel ruolo di centro di riserva il pessimo Tony Bradley.

La squadra non potrà che prescindere dallo sviluppo interno dei suoi (pochi) giovani, da Coby White, atteso a dare un segnale alla vigilia della scadenza del suo rookie contract, alla sorpresa migliore della scorsa stagione Ayo Dosunmu, chiamato a prendere il posto di Ball nel quintetto base. Capitolo a parte per Patrick Williams, il termometro delle ambizioni dei Bulls nei prossimi anni. Dopo aver giocato due stagioni travagliate tra il COVID e un infortunio che l’ha tenuto fuori a lungo, il 21enne non avrà un’occasione migliore di quest’anno per svilupparsi, con i tifosi dei Bulls che sperano di vedere significativi miglioramenti offensivi. Anche perché senza segnali di miglioramento o di potenziale sostanziale da Terry, Dosunmu, White e Williams il futuro a medio termine dei Bulls sembra estremamente grigio.

Closing Lineup

G: Ayo Dosunmu, Zach LaVine, DeMar DeRozan

F: Patrick Williams

C: Nikola Vučević

Pronostici

Mi sento di confermare quanto detto dal duo Snaidero&Bandiziol nel loro podcast, i Bulls si dovrebbero stabilizzare nella zona play-in basso, attorno all’8o-9o posto, e poi al play-in solo la provvidenza sa cosa accadrà. In caso di stagione in cui Dosunmu e Williams fanno un notevole salto in avanti, White diventa lo scoring plug che serve dalla panchina, LaVine si conferma un All-Star e DeRozan la divinità della scorsa stagione, allora a quel punto il quinto o sesto posto può essere possibile. Se però i giovani sopra citati mostrano le loro lacune (o banalmente non migliorano), LaVine continua nei problemi al ginocchio e DeRozan non si ripete a quel punto possono schiudersi le porte dei bassifondi della Eastern, con la prima del 2023 che se non ricade tra le prime quattro scelte finisce ad Orlando.

2) Dallas Mavericks

EROE: Luka Dončić
CLASSE: Chierico
ATTRIBUTI Forza (14), Destrezza (17), Intelligenza (14), Carisma (14), Costituzione (18), Saggezza (10)
TIRO SALVEZZA: Costituzione
ABILITÀ: Arcano, Storia, Percezione

Quella che doveva essere l’offseason probabilmente più tranquilla degli ultimi anni per i tifosi Mavericks si è invece tramutata in una versione ben più sofferente. Al quarto anno dell’era Dončić Dallas era riuscita a “piantare una bandierina”, probabilmente anche più avanti di quanto ci si aspettasse. Un gruppo funzionale e consolidato, con addirittura qualche margine di miglioramento con il totale ambientamento di Dinwiddie. Il dolorosissimo addio a sorpresa di Jalen Brunson ha invece gettato nuove ombre sui Mavs, che tornano ad affacciarsi alla nuova stagione con tante domande senza risposta e quel velato sospetto che l’inerzia possa cominciare ad essere sfavorevole.

Innanzitutto, come sempre, gli addii e le facce nuove. Oltre al già citato Brunson salutano tre giocatori (Trey Burke, Sterling Brown e Marquese Chriss) che a conti fatti non sono mai entrati stabilmente in rotazione, impacchettati insieme a Boban Marjanović e al fiume di lacrime che ha portato il suo addio in direzione Houston. La ricompensa? Christian Wood.

Non usiamo giri di parole: ottenere un giocatore del livello di Wood in cambio della scelta numero 26 e di quattro giocatori da minimo salariale è un autentico capolavoro del GM Nico Harrison. Wood è in scadenza di contratto, va detto, ma anche solo un anno dei suoi servigi a costo zero non è affatto male. Dopodiché, chi lo sa come vanno le cose in estate…

Di sicuro ci sono tutti i presupposti perché vadano nel verso giusto nella metà campo offensiva. Il numero 35 è un perfetto partner di pick and roll o pick and pop per Luka. Ha un raggio di tiro piuttosto ampio, sa mettere bene palla a terra e pur non essendo un gigante sa il fatto suo spalle a canestro. Un lungo completo e moderno insomma, che porta punti facili in un contesto che ne ha un gran bisogno.

Le cose vanno un po’ meno bene in difesa. Wood soffre non poco i centri molto strutturati, ma non è sufficientemente veloce né intelligente per non fare danni lontano dal canestro. Una parte dei problemi verrebbe sicuramente risolta con una maggiore applicazione e se esistono gli uomini giusti questi sono proprio Jason Kidd e Sean Sweeney, ma i dubbi permangono.

L’altra acquisizione “rumorosa” di quest’estate è stata JaVale McGee, che ha accettato un generoso triennale da 20 milioni di dollari complessivi. Non pochi soldi per non pochi anni, dunque, ad un giocatore che torna ai Mavericks con presupposti sicuramente migliori della deludente stagione 2015-16. McGee, divenuto celebre per le sue numerose apparizioni a Shaqtin a Fool nei primi anni di carriera, può vantare positive esperienze negli spogliatoi di Warriors e Lakers e ben tre anelli messi al dito.

I lati positivi di questa firma sono immediatamente comprensibili e in tutti e tre Dallas aveva delle carenze: centimetri, difesa del ferro ed esperienza. Il rovescio della medaglia è che McGee si ferma sostanzialmente qui, visto che in attacco è utilizzabile come rollante e ben poco altro.

Coach Kidd, che lo ha già allenato ai Lakers, sembra tenerlo in ottima considerazione ed è stato chiaro fin dal giorno della firma che JaVale sarebbe stato il centro titolare. Se sulla natura economica del contratto si può trovare qualcosa da eccepire, il lato tecnico di questa acquisizione è difficilmente criticabile in sé e per sé. Rimane però incomprensibile a questo punto la decisione di tenersi Dwight Powell, una versione sottodimensionata e dal maggior QI di McGee, affollando un frontcourt che conta anche Wood e Kleber e contemporaneamente avere solamente due ball-handler a roster (Dončić e Dinwiddie).

Inutile sprecare troppe parole per lo sloveno con il numero 77: Luka punta dritto al titolo di MVP e allo scettro di miglior giocatore al mondo. Spariti anche i dubbi (ma davvero ce n’erano?) sulla sua efficacia ai playoffs, la speranza è quella di una forma fisica finalmente accettabile fin dalla prima partita: con giocatori del genere si tratta solamente di limare le imperfezioni, il resto verrà da sé.

I fedeli luogotenenti Bullock, Finney-Smith e Kleber ricominceranno da dove hanno finito: piegare le gambe nella nostra metà campo, dopodiché andare di là e metterla nel cesto da dietro l’arco, simple as that. Le ultime parole di questa preview vanno dunque spese per il reparto guardie, che vede tornare ai blocchi di partenza Tim Hardaway Jr. Il figlio d’arte ha trovato la sua dimensione come tiratore quasi puro, ma senza Brunson molti palloni da gestire tornano disponibili e non è detto che non possa prendersi qualche pick and roll in più.

Il grosso della responsabilità dovrà però prendersela Spencer Dinwiddie, finalmente rimasto sano per un po’ di tempo e con alle spalle delle good vibes che non si avvertivano probabilmente dai tempi dei Nets di Atkinson. Non è ancora chiaro se dalla panchina o in quintetto, ma Dinwiddie sarà il secondo portatore di palla a tempo pieno, il che vorrà per forza dire guardare un po’ di più i compagni rispetto a prima. In attesa del sempre più probabile approdo di Facundo Campazzo le responsabilità del secondo quintetto sono in mano un po’ a tutti, da Ntilikina a Josh Green passando per l’intrigantissimo Jaden Hardy.

Scelta numero 37 dell’ultimo Draft, gemma grezza se ce n’è una. Dallas ha puntato forte su questa possibile steal, che sembra aver convinto in estate. Hardy è una combo-guard che supera il metro e novanta e non manca di fantasia in entrata. Con doti da tiratore e passatore presenti ma ancora “da sbloccare” potrebbe partire in sordina ma ritrovarsi ad aver giocato più minuti del previsto a fine anno.

Closing lineup

G: Luka Dončić, Spencer Dinwiddie

F: Reggie Bullock, Dorian Finney-Smith

C: Christian Wood

Pronostici

Dončić, Dinwiddie, Hardaway Jr., Bullock, Finney-Smith, Kleber, Wood, McGee. Nove giocatori solidi come querce, senza contare Ntilikina, Hardy, Green, Bertans e Powell: se c’è una cosa certa di questi Mavs è che sono senz’altro lunghi. Tutto ciò, unito alle lebronesche tendenze del primo citato a non scendere sotto le 40 vittorie neanche sotto tortura, è solitamente garanzia di un ottimo rendimento in Regular Season. Credo che Dallas riuscirà a qualificarsi direttamente ai playoffs chiudendo nelle prime sei, ma da lì in poi potrebbero iniziare i problemi.

Come sempre ad Ovest va fatta la conta: i Jazz mancheranno sicuramente all’appello, ma Timberwolves, Nuggets e Grizzlies hanno tutte le intenzioni di fare meglio dello scorso anno. I Warriors sempre lì, nei secoli dei secoli, e i Suns potrebbero sì avere perso il treno ma di sicuro diranno la loro. I Pelicans non possono che migliorare e i Clippers stanno tornando a cento all’ora. Difficile, infine, vedere i Lakers finire più in basso dello scorso anno. Uno scenario non facile.

L’obiettivo dei Mavs dovrebbe essere quello di bissare le Finali di Conference raggiunte lo scorso anno, ma probabilmente anche fermarsi un turno prima non sarebbe una tragedia. Dare giudizi a bocce completamente ferme è impossibile, ma Dallas pare aver fatto un passo avanti e contestualmente uno indietro. A questo punto, temo, non dipende solo più da loro.

3) Miami Heat

EROE: Jimmy Butler
CLASSE: Stregone
ATTRIBUTI: Forza (15), Destrezza (12), Intelligenza (15), Carisma (18), Costituzione (13), Saggezza (17)
TIRO SALVEZZA: Carisma
ABILITÀ: Sopravvivenza, Persuasione, Religione

Dopo la cocente eliminazione in gara 7 delle Eastern Conference Finals dello scorso fine maggio i Miami Heat si presentano ai blocchi di partenza della stagione NBA 2022/23 con una squadra molto simile a quella dell’anno scorso, a esclusione di una pedina a dir poco fondamentale come P.J. Tucker, accasatosi a Philadelphia. La dirigenza ha risposto alla partenza dell’ex-Bucks non pescando dal mercato della free agency estiva, ma, in pieno stile Heat, rinnovando alcuni elementi che hanno dimostrato di poter tenere il campo durante i Playoffs (tra cui spiccano Victor Oladipo e Caleb Martin).

Tuttavia, se da una parte gli Heat sono fermamente convinti che questo roster possa competere con chiunque nella NBA, dall’altra è lecito pensare che la partenza di Tucker e l’avanzamento dell’età di Butler e, soprattutto, di Lowry possano impedire loro di giocarsi il titolo, anche alla luce del fatto che gran parte delle squadre con ambizioni anche solo da playoff ha sensibilmente migliorato il proprio roster.

Bam Adebayo, Tyler Herro e lo spot di 4

Ormai da anni Bam Adebayo è il secondo miglior giocatore dei Miami Heat e in pochissimo tempo è passato dall’essere una semplice lob threat al sapersi costruire un tiro dal midrange, guidare una transizione offensiva, servire i compagni sia dal post che dalla punta e giocare qualche isolamento anche in post basso; il tutto mantenendo un’efficienza difensiva quasi senza eguali nell’intera NBA.
Tuttavia, nelle ultime due edizioni dei Playoffs in tanti hanno recriminato il fatto che in attacco, nonostante non sia uno scorer naturale e abbia comunque viaggiato a quasi 19 punti di media nelle ultime due stagioni, sia stato eccessivamente passivo e troppo concentrato nell’eseguire lo schema piuttosto che nel guardare il canestro quando la difesa gli ha concesso molto spazio (come si può vedere nel tweet sottostante risalente ai Playoffs 2021):

Allo stesso modo, anche nella scorsa post season Adebayo è stato altalenante in attacco, alternando partite da 6 punti (con solo 6 tiri presi) a gare da oltre 30 punti (con 20+ tiri presi) mettendo in mostra un arsenale offensivo di tutto rispetto. Questa sua lacuna è stata particolarmente evidente perché in diverse partite gli Heat hanno faticato oltremodo a trovare la via del canestro, e vedere un giocatore come Bam rinunciare a prendersi qualche responsabilità in più, quando più volte ha dimostrato di saperlo fare, ha alimentato un sentimento di frustrazione comune.

A mio parere la situazione si sarebbe potuta risolvere in due modi: firmare uno scorer di alto livello da affiancare a Butler (o arrivarci tramite trade), e relegare quindi Adebayo al ruolo di terzo violino, o puntare su un ulteriore miglioramento dell’ex-Wildcat utilizzandolo più da finalizzatore che da facilitatore (lo stesso Bam ha dichiarato di volersi prendere sui 18 tiri di media a partita quest’anno, ovvero cinque in più rispetto all’anno scorso e quasi quattro in più di Butler). Il realizzatore non è (ancora) arrivato e quindi bisognerà aspettarsi un Adebayo più scorer nella prossima stagione; solo il tempo ci dirà se il centro di Miami saprà adattarsi a questo nuovo ruolo o se la dirigenza sarà costretta a intervenire sul mercato. Nel dubbio, in questa offseason, Bam ha lavorato moltissimo sul tiro da 3, mettendo in mostra qualcosa anche in preseason (ovviamente la strada per diventare un tiratore rispettato è infinitamente lunga).

Chi potrebbe facilitare questa transizione a Bam Adebayo è senza dubbio Tyler Herro, fresco fresco di rinnovo contrattuale (120 milioni per 4 anni che possono diventare 130 con alcuni bonus). La guardia ex-Kentucky arriva dalla miglior stagione in carriera (culminata con la vittoria del Sixth Man of the Year) e quest’anno, dopo il momentaneo fallimento della stagione 2020/21, potrebbe tornare a contendersi un posto in quintetto. Tuttavia, se escludiamo i Playoffs che ha disputato da rookie nella bolla, Herro ha sempre faticato nella post season: in attacco ha sofferto la fisicità degli avversari e i relativi accorgimenti difensivi che gli hanno tolto diverse sicurezze, mentre in difesa è stato un facile bersaglio del classico mismatch hunting.

Herro ha dichiarato di aver lavorato molto sul proprio fisico durante l’estate e si è presentato al training camp in forma smagliante; questo sicuramente lo aiuterà in entrambe le metà campo e, se dovesse far costantemente bene anche contro i titolari avversari (e non più solo contro i panchinari), potrebbe togliere qualche pressione ad Adebayo in attacco, essendo uno scorer decisamente più naturale di Bam.

Infine, l’ultimo interrogativo riguarda lo spot di 4: come anticipato in precedenza, gli Heat non hanno rimpiazzato Tucker (e, di fatto, non hanno nessun 4 a roster) e dovranno quindi capire chi abbia le caratteristiche più adatte per sostituirlo in quintetto. I giocatori più papabili sono Caleb Martin e Haywood Highsmith, che già l’anno scorso hanno mostrato cose interessanti occupando quello spot, seguiti a da Jimmy Butler (verosimilmente avrà quel ruolo nella closing lineup ma difficilmente a tempo pieno nello starting five) e il rookie Nikola Jović, il cui mix di taglia e skillset potrebbe risultare essere molto utile.

Quel che è quasi certo è che Coach Spoelstra, anche in questa occasione, riuscirà a estrarre l’ennesimo coniglio dal proprio cilindro, trovando una soluzione a cui nessuno avrebbe mai pensato, magari spostando Bam Adebayo da 4 (puntando sulla sua nuova dimensione perimetrale) e inserendo il centro Omer Yurtseven in quintetto.

Closing lineup

G: Kyle Lowry, Tyler Herro
F: Victor Oladipo, Jimmy Butler (Caleb Martin)
C: Bam Adebayo

Pronostici

Nonostante non si possa nascondere una forte sensazione di deja-vù post Finals nella bolla di Orlando (ottima stagione arrivando a un passo dal titolo, seguita da una free agency deludente e da un’ancor più sconfortante stagione successiva), personalmente sono convinto che questi Miami Heat avranno il fattore campo anche nei prossimi Playoffs. Quasi ogni squadra affidata a Coach Spoelstra negli ultimi anni (compresa la scorsa) è riuscita ad andare oltre ogni più rosea aspettativa e, considerando anche che negli Heat 2022/23 il talento non manca, questa previsione potrebbe essere ancora valida.

Il fatto che la dirigenza abbia scelto di mantenere quasi intatto il roster dello scorso anno, potrebbe risultare essere un vantaggio, in quanto tutti i giocatori conoscono l’ambiente, i propri compagni e il gioco di Erik Spoelstra; basterà questa solidità a contrastare le altre big della Eastern Conference?
L’obiettivo degli Heat sarà sicuramente la vittoria dell’anello, ma personalmente ritengo l’accesso alle Eastern Conference Finals sia un obiettivo più realistico, anche se molto dipenderà dall’andamento nella regular season che determinerà gli accoppiamenti ai Playoffs. Se, disgraziatamente, Miami dovesse avere un primo turno proibitivo, la stagione potrebbe anche concludersi prima del previsto.

4) Phoenix Suns

EROE: Devin Booker
CLASSE: Ranger
ATTRIBUTI: Forza (7), Destrezza (17), Intelligenza (10), Carisma (8), Costituzione (13), Saggezza (7)
TIRO SALVEZZA: Destrezza
ABILITÀ: Furtività, Arcano, Intrattenere

La stagione dei Suns si apre con più dubbi che certezze, e scommetto che pochi ci avrebbero creduto dopo una cavalcata da 64 vittorie in Regular Season ed un roster giovane e di belle speranze. La rocambolesca uscita contro Dallas è stata certamente aiutata dall’ondata di Covid che ha colpito lo spogliatoio, ma ha altresì evidenziato dei malcontenti che evidentemente serpeggiavano in spogliatoio già da un po’. Non è infatti un caso che in estate il GM James Jones abbia provato ad assicurarsi i servizi di Kevin Durant, la cui destinazione preferita era per l’appunto Phoenix, al costo di buttare nel paniere dei Nets ogni asset futuro, offerta comunque respinta da Marks.

L’aria pesante dello spogliatoio deve aver giocato brutti scherzi anche a Jae Crowder che, conscio di stare per perdere (correttamente, nda) il posto nella starting e closing lineup a favore di Cam Johnson, ha deciso di comune accordo con la società di non presentarsi al training camp, nell’attesa che una contender si faccia avanti e che i Suns trovino una soluzione che vada bene a tutte le parti. Richiesta quantomeno inusuale dato il calibro del giocatore, certamente non un All-Star. Più che la voglia di vincere un anello, che comunque non è mai stata in dubbio, penso che la vera ragione che abbia spinto Crowder alla mossa forte sia stato il contratto in scadenza e la sua volontà di ritardare l’ingresso nel tunnel dei contratti poco sopra il minimo (cosa che però probabilmente avverrà lo stesso in estate, a meno che non sia in grado di reinventarsi in un ruolo alla PJ Tucker nel giro di qualche mese).

A tutto questo aggiungiamo i termini poco cordiali in cui si sono lasciati Ayton e Coach Monty Williams prima della pausa estiva (lo stesso Ayton ha dichiarato in conferenza stampa di non aver sentito il proprio coach per tutta l’estate), e capite che, nonostante la ottima stagione da poco conclusa, i Phoenix Suns paiono una polveriera che sta aspettando di esplodere.

Lo sviluppo interno

Per quanto le vibrazioni non siano certamente delle migliori, aspetterei a dare per morte le speranze di contention dei Suns. A guidare la franchigia dell’Arizona ci sono comunque uno dei leader più rispettati nei circoli NBA, tale Chris Paul, e l’allenatore che meglio ha saputo creare ambienti piacevoli in ogni fermata della sua carriera NBA, Monty Williams. Lungi dal dire che la stagione di Phoenix possa certamente essere un successo, ma non sarei altrettanto certo del contrario.

Qualora si riescano a rimettere assieme i cocci dello spogliatoio, l’unica strada che possa portare i Suns ad essere nuovamente una contender credibile è quella dello sviluppo interno, dato che i 4/5 della starting lineup hanno 26 anni o meno. Riuscirà Booker a confermare quanto fatto vedere l’anno scorso su entrambi i lati del campo, dato che chiedergli ulteriori miglioramenti potrebbe essere oggettivamente troppo ambizioso, o saprà addirittura alzare l’asticella dal lato difensivo, dato che uno dei suoi obiettivi conclamati è quello di far parte un giorno di un All-Defensive team? Sapranno Bridges e Johnson alleviare il peso che grava sulle spalle di Chris Paul, cominciando più alcuni giochi palla in mano? Sapranno i due andare in lunetta con più continuità? E soprattutto, riuscirà Ayton a fare quel salto mentale che potrebbe portarlo ad essere un centro All-NBA? Saprà mettere in campo la stessa intensità notte dopo notte, dominare a rimbalzo i propri avversari ed ancorare la difesa di Coach Williams? Confermerà i miglioramenti fatti vedere pala in mano? In assenza di trade i Suns, se vogliono battere una concorrenza che pare più agguerrita dello scorso anno, devono necessariamente scommettere sullo sviluppo dei suoi giovani protagonisti.

Tra i tanti dubbi che accompagnano l’inizio di stagione di Phoenix, di certo non c’è quello del quintetto con cui iniziare (e finire) le partite. L’unico dubbio poteva essere associato al secondo slot da ala, con una battaglia tra Jae Crowder e Cam Johnson. Il giocatore da Marquette ha però deciso di eliminarsi da solo dalla corsa, ed è pertanto certo che il quintetto con cui i Suns chiuderanno le gare sarà Paul-Booker-Bridges-Johnson-Ayton. Al momento, non vedo probabile alcuna variazione sul tema, anche se le cose potrebbero cambiare dopo l’inevitabile trade che vedrà coinvolto proprio Crowder.

Closing Lineup

G: Chris Paul, Devin Booker

F: Mikal Bridges, Cam Johnson

C: DeAndre Ayton

Pronostici

Penso che Phoenix sia una delle squadre la cui stagione sia più complicata da pronosticare: ci sono universi in cui i Suns partono lenti, i dissidi interni prendono il sopravvento e tutto implode, facendo scivolare la squadra intorno alle 45W ed a rischio play-in. Allo stesso modo, non è impossibile pensare che i Suns riescano a leccarsi le ferite e ripartire da dove erano rimasti l’anno scorso, sfondando il muro delle 60W e presentarsi da favoriti o quasi alla partenza dei playoff, anzi. Lo scenario più probabile è una via di mezzo tra i due appena presentati: una stagione poco sopra le 50W per presentarsi ai playoff con il fattore campo al primo turno, nella speranza che per allora tutti i dubbi siano stati dipanati.

5) San Antonio Spurs

EROE: Devin Vassell
CLASSE: Ranger
ATTRIBUTI: Forza (8), Destrezza (8), Intelligenza (9), Carisma (5), Costituzione (12), Saggezza (7)
TIRO SALVEZZA: Costituzione
ABILITÀ: Furtività, Intuizione Rapidità di mano

A San Antonio non è più tempo di vacche grasse. Nel ranch neroargento ci si prepara ad una stagione di carestia di risultati, attendendo la scoperta di pascoli più verdi. 

Come è ormai evidente anche ai più distratti, i San Antonio Spurs si affacciano alla stagione NBA 22/23 con un solo obiettivo ben chiaro: arrivare a giugno con la scelta al draft più alta possibile. Sebbene anche la scorsa stagione fosse partita più o meno dichiaratamente all’insegna del tanking, la definitiva trasformazione di Dejounte Murray in un borderline all-star ha un po’ scombinato i piani dei Texani che si sono trovati al torneo play-in, uscendo poi sconfitti dai ben più talentuosi e completi New Orleans Pelicans. 

Brodo primordiale

Il roster degli Spurs è paragonabile ad un grande calderone dentro il quale si mescolano tanti giovani giocatori con una moltitudine di qualità e capacità differenti tra loro. Va da sé che il principale obiettivo del coaching staff debba essere quello di sperimentare, cercando di sviluppare al meglio possibile i tanti progetti in squadra. 

San Antonio si affaccia alla stagione con ben quattro rookie a roster (Sochan, Branham, Wesley e Barlow). Tutti e quattro differiscono l’uno dall’altro per ruolo, stile di gioco e caratteristiche e sarà molto interessante vedere come riusciranno ad adeguarsi ai ritmi e alla competizione NBA. 

Jeremy Sochan sembra essere il classico “coltellino svizzero” capace di fare un po’ di tutto sul campo da basket, dal proteggere il ferro al portare palla in transizione, dal trovare l’uomo libero con un extra pass al segnare la tripla sugli scarichi. Questo tipo di ala tuttofare è un archetipo che sta diventando sempre più prezioso nel basket moderno, e gli Spurs sono estremamente fiduciosi del fatto che il carismatico prodotto di Baylor possa diventare una pietra angolare del futuro della franchigia. 

Malaki Branham e Blake Wesley, invece, andranno a rinforzare il reparto di giovani esterni assieme a Josh Primo, Tre Jones e Devin Vassell. In particolare i primi quattro saranno chiamati a colmare il vuoto di creazione lasciato da Dejounte Murray, alternandosi come portatori di palla e cercando di dare ritmo ad un attacco che si preannuncia come legnoso e poco ispirato a metà campo. Vari componenti della squadra hanno più volte sottolineato come il piano degli Spurs consista nel giocare una pallacanestro veloce e di quanto gran parte dei giocatori sia in grado di portare palla e gestire un contropiede, ma nonostante ciò saranno inevitabili i momenti nei quali il gioco rallenterà e servirà gestire l’azione con metodo e freddezza.

Nonostante chi scriva sia genuinamente curioso di vedere come si comporteranno i sopracitati esterni, mi è impossibile non storcere il naso al pensiero di come gli Spurs non abbiano firmato una point-guard veterana in grado di portare ordine ed esperienza tra le fila dei giovinastri.

A questo proposito occorre fare un breve accenno ad un altro aspetto fondamentale per ogni squadra in ricostruzione, ovvero i veterani. Dando una rapida occhiata al roster guidato da Popovich, possiamo notare come siano solo quattro i giocatori con cinque o più anni di carriera NBA alle spalle. Nello specifico stiamo parlando di Gorgui Dieng (9 anni nella lega), Doug McDermott (8), Josh Richardson (7) e Jakob Poeltl (6). All’interno dello spogliatoio saranno queste le voci più sagge ed esperte con il compito di affiancare i giovani ed aiutarli nella loro crescita, sul campo e fuori. La storia ci insegna che queste figure sono di vitale importanza per un rebuilding, e la speranza è che anche gli Spurs abbiano bene a mente la necessità di affiancare giocatori maturi ai propri giovani virgulti.

Se siete arrivati fino a qui avrete oramai capito che gli Spurs non hanno, al momento, un giocatore che sembra destinato a diventare una stella NBA. In proposito si è espresso Gregg Popovich che, dopo una sconfitta in preseason contro i Pelicans, ha voluto sottolineare come le squadre da titolo siano sempre state composte da una o due stelle circondate da solidi giocatori in grado di portare il proprio mattoncino alla costruzione di una stagione vincente.

Abbiamo un gruppo di ragazzi che possono far parte di una squadra da titolo, anche se mancano alcuni tasselli. Vederli crescere e osservare il loro animo competitivo è un vero piacere.

Gregg Popovich

Ecco, quello che gli Spurs stanno cercando di fare è appunto sviluppare giocatori che, un domani, possano essere solidi comprimari per una o più superstar. Più facile a dirsi che a farsi, ovviamente, ma guardare il roster di San Antonio da questa prospettiva aiuta a mettere meglio a fuoco gli obiettivi a lungo termine della franchigia. 

Closing Lineup*

G: Tre Jones, Devin Vassell

F: Keldon Johnson, Doug McDermott

C: Jakob Poeltl

*Il quintetto appena elencato è decisamente quello più funzionale e sensato con il quale chiudere le partite; detto questo, è molto probabile che Popovich scombinerà più volte le carte in tavola, sperimentando diverse lineup con l’obiettivo di abituare i rookie a giocare finali punto a punto anche al costo di sacrificare qualche vittoria, cosa che per questi Spurs non sarà certo un problema.

Pronostici

Difficile aspettarsi una stagione da più di 20-25 vittorie da parte di questo gruppo e, sinceramente, va bene così. Qualsiasi risultato che non sia una scelta al draft in top 3 sarà da considerare un fallimento, quindi aspettatevi un tanking job spudorato da parte di Popovich e soci, con tutte le implicazioni del caso. 

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Enrico Bussetti
Vive per il basket da quando era alto meno della palla. Resosi conto di difettare lievemente in quanto a talento, rimedia arbitrando e seguendo giornalmente l'NBA, con i Mavericks come unica fede.
Davide Possagno
Sono un Heat-Lifer ormai da oltre 10 anni, da quando comprai il dvd su Dwyane Wade in edicola: fu amore a prima vista. Ancora maledico Pat Riley per aver maxato Whiteside, privandoci così del nostro Flash per un interminabile anno e mezzo.
Andrea Bandiziol
Andrea, 31 anni di Udine, è uno di quelli a cui potete scrivere se gli articoli di True Shooting vi piacciono particolarmente. Se invece non vi piacciono, potete contattare gli altri caporedattori. Ha avuto la disgrazia di innamorarsi dei Suns di Nash e di tifare Phoenix da allora.
Leonardo Spera
Tifoso Spurs e Fortitudo, vive consumato dal dilemma sul se considerare Manu Ginobili il più grande giocatore di pallacanestro mai esistito. Appassionato di college e draft, gli bastano una wingspan sopra i 2.10 e una buona difesa per innamorarsi di qualunque prospetto.